venerdì 21 settembre 2007

“strasci & paddhri”

Dal “Corriere Canadese” Il puntista Franco Cervo campione dell’individuale Il giocatore del Rainbow Creek vince Pallino d’Oro Di Nicola Sparano TORONTO - Le sorprese nello sport sono all’ordine del giorno. Spesso, infatti, vince “l’underdog”, il meno favorito di tutti. È accaduto a Montréal dove il Pallino d’Oro, titolo nazionale dell’individuale, è andato a Franco Cervo, un “giocatore non completo” come lui stesso si definisce. Franco Cervo, 63 anni, nato in provincia di Cosenza «Sartano, un paese che sulla cartina non c’è», ex banchiere, è infatti un “puntista”. La sua specialiatà è quella di piazzare la boccia a contatto strettissimo con il pallino e al resto ci pensino gli altri «Bocciare di raffa me la cavo - dice Cervo, ma al volo sono proprio negato, ecco perché non mi considero un giocatore completo. Chi non boccia solo molto molto raramente vince tornei di individuale. Ma quando le cose vanno bene ci scappa anche il mezzo miracolo come ho fatto nella finalissima “inchiodando” una boccia che avevo dovuto tirare a volo». «Non voleva venire a Montréal - spiega il suo compagno di club (il Rainboiw Bocciofila), Joe Sicoli, ma l’ho convinto ed ora mi deve ringraziare». «Non soltanto a lui - dice modestamente Cervo - ma anche agli altri amici del nostro club che mi hanno spianato la strada, eliminando alcuni dei concorrenti più temibili». Nella sua imprevista corsa verso la conquista del pallino d’Oro, Cervo ha avuto una sola battuta di arresto, perdendo (12-7) nella fase iniziale contro uno dei favoriti, Americo Morrone, poi a sua volta eliminato da Adriano Stillo nella fase ad eliminazione diretta, quando le parti andavano a 15 e chi perdeva era fuori gioco.«Questo è grasso che cola, mi sono detto, quando sono cominciate le parti alla dentro o fuori. Ho giocato con calma e con giudizio, tutto mi riusciva facile, anche le rare bocciate. Così mi è capitato di battere i di due compagni di club, Mike Ianero (15-8) e Adriano stillo (15-9), poi mi sono trovato di fronte uno dei “big” di casa, Vittorio Guerrieri. Ma anche lui si è dovuto arrendere, l’ho battuto 15-13». «Frank è stato formidabile - afferma Joe Sicoli -, la sua vittoria è la ciliegina sulla torta della nostra pattuglia del Rainbow Creek. Eravamo in cinque - io, lui, Rocco Zappone, Stilli e Ianiero - e ci siamo tutti piazzati entro i primi dieci». http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=66482
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Bisogna quantomeno aver superato la cinquantina per capire a prima lettura di che si tratta, parlando del gioco delle “strasci” . Il gioco,antenato del gioco delle bocce, veniva giocato dai ragazzini, ma anche dalle ragazzine, il campo di gioco era la strada, allora senza selciato o asfalto, terra rossa battuta dal calpestio degli asini, dei buoi, a dai piedi scalzi degli umani, chiaramente il gioco era prettamente estivo, d’inverno difficilmente le strascie avrebbero potuto scivolare sulla terra a causa del fango. Sassi di fiume scheggiati, ciottoli di coppi rotti o pezzi di mattone consumati dall’aria e dal tempo, questi erano gli attrezzi del gioco le regole uguali al gioco delle bocce.Molto tempo dopo, come tutto del resto, arrivarono anche le bocce fatte di legno, il gioco non si svolgeva più per strada ma negli orti di ulivi posti alle periferie del paese. C’èra l’orto di San Domenico. San Francesco di Paola, San Nicola; erano cosi denominati perché possedimenti ecclesiastici,col passare degli anni venduti ai privati. Il gioco delle bocce era ad appannaggio, quasi totalmente, dei cacciatori, la vista allenata a mirare col fucile li facilitava nei tiri da lontano. Non c’èra regola di distanza nel tirare il boccino, chi aveva in squadra i migliori bocciatori cercava di tirare il boccino piu lungo possibile. Il terreno del campo da gioco era al naturale, quindi avvallamenti, buche, sassi, sterpi, piante, costituivano gli ostacoli naturali con i quali i giocatori puntisti dovevano fare i conti. Molto tempo dopo, all’inizio di qualche barlume di modernità l’amministrazione comunale, fece costruire un campo bocce cosi come internazionalmente conosciuto, durò qualche anno, è ancora li abbandonato, pieno di sterpi, irriconoscibile. Ne è passata di acqua sotto i ponti, chissà se al nostro campione Sartanese, nell’andare a punto, in una bocciata magistrale, nel ricevere il meritato trofeo non gli sia tornato alla mente una vecchia boccia di legno, ‘na strascia, o………………………,un ricordo di Sartano.