domenica 6 aprile 2008

Segno dei tempi?

http://www.tribunale.cosenza.it/astegiudiziarie/secondasel.aspx?id=148906&ida=77719&idp=86818&m=1&t=GENERALE http://www.tribunale.cosenza.it/astegiudiziarie/secondasel.aspx?id=148907&ida=77720&idp=86818&m=1&t=GENERALE
Il giorno 8 aprile 2 importanti lotti immobiliari andranno all'asta, al prezzo indicato c'è da supporre che l'asta sarà rinviata ad altra data con prezzo ribassato, quindi ..............................: aspettiamo, "è 'na prena ka figlia" prima o poi.

Conoscere per governare

Per gli amici e frequentatori di questo blog, riporto, uno stralcio tratto dal POR Calabria, che sicuramente i nostri amministratori e politici locali conoscono a mena dito. Nel post precedente, riguardante il Liceo di Torano, ponevo una domanda in merito all'andamento demografico a breve-medio-lungo termine della presenza di un sufficiente numero di allievi per poter continuare a mantenere in attività l'Istituto. La/le risposta-e dagli studi fatti dicono di no, non sono io a dirlo ma un documento ufficiale della Regione Calabria.
Il documento integrale, per chi ne avesse voglia, si può leggere a questo link:
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PROGRAMMA OPERATIVO REGIONE CALABRIA
FESR 2007 - 2013 CCI N° 2007 IT 161 PO 008
1.3. Conclusioni dell’analisi socioeconomica L'analisi del contesto calabrese ha evidenziato un consistente divario dei principali indicatori socioeconomici regionali nei confronti delle regioni italiane ed europee più avanzate. Per quanto riguarda il PIL pro capite, nonostante che nell’ultimo decennio abbia fatto registrare un discreto tasso di crescita, la Calabria rimane inchiodata su valori medi sensibilmente distanti da quelli nazionali e comunitari. La regione si caratterizza per una tendenza di medio-lungo periodo alla riduzione della base demografica, alimentata da saldi migratori negativi solo parzialmente compensati da saldi naturali positivi. Il declino del numero dei residenti non è generalizzato all’interno del territorio regionale. Interessa in maniera più marcata i piccoli centri abitati localizzati nelle aree interne montane e collinari, economicamente poco sviluppate e alle prese con uno spiccato deficit di dotazione di servizi alle persone, mentre i centri urbani più grandi, dove più alte sono le opportunità lavorative e dove è mediamente più estesa l’offerta di servizi, registrano una tendenza sostenuta all’attrazione di residenti. La dinamica demografica regionale evidenzia, quindi, da una parte, un progressivo spopolamento delle aree interne, con rischi di abbandono del presidio del territorio e, di conseguenza, di accentuazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico a monte ma anche a valle, e, dall’altra, una crescita residenziale caotica dei centri urbani più grandi, con possibili effetti negativi sia di tipo ambientale (pressione antropica, inquinamento, ecc.) che sociale (aumento di episodi di discriminazione, emarginazione, criminalità, ecc.). Il territorio calabrese è stato investito da quelle dinamiche di crescita insediativa a bassa densità che hanno caratterizzato il tumultuoso sviluppo dell’urbanizzazione moderna in alcuni contesti nazionali. In molti contesti locali, città, centri medi, centri piccoli risultano fusi in un continuum edificato senza qualità, gerarchie, specificità funzionali ed adeguato standard insediativo, infrastrutturale e dei servizi, Le caratteristiche di queste forme dell’urbanizzazione sono empiricamente evidenti e tutte di segno negativo: la qualità edilizia ed insediativa è generalmente di basso livello, il livello dei servizi è di norma non adeguato, la corsa all’espansione edilizia ed i processi di crescita infrastrutturale ad essa correlati alimentano una spirale negativa di spesa pubblica di difficile governo (per manutenzioni, messa in sicurezza, infrastrutturazione a rete, servizi, ecc.). Le politiche urbanistiche comunali hanno assecondato, nella gran parte dei casi, queste dinamiche di espansione diffusa degli insediamenti, offrendo un quadro di formale legittimazione ai correlati processi di sfruttamento delle risorse non riproducibili del territorio. Deficitaria è in Calabria l’offerta di servizi collettivi socio-assistenziali in ambiti essenziali per la qualità della vita dei cittadini (assistenza sanitaria, assistenza domiciliare agli anziani, asili nido, ecc.). Carenza di servizi che ha conseguenze particolarmente negative sulla componente femminile, che si deve far carico del lavoro di cura verso i minori, gli anziani e le persone con diverse abilità, aggravando così le difficoltà di inserimento delle donne nel mercato del lavoro. Il mercato del lavoro regionale presenta livelli di partecipazione e di occupazione ancora lontani dagli obiettivi fissati dai Consigli Europei di Lisbona e Goteborg. Il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa si colloca ben 25 punti percentuali al di sotto del target europeo mentre il tasso di disoccupazione è sistematicamente più del doppio di quello nazionale. Consistenti sono le disparità di genere: il tasso di occupazione femminile è inferiore di circa 30 punti percentuali rispetto a quello maschile nonché all’obiettivo fissato dall’UE per il 2010. La componente femminile, inoltre, evidenzia rispetto agli uomini una maggiore incidenza di forme di occupazione di tipo precario. Anche i giovani presentano elevate difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro, sebbene connotati da alti livelli di istruzione, il che finisce per alimentare fenomeni rilevanti di emigrazione di capitale umano scolarizzato. I buoni livelli di scolarizzazione di base della popolazione regionale – peraltro sostenuta da un’offerta formativa scolastica e universitaria articolata – rappresentano un tratto positivo del contesto socio demografico calabrese, tuttavia riflettono una persistente scarsità di posti di lavoro. Infatti, le giovani generazioni, in mancanza di opportunità lavorative, tendono a continuare gli studi, posticipando il momento dell’ingresso nel mercato del lavoro. L’arretratezza economica della Calabria è senza dubbio connessa alla gracilità del sistema produttivo. Il valore aggiunto prodotto in regione è pari al 9,3% di quello del Mezzogiorno e appena al 2,2% di quello nazionale. La composizione del valore aggiunto regionale mostra un’elevata terziarizzazione (determinata soprattutto dall’ipertrofia del settore pubblico), un sovradimensionamento del primario (che in Calabria rappresenta notoriamente il settore rifugio dell’offerta di lavoro in eccesso, che non trova sbocchi 75/396 occupazionali in altri comparti) e un peso contenuto del settore industriale e, segnatamente, delle attività manifatturiere. La base produttiva regionale è particolarmente contenuta ed evidenzia significativi limiti strutturali. Prevalgono diffusamente le microimprese con assetti gestionali ed organizzativi elementari, incapaci di sostenere processi di crescita aziendale e, tanto meno, di sopperire alle diseconomie dimensionali attraverso l’attivazione di forme di cooperazione interaziendale. La ripartizione settoriale delle imprese e dell’occupazione, come già accennato per il valore aggiunto, conferma un consistente sovradimensionamento della Pubblica amministrazione, del commercio, dei servizi alle attività economiche, dell’edilizia. Al contrario, si registra un peso alquanto contenuto dell’industria manifatturiera, peraltro, fortemente incentrata su attività tradizionali (agroalimentare, lavorazione del legno e dei metalli, comparti questi che aggregano oltre la metà delle imprese manifatturiere regionali), principalmente orientate al soddisfacimento della domanda locale e alla fabbricazione di prodotti-input del settore delle costruzioni; estremamente esigua è, invece, l’incidenza di imprese operative in settori a maggiore contenuto tecnologico e di innovazione. Accanto alle numerose criticità, la struttura produttiva regionale palesa importanti punti di eccellenza, sebbene ancora isolati e non in grado di generare processi di sviluppo diffusi e duraturi. Tra questi si possono citare le specializzazioni agroalimentari di Sibari, del crotonese e del lamentino; le concentrazioni imprenditoriali nel settore metalmeccanico del crotonese e nel vibonese; il porto di Gioia Tauro. La debolezza del sistema produttivo calabrese ne condiziona il livello di apertura e la capacità di competere sui mercati esteri. Gli scambi commerciali si attestano su volumi alquanto modesti: esportazioni e importazioni pesano appena per il 2,9% sul PIL regionale, contro un valore nazionale di oltre il 40%. Il saldo commerciale è abbondantemente negativo (nel 2005, uguale 228.9 Meuro), denotando un elevato grado di dipendenza della regione. Irrilevante è anche la bilancia dei pagamenti tecnologica: gli incassi regionali per beni e servizi tecnologici incidono appena per lo 0,03% di quelli nazionali, mentre i pagamenti rappresentano lo 0,06%. Bassissimo è il livello degli investimenti in R&S, soprattutto di quelli privati, evidenziando un’incidenza sul PIL oltre 20 volte più bassa di quella nazionale e abissalmente lontana dal target fissato da Lisbona. Il ridotto grado di innovatività è rilevante anche per quanto riguarda il numero dei brevetti registrati da parte di imprese ed enti regionali (0,3% di quelli nazionali) e con riferimento agli addetti alle attività di ricerca e sviluppo: in Calabria ci sono 0,8 ricercatori per mille abitanti, meno di un terzo che in Italia. Il divario tecnologico della Calabria è sensibilmente accentuato per quanto riguarda la diffusione e l’utilizzo degli strumenti informatici, la copertura della banda larga e l’accesso ad internet da parte delle famiglie, delle piccole imprese e della Pubblica amministrazione centrale e locale. Le modeste performance del tessuto economico calabrese dipendono anche da un contesto ambientale scarsamente competitivo. Rilevante è la sottodotazione quali-quantitativa dello stock infrastrutturale: posto uguale a 100 il dato medio italiano, la Calabria raggiunge un indice di infrastrutturazione pari a 76. Il deficit di infrastrutture economiche regionali è addebitabile in larga misura alla carenza di impianti energetico-ambientali (48,3), di reti telematiche (58,4) e di reti e strutture bancarie (47). Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, invece, in termini meramente quantitativi, la regione non si discosta dai valori medi nazionali. Tuttavia, permangono gravi criticità per quanto riguarda la dotazione di servizi di mobilità e logistica nonché i livelli prestazionali delle infrastrutture e dei servizi di trasporto. Notevolmente penalizzante per il sistema imprenditoriale è la relativa inefficienza del sistema del credito regionale: il costo del denaro in Calabria è molto più alto che nel resto del Mezzogiorno e dell’Italia. A ciò si correla un elevato rapporto sofferenze/impieghi, più del doppio di quello nazionale. Altro fenomeno che limita drasticamente le performance competitive del sistema produttivo regionale riguarda il problema della sicurezza e della legalità. La Calabria è, infatti, una delle regioni italiane a più alta densità di eventi delittuosi e di attività illecite messe in atto dalla criminalità organizzata. Nell’insieme, la mancanza di standard minimi di qualità del contesto determina una scarsa capacità di attrazione del sistema-Calabria. Con riferimento agli investimenti diretti esteri, la Calabria, con un valore dei flussi IDE sul PIL pari allo 0,02% (2002-2004), si colloca tra le ultime regioni italiane. Anche per quanto riguarda il turismo estero, la Calabria evidenzia un basso livello di attrattività: la spesa dei viaggiatori stranieri copre solo il 13,3% di quella complessiva (rispetto al 33% medio nazionale). Oltre che per un ridotto indice di attrazione internazionale, il settore turistico calabrese, nonostante negli ultimi anni abbia registrato apprezzabili tassi di crescita degli arrivi e delle presenze, presenta molte criticità strutturali: è prevalentemente di tipo balneare (8 turisti su 10 frequentano la Calabria per il mare); 76/396 è caratterizzato da una forte stagionalità, con conseguente eccessiva pressione antropica in alcune aree nel periodo estivo; evidenzia un sistema di accoglienza poco qualificato e diversificato, con un peso consistente, in alcuni territori, delle seconde case. Soprattutto, presenta una scarsa connessione con la promozione delle produzione tipiche regionali (es. artigianato artistico, enogastronomia, ecc.). e con la fruizione del patrimonio ambientale e culturale. Eppure la Calabria può fare riferimento ad un esteso e pregevole patrimonio ambientale (coste, aree protette, paesaggio rurale, ecc.) e culturale (siti archeologici, musei, monumenti, centri storici, minoranze linguistiche, ecc.), che, se adeguatamente valorizzato, può fornire un apporto rilevante alla crescita e alla qualificazione delle attività turistiche e, più in generale, allo sviluppo economico della regione. In quest’ottica, diventa estremamente rilevante il tema della salvaguardia del sistema ambientale regionale. La Calabria non è esente da fenomeni di deterioramento del patrimonio delle risorse naturali. Tra i problemi più acuti vi sono quelli relativi al rischio di dissesto idrogeologico, all’inquinamento delle coste, alla gestione razionale delle risorse idriche, alla gestione efficiente dei rifiuti. In conclusione, l’analisi del contesto regionale evidenzia numerosi vincoli di carattere sociale ed economico ma, allo stesso tempo, mette in luce importati potenzialità connesse alla presenza di una ragguardevole dotazione di risorse immobili e mobili (beni ambientali e culturali, eccellenze produttive, capitale umano secolarizzato), che tuttavia risultano sistematicamente sottoutilizzate. Il problema del ritardo di sviluppo della Calabria, dunque, non è dovuto tanto alla mancanza assoluta di precondizioni e di dotazioni per lo sviluppo quanto all’incapacità delle istituzioni pubbliche e private calabresi di tradurre le risorse materiali e immateriali regionali in occasioni di sviluppo duraturo e sostenibile. Da questo punto di vista, il sistema-Calabria risente massicciamente dell’inefficienza, dell’instabilità e della gracilità degli assetti politico-decisionali e amministrativi. In particolare, la Pubblica amministrazione regionale, ai diversi livelli, esprime forti deficit organizzativi e di competenze e una marcata incapacità di promuovere, sostenere e realizzare in maniera efficiente ed efficace programmi e iniziative di sviluppo socioeconomico di qualità