venerdì 26 febbraio 2010

L'ETA' EVOLUTIVA

L'ETA' EVOLUTIVA - PROF. EUGENIO LO GULLO - DOTT. FRANCESCA ABRAMI - LEZIONI DI PSICOLOGIA

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lunedì 22 febbraio 2010

E continuano a chiamarla San(T)ità

L'Espresso "Fondazione T.Campanella" ATTUALITÀ Nato come Polo oncologico curava altri malati.
DI CLAUDIO PAPPAIANNI


UN OSPEDALE MOLTO SPECIALE
Spese folli per i dipendenti, scelti senza concorso. E la Finanza contesta il danno allo Stato
Il Polo oncologico.
CALABRIA / INCHIESTA SULLA SANITÀ

La sfida era ambiziosa: creare un polo oncologico di eccellenza in Calabria, limitare i “viaggi della speranza” e ridimensionare drasticamente l’obolo che ogni anno si continua a versare alle regioni del Nord per le cure ai propri assistiti. Peccato che, secondo le indagini della Guardia di finanza, abbia provocato un danno alle casse pubbliche da 90 milioni di euro. Si chiude così l’ultimo sogno della sanità più disastrata d’Italia. È il 2004 quando la giunta di centrodestra guidata da Giuseppe Chiaravalloti vara lo statuto della Fondazione Tommaso Campanella.
Due anni dopo il governatore Agazio Loiero inaugura il complesso in località Germaneto a Catanzaro. Un tempo record in una terra dove i lavori pubblici durano decenni: ma Loiero crede molto nel progetto, tanto da tenere per sé la delega specifica e puntarci sopra ben 50 milioni di euro all’anno. Tanti? Alla Regione dicono che serviranno a coprire le spese solo per i primi tre anni, fino cioè al riconoscimento dello status di centro di ricerca specializzato, garantendo fondi statali e investimenti privati. Il tempo, però, si consuma e l’agognata promozione non arriverà mai. Una beffa per i contribuenti, perché in tutti questi anni la Fondazione Campanella (struttura privata mai formalmente accreditata) ha operato esclusivamente succhiando risorse dalle casse già martoriate del servizio sanitario regionale. Così, nei giorni scorsi il Nucleo tributario della Guardia di finanza di Catanzaro ha contestato un danno erariale di circa 90 milioni di euro e sottoposto la vicenda alla Procura regionale della Corte dei conti. Un lavoro meticoloso, quello degli uomini del colonnello Giovanni Castrignanò, che rivela un’altra verità rispetto alla favola raccontata in questi anni ai calabresi. Solo il 45 per cento dei ricoveri nella struttura di Germaneto, cioè meno di un paziente su due, aveva una diagnosi principale oncologica: un dato bizzarro per quello che doveva diventare il punto di riferimento per la cura dei tumori in Calabria. I costi delle prestazioni erogate, inoltre, sono risultati di gran lunga inferiori a quelli per i dipendenti. «Da tempo la Cgil-Fp denunciava anomalie nella selezione del personale e negli acquisti di attrezzature», racconta a “L’espresso” Marisa Palasciano, responsabile sanità del sindacato. Infermieri, amministrativi, medici: quasi tutti sono stati assunti senza concorso, spesso a chiamata diretta. La natura privatistica della Fondazione permetteva questo e altro: così molti giovani catanzaresi hanno trovato lavoro presso il Polo oncologico anche attraverso la semplice iscrizione ad agenzie di lavoro interinale. E nella lista dei dipendenti è lungo l’elenco di parenti di amici di politici e amministratori locali:
«Dopo un approfondito studio possiamo affermare che la Fondazione Campanella
non è altro che un contenitore utile a fare assunzioni clientelari», scriveva nel febbraio 2008 la Cgil di Catanzaro. Pochi mesi dopo era la volta della commissione parlamentare di inchiesta sulla Sanità calabrese che parlava esplicitamente di «bilanci per nulla trasparenti».
Ma la giunta Loiero ha continuato a staccare regolarmente il suo assegno: soldi che invece avrebbero potuto contenere il pesante passivo da 1,7 miliardi di euro che presto porterà al commissariamento della sanità calabrese. Come se non bastasse, la soluzione prospettata con una legge regionale è il passaggio in blocco dei dipendenti all’Azienda ospedaliera Mater Domini. Vale a dire che oltre 300 persone si ritroverebbero a lavorare per una struttura pubblica senza aver mai sostenuto un regolare concorso. La legge è' stata però impugnata dal governo per vizio di costituzionalità: deciderà la Consulta. ■

domenica 14 febbraio 2010

Callipo.Lettera aperta ai Calabresi

di Pippo Callipo* - “Il Pd va verso le primarie e, a questo punto, dico: fa bene. E aggiungo: buon viaggio! Credo che non ci sia altro da dire su questo evento e che non sia più utile definirle farsa, perché tutti abbiamo capito di che si tratta. Siamo maturi e vaccinati, è tempo di assumerci ognuno di noi la nostra parte di responsabilità come cittadini della regione più povera d’Europa. Mi spiacerebbe, però, che le primarie coprissero i nodi reali con cui la Calabria è costretta a fare i conti. Da quando ho annunciato la mia candidatura, ho ricevuto un’attenzione strepitosa da parte dei calabresi. Per me questo è già un successo. Dimostra che non è vero che la Calabria è rassegnata, ci sono tantissime energie fresche che non sopportano più di vivere in una terra che ha perso la stima del Paese a causa dell’inaffidabilità della sua politica. Il desiderio di voltare pagina è molto forte ed io a quel desiderio mi rivolgo. Tuttavia noto che, nonostante la chiarezza del mio messaggio, si insinua una ‘lettura’ sbagliata con l’intento di offuscarlo. Callipo, si dice, non è espressione della politica, perciò non potrà cambiare la Calabria. In realtà, la riflessione è vera, ma solo in parte. Io non ho mai vissuto di politica, sono un imprenditore con una storia lunga ed orgogliosa che ha deciso di candidarsi per dare alla Calabria una speranza; è falsa, invece, quando si sostiene che solo se questa politica lo vuole si può cambiare. Io credo che oggi solo i calabresi possono salvare la Calabria. Questa è la sfida a cui siamo chiamati oggi. E l’arma di cui disponiamo è il voto. Girarsi dall’altra parte, ridare forza a questa politica vecchia che ha fallito e ha messo in ginocchio la nostra economia, impedendo ai nostri figli di avere prospettive e cancellando dal vocabolario della Calabria la parola futuro, sarebbe un errore gravissimo. Aldilà delle “letture” capziose, sono convinto che i calabresi, insieme a me, siano intenzionati a dare una spallata a quanto di impresentabile vi è in Calabria. E’ una scelta, la nostra, frutto di tante riflessioni sulla Calabria. Quando leggo della Calabria “palla al piede del Paese”, mi viene da segnalare le discrepanze tra la parola Calabria e la realtà che molti commentatori conoscono poco e che, a tratti, è drammatica. Molte aree sono in mano a mafie e cattiva politica il cui sfondo comune è l’illegalità diffusa nella pubblica amministrazione e l’uso distorto della spesa pubblica. La sicurezza del cittadino è a rischio, specie se osa discostarsi dal linguaggio che le regole omertose impongono; per chi non è un “prenditore” ma un imprenditore che ha a cuore il suo business, vivere in Calabria è un atto eroico. Si è costretti a scontrarsi con cento problemi. La legalità è marginale, imperversano altri codici che non sono quelli dello Stato, altre regole, altri metodi. In tutti i settori, la scuola, l’agricoltura, la sanità che non è un’azienda dedita a soddisfare i bisogni dei pazienti, ma un coacervo di interessi politico-clientelari che, ancora adesso, dinanzi allo sfascio finanziario, la politica seguita a utilizzare per costruire candidature e drogare il voto. Ora, dinanzi a tutto ciò, c’è chi teme che la Calabria col federalismo possa inabissarsi, ma la Calabria è già fuori da tutto ciò che è Europa: concorrenza democratica, competizione civile; ogni cosa è finita - nell’indifferenza dello Stato - col corrompersi, sfuggire ad ogni controllo di legalità e di trasparenza. Da sempre i miei cavalli di battaglia sono lo sviluppo e la legalità. Due motivi che si scontrano con la cattiva politica. Dunque, io chiedo ai calabresi: vogliamo che niente cambi, tenendoci ancora questa classe politica e subendo la commistione di interessi tra politicanti, “prenditori” e malavitosi? O vogliamo insieme dare una scossa? La condizione sociale della Calabria è straordinaria, occorrono, per un periodo di transizione, risposte forti e convergenti, per ristabilire il principio di legalità. Ridare dignità alla Calabria ed ossigeno all’economia stagnante: da qui prende le mosse il mio impegno, che la "casta" vede cosi male perché io non sono uno di loro. Alle soglie del voto per la Regione, l’opportunità che io vorrei offrire è una liberazione dalle catene. Ci sono politici nazionali che, in verità, hanno compreso le difficoltà della Calabria e con loro, sui temi della legalità e dello sviluppo, avrei voluto costruire qualcosa per la mia terra. Sulla Calabria ed i suoi guai, però, l’impressione che ho finora avuto è che chi parla e scrive della Calabria spesso non sappia neppure dove sta di casa, perché parla di una Calabria ancora in bilico a cui è data una possibilità. Ma da chi? Nessuno intende prendere in mano il destino della Calabria, ognuno lo evita perché teme di sporcarsi. A questo è ridotta la nostra terra. Siamo noi calabresi che dobbiamo decidere il nostro futuro. Quando ho espresso il desiderio di fare qualcosa per la mia regione, alcuni mi hanno chiesto: ma chi te lo fa fare? Fatti gli affari tuoi, lascia che i calabresi si tengano la zavorra che meritano. Il problema, però, non è solo affettivo, almeno per me, è anche economico. La Calabria ed Il Sud che vedo io da imprenditore, ogni giorno, sono persi. Per la democrazia e per lo Stato italiano, che li hanno usati per tanti scopi, prima l’industrializzazione del Nord, poi le clientele per le cordate pentapartitiche e, insieme ad altri centri di potere, per lucrare le ingenti risorse nazionali e comunitarie finite nelle tasche di pochi. Il Paese, e anche il Sud, reggono per via della moltitudine di piccole realtà economiche che, a costo di sacrifici immani, spingono la carretta. Il punto è che lo Stato non funziona. Quante opere pubbliche incompiute ci sono in Calabria? Nessuno risponde. Eppure si vorrebbe fare un Ponte che sarebbe un disastro. E i nostri politici sono così poco autorevoli che nessuno a Roma li ascolta (la vertenza del porto di Gioia Tauro è emblematica). E poi l’ostacolo delle mafie. Una lotta sistematica neppure si intravede. Il Governo manda i soldati per combattere la microcriminalità al Nord, io ho chiesto, ma invano, l’esercito contro la ‘ndrangheta e per il controllo del territorio. La mafia non ha ideologie, è un cancro per il Sud e per chi ci vive, ma come può la parte migliore del Sud ragionevolmente fronteggiarla, se dal centro continuamente si premia il peggio del Sud, se i flussi di danaro pubblico si disperdono? Qui è lo Stato italiano che ha fallito. Ogni giorno che passa il Sud scivola più a Sud. Lo Stato dovrebbe aiutare quello che nell’inferno del Sud resiste, e che, se aiutato, potrebbe contrastare l’illegalità che spesso ha nella cattiva politica un alleato. Dovrebbe farlo con atti concreti e non con proclami; e dovrebbe farlo mettendo in carcere la mafia con la penna e contrastando la mafia che spara. Io dico che il Sud non è una Repubblica a sé, ma della Repubblica italiana è parte e, purtroppo, questa Repubblica, con l’impotenza a risolvere i problemi gravi del Sud, dimostra di essere una Repubblica fragile. A non funzionare non è il Sud (che ha centomila colpe) ma l’Italia e le sue classi dirigenti. Se vogliamo tentare di svoltare, dobbiamo organizzare il meglio che vi è nello Stato con il meglio che vi è nel Sud. Ognuno dovrebbe dire con chi sta e per fare cosa. In Calabria, però, a chiarirsi le idee deve essere anzitutto il calabrese: intendiamo andare avanti con questa brutta politica o decidiamo di cambiare? Io propongo di sconvolgere gli attuali assetti politici che si reggono su taciti compromessi e scambi di favori. Proprio qui, oltre alle tante associazioni che mi sono vicine, entrano in campo Idv, i Radicali, il partito “Per il Sud” che hanno condiviso il progetto di rinnovamento. Noi non intendiamo impossessarci di un angolino della Regione per soddisfare appetiti. Ma vorremmo - questo è il disegno - chiamare a raccolta il meglio della Calabria e rompere, con una rivoluzione pacifica, gli asfittici equilibri politici che hanno condannato la regione al sottosviluppo”.

*Imprenditore - Candidato alla Presidenza della Regione Calabria