“U cùnzulu”
Questa parola (cùnzulu) indica una serie di rituali e di comportamenti posti in essere, nel momento in cui, nel paese, si verifica un lutto.
La comunità si stringe attorno alla famiglia nella quale si è verificato l’evento, compiendo una serie di azioni che culminano nella cerimonia “du cùnzulu”.
Dopo il funerale, nel primo mese di lutto la famiglia del defunto riduce al minimo le proprie attività tanto da non preparare neanche il pasto quotidiano; saranno gli amici, le persone più intime che a rotazione se ne occuperanno.
Le persone che preparano u cùnzulu si devono attenere ad una serie di prescrizioni: bisogna preparare pasti abbondanti, portare tutte le stoviglie (non possono essere usate quelle della famiglia in lutto), le vettovaglie che avanzano devono rimanere alla famiglia in lutto.
Tutto l’occorrente, compreso i pasti, viene sistemato in una o più”sporte” è coperto da un panno nero. Qualora il pranzo si dovesse protrarre oltre il calar del sole, le stoviglie, e tutto ciò che è servito per “u cùnzulu” , viene ritirato il giorno dopo. Per un anno, in famiglia, non si confezioneranno le pietanze tradizionali di due importanti festività: saranno i parenti più stretti
, i SanGiuvanni, a portare loro il giorno della festa, ‘u cuddracciu’ per Pasqua ed ‘i pittuli’ per Natale; per il giorno dei Morti un piatto di ‘lagana e ciciri’.
Sono molte le tradizioni che col passare degli anni si modificano profondamente, o vengono assimilate con altre o spariscono definitivamente.
‘U cùnzulu’ rimane, per i morti ma soprattutto per i vivi.
Angelo Aquino