Era d’estate, Arrivò a sera inoltrata, in quel paese di cui non sapeva neppure il nome, ospite di una famiglia che il marito, impiegato statale, soggetto a continui trasferimenti, aveva conosciuto. Dopo una calorosa accoglienza ed una buona serata trascorsa in compagnia, tutti a nanna.
Al mattino, com’era sua abitudine, si alzò molto presto, per non svegliare il marito ed il resto delle persone che dormivano, lentamente e senza far rumore sbircia da un’imposta per rendersi conto dalla luce che ora fosse, guarda con più attenzione senza capire, per un attimo rimane attonita, sbalordita: che cielo, che luce era mai quella.
Cautamente scende al piano terreno, apre la porta, fa qualche passo ma non riesce a rendersi conto di quello che ha davanti a se; si siede sotto la veranda guarda attentamente verso il sole che stava sorgendo, poi lo sguardo si perde verso un orizzonte senza limiti.
La padrona di casa, attenta e premurosa, nel sentire qualche rumore decide di alzarsi a vedere di cosa si trattava, scende al piano terreno vedendo la porta socchiusa si appresta a guardar fuori:
-Bongiorno signò: ve siti già azata?-
Nua ni sumamu sempri priestu ‘a matina.
-Ma ve viu ‘nu pocu strana, cum’è? Vi sentite qualche cosa?-
Grazzije signò: st’haju bbona, ma vi vulissi fa ‘na domanda.
-Per amuri da Madonna, tutti chiru ca voliti-
Ma ‘stanotti ha chjuoppitu?
-Come dite signò?-
Mimando con la mano:Volevo significare: ‘stanotti ha chjuvutu?
-No! Mennenu ‘na goccia-
‘N’atra domanda.
-Ditemi signò, non fate complimenti-
Ma tutta ‘s’acqua dint’a ‘sa cibbija chini c’ha mmisa?
Il paese era Acquappesa.
Ci vollero parecchi giorni per rendersi conto che quello era il mare.