"Le radici e la propria terra non potranno mai essere dimenticate. Il legame affettivo e i ricordi non possono essere cancellati dall'indifferenza o dalla lontananza, se ciò dovesse avvenire l'uomo non avrebbe più ragione di esistere".
Complimenti per il blog e per l'informazione che dai ai nostri compaesani sparsi per il mondo. Mi permetto di inviarti una breve descrizione di un spaccato di vita della Sartano degli anni passati, con la speranza di farTi cosa gradita.
Un carissimo e cordialissimo saluto
Gildo Anthony Urlandini
“I casi i mattunazzi”
Su una collina circondata da ulivi fichi e vigneti, sorge il paese di Sartano, paese antico e ricco di tradizioni, che custodisce ancora adesso quasi intatte “i casi i mattunazzi”, le case di creta e paglia . Dal milleottocento in avanti, l'abitato di Sartano era costituito principalmente da casette basse costruite con mattoni crudi di creta e paglia detti “mattunazzi”, che non raggiungevano i due metri e settanta di altezza nella parte superiore. I “mattunazzi” venivano fabbricati con creta, terra rossa e paglia, che veniva impastata in delle grosse buche e poi veniva compressa in delle forme rettangolari di tre misure diverse, e cosi dopo aver fatto seccare questa massa di creta e paglia al sole, erano pronti per essere utilizzati nella costruzione delle case. Le case semplici e senza richiami architettonici, rappresentava un'edilizia povera, ma sostanzialmente necessaria ai bisogni delle famiglie. I muri portanti della struttura erano spessi , raggiungevano la misura di 70-80 centimetri, la caratteristica di queste casupole di creta e paglia, con muri così spessi, era che d'estate gli ambienti erano freschi , mentre durante la stagione fredda erano caldi. Le stanze della casa, normalmente due, avevano una grandezza di tre per quattro o quattro per cinque. Il pavimento semplice e in terra battuta oppure di mattoni cotti di “carcara”, nell'insieme aprivano i locali dove i Sartanesi abitavano. Il soffitto , “ 'ntavulatu”, era costituito per la maggior parte di tavole o di canne intrecciate,“catrizzole”, che isolavano le stanze dall'aria che proveniva dalle tegole, “ciaramili”, in terra cottae di forma irregolare, perché fabbricate a mano. La casa di “mattunazzi”, a Sartano era una caratteristica , anche perché nel meridione d'Italia, era uno dei pochi paesi ad essere costruito con mattoni crudi di creta e paglia.
Questa tecnica di costruire con mattoni crudi di creta e paglia, comportava il fatto che le abitazioni erano tutte a pianterreno, rarissime la case a due piani, non potendo avere un piano superiore, per la mancanza di pilastri di sostegno. Le stanze erano cosi divise: la cucina e la stanza da letto. La cucina, era la stanza principale, dove le donne di casa svolgevano le funzioni giornaliere e dalla quale si accedeva dalla porta d'ingresso, delimitata dal “suprantu” o “supraporta”, era di castagno, verso la parte alta laterale sinistra, c'era “u purtieddru”, una specie di finestra, che si apriva durante il giorno per dare luce alla stanza. L'interno molto scarno per l'epoca, era costituito “da fucagna”, un focolare con un rialzo dove venivano poggiate e preparate le vivande che cuocevano “supa u tripidu" (treppiedi), dal forno, e da qualche nicchia che serviva per conservare il cibo, gli arnesi da lavoro, o altre cose utili, per la casa e il lavoro. Il forno che era su di un piano sopraelevato, in un angolo della stanza, aveva al di sotto un piccolo locale dove trovavano di notte riparo, galline, pecore e maiali.
L'arredamento semplicissimo, senza fronzoli come oggi, era costituito da un "casciuni", dove venivano conservati cereali, salami, fichi e “ru grassu du puarcu” cioè la sugna di maiale. Poche sedie, un tavolo, la "panera", una "piattera", un "saziere", " u vintagliu" per alimentare la fiamma del fuoco e qualche stipo ricavato con delle tavole conficcate nel muro, eccezionalmente i più benestanti possedevano la "cridenza" , dove mettevano in mostra i bicchieri o vi conservavano derrate alimentari. In un angolo quasi nascosti, si potevano intravedere le "ciarre" dell'olio e del vino, poste vicino ad un sedile in mattoni crudi. Cosa che non mancava mai era la " 'nnicchiareddra" dove veniva collocata la statuina del santo con la "lampa" accessa dove ardeva "u micciarieddru", alle pareti vi erano appese le " sporte" i "panari" e le "catrizzole", mentre ad una “piartica” (pertica) che pendeva dalla “panera” gli abitanti della casa vi appendevano i vestiti, rischiarati dalla luce della lanterna ad olio.
La stanza da letto era costituita dalle "cascie" (cassoni in legno) dove veniva custodito quel poco di corredo per le figlie, dal letto formato dai "vanchietti" dal "saccuni" e dalle "culunnette", una stanza da letto essenzialissima, spartana per il bisogno di gente contadina, umile e laboriosa, alle pareti si potevano vedere appese “ i figureddri”, immaginette di Santi.
In un'altro angolo della cucina, o appena fuori dietro la porta, veniva conservata la legna per il fuoco, mentre dalle travi pendevano mele, pere, peperoni, formaggi e tante altre prelibatezze del mondo contadino, conservate nella “rizza” (rete).
Tutto il paese di Sartano era costituito da file di case, costruite in modo continuo, muro contro muro, categoricamente di “mattunazzi”, con punti luce solo alla facciata davanti, costituiti dalla porta e da una finestra. Raramente si vedeva qualche casa più grande costruita con mattoni cotti, ed erano l'eccezione, in quanto costituite dal pianterreno e dal primo piano. Le vie del paese erano in terra rossa battuta e ciotoli, consumate dal calpestio dei sartanesi, che, come tutte le mattine, essendo un popolo prevalentemente contadino, si incamminava per i campi.
Nell'avviarsi ai campi, le donne scalze con le “sporte” in testa, seguivano i mariti che sul dorso dell'asino prendeva la via per la campagna. I Sartanesi che disponevano di un pezzo di terreno vicino al paese, non avevano difficoltà, a volte, a ritornare a casa, ma quelli che erano distanti dall'abitato, possedevano una piccola casetta in campagna sempre costruita con i “mattunazzi” sulla stessa specie della casa del paese, dove restavano a dormire.
Sartano, allora, era un paesino per la maggior parte dedito all'agricoltura, dove l'unica via di collegamento con i centri vicini era costituita da delle piccole “carreri” (sentieri) di terra rossa battuta e ciotoli, percorse da uomini e animali. Solo negli anni cinquanta fu costruita la prima strada asfaltata, che collegava il paese con Torano, con gli altri centri limitrofi e con la statale 19 “ a nazionali” e lo scalo ferroviario.
La costruzione della strada, ha portato a Sartano molti vantaggi, infatti il collegamento portava in paese camion con oggetti di ceramica e altre mercanzie che per tanto tempo erano mancate. Si incominciarono a vedere movimenti di arti e mestieri, come “u quadararu”, che arrivato in paese, riusciva a risolvere i problemi delle donne di casa, riparando loro le pentole di rame bucate, i cantastorie per la gioia dei bambini che giocavano sotto il muro della chiesa, “u capillaru”, che scambiava ciocche di capelli con oggetti per la casa, e man mano si iniziarono a vedere tanti altri mestieri.
Con il passare degli anni Sartano, conobbe in maniera considerevole come tutti i paesi del meridione d’Italia il fenomeno dell’emigrazione, ma crebbe e si sviluppo in maniera sistematica. Dopo i tanti sacrifici sofferti, soprattutto con l'emigrazione, le case di creta e paglia, o “i casi i mattunazzi”, hanno lasciato pian piano il posto alle nuove case in muratura e cemento, ma qualche casupola di “mattunazzi” ancora resiste.
Oggi, Sartano, è un paese ridente e ospitale, dove solo alcune tracce delle antiche abitazioni sono rimaste in ricordo di un passato, anche se sofferto, che ogni sartanese ricorda con orgoglio, senza rinunciare alle proprie radici.
(Tratto dal libro dei ricordi di Gildo Anthony Urlandini )