mercoledì 21 maggio 2008

FotoCalabria

Una vera holding internazionale. L’Eurispes ha presentato l’identikit della ‘ndranghita. Nel 2007 è stata capace di fatturare 44 miliardi di euro ROMA. Una vera e propria holding internazionale. Capace di fatturare nel 2007 poco meno di 44 miliardi di euro, pari al 2,9 per cento del prodotto interno lordo italiano. È l’inquietante identikit della ‘ndranghita disegnata dal dossier 2008 presentato ieri mattina dall’Eurispes presso la Fnsi. Il giro d’affari prodotto dalla mafia calabrese equivale alla somma della ricchezza nazionale prodotta da Estonia (13,2 miliardi di euro) e Slovenia (30,4 miliardi). Il settore più remunerativo si conferma quello del traffico di droga che determinerebbe introiti per 27.240 milioni di euro, oltre il 62 del monte profitti illeciti: le ‘ndrinè, ottimizzando sforzi e rischi, sono riuscite tra l’altro ad abbattere i costi degli approvvigionamenti della droga, in particolare della cocaina dal Sud America, “eliminando i cosiddetti intermediari e ricercando il contatto diretto con i cartelli, soprattutto colombiani, o con la loro emanazione in Europa”. Sul fronte dell’impresa, il fatturato dei gruppi criminali locali è stimato dai ricercatori dell’Eurispes in 5.733 milioni di euro, grazie alla crescente infiltrazione negli appalti delle opere pubbliche e alla compartecipazione in imprese di tutti i tipi. A completare il “paniere” criminale, i proventi illeciti derivanti dal mercato dell’estorsione e dell’usura (5.017 milioni di euro), il traffico di armi (2.938 milioni di euro), il mercato della prostituzione (2.867 milioni di euro). La ricerca non si limita però a fare i conti in cassa a quella che gli “addetti ai lavori” concordano nell’indicare come l’organizzazione criminale al momento più pericolosa, dalla vocazione internazionale sempre più spiccata e dalla struttura sempre più tentacolare, al punto da richiamare il modello di Al Qaeda. DI MAFIA 1 OMICIDIO SU 4 - Nel periodo compreso tra il ‘99 e il 2008, in Calabria si sono verificati 202 omicidi di ‘ndranghita con un incremento del 67%. In provincia di Reggio Calabria, se ne contano 73, il 36,1 20% del dato complessivo regionale, in provincia di Catanzaro 49 (il 24,3 del totale calabrese), in provincia di Crotone 43 (il 21,7), in provincia di Cosenza 30 (il 14,9), in provincia di Vibo Valentia 7 (il 3,5). Statistiche alla mano, oltre un omicidio su quattro (il 27% su un totale di 748 consumati nel periodo in questione) è ascrivibile alle cosche. 13.785 DENUNCE IN 6 ANNI - La distribuzione dei reati in Calabria denota che, per tutti i crimini considerati, tra il ‘99 e il 2005 sono state presentate in totale 13.785 denunce (anche se, naturalmente, le intimidazioni dei clan e l’omertà diffusa contribuiscono a limitarne il numero) : 1.900 per estorsione, 7.962 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti, 523 per associazione a delinquere e di stampo mafioso, 359 per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, 1.216 per ricettazione, 1.825 per attentati. La provincia di Reggio Calabria, con 5.242 casi, è quella che registra il maggior numero di denunce per reati assimilabili alle associazioni mafiose, pari al 38,1 del totale dei reati commessi in Calabria. Seguono la provincia di Cosenza con 4.051 denunce, pari al 29,4 dei reati commessi, e quella di Catanzaro con 2.361 denunce (17,1). Per mantenere il suo potere territoriale o aumentare la sua penetrazione nella società, la ‘ndrangheta non si fa scrupoli sugli strumenti e le azioni da adottare: dal 2001 al 2005, gli atti di terrorismo e violenza politica a danno del tessuto socio-economico e politico locale sono stati 507, pari al 26% dei 1.951 episodi verificati nelle 24 realtà provinciali analizzati dallo studio. L’area reggina - con 211 atti di terrorismo e violenza politica - risulta la più colpita. 600 LATITANTI IN MANETTE - Complessivamente, tra il ‘99 e il 2004, sono state denunciate in Calabria 3.201 persone per associazione a delinquere di tipo mafioso (1.768 in provincia di Reggio Calabria, 602 a Cosenza, 369 a Crotone, 266 a Catanzaro e 196 a Vibo Valentia). Tra il ‘92 e il 2006, i latitanti pericolosi finiti in manette sono stati oltre 3.650, di cui 598 nella sola Calabria (il 19,9 209568el dato complessivo nazionale). LA GEOGRAFIA DELLE INTERCETTAZIONI - In uno scenario di questo tipo, l’attività di contrasto delle forze dell’ordine ottiene ottimi risultati, a dispetto di grandi difficoltà. Uno dei principali strumenti di indagine sono senza dubbio le intercettazioni: dagli ultimi dati del ministero della Giustizia emerge che in totale, dal 2003 al 2005, in Italia, il numero dei “bersagli - come vengono chiamate in gergo le utenze controllate - è prevedibile, per competenza territoriale e per permeabilità al crimine organizzato - si legge nel dossier - ; circa il 42% dei bersagli sono concentrati in quattro regioni meridionali, di cui oltre 36.400 in Sicilia e quasi 36 mila in Calabria; a seguire, la Campania con 25 mila bersagli e la Puglia con 15 mila”. A livello provinciale impressiona il valore assoluto registrato dalla provincia di Reggio Calabria con 27.486 osservazioni telefoniche pari al 10% del dato complessivo nazionale e al 24,5% del dato complessivo riferito alle quattro aree regionali più “a rischio”. CONFISCHE PER 231 MLN - Davanti a certe cifre, un ruolo sempre più strategico assume l’attività di confisca dei beni della criminalità organizzata. Negli anni compresi tra il 1992 e il 2007, le forze di polizia coordinate dalla Dia hanno complessivamente sequestrato e confiscato beni alle diverse organizzazioni, per un valore pari a oltre 5,2 miliardi di euro. In particolare, l’attività di sequestro e confisca dei beni alle ‘ndrine calabresi è stata pari a 231 milioni di euro. Nel solo 2006, la ‘ndranghita si è vista “portar via” ben 1.152 beni: nel dettaglio, 562 appartamenti, 363 terreni, 122 locali, 46 tra capannoni e “altri immobili”, 35 imprese individuali, 9 Sas, 9 Srl, 5 Snc e una Spa. 131 LE COSCHE ATTIVE - Gli analisti “mappano” la presenza di ben 131 cosche attive nei vari territori calabresi. Nella sola provincia di Reggio Calabria sarebbero attive ben 73 organizzazioni criminali di tipo mafioso. A seguire, il territorio provinciale di Catanzaro con 21 cosche monitorate, la provincia di Cosenza con 17 gruppi criminali, e i territori provinciali di Crotone e di Vibo Valentia, rispettivamente con 13 e 7 organizzazioni criminali rilevate. SCIOLTO 1 COMUNE SU 10 - Sono 38 i casi di amministrazioni comunali calabresi sciolte per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2007. Una performance negativa pari al 22,5% del totale dei comuni colpiti da provvedimento di scioglimento registrato nelle province calabresi, campane, pugliesi e siciliane che ha riguardato, nel periodo considerato, 169 realtà comunali. Anche in questo caso, il territorio provinciale più colpito risulta Reggio Calabria con 23 comuni sciolti per infiltrazione della ‘ndranghita, dietro solo a Napoli nella graduatoria generale con 44 casi. A seguire, tra le calabresi, Catanzaro (7 comuni), Vibo Valentia (5) e Crotone (3). Rapportando il dato registrato in Calabria per il totale dei 409 comuni presenti in regione ‘si ottiene un risultato allarmante: 1 comune su 10 è stato raggiunto da decreto di scioglimento per motivi legati alla permeabilità delle ‘ndrinè. L’INDICE DI PENETRAZIONE MAFIOSA - L’Eurispes applica a 24 territori provinciali “a rischio” di quattro regioni l’Indice di penetrazione mafiosa (Ipm), calcolato sulla base di alcuni parametri che scaturiscono dalla valutazione oggettiva e, per lo più, quantitativa di alcune variabili socio-economiche che caratterizzano una determinata area: tasso di disoccupazione, reati commessi ed assimilabili alle associazioni mafiose, casi di amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose, atti di terrorismo politico, numero di intercettazioni effettuate. La “maglia nera” di territorio più permeabile alle infiltrazioni criminali va alla provincia di Napoli, con un indice pari a 68,9: a seguire, le province di Reggio Calabria (60,4 punti), Palermo (41,9), Catanzaro (33), Bari (32,6), Salerno (31,3), Caserta (30,6), Crotone (29,5), Lecce (27,9), Brindisi (26), Cosenza (25,4). “Preoccupante, - scrive l’Eurispes - il posizionamento nell’Ipm relativo al territorio calabrese, con ben tre province nella top ten”. Dai dati emerge, in particolare, che il primato negativo calabrese di Reggio Calabria è dovuto principalmente ai reati assimilabili alle associazioni mafiose (ben 144,6 ogni 100 mila abitanti), ai 23 comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2007, agli atti di terrorismo pari a 211 dal 1999 al 2005 e al numero di intercettazioni pari a 27.486 dal 2001 al 2003. A Crotone spetta il primato degli omicidi ogni 10 mila abitanti per motivi di mafia, camorra e ‘ndranghita tra i 24 territori provinciali analizzati e considerati più a rischio.
Articolo tratto da: Il Giornale di Calabria.