A me pare di riconoscere qualche volto.
martedì 18 gennaio 2011
domenica 16 gennaio 2011
Dimensionamento scolastico coinvolte le cinque Province - Il Domani.it
Dimensionamento scolastico coinvolte le cinque Province - Il Domani.it
E qualcuno, continua a raccontare che gli asini volano.
E qualcuno, continua a raccontare che gli asini volano.
sabato 15 gennaio 2011
Il silenzio dei vivi.
Una donna di 69 anni trovata morta in casa
Capita di rimanere soli, senza la vicinanza di parenti prossimi, perche non se ne hanno o perchè se ne sono gia andati; capita morire da soli nei sobborghi, nelle periferie degradate come nei vecchi centri storici delle grandi città. A Sartano quando si voleva augurare tutto il male possibile ad un nemico ('a gastigna) si diceva: "Vu mori cumi..............", aggiungendo nome e soprannome; una morte in solitudine rimasta nella memoria collettiva come evento tragico ma raro. Ma l'eccezionalità consisteva nel fatto di essere stati abbandonati dai familiari nell'ora della morte, comunque i vicini c'erano. Per quanto povero, ignorante, buono o cattivo nessuno veniva lasciato morire da solo; l'amico, il parente anche più lontano o il vicinato c'erano.
Gildo Anthony Urlandini
Torano Castello
Morire di solitudine a sessantanove anni. È successo ad una pensionata di Sartano, frazione del comune di Torano Castello. Della signora non si avevano notizie da alcuni giorni. I vicini non vedendola in giro, preoccupati, hanno bussato alla sua porta senza ricevere nessuna risposta. Lanciato l'allarme ci ha pensato poi un parente ad avvertire i carabinieri della locale stazione. Immediatamente i militari dell'Arma, comandati dal maresciallo Antonio Di Vasto, si sono recati presso la casa della pensionata. Dopo avere bussato alla porta, sono entrati dentro, rivenendo la signora a terra priva di vita. Nella concitazione dei parenti, dei vicini e dei curiosi, i carabinieri hanno avvertito le autorità giudiziarie, che hanno disposto il prelievo del cadavere e il relativo trasferimento presso l'istituto di medicina legale di Cosenza per essere sottoposto ad esame autoptico, eseguito il quale è stato celebrato il rito funebre. Il corpo è stato tumulato nel cimitero comunale.
Torano Castello
Morire di solitudine a sessantanove anni. È successo ad una pensionata di Sartano, frazione del comune di Torano Castello. Della signora non si avevano notizie da alcuni giorni. I vicini non vedendola in giro, preoccupati, hanno bussato alla sua porta senza ricevere nessuna risposta. Lanciato l'allarme ci ha pensato poi un parente ad avvertire i carabinieri della locale stazione. Immediatamente i militari dell'Arma, comandati dal maresciallo Antonio Di Vasto, si sono recati presso la casa della pensionata. Dopo avere bussato alla porta, sono entrati dentro, rivenendo la signora a terra priva di vita. Nella concitazione dei parenti, dei vicini e dei curiosi, i carabinieri hanno avvertito le autorità giudiziarie, che hanno disposto il prelievo del cadavere e il relativo trasferimento presso l'istituto di medicina legale di Cosenza per essere sottoposto ad esame autoptico, eseguito il quale è stato celebrato il rito funebre. Il corpo è stato tumulato nel cimitero comunale.
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=3129&Edizione=8&A=20110106
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Amaro e triste si rivela il caso di questi giorni, conoscendone la storia personale e familiare, una storia che tutto il paese conosce.Qualcosa andava fatto, si poteva fare, umanamente e socialmente;voglio sperare ed augurarmi che questa morte non sia stata vana, che serva a prendere coscienza di una realtà ineludibile, per certi versi imbarbarita da un finto progresso, dove gli ultimi restano sempre più ultimi, anche a Capodanno.
venerdì 14 gennaio 2011
Punto e a capo. Il danno e la beffa.
Il Tar interrompe la gara per i rifiuti urbani
Torano castello.
Il Tar ha sospeso la gara per i servizi dei rifiuti urbani condannando il Comune di Torano Castello al pagamento delle spese. Con ordinanza n. 36/2011, depositata ieri, il Tar Calabria, Sez. II (presidente F...
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=6989&Edizione=8&A=20110114
La sentenza:
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catanzaro/Sezione%202/2010/201001447/Provvedimenti/201100036_05.XML
Il Tar ha sospeso la gara per i servizi dei rifiuti urbani condannando il Comune di Torano Castello al pagamento delle spese. Con ordinanza n. 36/2011, depositata ieri, il Tar Calabria, Sez. II (presidente F...
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=6989&Edizione=8&A=20110114
La sentenza:
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catanzaro/Sezione%202/2010/201001447/Provvedimenti/201100036_05.XML
mercoledì 5 gennaio 2011
sabato 1 gennaio 2011
Italia e Calabria, crisi di identità lunga 150 anni
31/12/2010
di VITO TETI
Non c'è molto da festeggiare, nel 2011, per i centocinquanta anni dell'Unità d'Italia: c'è da pensare. Potremmo, forse, domandarci qual è l'idea che abbiamo dell'Italia. Il mio senso di “appartenenza”, nell'infanzia, è legato al luogo-paese, alle rughe e gli orti, alla mia confraternita religiosa. Sentivo vagamente della Calabria, non sapevo di appartenere a un “territorio regionale”. La dilatazione, estensione, prosecuzione del mio paese si chiamava Toronto, dove viveva mio padre, e verso dove partivano i miei compagni di giochi e di scuola. E anche Roma, Torino e Milano, dove vivevano parenti e paesani che tornavano l'estate. Torino e la Juventus; la Carpano e Nencini; il “Corriere dei Piccoli” e i fumetti. Alle medie ho cominciato a capire che esisteva un luogo Calabria, dove ero nato e vivevo. Col Sessantotto - quello dei figli dei braccianti, dei contadini, degli emigranti - ho imparato a sentirmi “americano” e “antiamericano”, “paesano” di Dylan e della beat generation. Ho scoperto l'esistenza dei Nord e dei Sud, dei centri e delle periferie, dell'Africa esterna e dell' «Africa interna», delle «nostre Indie di qui» (il Meridione e la Calabria). Nel tempo ho scoperto gli autori meridionalisti: Salvemini e Nitti, Alvaro e Strati, Silone e Levi. Ho letto (e scritto) dei “briganti” trucidati, dei paesi distrutti, della “conquista” militare del Sud, dei paesi che si svuotavano per fame. Mi sono sentito, a ragione, meridionale e calabrese. Ho scoperto, anche, “forestieri”, grandi intellettuali e studiosi (Zanotti Bianco, Isnardi, Pavese) che hanno capito e amato la Calabria. Ho ascoltato i racconti di coloro che hanno partecipato alla Prima guerra mondiale e si sentivano italiani. E i racconti dei contadini che occupavano la terra e degli emigrati che tornavano e cambiavano il mondo. Il mio senso di “appartenenza” si dilatava, si arricchiva. Diventavo “italiano” anche per la letteratura e per il cinema, per la lingua e per l'arte, per il calcio e per la musica: per quello che l'attuale governo sta distruggendo e smantellando. Italiano per i legami di affetto, stima e amicizia che mi legano ad altri italiani. Ho amato e amo Milano e Torino, Bologna e Venezia, Napoli e Genova e ho colto le mille linee che legano la Calabria a queste città. L'identità comporta addizioni e sottrazioni. Sentirmi qui e altrove, nei luoghi e fuori luogo, appaesato o straniero dovunque, è un'avventura sperimentata nel tempo. Nel 1993 ho pubblicato “La razza maledetta. Origini del pregiudizio antimeridionale”: un inquietante razzismo antimeridionale, risalente almeno alla fine dell'Ottocento, si andava diffondendo al Nord, con finalità politiche, nel periodo in cui in Europa e nel mondo esplodevano terribili conflitti “etnici”. Immaginavo, allora, che i ceti politici, gli intellettuali, le tante persone illuminate del Sud riuscissero a dare risposte politiche, economiche e sociali, all'altezza della sfida dei tempi. Ho pensato che ai riti “arcaici” e postmoderni di Bossi si potesse rispondere con una tradizione culturale alta, quella dei Gioacchino da Fiore e dei Campanella, dei Vico e dei Croce, dei Telesio e dei Padula, di coloro che, per dirla con Alvaro, hanno saputo fornire apporti decisivi alla cultura nazionale ed europea. Avevo sperato che i sogni di libertà e di giustizia di briganti, contadini e braccianti potessero essere continuati da gruppi capaci, finalmente, di affrontare la “questione meridionale” come problema nazionale. Non è stato così. Abbiamo (adopero un “noi” da cui mi sento fuori) contribuito, invece, a favorire l'invenzione della “questione settentrionale”. Ci siamo spesi per affermare “napoletanità”, “calabresità”, “mediterraneità”, mentre le bellezze erano sciupate e i paesaggi devastati da mafie e politicanti. Troppi silenzi. Mille complicità. Abbiamo permesso che politicanti e criminali alimentassero gli stereotipi antimeridionali e gli egoismi del Nord. Gli slogan razzisti dei leghisti alla fine si sono tradotti in una sorta di “maledizione” che si è avverata. La frammentazione, lo sfarinamento, la mutazione dell'Italia non sono soltanto minacciate ma anche quotidianamente praticate, e non solo al Nord. Caduti nelle trappole della Lega, molti immaginano di uscirne inventando leghismi meridionali. Gli abitanti della Calabria hanno infinite ragioni per protestare e sentirsi espropriati, ma hanno, ormai, anche elementi per riflettere, per evitare autoassoluzioni generiche, per non incolpare sempre agli altri, per trovare in casa propria le ragioni della “disunità” d'Italia e anche della “disunità” dei loro paesi. Non convincono gli autori che fanno iniziare la storia del Sud con l'Unità d'Italia, dimenticando vicende più antiche e il Risorgimento meridionale, che è stato tradito e non sopporta altri tradimenti. Scrivere la storia “vera”, complicata, dolorosa del passato non significa creare revisionismi illiberali e autoassolutori che spingono alle divisioni. Sono inquietanti i libri che considerano gli 'ndranghetisti eredi dei briganti. Sentirsi italiani e calabresi, oggi, comporta, forse, essere “antitaliani” e “anticalabresi”: lontani da questa classe politica, da questi gruppi dirigenti, da una borghesia collusa e criminale. Perché amo luoghi e genti, rivendico tutto il diritto di rifiutare la melmosa “calabresità” che dovrebbe mettere assieme carnefici e vittime, gente onesta che vive con difficoltà e faccendieri che prosperano anche sulle catastrofi. L'identità basata su terra, sangue, origine fonda separatismi e “razzismi” e, come vediamo, stragi e tragedie. Su queste norme e regole “identitarie” fondano il loro consenso la criminalità che fa politica e la “politica” diventata criminale. Se continuiamo a distruggere la regione e ad autodistruggerci, non avremo più risorse da consegnare all'Italia che vogliamo. L'appartenenza a un luogo, a una nazione, al mondo non è un destino, non può essere una prigione, è una conquista e un processo senza fine e senza confini. Inseguire il “senso” di essere “calabrese” e “italiano”, di ogni luogo e di “nessun luogo altrove”, con “persuasione”. Vivere i luoghi senza il peso delle origini, senza dover ogni giorno fare dichiarazioni di appartenenza o inventare “identità contro”.
Iscriviti a:
Post (Atom)