sabato 1 gennaio 2011

Italia e Calabria, crisi di identità lunga 150 anni

31/12/2010
di VITO TETI

Non c'è molto da festeggiare, nel 2011, per i centocinquanta anni dell'Unità d'Italia: c'è da pensare. Potremmo, forse, domandarci qual è l'idea che abbiamo dell'Italia. Il mio senso di “appartenenza”, nell'infanzia, è legato al luogo-paese, alle rughe e gli orti, alla mia confraternita religiosa. Sentivo vagamente della Calabria, non sapevo di appartenere a un “territorio regionale”. La dilatazione, estensione, prosecuzione del mio paese si chiamava Toronto, dove viveva mio padre, e verso dove partivano i miei compagni di giochi e di scuola. E anche Roma, Torino e Milano, dove vivevano parenti e paesani che tornavano l'estate. Torino e la Juventus; la Carpano e Nencini; il “Corriere dei Piccoli” e i fumetti. Alle medie ho cominciato a capire che esisteva un luogo Calabria, dove ero nato e vivevo. Col Sessantotto - quello dei figli dei braccianti, dei contadini, degli emigranti - ho imparato a sentirmi “americano” e “antiamericano”, “paesano” di Dylan e della beat generation. Ho scoperto l'esistenza dei Nord e dei Sud, dei centri e delle periferie, dell'Africa esterna e dell' «Africa interna», delle «nostre Indie di qui» (il Meridione e la Calabria). Nel tempo ho scoperto gli autori meridionalisti: Salvemini e Nitti, Alvaro e Strati, Silone e Levi. Ho letto (e scritto) dei “briganti” trucidati, dei paesi distrutti, della “conquista” militare del Sud, dei paesi che si svuotavano per fame. Mi sono sentito, a ragione, meridionale e calabrese. Ho scoperto, anche, “forestieri”, grandi intellettuali e studiosi (Zanotti Bianco, Isnardi, Pavese) che hanno capito e amato la Calabria. Ho ascoltato i racconti di coloro che hanno partecipato alla Prima guerra mondiale e si sentivano italiani. E i racconti dei contadini che occupavano la terra e degli emigrati che tornavano e cambiavano il mondo. Il mio senso di “appartenenza” si dilatava, si arricchiva. Diventavo “italiano” anche per la letteratura e per il cinema, per la lingua e per l'arte, per il calcio e per la musica: per quello che l'attuale governo sta distruggendo e smantellando. Italiano per i legami di affetto, stima e amicizia che mi legano ad altri italiani. Ho amato e amo Milano e Torino, Bologna e Venezia, Napoli e Genova e ho colto le mille linee che legano la Calabria a queste città. L'identità comporta addizioni e sottrazioni. Sentirmi qui e altrove, nei luoghi e fuori luogo, appaesato o straniero dovunque, è un'avventura sperimentata nel tempo. Nel 1993 ho pubblicato “La razza maledetta. Origini del pregiudizio antimeridionale”: un inquietante razzismo antimeridionale, risalente almeno alla fine dell'Ottocento, si andava diffondendo al Nord, con finalità politiche, nel periodo in cui in Europa e nel mondo esplodevano terribili conflitti “etnici”. Immaginavo, allora, che i ceti politici, gli intellettuali, le tante persone illuminate del Sud riuscissero a dare risposte politiche, economiche e sociali, all'altezza della sfida dei tempi. Ho pensato che ai riti “arcaici” e postmoderni di Bossi si potesse rispondere con una tradizione culturale alta, quella dei Gioacchino da Fiore e dei Campanella, dei Vico e dei Croce, dei Telesio e dei Padula, di coloro che, per dirla con Alvaro, hanno saputo fornire apporti decisivi alla cultura nazionale ed europea. Avevo sperato che i sogni di libertà e di giustizia di briganti, contadini e braccianti potessero essere continuati da gruppi capaci, finalmente, di affrontare la “questione meridionale” come problema nazionale. Non è stato così. Abbiamo (adopero un “noi” da cui mi sento fuori) contribuito, invece, a favorire l'invenzione della “questione settentrionale”. Ci siamo spesi per affermare “napoletanità”, “calabresità”, “mediterraneità”, mentre le bellezze erano sciupate e i paesaggi devastati da mafie e politicanti. Troppi silenzi. Mille complicità. Abbiamo permesso che politicanti e criminali alimentassero gli stereotipi antimeridionali e gli egoismi del Nord. Gli slogan razzisti dei leghisti alla fine si sono tradotti in una sorta di “maledizione” che si è avverata. La frammentazione, lo sfarinamento, la mutazione dell'Italia non sono soltanto minacciate ma anche quotidianamente praticate, e non solo al Nord. Caduti nelle trappole della Lega, molti immaginano di uscirne inventando leghismi meridionali. Gli abitanti della Calabria hanno infinite ragioni per protestare e sentirsi espropriati, ma hanno, ormai, anche elementi per riflettere, per evitare autoassoluzioni generiche, per non incolpare sempre agli altri, per trovare in casa propria le ragioni della “disunità” d'Italia e anche della “disunità” dei loro paesi. Non convincono gli autori che fanno iniziare la storia del Sud con l'Unità d'Italia, dimenticando vicende più antiche e il Risorgimento meridionale, che è stato tradito e non sopporta altri tradimenti. Scrivere la storia “vera”, complicata, dolorosa del passato non significa creare revisionismi illiberali e autoassolutori che spingono alle divisioni. Sono inquietanti i libri che considerano gli 'ndranghetisti eredi dei briganti. Sentirsi italiani e calabresi, oggi, comporta, forse, essere “antitaliani” e “anticalabresi”: lontani da questa classe politica, da questi gruppi dirigenti, da una borghesia collusa e criminale. Perché amo luoghi e genti, rivendico tutto il diritto di rifiutare la melmosa “calabresità” che dovrebbe mettere assieme carnefici e vittime, gente onesta che vive con difficoltà e faccendieri che prosperano anche sulle catastrofi. L'identità basata su terra, sangue, origine fonda separatismi e “razzismi” e, come vediamo, stragi e tragedie. Su queste norme e regole “identitarie” fondano il loro consenso la criminalità che fa politica e la “politica” diventata criminale. Se continuiamo a distruggere la regione e ad autodistruggerci, non avremo più risorse da consegnare all'Italia che vogliamo. L'appartenenza a un luogo, a una nazione, al mondo non è un destino, non può essere una prigione, è una conquista e un processo senza fine e senza confini. Inseguire il “senso” di essere “calabrese” e “italiano”, di ogni luogo e di “nessun luogo altrove”, con “persuasione”. Vivere i luoghi senza il peso delle origini, senza dover ogni giorno fare dichiarazioni di appartenenza o inventare “identità contro”. 

giovedì 30 dicembre 2010

Buon Anno 2011

'A Strina Sartanisa

Appiccica 'sa lumera e ffammi lustru
si tieni lu fucili mi lu npriesti.
Caru cumpari mija bell'ed onestu
Simu vinuti ppi dari gustu

Lu Paska e ru Natali e CapiddAnnu
Tutti li fiesti li puortu cantannu.

.................................................
Il seguito delle strofe, con le frasi ben auguranti alla mogli ai figli  credo siano più o meno conosciute, ma quello che mi premeva ricordare sono le strofe iniziali, che pochi  ormai cantano; la "strina" Cosentina  ha preso il sopravvento.

domenica 26 dicembre 2010

Il formaggio della Misericordia.

Lungo la strada mi tornò in mente la prima volta che capitai in questo posto, insieme a mio cugino, compagno di scoperte di un mondo in via di estinzione, pieno di cose da prendere e da apprendere.
Era di pomeriggio, l’ora della siesta generale, l’ora in cui le cicale sugli ulivi friniscono in un concerto sempre uguale ma sempre nuovo per chi l’ascolta attentamente, il canto del maschio appollaiato sulla cima più alte, le femmine a metà sui rami più importanti, le greche* alla fine del tronco, le zivule* fino a metà. Erano queste le ore che preferivamo per scorrazzare per viottoli di campagna fuori paese; nei paesi sull’altra sponda del Crati o nei vicini paesi Arbëreshë*.
Lungo la strada che stavamo percorrendo vidi una piccola chiesa, anzi un Santuario della quale conoscevo il nome sin da ragazzo, dai racconti della festa che vi si teneva e si tiene ancora oggi, ogni anno: Chiesa della Madonna della Misericordia*. Dopo aver fatto inversione di marcia ci avviamo per una stradina asfaltata a tratti alterni, abbastanza scoscesa, piena di buche, a tratti polverosa, al di la del torrente la strada si fa ripida, qualche curva, altre buche, in tutto un paio di chilometri ed arriviamo al Santuario. Caso strano ma la porta della chiesa è aperta, una breve visita all’interno e una occhiata all’esterno, tornano alla mente i racconti di mia madre quando non c’erano ne macchine ne strade comode per arrivarci, da Sartano, bisognava fare un cammino di una decina di chilometri, partire alle prime ore del mattino per poi fare ritorno prima del tramonto.
Come fulminato sulla via di Damasco a mio cugino viene in mente che qualche chilometro più avanti c’è una famiglia di contadini che abita li da sempre.
Ad accoglierci un  simpatico ed anziano padrone, con il quale mio cugino ha una certa confidenza, se in vena, possiamo “rubare” qualche proverbio o qualche distico di canzoni popolari della tradizione orale, come per invogliarmi mi dice che producono anche formaggio.
E allora perché aspettare: andiamo. 
Quella volta comperai due piccole forme di formaggio una un pò fresca ed un’altra con qualche mese di stagionatura; è il formaggio locale che da  fresco si mangia subito e stagionato è  da grattugia. Già che c’ero presi anche un caciocavallo. Consumai i formaggi freschi, e grattugiai quello stagionato senza particolari attenzioni, ma li trovai senza difetti, con qualcosa in più dei formaggi che solitamente portavo a casa, più come prede di caccia che come souvenir.
Ai primi di settembre di quest’anno, dopo tre, sono ritornato, sempre con lo stesso compagno. Sono  andato dritto nel locale dei formaggi; , appeso ad un muro un manifesto appeso di sghimbescio “Formaggi sotto il cielo”, da una pertica pendevano dei caciocavalli stagionati, leggermente lucidi e trasudati, nonostante la temperatura pomeridiana si aggirasse sui 34/35 gradi. Addossato ad una parete uno scaffale in legno, con alcune forme di formaggio insolite a queste latitudini. La tradizione ha sempre prediletto pezzature piccole, sotto i 500 grammi, raramente forme da un chilo, per varie ragioni che non sto qui a spiegare, ma fra tutte la più importante era ed è quella di non correre rischi con pezzature più grandi. La forma che ho scelto fra le tre o quattro sullo scaffale dopo averla guardata, soppesata, pressata, annusata ha una crosta pulita, giallo scuro, con assenza di muffe; il peso sui 5/6 chili, al tatto consistente, leggero profumo di latte, yogurt e burro leggermente tostato. Certamente non posso prenderla tutta, decidiamo di prenderne un quarto di forma in due fette per un peso totale di circa un chilo e settecento grammi. Prima di incartarlo ne stacco un pezzetto da assaggiare e………. appena comincio ad assaporare la mente va ai lunghi cammini che i nostri vecchi, pellegrini, facevano per arrivare al Santuario della Misercordia al suono di organetti e zampogne e sicuramente trovavano anche una fetta di formaggio. Ci siamo sentiti telefonicamente con l’artefice produttore e casaro, che con enorme sacrificio, in un terra difficile, forse solo per una scommessa con se stesso o chissà per qual altro miracolo ha dato vita a questo formaggio senza nome, che per comune sentire abbiamo voluto chiamarlo per vicinanza, e non solo: Misericordia.
Como, Ottobre 2010

Azienda Agricola Arnone Quintino
Contrada S. Bartolo 30
87010 San Martino di Finita  CS
tel. 0984 504397 

*Greche e Zivule*: specie di cicale
* Arbëreshë: Albanesi
*Chiesa della Madonna della Misericorda: situata nel Comune di S.Martino di Finita
*Sartano: paese in provincia di Cosenza



domenica 19 dicembre 2010

News

Fogna a cielo aperto a "Timpa" di Sartano 
Protestano i residenti 


Gildo Anthony Urlandini
Torano Castello
Dopo la nevicata dell'altro ieri e dopo la pioggia, arriva la fogna a cielo aperto in località "Timpa" di Sartano. 

giovedì 9 dicembre 2010

L'altro Sartano.

“Non bisogna fare grandi cose per raggiungere un successo: quando una persona, o meglio, un gruppo di persone si prefigge un obiettivo e poi lo raggiunge, il successo è assicurato”.

"Non tardai a capire due cose fondamentali: non avevano l’abbonamento a Sky o Mediaset Premium per poter assistervi a casa e non andavano in pizzeria o al bar perché dovevano prendere la consumazione e non potevano permettersi nemmeno questa piccolissima spesa."

Per leggere l'articolo:

domenica 21 novembre 2010

A volte ritornano.......se non si fanno i conti con la realtà.

Pochi iscritti Il Classico a rischio chiusura
Gildo Anthony Urlandini
Torano Castello

Ritorna l'incubo per studenti e genitori, ma anche per amministratori e semplici cittadini, di Torano Castello e paesi limitrofi. Motivo? Il Liceo Classico rischia di chiudere a causa delle poche iscrizioni. Da giorni si stanno intrattenendo riunioni e appuntamenti tra tutte le forze sociali, per trovare una soluzione che possa sgombrare una volta per sempre il rischio chiusura dell'istituto scolastico toranese, lustro di cultura e formazione da oltre quarantanni. Circola voce che per il prossimo anno scolastico a causa dei tagli programmati dal Ministero della Pubblica istruzione, l'Istituto superiore rischia la chiusura, appunto. Su questa voce non sono d'accordo i genitori degli studenti, gli amministratori, i professori, il dirigente scolastico e anche i sindaci e i cittadini dei paesi limitrofi. Se ciò fosse vero, un pezzo di cultura e di storia del territorio toranese cesserebbe di esistere. Intanto in paese sta montando la protesta e la nascita di un comitato pro liceo, per evitare che centinaia di studenti, se dovesse verificarsi la chiusura, migrino verso altri istituti del cosentino, con un notevole aggravio sulle economie delle famiglie. Dall'ultima riunione tra genitori, studenti, professori e amministratori, si apprende che sarà fatto tutto il possibile per mantenere in vita il liceo e si lotterà sin d'ora per evitare una possibile chiusura dell'Istituto.
 Tratto dalla GazzettadelSud di oggi 22-11-10

Siamo o non siamo in democrazia, Si? Allora ognuno e libero di credere e dire quel che vuole, anche che: che gli asini volano.
Ma credere e dire, per essere realtà, han bisogno del fare. Il fare ciò che si vuole e non quel che si può nell'ambito delle leggi che regolano ed amministrano questa nostra democrazia, non è permesso o quantomeno non dovrebbe esserlo, ed anche se per una o più volte si riesce a fare quel che si vuole, questo non corrisponde alla parola sempre; prima o poi i nodi vengono al pettine. Non perderò tempo a dire quel che gli studi demografici e gli Uffici scolastici regionali hanno già segnalato  più  e più volte, quella che è la tendenza della politica scolastica a livello nazionale, ma è con queste cose che bisogna fare i conti. E' inutile erigersi a paladini di cause perse o indifendibili, non illudere genitori e studenti questo dovrebbe essere il dovere civico di chi irresponsabilmente e per amor di campanile continua prender per i fondelli, ma ricordatevi che si può far fessi tutti una volta, o uno per sempre, ma non si può far fessi tutti e per sempre.

sabato 13 novembre 2010

Fosse vero.................

“Quello della ‘ndrangheta è un problema culturale”

12 novembre 2010
È quanto afferma il vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Morosini

LOCRI. “Il problema della mafia e della ‘ndrangheta è un problema culturale”. È quanto afferma il vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, monsignor Giuseppe Morosini, in una intervista al mensile Jesus. Nel numero di novembre il mensile del gruppo editoriale San Paolo propone un ampio servizio al rapporto tra Chiesa e ‘Ndrangheta. In particolare, con l’intervista a mons. Morosini ed al procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, sarà affrontato il tema del santuario della Madonna di Polsi, dove recentemente si sono svolti summit delle cosche con l’incoronazione del boss Oppedisano a capo supremo della ‘ndrangheta. “Quando sui giornali - aggiunge mons. Morosini - leggiamo che hanno decapitato una organizzazione criminale, in realtà non hanno decapitato niente, perché queste organizzazioni si rigenerano. Non è la singola persona che conta, ma l’apparato, la mentalità. Una mentalità che durerà fino a quando lo Stato non si presenterà sul territorio con il suo “volto amorevole”. Finché i ragazzi vedranno lo Stato soltanto attraverso la divisa di un carabiniere o di un poliziotto che va a prendere il loro padre, il loro fratello, il loro zio per portarli in carcere e non come qualcosa che provvede a creare centri di aggregazione e strutture sportive; finché non presentiamo un modello di vita che non è quello del mafiosetto che ostenta la macchina di lusso per far vedere che ha denaro in tasca, non ci può essere cambiamento. È un lavoro che va fatto con costanza. Sarà lungo, difficile, ma non impossibile da portare avanti”. “Sono convinto - conclude - che, se tutte le agenzie presenti sul territorio si uniscono per creare un modello di uomo diverso, cooperando per la formazione delle coscienze, se ci mettiamo d’accordo e cominciamo insieme a presentare alcuni valori di società, di relazioni, di interesse per il bene comune, non solo Polsi, ma tutta la Calabria potranno finalmente alzare la testa”. Il procuratore Gratteri sostiene invece che: “la Chiesa sta facendo molto. Con gli oratori, per esempio. Può cercare di tenere di più i bambini lontano dalle famiglie per evitare che si nutrano di cultura mafiosa. Con i tagli fatti alla scuola sono sempre più abbandonati, con classi di 30 bambini gli insegnanti controllano sempre meno i compiti, e ancor meno seguono i ragazzi. Molte scuole sono fatiscenti, si fanno molti progetti e si insegna poco la lingua italiana, la filosofia, la storia. La Chiesa deve supplire in questo”.

link:http:

La 'ndrangheta, dei colletti bianchi, delle cricche pseudo politiche, degli amministratori conniventi, del voto di scambio è altro?

mercoledì 10 novembre 2010

La storia......infinita

Giovedi' 11 novembre 2010 a partire dalle ore 10.00,davanti alla sede della Cgil nazionale(C.so d'Italia) a Roma si svolgera' un presidio di protesta e una conferenza stampa promossa dal comitato dei precari e dei licenziati dalla Cgil.

Tutti gli organi di informazione che hanno a cuore la dignita' del lavoro e la tutela dei diritti,sono invitati a partecipare.

http://www.facebook.com/home.php?ref=home#!/event.php?eid=140474792669032&index=1

domenica 31 ottobre 2010

I morti vivi, i vivi morti

Coincidenze e ricordi.
Se ne andò per sempre dal mondo dei vivi in soli sei mesi, all’età di 88 anni, colpito da un male incurabile ai polmoni. Fumatore di tabacco trinciato forte avvolto in cartocci di pannocchie di granoturco, le cartine per sigarette insieme al negozio di sale e tabacchi arriveranno in paese molti anni dopo, il lusso di fumare sigarette col filtro l’ebbe negli ultimi decenni della sua esistenza. L’ultima sigaretta la fumò nel mese d’aprile cinque o sei mesi prima della sua morte. Ebbe la fortuna di spirare in casa e non in una squallida stanza d’ospedale, accudito dai familiari, fino all’esalazione dell’ultimo respiro, cosi come aveva desiderato. Sapevo quanto tempo gli sarebbe rimasto da vivere quando lo vidi per l’ultima volta, la prima e unica TAC non dava speranza: da uno a due mesi. La telefonata che aspettavo arrivò al mattino presto, i funerali erano previsti per il giorno dopo. Il tempo di organizzarmi per prendere il primo volo utile, nel primo pomeriggio ero davanti alla salma di mio padre. Il vestito nuovo per la morte, le scarpe nuove nere lucide a punta, la camicia bianca e una delle cravatte che di tanto in tanto gli portavo per regalo, ma che ormai metteva solo nelle occasioni speciali, e questa era l’ultima. Lo vidi sereno, i segni della sofferenza erano scomparsi dal suo volto, i capelli ormai radi, più canuti del solito. In quei primi momenti, mi venne naturale fargli una carezza sulla fronte, non l’avevo mai accarezzato da vivo se non in quell’ultimo ed assolato mese d’agosto in quel letto d’ospedale di Cosenza, dove mi recavo tutte le mattine. Ho avuto la fortuna di stargli vicino per un mese intero, recuperando, almeno cosi è stato per me, trent’anni o forse più di rapporti fra padre e figlio. Le giornate passavano in fretta, parlavamo di tutto quel che ci passava per la mente, io non finivo mai di fargli domande sulla sua infanzia, sui suoi genitori che non che non aveva avuto il bene di averli vicino perché emigrati a Novaiorca quando aveva appena dodici anni o poco più, lasciato alle cure della sorella maggiore, non li vide neppure da morti. Avrei voluto chiedergli ancora tante cose e lui a me, non ne abbiamo avuto il tempo. Lo vegliammo tutta la notte, insieme ad alcuni familiari, amici e parenti, anche quella notte passò in fretta come quelle giornate d’agosto, e benché l’estate fosse appena finita l’aria era ancora tiepida, trascorremmo quasi tutta la notte seduti sui gradini dell’uscio di casa. Non era credente, lui stesso aveva chiesto di porre sulla bara un drappo rosso, passando nei pressi della chiesa suonarono dei rintocchi di campane a morto.
Una sosta davanti alla sede della sezione dell'ex PCI, breve e commosso discorso del segretario, con la banda che intonava mestamente Bandiera rossa, si avviò per il suo ultimo viaggio. Il giorno appresso, di primo mattino, ci recammo al cimitero per la tumulazione, appena arrivati nei pressi del cancello d’entrata vidi avanzare verso mio fratello una signora vestita a lutto per la recente scomparsa del marito nostro conoscente e forse lontano parente. Teneva fra le mani una pacco avvolto in fogli di giornali, mentre si avvicinava per parlare con mio fratello, mi tenni un pò in disparte, vedo che gli consegna il pacco e mio fratello la rassicura con un cenno della testa. La signora ringrazia e si avvia verso la propria auto. Mio fratello nota la mia espressione, e prima che io chieda spiegazioni: Mi ha chiesto di poter far avere questo pacco con alcuni indumenti, al marito, ed aggiunge ancor prima che io ponga la domanda, bisogna che li mettiamo nella bara e lui andrà a prenderseli. Cosi fu fatto. La cosa più strana che fosse potuta capitare ad un non credente come mio padre, è che avesse potuto fare una consegna a domicilio nell’aldilà. Alcuni mesi fa venni a saper della scomparsa di una giovane madre morta purtroppo improvvisamente, non so per quale motivo. Sulla morte di questa donna mi sono state raccontate alcune circostanze che mi hanno fatto ricordare quanto o raccontato fin’ora. Il giorno prima o forse due, fece un sogno. Nel sogno gli apparve un uomo morto due giorni prima, anche lui in giovane età, gli rivelò di essersi dimenticato un giubbetto, uno in particolare, mi pare di pelle. La donna , durante la giornata, si reca, con qualche imbarazzo, a raccontare il sogno alla giovane vedova: il giorno dopo la giovane madre raggiunse quella parte di mondo per noi oscuro e pieno di misteri, forse con una consegna da fare.
Aprile 2005

domenica 24 ottobre 2010

Dopo un anno e mezzo "suonano le campane" della minoranza.

Raimondo critica l'azione dell'esecutivo .

Giovedì 21 Ottobre 2010 - di Roberto Galasso
TORANO CASTELLO - “Altro che rialzarsi! Torano sta scendendo nei meandri”. Non fa sconti all’esecutivo municipale del sindaco Sabatino Cariati il consigliere del gruppo di minoranza “Uniti per Torano”, Lucio Franco Raimondo. L’esponente dell’opposizione, infatti, nel corso di un incontro in piazza con i cittadini, a Sartano, organizzato assieme ai colleghi Franco Cavalcante e Vincenzo Cori, ha esternato alcune considerazioni inerenti alla prima fase dell’azione amministrativa della compagine di governo con l’ausilio di foto e slide. Dopo aver espresso in nome del gruppo piena solidarietà all’assessore Alfonso Marturano, destinatario di un vile atto intimidatorio, Franco L. Raimondo ha iniziato la sua disquisizione con la scottante ed irrisolta questione dei rifiuti la cui gestione - ha detto - “continua ad essere attuata da venticinque mesi in regime di ordinanza d’emergenza, con la raccolta differenziata ormai sparita e con la gara per l’affidamento della gestione, il cui appalto nonostante il bando europeo pubblicato ad aprile, ancora non è ancora stato espletato. Conti alla mano - ha evidenziato - spendiamo il doppio di quanto si spendeva prima e con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Per cui le giustificazioni del sindaco non possono reggere”. Sotto la lente d’ingrandimento di Raimondo anche il malfunzionamento del depuratore ed il pagamento da parte dei cittadini di cui non si usufruisce, auspicando la restituzione delle somme pagate fino ad oggi. Per quanto concerne l’acqua è stata sottolineata la frequente carenza idrica nonché la richiesta di ridurre gli interessi passivi per i quali già per gli anni 2005/2006/2007, grazie all’azione della minoranza, la Camera di Commercio aveva imposto all’amministrazione dell’ex sindaco Iannace la rettifica che ha fatto risparmiare ai cittadini 160 mila euro. “Su questo tema abbiamo ottenuto una risposta evasiva - ha puntualizzato Raimondo - che non ci convince e ci costringe a rivolgerci ancora una volta alla Camera di Commercio”. L’esponente della minoranza ha definito poi fallimentare la politica cimiteriale dell’esecutivo Cariati che ha invitato ad essere più concreto considerato che “dopo undici anni dal grandioso progetto di ampliamento del cimitero i problemi continuano ad esserci”. Riguardo alla mancanza dei loculi che ha creato seri problemi nei mesi scorsi, Franco Raimondo ha detto che “oggi di sicuro c’è l’aumento del canone di concessione dei loculi grazie ad un escamotage che ha visto aumentare il periodo di concessioni da venti a trenta anni. I nostri amministratori devono capire, inoltre, che alla costruzione dei loculi per i residenti, che ovviamente dovranno pagare, deve provvedere il Comune”. Critiche dure anche in merito alla vicenda del campo sportivo di cui il sindaco ne ha comunicato alla locale squadra di calcio la disponibilità in seguito all’ottenimento dell’agibilità: “Dopo la sceneggiata dell’inaugurazione in “pompa magna” il campo è stato inutilizzato per un anno per la mancanza dei guard rail lungo il tratto della strada provinciale, mentre le barriere di protezione giacevano da tempo dietro il municipio”. Il consigliere Raimondo ha sollecitato “procedure eque e trasparenti” riguardo ai lavori pubblici. “Da un anno - ha posto l’accento - si vedono poche gare d’appalto. Con la formula dello scomputo degli oneri lavorano soprattutto coloro che devono soldi al Comune. Siamo d’accordo tutti a far lavorare le imprese locali, ma un pò di equità non guasterebbe”. Il consigliere di “Insieme per Torano” ritiene illegittimo il decreto di nomina di un assessore a responsabile del settore edilizia e urbanistica proprio per “quel solco netto evidenziato dallo stesso sindaco ed inerente alla separazione tra la gestione affidata ai dipendenti e quella politica”. Raimondo ha chiesto all’amministrazione del sindaco Cariati di far chiarezza circa l’incasso delle somme dovute al Comune da “Villa Torano” ed ha parlato anche delle condizioni di sicurezza delle scuole, della stabilizzazione degli Lsu e Lpu, del risanamento del bilancio e del Piano Strutturale Comunale. “E’ necessario velocizzare il più possibile l’approvazione del Psc - ha sottolineato - perché si è frenato molto. E’ uno strumento indispensabile e necessario per dare una programmazione al territorio”.
http://www.dirittodicronaca.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4807:raimondo-critica-lazione-dellesecutivo&catid=46:cronaca&Itemid=73

giovedì 21 ottobre 2010

La mia generazione ha perso.



La razza in estinzione

di Gaber - Luporini
2001 © Warner Chappell Music Italiana Srl - Via G. Fara, 39 - 20124 Milano

Non mi piace la finta allegria
non sopporto neanche le cene in compagnia
e coi giovani sono intransigente
di certe mode, canzoni e trasgressioni
non me ne frega niente.
E sono anche un po' annoiato
da chi ci fa la morale
ed esalta come sacra la vita coniugale
e poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
ma io non riesco a tollerare
le loro esibizioni.

Non mi piace chi è troppo solidale
e fa il professionista del sociale
ma chi specula su chi è malato
su disabili, tossici e anziani
è un vero criminale.
Ma non vedo più nessuno che s'incazza
fra tutti gli assuefatti della nuova razza
e chi si inventa un bel partito
per il nostro bene
sembra proprio destinato
a diventare un buffone.

Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.

La mia generazione ha visto
le strade, le piazze gremite
di gente appassionata
sicura di ridare un senso alla propria vita
ma ormai son tutte cose del secolo scorso
la mia generazione ha perso.

Non mi piace la troppa informazione
odio anche i giornali e la televisione
la cultura per le masse è un'idiozia
la fila coi panini davanti ai musei
mi fa malinconia.
E la tecnologia ci porterà lontano
ma non c'è più nessuno che sappia l'italiano
c'è di buono che la scuola
si aggiorna con urgenza
e con tutti i nuovi quiz
ci garantisce l'ignoranza.

Non mi piace nessuna ideologia
non faccio neanche il tifo per la democrazia
di gente che ha da dire ce n'è tanta
la qualità non è richiesta
è il numero che conta.
E anche il mio paese mi piace sempre meno
non credo più all'ingegno del popolo italiano
dove ogni intellettuale fa opinione
ma se lo guardi bene
è il solito coglione.

Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.

La mia generazione ha visto
migliaia di ragazzi pronti a tutto
che stavano cercando
magari con un po' di presunzione
di cambiare il mondo
possiamo raccontarlo ai figli
senza alcun rimorso
ma la mia generazione ha perso.

Non mi piace il mercato globale
che è il paradiso di ogni multinazionale
e un domani state pur tranquilli
ci saranno sempre più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli.
E immagino un futuro
senza alcun rimedio
una specie di massa
senza più un individuo
e vedo il nostro stato
che è pavido e impotente
è sempre più allo sfascio
e non gliene frega niente
e vedo anche una Chiesa
che incalza più che mai
io vorrei che sprofondasse
con tutti i Papi e i Giubilei.

Ma questa è un'astrazione
è un'idea di chi appartiene
a una razza
in estinzione.

domenica 17 ottobre 2010

Segnatevi la data.

Presto lavori Aterp per dodici alloggi a Sartano .


Domenica 17 Ottobre 2010 07:31 - di Roberto Galasso.
TORANO CASTELLO – Si avvia a conclusione la lunghissima e spinosa vicenda delle case popolari di Sartano. Il sindaco della cittadina toranese, infatti, nei giorni scorsi ha annunciato nel corso di un incontro pubblico che fra qualche settimana sarà data vita al bando relativo alla formazione della nuova graduatoria per l’assegnazione dei dodici alloggi popolari d località Piana. “Ripartiamo da zero - ha affermato il primo cittadino - nell’assoluta trasparenza ed in maniera accelerata e mettendo in atto tutti gli sforzi possibili al fine di avere gli assegnatari prima che siano completati i lavori di riqualificazione. Altrimenti si rischia che la struttura sia nuovamente preda dei vandali”. Quella della palazzina di località Piana, infatti, è una storia lunga circa trenta anni. Il fabbricato, sorto nei primi anni ottanta, a poca distanza del centro abitato della popolosa frazione sartanese, è divenuto nel corso degli anni una “cattedrale nel deserto”. I lavori per la sua realizzazione, disposti dall’allora Iacp (Istituto Autonomo Case Popolari) nel 1982 ebbero inizio nell’aprile del 1983 per essere poi completati a cavallo degli anni 1988/1989. I dodici appartamenti, dove avrebbero dovuto trovare sistemazione altrettanti nuclei familiari, però, non furono mai consegnati e nel corso degli anni sono divenuti “terra di conquista” di vandali che ne hanno distrutto infissi e serrande ed asportato perfino porte e sanitari. L’annosa vicenda, dunque, è stata, quindi, affrontata dall’esecutivo municipale e seguita dall’assessore ai lavori pubblici, Alfonso Maturano. Il sindaco Cariati, dunque, ha posto l’accento sull’intenso e proficuo lavoro sinergico tra l’Aterp, di cui è direttore generale il dottor Giuseppe Marchese, e l’ente municipale per risolvere l’incresciosa situazione inerente allo sconfinamento, in fase di costruzione del fabbricato, all’interno dei terreni limitrofi e per il quale si è dovuto provvedere al risarcimento dei proprietari. Quest’ultimo e conclusivo passaggio, quindi, che ha visto particolarmente impegnato - come ha evidenziato il sindaco - il direttore tecnico dell’Aterp, l’ingegner Pietro Mari, consentirà l’inizio dell’intervento concernente il completamento dei dodici alloggi, che oggi versano in condizioni di assoluto degrado e totale abbandono, sarà realizzato da un’impresa che si è già aggiudicata la gara d’appalto indetta dall’Aterp di circa 147 mila euro.
Con soddisfazione, il sindaco Sabatino Cariati ha informato la cittadinanza ed annunciato a tutti coloro che si trovano nella condizione di poter accedere alla richiesta di un alloggio di edilizia popolare, che a breve si partirà con il bando per la formazione della nuova graduatoria per l’assegnazione della case popolari di Sartano. Graduatoria che certamente verrà formata sulla base di punteggi e criteri di priorità. I punteggi sono infatti attribuiti in dipendenza delle condizioni soggettive e oggettive del concorrente e del suo nucleo familiare mentre i criteri di priorità sono riferiti al livello di gravità del bisogno abitativo.