domenica 24 aprile 2011

Sicurezza edifici scolastici.


Regione: Caligiuri, 150 mln per sicurezza edifici scolastici. 

Assessore: a maggio graduatorie primi istituti assegnatari fondi


(ANSA) - CATANZARO, 24 APR - ''Gli altri 53 milioni di euro che il Governo ha indirizzato verso la Calabria per la sicurezza degli edifici scolastici consentono, insieme ad altri fondi nazionali e regionali gia' programmati, un investimento complessivo di oltre 150 milioni di euro''. Con queste parole l'assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri ha commentato il recente finanziamento sull'edilizia scolastica ottenuto dalla Regione Calabria. ''Gia' nel mese di maggio - ha aggiunto - saranno disponibili le graduatorie delle prime scuole assegnatarie dei finanziamenti''. (ANSA).

Torano Castello: venerdì 29 e sabato 30 Aprile

Convegno sul carcinoma mammario.
Professore Marc Spielmann, dell'Istituto Gustave Roussy di Villejeuf di Parigi, presso la Sala Conferenza del Nuovo Hotel San Felice, di Torano Castello.

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sabato 23 aprile 2011

Buona Pasqua


 Pasqua è voce del verbo ebraico ‘pèsah’. Passare.
Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio.
Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste.
Chi crede è in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza.
Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi.
Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo ‘pèsah’, passaggio.
Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente.
Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme.
Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un’altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione.
Pasqua/pèsah è sbaraglio prescritto, unico azzardo sicuro perché affidato alla perfetta fede di giungere.
Inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense.
Restano inaccessibili le alture della fede.
Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.”

da Erri De Luca

giovedì 3 marzo 2011

Ma che tempi viviamo?

Non so se rimpiangere gli anni passati, quando fuori casa o nel "vaglio" si parcheggiava l'asino per le operazioni di carico e scarico o semplicemente per farlo riposare. Nessuno si sarebbe mai sognato di prendere a bastonate l'asino per vendicarsi sul padrone o per altri motivi che il vivere quotidiano poteva far nascere fra le persone. Oggi gli atti vandalici sulle auto, sui negozi o caseggiati  stano diventando ordine quotidiano in sostituzione  della civiltà della ragione, della democrazia, del senso civico.
Si rimane esterrefatti, inebetiti. Decisamente questo tempo non mi appartiene.

http://www.dirittodicronaca.it/index.php?option=com_content&view=article&id=6574:altra-auto-incendiata-a-sartano&catid=46:cronaca&Itemid=73

giovedì 3 febbraio 2011

Anche palazzo Mayerà tra i beni in vendita




Gildo Anthony Urlandini
Torano Castello
Immobili vendesi al Comune di Torano Castello. Proprio così, l'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Sabatino Cariati, svende o rivaluta i beni immobili comunali, non strumentali all'esercizio dell'ente. Lo si apprende da una deliberazione di giunta n. 105 del 21 dicembre 2010 avente ad oggetto: Ricognizione degli immobili di proprietà suscettibili dialienazione e/o valorizzazione, ai sensi dell'art. 58 del D.L. N. 112/2008, convertito con modificazioni dalla Legge N. 133/2008 ed approvazione schema piano delle alienazioni e/o delle valorizzazioni degli immobili da allegarsi al bilancio di previsione per l'anno 2011. Una pratica in uso quasi in tutti i Comuni per risolvere l'annosa questione dei debiti comunali. Il Municipio di Torano dovrebbe guadagnare da questa operazione circa 10 milioni di euro, ma se poi si svende solo per racimolare le briciole di quello che si è speso per acquistare tali beni, il gioco non vale la candela. L'idea non sembrerebbe così malvagia, ma dal piano di alienazione degli immobili comunali, che sono l'antico palazzo Mayerà, Villa Torano, Villa Rosa, un pezzo di montagna e una cava per l'estrazione di materiali inerti, sembra che l'amministrazione comunale, invece di ricavarci qualcosa, pare che forse ci perda. Palazzo Mayerà, infatti, costò all'epoca dell'acquisto 375 mila euro, oggi lo si è stimato 320 mila euro; Villa Torano, adibita a residenza sanitaria assistenziale, fu acquistata per due miliardi e mezzo di vecchie lire, oggi è stata stimata 1.450 mila euro; Villa Rosa, una cattedrale nel deserto che ha inghiottito ad oggi la somma di circa duemilioni di euro con lavori di ristrutturazione mai finiti, è stata stimata 700 mila euro; il pezzo di montagna, comprato anni fa per una presunta sorgente di acqua minerale per 750 milioni di vecchie lire, oggi viene stimato 280 mila euro ed infine la cava di inerti, stimata poco tempo addietro per un valore di un milione di euro, oggi viene valutata 500 mila euro.
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=17147&Edizione=8&A=20110202

sabato 15 gennaio 2011

Il silenzio dei vivi.

Una donna di 69 anni trovata morta in casa
Gildo Anthony Urlandini
Torano Castello 
Morire di solitudine a sessantanove anni. È successo ad una pensionata di Sartano, frazione del comune di Torano Castello. Della signora non si avevano notizie da alcuni giorni. I vicini non vedendola in giro, preoccupati, hanno bussato alla sua porta senza ricevere nessuna risposta. Lanciato l'allarme ci ha pensato poi un parente ad avvertire i carabinieri della locale stazione. Immediatamente i militari dell'Arma, comandati dal maresciallo Antonio Di Vasto, si sono recati presso la casa della pensionata. Dopo avere bussato alla porta, sono entrati dentro, rivenendo la signora a terra priva di vita. Nella concitazione dei parenti, dei vicini e dei curiosi, i carabinieri hanno avvertito le autorità giudiziarie, che hanno disposto il prelievo del cadavere e il relativo trasferimento presso l'istituto di medicina legale di Cosenza per essere sottoposto ad esame autoptico, eseguito il quale è stato celebrato il rito funebre. Il corpo è stato tumulato nel cimitero comunale.
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=3129&Edizione=8&A=20110106


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Capita di rimanere soli,  senza la vicinanza di parenti prossimi, perche non se ne hanno o perchè se ne sono gia andati; capita morire da soli nei sobborghi, nelle periferie degradate come nei vecchi centri storici delle grandi città. A Sartano quando si voleva augurare tutto il male possibile ad un nemico ('a gastigna) si diceva: "Vu mori cumi..............", aggiungendo nome e soprannome; una morte in solitudine  rimasta nella memoria collettiva come evento tragico ma raro. Ma l'eccezionalità consisteva nel fatto di essere stati abbandonati dai familiari nell'ora della morte,  comunque i vicini c'erano. Per quanto povero, ignorante, buono o cattivo nessuno veniva lasciato morire da solo; l'amico, il parente anche più lontano o il vicinato c'erano. 
Amaro e triste si rivela il caso di questi giorni, conoscendone la storia personale e familiare, una storia che tutto il paese conosce.Qualcosa andava fatto, si poteva fare, umanamente e socialmente;voglio sperare ed augurarmi che questa morte non sia stata vana, che  serva a prendere coscienza di una realtà ineludibile, per certi versi imbarbarita da un finto progresso, dove gli ultimi restano sempre più ultimi, anche  a Capodanno.

venerdì 14 gennaio 2011

Punto e a capo. Il danno e la beffa.

Il Tar interrompe la gara per i rifiuti urbani 


Torano castello.
Il Tar ha sospeso la gara per i servizi dei rifiuti urbani condannando il Comune di Torano Castello al pagamento delle spese. Con ordinanza n. 36/2011, depositata ieri, il Tar Calabria, Sez. II (presidente F...
http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=6989&Edizione=8&A=20110114
La sentenza:
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Catanzaro/Sezione%202/2010/201001447/Provvedimenti/201100036_05.XML


sabato 1 gennaio 2011

Italia e Calabria, crisi di identità lunga 150 anni

31/12/2010
di VITO TETI

Non c'è molto da festeggiare, nel 2011, per i centocinquanta anni dell'Unità d'Italia: c'è da pensare. Potremmo, forse, domandarci qual è l'idea che abbiamo dell'Italia. Il mio senso di “appartenenza”, nell'infanzia, è legato al luogo-paese, alle rughe e gli orti, alla mia confraternita religiosa. Sentivo vagamente della Calabria, non sapevo di appartenere a un “territorio regionale”. La dilatazione, estensione, prosecuzione del mio paese si chiamava Toronto, dove viveva mio padre, e verso dove partivano i miei compagni di giochi e di scuola. E anche Roma, Torino e Milano, dove vivevano parenti e paesani che tornavano l'estate. Torino e la Juventus; la Carpano e Nencini; il “Corriere dei Piccoli” e i fumetti. Alle medie ho cominciato a capire che esisteva un luogo Calabria, dove ero nato e vivevo. Col Sessantotto - quello dei figli dei braccianti, dei contadini, degli emigranti - ho imparato a sentirmi “americano” e “antiamericano”, “paesano” di Dylan e della beat generation. Ho scoperto l'esistenza dei Nord e dei Sud, dei centri e delle periferie, dell'Africa esterna e dell' «Africa interna», delle «nostre Indie di qui» (il Meridione e la Calabria). Nel tempo ho scoperto gli autori meridionalisti: Salvemini e Nitti, Alvaro e Strati, Silone e Levi. Ho letto (e scritto) dei “briganti” trucidati, dei paesi distrutti, della “conquista” militare del Sud, dei paesi che si svuotavano per fame. Mi sono sentito, a ragione, meridionale e calabrese. Ho scoperto, anche, “forestieri”, grandi intellettuali e studiosi (Zanotti Bianco, Isnardi, Pavese) che hanno capito e amato la Calabria. Ho ascoltato i racconti di coloro che hanno partecipato alla Prima guerra mondiale e si sentivano italiani. E i racconti dei contadini che occupavano la terra e degli emigrati che tornavano e cambiavano il mondo. Il mio senso di “appartenenza” si dilatava, si arricchiva. Diventavo “italiano” anche per la letteratura e per il cinema, per la lingua e per l'arte, per il calcio e per la musica: per quello che l'attuale governo sta distruggendo e smantellando. Italiano per i legami di affetto, stima e amicizia che mi legano ad altri italiani. Ho amato e amo Milano e Torino, Bologna e Venezia, Napoli e Genova e ho colto le mille linee che legano la Calabria a queste città. L'identità comporta addizioni e sottrazioni. Sentirmi qui e altrove, nei luoghi e fuori luogo, appaesato o straniero dovunque, è un'avventura sperimentata nel tempo. Nel 1993 ho pubblicato “La razza maledetta. Origini del pregiudizio antimeridionale”: un inquietante razzismo antimeridionale, risalente almeno alla fine dell'Ottocento, si andava diffondendo al Nord, con finalità politiche, nel periodo in cui in Europa e nel mondo esplodevano terribili conflitti “etnici”. Immaginavo, allora, che i ceti politici, gli intellettuali, le tante persone illuminate del Sud riuscissero a dare risposte politiche, economiche e sociali, all'altezza della sfida dei tempi. Ho pensato che ai riti “arcaici” e postmoderni di Bossi si potesse rispondere con una tradizione culturale alta, quella dei Gioacchino da Fiore e dei Campanella, dei Vico e dei Croce, dei Telesio e dei Padula, di coloro che, per dirla con Alvaro, hanno saputo fornire apporti decisivi alla cultura nazionale ed europea. Avevo sperato che i sogni di libertà e di giustizia di briganti, contadini e braccianti potessero essere continuati da gruppi capaci, finalmente, di affrontare la “questione meridionale” come problema nazionale. Non è stato così. Abbiamo (adopero un “noi” da cui mi sento fuori) contribuito, invece, a favorire l'invenzione della “questione settentrionale”. Ci siamo spesi per affermare “napoletanità”, “calabresità”, “mediterraneità”, mentre le bellezze erano sciupate e i paesaggi devastati da mafie e politicanti. Troppi silenzi. Mille complicità. Abbiamo permesso che politicanti e criminali alimentassero gli stereotipi antimeridionali e gli egoismi del Nord. Gli slogan razzisti dei leghisti alla fine si sono tradotti in una sorta di “maledizione” che si è avverata. La frammentazione, lo sfarinamento, la mutazione dell'Italia non sono soltanto minacciate ma anche quotidianamente praticate, e non solo al Nord. Caduti nelle trappole della Lega, molti immaginano di uscirne inventando leghismi meridionali. Gli abitanti della Calabria hanno infinite ragioni per protestare e sentirsi espropriati, ma hanno, ormai, anche elementi per riflettere, per evitare autoassoluzioni generiche, per non incolpare sempre agli altri, per trovare in casa propria le ragioni della “disunità” d'Italia e anche della “disunità” dei loro paesi. Non convincono gli autori che fanno iniziare la storia del Sud con l'Unità d'Italia, dimenticando vicende più antiche e il Risorgimento meridionale, che è stato tradito e non sopporta altri tradimenti. Scrivere la storia “vera”, complicata, dolorosa del passato non significa creare revisionismi illiberali e autoassolutori che spingono alle divisioni. Sono inquietanti i libri che considerano gli 'ndranghetisti eredi dei briganti. Sentirsi italiani e calabresi, oggi, comporta, forse, essere “antitaliani” e “anticalabresi”: lontani da questa classe politica, da questi gruppi dirigenti, da una borghesia collusa e criminale. Perché amo luoghi e genti, rivendico tutto il diritto di rifiutare la melmosa “calabresità” che dovrebbe mettere assieme carnefici e vittime, gente onesta che vive con difficoltà e faccendieri che prosperano anche sulle catastrofi. L'identità basata su terra, sangue, origine fonda separatismi e “razzismi” e, come vediamo, stragi e tragedie. Su queste norme e regole “identitarie” fondano il loro consenso la criminalità che fa politica e la “politica” diventata criminale. Se continuiamo a distruggere la regione e ad autodistruggerci, non avremo più risorse da consegnare all'Italia che vogliamo. L'appartenenza a un luogo, a una nazione, al mondo non è un destino, non può essere una prigione, è una conquista e un processo senza fine e senza confini. Inseguire il “senso” di essere “calabrese” e “italiano”, di ogni luogo e di “nessun luogo altrove”, con “persuasione”. Vivere i luoghi senza il peso delle origini, senza dover ogni giorno fare dichiarazioni di appartenenza o inventare “identità contro”. 

giovedì 30 dicembre 2010

Buon Anno 2011

'A Strina Sartanisa

Appiccica 'sa lumera e ffammi lustru
si tieni lu fucili mi lu npriesti.
Caru cumpari mija bell'ed onestu
Simu vinuti ppi dari gustu

Lu Paska e ru Natali e CapiddAnnu
Tutti li fiesti li puortu cantannu.

.................................................
Il seguito delle strofe, con le frasi ben auguranti alla mogli ai figli  credo siano più o meno conosciute, ma quello che mi premeva ricordare sono le strofe iniziali, che pochi  ormai cantano; la "strina" Cosentina  ha preso il sopravvento.

domenica 26 dicembre 2010

Il formaggio della Misericordia.

Lungo la strada mi tornò in mente la prima volta che capitai in questo posto, insieme a mio cugino, compagno di scoperte di un mondo in via di estinzione, pieno di cose da prendere e da apprendere.
Era di pomeriggio, l’ora della siesta generale, l’ora in cui le cicale sugli ulivi friniscono in un concerto sempre uguale ma sempre nuovo per chi l’ascolta attentamente, il canto del maschio appollaiato sulla cima più alte, le femmine a metà sui rami più importanti, le greche* alla fine del tronco, le zivule* fino a metà. Erano queste le ore che preferivamo per scorrazzare per viottoli di campagna fuori paese; nei paesi sull’altra sponda del Crati o nei vicini paesi Arbëreshë*.
Lungo la strada che stavamo percorrendo vidi una piccola chiesa, anzi un Santuario della quale conoscevo il nome sin da ragazzo, dai racconti della festa che vi si teneva e si tiene ancora oggi, ogni anno: Chiesa della Madonna della Misericordia*. Dopo aver fatto inversione di marcia ci avviamo per una stradina asfaltata a tratti alterni, abbastanza scoscesa, piena di buche, a tratti polverosa, al di la del torrente la strada si fa ripida, qualche curva, altre buche, in tutto un paio di chilometri ed arriviamo al Santuario. Caso strano ma la porta della chiesa è aperta, una breve visita all’interno e una occhiata all’esterno, tornano alla mente i racconti di mia madre quando non c’erano ne macchine ne strade comode per arrivarci, da Sartano, bisognava fare un cammino di una decina di chilometri, partire alle prime ore del mattino per poi fare ritorno prima del tramonto.
Come fulminato sulla via di Damasco a mio cugino viene in mente che qualche chilometro più avanti c’è una famiglia di contadini che abita li da sempre.
Ad accoglierci un  simpatico ed anziano padrone, con il quale mio cugino ha una certa confidenza, se in vena, possiamo “rubare” qualche proverbio o qualche distico di canzoni popolari della tradizione orale, come per invogliarmi mi dice che producono anche formaggio.
E allora perché aspettare: andiamo. 
Quella volta comperai due piccole forme di formaggio una un pò fresca ed un’altra con qualche mese di stagionatura; è il formaggio locale che da  fresco si mangia subito e stagionato è  da grattugia. Già che c’ero presi anche un caciocavallo. Consumai i formaggi freschi, e grattugiai quello stagionato senza particolari attenzioni, ma li trovai senza difetti, con qualcosa in più dei formaggi che solitamente portavo a casa, più come prede di caccia che come souvenir.
Ai primi di settembre di quest’anno, dopo tre, sono ritornato, sempre con lo stesso compagno. Sono  andato dritto nel locale dei formaggi; , appeso ad un muro un manifesto appeso di sghimbescio “Formaggi sotto il cielo”, da una pertica pendevano dei caciocavalli stagionati, leggermente lucidi e trasudati, nonostante la temperatura pomeridiana si aggirasse sui 34/35 gradi. Addossato ad una parete uno scaffale in legno, con alcune forme di formaggio insolite a queste latitudini. La tradizione ha sempre prediletto pezzature piccole, sotto i 500 grammi, raramente forme da un chilo, per varie ragioni che non sto qui a spiegare, ma fra tutte la più importante era ed è quella di non correre rischi con pezzature più grandi. La forma che ho scelto fra le tre o quattro sullo scaffale dopo averla guardata, soppesata, pressata, annusata ha una crosta pulita, giallo scuro, con assenza di muffe; il peso sui 5/6 chili, al tatto consistente, leggero profumo di latte, yogurt e burro leggermente tostato. Certamente non posso prenderla tutta, decidiamo di prenderne un quarto di forma in due fette per un peso totale di circa un chilo e settecento grammi. Prima di incartarlo ne stacco un pezzetto da assaggiare e………. appena comincio ad assaporare la mente va ai lunghi cammini che i nostri vecchi, pellegrini, facevano per arrivare al Santuario della Misercordia al suono di organetti e zampogne e sicuramente trovavano anche una fetta di formaggio. Ci siamo sentiti telefonicamente con l’artefice produttore e casaro, che con enorme sacrificio, in un terra difficile, forse solo per una scommessa con se stesso o chissà per qual altro miracolo ha dato vita a questo formaggio senza nome, che per comune sentire abbiamo voluto chiamarlo per vicinanza, e non solo: Misericordia.
Como, Ottobre 2010

Azienda Agricola Arnone Quintino
Contrada S. Bartolo 30
87010 San Martino di Finita  CS
tel. 0984 504397 

*Greche e Zivule*: specie di cicale
* Arbëreshë: Albanesi
*Chiesa della Madonna della Misericorda: situata nel Comune di S.Martino di Finita
*Sartano: paese in provincia di Cosenza