sabato 29 dicembre 2007

Bastasse un garante

La Provincia di Cosenza istituisce il garante della salute 23/12 Il 7 gennaio prossimo si terra' una seduta straordinaria del Consiglio provinciale per l'approvazione della proposta di legge, presentata dal leader del Movimento Diritti civili, Franco Corbelli, sull'istituzione del Garante della salute della Calabria. La decisione di convocare il consiglio straordinario, secondo quanto riferisce lo stesso Corbelli, e' stata presa dalla conferenza dei capigruppo.La proposta, afferma Corbelli in un comunicato, ha già ottenuto il parere favorevole della Prima Commissione del Consiglio, presieduta da Giuseppe Aieta. Ringrazio l'intero Consiglio provinciale, i presidenti del Consiglio e della Giunta provinciali, Francesco Principe e Mario Oliverio. E' una svolta storica per la sanità calabrese, destinata ad diventare un modello e una struttura di riferimento per l'intero Paese''. ''Il ddl del Garante della salute, dopo l'approvazione da parte del Consiglio provinciale di Cosenza - sostiene ancora Corbelli - sarà trasmesso al Consiglio regionale e' diventera' cosi' legge regionale. La Calabria sarebbe la prima regione a dotarsi di questa struttura, che di certo rappresenterebbe una garanzia per tutti i cittadini. Il Garante servirà a denunciare e scongiurare in futuro tanti casi di mala sanità, evitando cosi' nuove tragedie''.
Articolo tratto da "Nuova Cosenza" Mi fa piacere pensare al fatto che qualcuno abbia trovato il rimedio alla mala sanità e nuove tragedie in Calabria.
Nella maggior parte degli Ospedali d’Italia è presente “Il tribunale per i diritti del malato” a questo link: http://www.disabili.com/content.asp?Subc=6316&L=1&idMen=500
trovate le sezioni presenti in Calabria. Generalmente funzionano, sono tenuti in notevole considerazione dalle stesse strutture la dove queste sono presenti. In Calabria non funzionano? Funzionano male? Non hanno visibilità all’interno delle strutture? Si faccia in modo che funzionino, che le stesse invoglino i malati ed i familiari ad informare sulle situazioni di mala sanità. Il garante! Una figura burocratica in più nel panorama del cattivo funzionamento della cosa pubblica in Calabria. Questa figura non potrà risolvere i problemi della mala sanità in Calabria, spero che la regione non si faccia abbagliare da questi sprazzi di inventiva. La mala sanità si combatte cercando di cambiare il modo di fare, di porsi, di agire delle persone che vi operano, dai primari ai medici specialisti, dai caposala agli infermieri, dagli amministratori agli inservienti. Tutti al servizio del malato, è lui soggetto e oggetto bisognoso di cure e attenzioni. Ma è mai possibile che ancora oggi devono essere i parenti del ricoverato ad assolvere ai bisogni più elementari del ricoverato? E’ mai possibile che ancora oggi se non si foraggia l’infermiere/a di turno si rischia di suonare invano il campanello per le chiamate notturne? Avete provato ad avere un familiare ricoverato? Bene. Chiedetevi che cosa potrà fare il garante.
Buon Anno

lunedì 24 dicembre 2007

Auguri

A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore, a chi saluta
ancora con un bacio, a
chi lavora molto e si diverte
di più, a chi va in fretta in auto
ma non suona ai semafori, a chi arriva
in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere, a chi è
felice il doppio quando fa a metà, a chi si alza presto
per aiutare un amico, a chi ha l'entusiasmo di un bambino
e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio. A chi
non aspetta
Natale
per
essere
migliore
Buon Natale

sabato 22 dicembre 2007

I pittuli

Ci sono cose, fatti della vita di ognuno di noi che non si possono dimenticare, cancellare, in modo speciale quelle cose, quei fatti quel modo di sentire impressi nel nostro cervello, nella nostra coscienza, quelli legati all'infanzia rimangono e ci accompagnano per tutta la vita. Il 23 dicembre l'AntiVigilia per eccelenza, giorno dedicato dalle famiglie Sartanesi alla frittura di "pittuli e vussunieddri" e dei dolci "turdiddri, scaliddri e cassateddri". Ricordo l'odore dell'olio fritto, il volto arrossicato delle donne chine sulla grande padella di ferro sul fuoco del camino; erano in due la prima era addetta a "piglia" l'altra ad allargare e toglierli dall'olio appena dorati. Qualcosa si consumava la sera stessa, molto poco a dire il vero, con la scusa che caldi gonfiavano lo stomaco, freddi e riscaldati duravano fine alla befana, una ulteriore riserva di cibo, in quel mondo contadino dove di cibo non ce n'era mai abbastanza. Ma il ricordo di cui voglio parlare è un'altro, quello del dono che si faceva di queste fritture dolci e salate, a coloro che quel Natale non potevano friggere, ai parenti più stimati, a chi aveva più bisogno degli altri per vivere un Natale con e come gli altri. La mattina "da vijilia i Natali" l'occupazione principale per i ragazzi e adolescenti era quella di andare a donare "purtà i pittuli" a quella lista di persone che i nostri genitori sapientemente tenevano aggiornata. A me toccava, con piacere, andare a portare i pittuli alla zia paterna, in cambio ricevevo una liretta, quando c'era, dei frutti o altro, ma un dono c'era sempre. L'usanza di portare i pittuli alle persone vicine o parenti colpite da un lutto era una regola ben codificata. La socialità si esprimeva con piccoli gesti, ma erano evidenti e sentiti. In un certo qual modo anche oggi persistono gesti e atteggiamenti legati ad una socialità e di un modo di vivere che non esiste più, si scambiano doni elettronici o super tecnologici, fiumi di spumante e quintali di panettoni, la frittura dei dolci Natalizi rimane una usanza all'interno del gruppo familiare ristretto. Non so dirvi se sia meglio o peggio di ieri, certo che qualcosa abbiamo perso, che cosa ne abbiamo ottenuto in cambio l'abbiamo sotto gli occhi.
Buon Natale

giovedì 20 dicembre 2007

SartanoNews

I cittadini di Sartano stanotte, intorno alle quattro, sono stati svegliati da una scossa di terremoto di grado 3,7. nessun danno ma tanta paura. La comunità di Sartano, a partecipato poco tempo addietro alla trasmissione televisiva in diretta su Video Calabria, " paisà", mettendosi in contatto con i sartanesi residenti in Canada. 13 Dicembre 2007, ancora una volta a Sartano è stata rinnovata la magica tradizione da "Prucineddra", che ha coinvolto tutti i cittadini sartanesi e dei paesi limitrofi. 6 dicembre 2007, è stato festeggiato San Nicola, vice patrono di Sartano, con relativa festa di "massari", a conclusione della cerimonia religiosa, come tradizione vuole, sono stati distribuiti ai fedeli i "panicieddri" i Santa Nicola. Sartano multietnica, sono ormai in tanti gli extracomunitari e i comunitari che popolano Sartano, da una stima sembra che nel paese vivono circa duecento persone di varie nazionalità, in maggioramza provenienti dai paesi dell'est e dell'ex jugoslavia. Dopo quattro mesi senza stipendio, senza contare la tredicesima, i dipendenti comunali sono riusciti ad intascare un mese di retribuzione, che Natale. Cordiali saluti Gildo Anthony Urlandini

lunedì 17 dicembre 2007

La nevicata del 56..................................

Non so, se quella nevicata arrivò anche a Sartano, ma sicuramente la nevicata del 16 dicembre 2007 rimarrà nella memoria di molti. Ho chiesto se qualcuno ricordasse una nevicata di questa portata e pare che negli anni cinquanta ve ne fu una simile, si ricorda che la neve arrivò al secondo gradino dell'uscio delle case. Si lo so non è una misura certa, ma se calcolate l'altezza "i nu scaluni" circa 30 cm per due è presto fatta la misura, oltrepassiamo i 50 cm.
Avoglia i scirubbetta.

sabato 1 dicembre 2007

Udite, udite

Il Corpo Forestale dello Stato, su delega della Procura della Repubblica di Cosenza, in data 30 Novembre 2007 ha sequestrato i capannoni dell'ex azienda agricola Mayerà di Serramezzana, in totale ha sequestrato 12 capannoni e l'area circostante per circa 25 mila metri quadrati.
Una sola domanda mi frulla per la testa: e che succede?
Aspettiamo di vedere apporre i sigilli e poi ne riparleremo.

lunedì 26 novembre 2007

Me lo hanno segnalato

www.calabriauno.tv Gli ho dato una sbirciatina, ma non mi pare che si distacchi molto dal resto della miriade di TV locali in Calabria.

domenica 25 novembre 2007

Genealogia

CAVALCANTI Linea dei baroni di Sartano 1.1. don Amerigo Cavalcanti da Firenze l'anno 1352 giunge in Calabria per conto della regina Giovanna.secondo il padre Fiore. Arma: d'argento seminato di crocette rincrociate di rosso. Cim. : Una zampa di cavallo d'argento ferrata d'oro, chiodata di nero. (fonte: U.Ferrari, Armerista calabrese) Wife: [--?--] 2.1. don Filippo Cavalcanti 1° barone di Sartano il 31 agosto 1363; Regio Ciambellano nel 1343 " Filippo , cameriero della suddetta reina,... ottenuto il castello di Sartano non troppo lungi da Cosenza,...stabilì in quella città la sua famiglia"P. Fiore da Cropani Wife: [--?--] 3.1. don Amerigo Cavalcanti 2° barone di Sartano investito nel 1364 e 1406 Wife: [--?--] 4.1. don Nicola Cavalcanti 3° barone di Sartano investito nel nel 1433 1442 e 1459 Wife: donna Camilla Maurelli 5.1. don Bermardino Cavalcanti dei baroni di Sartano 5.2. don Giorgio Cavalcanti dei baroni di Sartano 5.3. Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano La paternità di questa Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano viene indicata in L. Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie", Cosenza, 1999, Tomo II, pag. 515 dove si dice che: "Giacomo di Tarsia ebbe in moglie Giovanna Cavalcanti, sorella utriusque congiunta di Aloisio"Confermata dal Pellicano Castagna, nella "Storia die Feudi etc.", Vol. I, pag. 194, che dice: "Giacomo di Tarsia, 2° barone di Belmonte, ebbe in moglie Giovanna sorella di Loise Cavalcanti, barone di Sartano. Una loro figlia, Sigismonda, sp. (1509) Pietro Paolo Parisio, il futuro Cardinale. Husband: Giacomo o Jacopo di Tarsia (2° barone di Belmonte), Latrucha e Santa Barbara died 5 November 1491; Capitano a guerra di CosenzaNel 1464 Re ferrante gli restituisce i feudi di Latrucha e Santa Barbara 5.4. don Loise Cavalcanti 4° barone di Sartano Wife: [--?--] 6.6. don Pietro Paolo Cavalcanti dei baroni Sartano; CAPOSTIPITE DEI DUCHI DI TORANO Wife: [--?--] born 22 February 1576; 7.10. don Giovan Tommaso Cavalcanti STIPITE DELLA CASA DI TORANO 7.11. don Vincenzo Cavalcanti nel 1542 compra il feudo di Santa Maria della Rota dall'Abbazia della SS Trinità born 22 February 1576; Wife: donna Laura Marchesini 8.11. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota Wife: donna Aurea Ferrari 8.12. donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota married don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani between 1549 and 1550. Spouse: don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani married donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota between 1549 and 1550. 8.13. donna Laudomia Cavalcanti dei baroni di Rota Husband: don Pietro Ciaccio 8.14. don Francesco Maria Cavalcanti il 3 luglio 1577 ebbe sign. di Relevio per le terre di S. Maria la Rota e Malgalavita died 16 April 1590; Wife: donna Violante Barracco dei baroni di Lattarico 9.8. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota 9.9. don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota Wife: donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni 10.6. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri Wife: donna Giovanna Cavalcanti 11.6. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri 12.13. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri 12.14. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732; Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli 13.12. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734. 13.13. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760; Wife: donna Lucia Rossi napoletana 14.15. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786; Wife: donna Isabella Capece di Lecce 15.24. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Eduardo Pugliatti Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria 15.25. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita 9.10. don Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota 9.11. don Muzio Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita l'11 maggio 1591; i fratelli gli cedono i loro diritti ereditari con Regio Assenso del 1617 died 21 June 1621; Wife: donna Clarice Abenante dei baroni di Cirò 10.7. donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni Husband: don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota 11.7. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri Wife: donna Giovanna Cavalcanti 12.15. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri 13.14. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri 13.15. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732; Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli 14.16. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734. 14.17. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760; Wife: donna Lucia Rossi napoletana 15.26. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786; Wife: donna Isabella Capece di Lecce 16.67. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Eduardo Pugliatti Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria 16.68. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita 6.7. don Alfonso Cavalcanti premorto Wife: donna Linella Sersale 7.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 5° barone di Sartano investito nel 1506 died about 1529. Wife: donna Antonina Ciaccio o di Ciaccio 8.15. don Scipione Cavalcanti 6° barone di Sartano; investito nel 1529 8.16. don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano married donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita 1533. Wife: donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita married don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano 1533; 9.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 8° barone di Sartano erede nel 1544 testa nel 1554 died after 1554. 9.13. donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578; Husband: don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560; 6.8. don Salvatore Cavalcanti dei baroni di Sartano; barone di Cannicella; barone di Torano nel 1536 per vendita del Principe di Bisignano died September 1548. Acquista anche la bagliva di tarsia per vendita fattagli da Tommaso Longo, con Regio Assesnso del 1525, registrato nei Quinternioni 26, al f. 204t (cfr. Mazzoleni, "Fonti ..." pag. 175)Riportano da M. Pellicano Castagna, Storia dei Feudi etc., vol 1 pag. 370 Wife: donna Violante de Luzzi 7.13. Giovanni Battista Cavalcanti STIPITE DEI FUTURI DUCHI DI BUONVICINO Wife: donna Anna di Tarsia dei baroni di Belmonte 8.17. don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560; Wife: donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578; 7.14. Giovan Lorenzo Cavalcanti STIPITE DELLA LINEA CHE RIVENDICO' LA BARONIA DI SARTANO nel 1666 secondo il Pellicano 7.15. don Antonello Cavalcanti succede al padre nel feudo di Cannicella per disp. test. paterna con atto del 1 nov. 1540 per not. Napoli di macchia died 24 August 1553; Si sposa con atto 8 giugno 1559 per notaio Desideri Wife: donna Giulia Sersale 8.18. don Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della bagliva di Tarsia il 23 agosto 1554 died 27 September 1591; Wife: donna Isabella Pescara dei baroni di San Lorenzo 9.14. don Francesco Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 13 novembre 1592 died 9 September 1606. Wife: [--?--] 10.8. don Francesco Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 17 luglio 1625 7.16. don Aloisio Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella; Vescovo di Nusco e di Bisignano nel 1563 died after 1563.

sabato 17 novembre 2007

Fatti&Rifatti









Presto in Borsa la Polti di Bulgarograsso.
Presentata la biografia del fondatore.
Poco prima dell'imminente quotazione in Borsa della sua azienda, Franco Polti si racconta. E lo fa con un libro, presentato ieri sera all'hotel Four Season di Milano: 'Franco Polti: My Challenge. Una storia vera con le parole di Alberto Neri'.«Mia figlia Francesca vuole portare avanti quello che il padre, ossia io, ha creato. E questo mi riempie di orgoglio e soddisfazione - spiega Polti - Quotarsi in Borsa è un passo importante, significa poter gestire nuove risorse da investire sia nei prodotti sia nelle strutture commerciali».Nel libro si parla di 'challenge', sfida. Come mai' «Tutta la mia vita è stata una sfida - prosegue Polti - sofferta e travagliata. Arrivo da un paesino calabrese ai piedi della Sila, dove per andare a scuola bisognava prendere un treno a vapore alle 5 di mattina. Una sfida continua, da quando sono nato a quando poi sono diventato imprenditore e ho inventato la 'Vaporella'. Voglio pubblicare il mio libro anche in inglese perché credo che agli americani interessino i racconti dei 'self made man'».E Franco Polti è proprio il paradigma dell'imprenditore nato dal nulla. Nel 1978 ha l'intuizione della prima 'Vaporella', sei anni dopo costituisce la 'Polti Spa' e il primo stabilimento a Olgiate Comasco. Oggi, il gruppo Polti ha sede a Bulgarograsso e filiali in Spagna, Francia, Portogallo, Messico e Asia. Fattura 120 milioni di euro all'anno, è presente in 30 nazioni e vende 1,6 milioni di pezzi all'anno.
Articolo tratto dal: CorrierediComo del 17 novembre 2007




Storia di un’azienda che arraffa i contributi europei, sfrutta gli operai e poi licenzia tuttiPrendi i soldi e scappa. La lettera, indirizzata ai rappresentanti sindacali di base, a Fiom, Fim, Uilm, al ministero del Lavoro, alla Regione Calabria, all’Unione industriali, su carta ufficiale dell’azienda (con in testa il logo - “Polti sud, più facile più felici” - che, nella circostanza, suona come uno sfottò), recita quanto segue: «Vi comunichiamo che la scrivente società è costretta a procedere al licenziamento collettivo di tutti i dipendenti in forza presso lo stabilimento di Figline Vegliaturo (n. 175 unità) in conseguenza della intervenuta decisione di cessare l’attività di tale stabilimento». E più in là affabilmente chiarisce i motivi di tale drastica soluzione, «avendo deciso di far produrre in Cina (dove i costi di produzione sono significativamente inferiori) le vaporelle e il vaporettino».Fine. Viva la faccia. La Srl Polti ha concluso la sua breve vita calabrese. Spegne la luce e se ne va. Cancelli serrati. Oltre le sbarre la intravista silhouette della Vaporella giace come una farfalla infilzata e la ingombrante sagoma bianco-grigia della fu azienda-leader sembra una caserma abbandonata in mezzo a quell’informe cemento fatto di capannoni, stabilimenti, fabbriche e fabbrichette che è il polo industriale di Piano Lago, alle porte di Cosenza. La Polti che c’era una volta e adesso non c’è più.La storia ce la raccontano Alessandro e Maurizio, al bar dell’albergo dove siamo andati a sederci, l’unico luogo che troviamo aperto in queste cinque della sera di una domenica di fine febbraio, una domenica come tante altre.Una storia italiana. Una storia molto “calabrese”.Alessandro e Maurizio, 27 e 32 anni, sono due delle “n. 175 unità” cui si riferisce la lettera di licenziamento: due ex operai, cioè, della ex Polti. Due ragazzi moderni, disinvolti, belle facce; jeans, scarpe sportive, un giaccone chiaro, un giubbotto nero Replay.Incomincia Alessandro. «Se ne vanno in Cina? Ma fino ad oggi i cinesi siamo stati noi», dice. Lui entra alla Polti nel 2001 come montatore meccanico, è il suo primo lavoro, contratto a tempo indeterminato, stipendio iniziale 770 euro, che diventano 850 dopo lo scatto di qualifica (peraltro concesso in ritardo, ben oltre i termini contrattuali). Prendere o lasciare; nella azienda leader venuta dal Nord non c’è ombra di sindacato: per Alessandro, e per tutti gli altri come lui, non esiste altra chance. Anzi, la Polti è la fortuna, il “miracolo” del posto fisso piovuto non lassù a Corsico nel Milanese, ma qui dietro casa, nella propria terra. Duecento assunti (tanti ne entrano quando la fabbrica apre i battenti); e la Polti a Figline è come la Fiat a Melfi, là le tute amaranto, qui i camici blu, quasi uno status, un previlegio. Duecento ragazzi - alla Polti sono tutti molto giovani, la media è ancora oggi di 24 anni - guardano alla fabbrica di prestigio come a un approdo sicuro. Quella fabbrica bianca che macina speranze.Storia della Polti. Alessandro (nell’azienda si è fatto le ossa, ha avuto le sue prime esperienze di lotte, è stato eletto Rsu Fiom) comincia dalla fine. «Guarda i tempi. La messa in mobilità totale è del 7 gennaio 2006; la chiusura definitiva è fissata per il 14 marzo, a giorni: perfetto, a questa data - che strana coincidenza - scade infatti il vincolo dei 6 anni legato alla legge 488 di cui la Polti ha ampiamente beneficiato».Storia della Polti sud. Prendi i soldi e scappa.La Polti è la Polti e non è Agnelli, ma, come quella degli Agnelli (fatte salve le debite differenze) è in gran parte la storia di un capitalismo familistico, di una famiglia e di un tycoon che comincia da zero e fa una gran fortuna. Lui, il fondatore, Franco Polti, negli anni 70 è un piazzista di ferri da stiro professionali, originario d un paesino presso Cosenza che si chiama San Pietro in Guarano. Un travet senza arte nè parte, al quale a un certo punto viene in mente di “creare” un arnese da stiro per uso domestico, però con le stesse caratteristiche di quello professionale. E’ il classico uovo di Colombo e anche la chiave di un successo formidabile.Si trasferisce al Nord, dalle parti di Como, insieme alla ragazza che ha appena sposato, Teresa. Quella che oggi è per tutti “la signora”. Cominciarono in una cantina, la prima Vaporella - il “rivoluzionario” ferro da stiro con caldaia a vapore - nasce nel 1978; poi inventa Vaporetto, altro portento ad acqua; ed è così che nel 1984 il Franco Polti ha smesso già da un pezzo i panni del bravo artigiano e fondato la sua prima spa, con sede a Olgiate Comasco. Va avanti a gonfie vele, inventa e sforna altri prodotti, belli e perfetti e innovativi, ad alto livello tecnologico e con design tutti da made in Italy. Marcia trionfale, nasce il grande stabilimento di Bulgarogrosso presso Como (25 mila mq), impianti modernissimi, quasi trecento dipendenti, 3.500 mq di sola area produttiva. Dove vedono la luce 3.500 apparecchi al giorno per una capacità annuale di 700 mila pezzi. Vincente, competitiva, ecologica, la Vaporella diventa un marchio planetario, e la ex cantina di Polti Franco da San Pietro in Calabria è ora una multinazionale presente in tutto mondo. Il diabolico, geniale vaporetto si vende infatti dappertutto, in Algeria e in Australia, in Canada, Russia, Turchia, Gran Bretagna, Messico, Brasile, Pakistan, Cina, Singapore, Corea, ecc ecc. Diavolo di un vaporello dal manico di sughero: è da capogiro il suo monte affari annuale. E se lei è “la signora”, lui - ormai un re del vapore - è anche gran mecenate e sponsor in materia di sport: basket, calcio, ciclismo lo vedono con le mani in pasta, alla grande. Ed è ormai anche un nome che conta, nel gotha degli industriali del ricco Comasco. Lassù al Nord.Poi un giorno, improvvisamente, Franco Polti si ricorda della “sua” Calabria. Se lo ricorda improvvisamente ma non per caso, nel 1999: quando, guarda caso, si imbatte in una legge che porta il numero fortunato di 488. E quella specie di manna europea che elargisce cospicui incentivi - bei soldoni - a chi promuove investimenti al Sud. Soldoni Ue: tanti, benedetti e subito, basta aprire il capannone e tenerlo in piedi giusto 6 anni…Occasione acchiappata al volo, figurarsi; e tempestivo sbarco a Piano Lago. Nasce la Polti sud, 200 operai, nuovi macchinari, e nuovi capitali tutti piovuti a titolo di contributo pubblico. Un bel prendere.La Polti sud è lì. “Più facile più felici” un corno. Racconta Maurizio. «Era durissimo. Una catena di montaggio senza respiro, tempi sempre più stretti e veloci, otto ore come dannati. E un ambiente da dannati, appunto. Pavimento in cemento battuto, e per respirare non aria ma polvere. Anzi un concentrato micidiale di velenosi pulviscoli, mescolate insieme polveri di alluminio, lana di roccia, loctite (un collante dall’odore nauseabondo)».Protezione zero, niente mascherina, niente guanti, mani con le piaghe, tendiniti, tunnel carpale e infortuni a piovere. «Ci sono voluti mesi per riuscire ad ottenere un minimo miglioramento nelle condizioni di lavoro. Nei capannoni - continua Maurizio - d’estate si soffoca per il caldo, la gente sveniva, doveva venire l’ambulanza a prenderli (il condizionatore è arrivato solo nell’ultimo anno)». Il salario, poi, è da Sud, inferiore a quello dello stabilimento “nordico”; e quando i tre rappresentanti Rsu chiedono l’intervento Asl per un controllo sull’ambiente di lavoro, “la signora” li licenzia tutt’e tre (tra essi anche Alessandro, il giovane operaio che abbiamo di fronte).La condizione dei “camici blu” alla Polti di Figline, del resto, è già stata denunciata più volte. Scrive ad esempio “Rassegna sindacale” (Cgil) in un servizio datato 2004: «L’acqua da bere che manca, la pipì che non si può fare, i guanti da lavoro strappati e non sostituibili prima di quindici giorni, i ritmi forsennati. Colpisce ancora una volta, dopo Termini Imerese e dopo Melfi, la straordinaria “materialità” del disagio sul lavoro».E’ appunto il 2004, l’anno in cui comincia l’esternalizzazione, poi la cassa integrazione, la stagnazione produttiva; e in cui comincia la grande lotta dei 200 della Polti per salvare il posto. Una dura lotta, con scioperi anche di 15 giorni, presidi, cortei, manifestazioni cui si unisce la popolazione locale, blocchi stradali (una volta viene interrotta anche la Salerno-Reggio C.); l’ultima protesta è di questi giorni a Roma, i ragazzi di Piano Lago decisi a incatenarsi ai cancelli della Rai.«Siamo sfiduciati, continueremo a batterci, certo, ma sappiamo bene - dice Alessandro - che ormai il tempo è scaduto. Vale a dire che i miliardi degli incentivi pubblici sono stati intascati, il vincolo della 488 è finito e i 200 lavoratori non servono più, peggio per loro se sono a zero ore e zero salario». La accampata crisi del settore - questo è anche il giudizio dei sindacati - è l’alibi sotto il quale la Polti nasconde la redditizia “virata” che si chiama delocalizzazione. L’esperimento calabrese ha fatto il suo tempo, giusto i sei anni necessari per il drenaggio dei fondi. Conti alla mano, l’esperimento calabrese - l’azienda-civetta - ha fruttato un bel flusso di soldi, decine di miliardi. Senza contare l’ammontare dei contributi che lo Stato si è accollato di pagare per i primi tre anni in base alla legge 407. Esperimento riuscito. La Cina è vicina.Storia della Polti. Più che Imprenditori, Prenditori.

Venerdì, 3 Marzo 2006

venerdì 16 novembre 2007

Le belle notizie


Prof. Aldo Franco De Rose (meglio conosciuto dai noi Sartanesi come "Alduzzu i Piuzzu" )
Un Sartanese doc alla corte dei genovesi.

Nasce nel piccolo paesino di Sartano, frazione di Torano Castello, in una famiglia dedita al lavoro, onesta e dignitosa. Sin da piccolo, cresciutosi nelle vie polverose della cittadina, ha coltivato la passione per la musica, oltre alla passione per la natura, entrando a far parte negli anni “60 nel Gruppo Scout del Sartano I°, dimostrandosi una persona sempre altruista ed equilibrata. Conseguito il diploma, intraprende gli studi universitari presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Genova, laureandosi nel 1983, specializzandosi prima in Urologia nella stessa sede e subito dopo in Andrologia presso l’Università di Pisa.
Aldo Franco De Rose, da sempre svolge la sua attività clinica, nella Clinica Urologica di Genova, prima sotto la direzione del prof. Luciani Giuliani ed attualmente quella del prof. Giorgio Carmignani, da anni si dedica alla ricerca Uro-Andrologica. La sua partecipazione a numerosi congressi nazionale ed internazionali, lo portano a diventare uno dei riferimenti nazionali dell’Andrologia medica e chirurgica.
Dopo essere stato eletto per tre anni consigliere nazionale della Società Italiana di Andrologia è attualmente il Coordinatore della Sezione di Andrologia Tosco-Umbro-Ligure. Nel mese di ottobre è stato inserito nel supplemento di Class tra i migliori medici d’Italia.Si interessa da sempre alla problematica dell’eiaculazione precoce maschile e, da qualche anno, ai problemi sessuali femminili. Numerosi sono le pubblicazioni su riviste italiane e straniere. Quelle comparse questo anno, come primo autore, sono su numerose riviste italiane e sulla prestigiosa rivista americana “Urology”di febbraio e settembre.
Oltre all’amore e alla passione per la sua professione di medico, Aldo Franco De Rose, è anche Giornalista Pubblicista, iscritto all’ordine di Genova, e collabora con giornali nazionali, scrivendo numerosi articoli riguardanti le problematiche sessuali maschili e femminili , nonché l’infertilità maschile, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto le autorità politico-sanitarie verso l’andrologo. Da oltre due anni è Direttore responsabile del giornale medico on-line http://www.clicmedicina.it/Nonostante la sua professione Aldo Franco De Rose, resta legato alla sua terra d’origine ( Sartano) e a quella adottiva (Genova), con la passione del mare e della montagna, che ne fanno un ottimo pescatore e un eccellente cercatore e conoscitore di funghi. Esperto anche di cucina, la sua specializzazione tra i fornelli sono i primi piatti quali: lasagne con la gallinella di mare; fusilli mare e monti con funghi porcini e pesce San Pietro; linguine ai frutti di mare; focaccia al formaggio. Si dedica al giardinaggio e orto. Suona il violino e la chitarra, passione ereditata da suo papà Pio.
Aldo Franco De Rose, un figlio illustre della Sartano laboriosa, un sartanese doc alla corte dei genovesi, un professionista doc donato alla sanità mondiale.

giovedì 15 novembre 2007

Gli avvocati

Il giorno 12 novembre(o forse il 13 ?), si sarebbe dovuta tenere l'udienza per decidere sul rinvio a giudizio o meno del Sindaco del nosro amato comune, come da manuale i legali che assistono il sindaco non si sono presentati, udienza rinviata al prossimo anno; gli avvocati servono anche a questo, rinviare fino a quando è possibile, con i soldi dei contribuenti naturalmente, perchè anche i rinvii hanno un costo.

martedì 13 novembre 2007

Ricevo e volentieri pubblico

Affettuosamente ad Apelle figlio di Apollo, Zeus permettendo. Apelle, non essere sempre e solo critico contro Corbelli e non essere puntiglioso su un articolo di giornale perchè sia uscito su due testate uguale o simile o quant'altro vogliasi dire. I comunicati che si ricevono vanno mandati alle redazioni che sono quelle deputate a tagliarli o a mandarli in stampa per intero. Visitando il blog, ho notato da parte Tua un certo disaccordo sulle iniziative di Franco Corbelli. Premetto che non gvolgio tirare la corda per nessuno, ma una cosa però volevo suggerirtela. Prima di criticare sempre è solo Corbelli perchè da politico grida le malefatte del nostro terittorio e non solo, sarebbe il caso di chiederci cosa fanno i politici locali del centrosinistra e del centrodestra. Tutti, dico tutti ad eccezione di Corbelli, cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio. Questa è la situazione che regna nel comune di Torano Castello, perchè chi grida, naturalmente è fuori dal coro e non va nemmeno degnato di uno sguardo, mentre l'ipocrita merita attenzione altrimenti ... . Questo è quello che sta succedendo ai giornalisti che riportano non solo ed esclusivamente dei comunicati che arrivano dalle segreterie di qualche politico che ha coraggio di gridare, e meno male che c'è Corbelli che grida. Il grido di allarme riportato negli articoli, uguali e simili, vuole portare a conoscenze delle autorità competenti il grave problema che da un paio d'anni a questa parte a Sartano sta destando preoccupazione: l'aumento dei decessi per tumore. Se questo, per Te, è ciarlare a vanvera, va bene cosi, ma riguardo alle beghe personali che ricadono nel privato non interessano più di tanto, ormai il danno è stato fatto, possiamo solo porci rimedio gridando alla Corbelli. Per Tua informazione e grazie a Dio i proprietari che hanno comprato i lotti dove hanno costruito una casa, non devono temere più nessun danno, la situazione che descrivi nel tuo commento è stata sanata da alcuni anni. Cordialmente Gildo Anthony Urlandini Innazi tutto grazie per aver voluto commentare quanto da me scritto in merito all’articolo riportato nel blog, consentimi con altrettanta franchezza di precisare alcune cose; comincio dal fondo: Sono contento della notizia che gli acquirenti dei lotti edificati e non, acquistati dalla famiglia Mayerà non corrono più nessun rischio, questo ci puo tranquillizzare ma non giustifica quanto è stato fatto, con connivenze varie: amministrative e finanziarie a scapito e a rischio di chi ha investito soldi suoi, guadagnati con sudore e anni di lavoro. Vergogna-Vergogna-Vergogna. Non ho per niente detto che Corbelli ciarla a vanvera, anzi lo fa a ragion veduta, avrebbe avuto il mio plauso se avesse denunciato il fatto prima agli enti preposti e dopo ai giornali, chiamando in causa direttamente i proprietari o i gestori o gli affidatari delle strutture in questione, facendo nome cognome; non credo che qui si tratti di fatti privati e che non interessino piu di tanto, come tu dici. Credo sia ora di smetterla di pensare che se si spendono soldi di tutti noi per rimediare le male fatte dei privati sia una furbata o chi è in grado di creare le condizioni perché cio avvenga sia un supereroe. C’è un’età per gridare, una per denunciare, una per fare; la nostra età (anche anagrafica) ci impone di fare, le proteste le denunce lasciamole ai giovani lo fanno meglio di noi, e soprattutto non rubiamo loro il ruolo che gli spetta. La mia critica a Corbelli in questa e in qualche altra occasione è nel metodo, meno nel merito. Affermi di non voler tirar la corda per nessuno tanto meno per, proprio per questo mi sarei aspettato un commento sia pure minimo che aiutasse il lettore a capire il perché dello stato delle cose. Riguardo invece alla situazione di allarme e preoccupazione che si manifesta, alcuni amici e non da oggi tra le concause probabili-possibili imputano le discariche a cielo aperto che per anni sono state funzionanti nel territorio, leggasi “timpa”. Allora una classe politica degna di questo nome si sarebbe dovuta interessare da tempo di questi problemi, una amministrazione municipale degna di questo nome sarebbe dovuta e potuta intervenire, non l’hanno fatto e non lo faranno, anzi da lor Signori l’ultima amministrazione a acquistato per la modica cifra di 335.000euro il palazzo della famiglia, più qualche migliaio di mq di terreno. Per finire, convengo pienamente quando affermi ”cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio.” Credimi, i nostri politici(?) locali passati e presenti ne hanno fatto largo uso, nessuno escluso, nemmeno Lui. Con cordialità

domenica 11 novembre 2007

Apelle figlio di Apollo

«Struttura abbandonata da anni. Basta un soffio di vento a portare le polveri» Pericolo amianto a Torano La denuncia di Corbelli su alcuni capannoni TORANO CASTELLO L'amianto continua a far paura. Cresce ormai a dismisura la preoccupazione dei cittadini che temono per la loro salute minacciata seriamente dalle migliaia di metri quadri di lastre in eternit che costituiscono i tetti di grossi capannoni industriali ormai fatiscenti ed abbandonati della Valle del Crati. Se nella vicina Luzzi la bonifica ed il risanamento ambientale dell'area dell'ex fornace “Dima” sono stati avviati grazie all'attenzione dell'esecutivo municipale dell'ex sindaco D'Angelo, la situazione è ormai allarmante anche a Torano Castello. A denunciare ciò che definisce “un'emergenza ambientale e sanitaria, una vera e propria minaccia alla salute dei toranesi e dei molti cittadini dei paesi della Media Valle del Crati”, è il coordinatore del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. Si tratta di un'ex azienda agricola per l'allevamento di polli realizzata più di 35 anni fa ed ormai chiusa ed abbandonata da oltre 14 anni. Tredici grandi capannoni, un'abitazione e un ex macello per un totale di oltre dodici mila metri quadri tutti ricoperti del pericoloso eternit le cui fibre che si disperdono nell'aria - è risaputo – sono ritenute altamente cancerogene. A tal proposito il leader di Diritti Civili chiede l'intervento urgente del Ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraio Scanio, affinché si provveda all'immediata bonifica della vasta zona “minacciata dai veleni dell'amianto killer”. Corbelli invita, inoltre, l'assessore regionale all'Ambiente, Diego Tommasi, ad effettuare un sopralluogo sul posto per rendersi conto di persona dell'estrema gravità della situazione.“E' un'autentica bomba ecologica. Una situazione esplosiva e drammatica che – pone l'accento - deve essere immediatamente. Affrontata e risolta”. La vecchia azienda agricola interamente ricoperta di eternit è ubicata in gran parte in località Serramezzano. Quattro capannoni, infatti, si trovano in località Cozzo La Torre (la nota area di notevole interesse archeologico soprastante lo Scalo), a poche centinaia di metri dal fiume Crati. A Serramezzano la dimessa attività imprenditoriale sorge su una collina di fronte la popolosa frazione di Sartano che si affaccia sulla Media Valle del Crati. A poche centinaia di metri in linea d'area dal centro abitato. “L'ex azienda e Sartano - spiega Corbelli - sono sulla stessa linea orizzontale, divisi solo da un burrone. Basta un soffio di vento e i veleni di dodici mq d'eternit e amianto si riversano nel centro abitato di Sartano, di Torano e nella Media Valle del Crati, con tutto quel che di gravissimo e drammatico questo comporta. Sono circa 14 anni che quest'azienda ha chiuso e quei capannoni sono rimasti lì, abbandonati e oggetto di un provvedimento di pignoramento. Quei tetti in eternit - prosegue il leader di Diritti Civili - sono una minaccia mortale. L'amianto killer allarma e fa giustamente paura alle popolazioni locali”. Corbelli sottolinea un dato che inizia a preoccupare le gente. “E' quello, purtroppo, del numero di decessi per cancro che si sta registrando nella popolosa frazione sartanese. Non ci sono ancora studi precisi al riguardo – aggiunge ancora - che possono dimostrare il collegamento diretto di questi decessi per malattie tumorali con l'amianto killer dell'azienda agricola di Serramezzano. Ma è pressoché certo che i veleni che sprigionano quei capannoni sono una minaccia alla salute delle persone. Non si può più aspettare – sostiene con fermezza il consigliere provinciale - che altra gente continui ad ammalarsi e a morire in silenzio. Vista l'acclarata pericolosità per la salute dell'amianto è assolutamente urgente intervenire e bonificare i capannoni e mettere in sicurezza l'intera area. La salute dei cittadini di Sartano, di Torano e degli altri centri interessati della Media Valle del Crati – conclude Franco Corbelli - deve essere salvaguardata. Per questo chiedo l'intervento del Ministro dell'Ambiente ed all'assessore regionale, Tommasi, di fare un immediato sopralluogo sul posto”. Roberto Galasso Articolo pubblicato su: Il Quotidiano della Calabria di martedì 07-10-07

L’articolo sopra riportato ha qualcosa di strano, a dire ne ha piu di una, comincio con elencarne alcune. -Lo stesso articolo, uguale non simile, è stato pubblicato sul quotidiano CalabriaOra a firma Gildo Antonny Urlandini -Non viene mai menzionata l’azienda, tanto meno i proprietari di nome e di fatto. -Più che una intervista al politico locale sembra un ordine del giorno, i giornalisti si limitano a riportare e basta. Allora vediamo di guardarci dentro con la sola intenzione di fare un di chiarezza, sul perché e per come certe notizie vengono riportate e quale scopo si prefiggono. L’’azienda in questione è stata costituita dalla famiglia Mayerà, con finanziamenti pubblici a fondo perduto; come tutte le aziende costituite con soldi pubblici e non propri è andata in dissesto, fino ad arrivare al pignoramento da parte dei creditori,non solo delle aziende in questione ma anche dei terreni edificabili siti in Sartano, terreni che hanno fatto la fortuna della famiglia e fagocitato le rimesse di molti emigranti per realizzare il sogno di una casa. I suddetti terreni pur gravati da ipoteche sono stati comunque venduti, e Dio non voglia che la/le aziende di famiglia non arrivino al fallimento perché sarebbero cavoli amari per tutti coloro che hanno comprato in buona fede. Veniamo allo stato delle cose e cioè i capannoni situati a Torano Scalo e a Sartano in località Serramezzana; non so dirvi se negli anni in cui sono stati costruiti l’’uso dell’eternit era ancora consentito o meno, sta di fatto che le coperture di questi capannoni sono state eseguite con questo materiale, contenente fibra d’amianto, da anni ormai fuori legge. Attualmente detti capannoni pare certo, dico pare perché non ho certezza materiale, siano pignorati o ipotecati da una banca, a fronte dei debiti da parte della/e aziende della famiglia Mayerà. Allo stato attuale non so dirvi chi e con quali soldi dovrebbe intervenire per bonificare i siti. Certo è che senza un accertamento della pericolosità da parte degli enti predisposti non si può intervenire. La domanda delle domande è però un’altra, quei capannoni e quei terreni hanno un valore commerciale, allo stato attuale sicuramente deprezzato, perché nessun acquirente attento li comprerebbe dovendosi sobbarcare i gravosi costi della bonifica dell’eternit; allora allo stato attuale o i proprietari o la banca dovrebbero sostenere i costi della bonifica, ma bonificare perché e per che cosa? Per il grido nella foresta lanciato dall’anima candida del politico locale? Per l’alto senso della salute pubblica insita nelle banche e nei proprietari terrieri. Francamente nessuna di queste ipotesi sta in piedi. Penso che il grido sia lanciato più in alto possibile per fare in modo che diventi un caso, una emergenza di salute pubblica e che in assenza di una proprietà certa ed in grado di intervenire sia ancora il “pubblico” a dover sanare la situazione. E no mio caro candido, ingenuo bel paladino: di denaro pubblico in quell’eternit, nei terreni, nel palazzo ne è stato buttato a valanga. Veda di fare in modo che non sia ancora il denaro pubblico, e cioè Noi a dover pagare i debiti e le malefatte di Lor Signori: abbiamo gia dato.

venerdì 9 novembre 2007

Ricevo e volentieri pubblico.

"Le radici e la propria terra non potranno mai essere dimenticate. Il legame affettivo e i ricordi non possono essere cancellati dall'indifferenza o dalla lontananza, se ciò dovesse avvenire l'uomo non avrebbe più ragione di esistere". Complimenti per il blog e per l'informazione che dai ai nostri compaesani sparsi per il mondo. Mi permetto di inviarti una breve descrizione di un spaccato di vita della Sartano degli anni passati, con la speranza di farTi cosa gradita. Un carissimo e cordialissimo saluto Gildo Anthony Urlandini “I casi i mattunazzi” Su una collina circondata da ulivi fichi e vigneti, sorge il paese di Sartano, paese antico e ricco di tradizioni, che custodisce ancora adesso quasi intatte “i casi i mattunazzi”, le case di creta e paglia . Dal milleottocento in avanti, l'abitato di Sartano era costituito principalmente da casette basse costruite con mattoni crudi di creta e paglia detti “mattunazzi”, che non raggiungevano i due metri e settanta di altezza nella parte superiore. I “mattunazzi” venivano fabbricati con creta, terra rossa e paglia, che veniva impastata in delle grosse buche e poi veniva compressa in delle forme rettangolari di tre misure diverse, e cosi dopo aver fatto seccare questa massa di creta e paglia al sole, erano pronti per essere utilizzati nella costruzione delle case. Le case semplici e senza richiami architettonici, rappresentava un'edilizia povera, ma sostanzialmente necessaria ai bisogni delle famiglie. I muri portanti della struttura erano spessi , raggiungevano la misura di 70-80 centimetri, la caratteristica di queste casupole di creta e paglia, con muri così spessi, era che d'estate gli ambienti erano freschi , mentre durante la stagione fredda erano caldi. Le stanze della casa, normalmente due, avevano una grandezza di tre per quattro o quattro per cinque. Il pavimento semplice e in terra battuta oppure di mattoni cotti di “carcara”, nell'insieme aprivano i locali dove i Sartanesi abitavano. Il soffitto , “ 'ntavulatu”, era costituito per la maggior parte di tavole o di canne intrecciate,“catrizzole”, che isolavano le stanze dall'aria che proveniva dalle tegole, “ciaramili”, in terra cottae di forma irregolare, perché fabbricate a mano. La casa di “mattunazzi”, a Sartano era una caratteristica , anche perché nel meridione d'Italia, era uno dei pochi paesi ad essere costruito con mattoni crudi di creta e paglia. Questa tecnica di costruire con mattoni crudi di creta e paglia, comportava il fatto che le abitazioni erano tutte a pianterreno, rarissime la case a due piani, non potendo avere un piano superiore, per la mancanza di pilastri di sostegno. Le stanze erano cosi divise: la cucina e la stanza da letto. La cucina, era la stanza principale, dove le donne di casa svolgevano le funzioni giornaliere e dalla quale si accedeva dalla porta d'ingresso, delimitata dal “suprantu” o “supraporta”, era di castagno, verso la parte alta laterale sinistra, c'era “u purtieddru”, una specie di finestra, che si apriva durante il giorno per dare luce alla stanza. L'interno molto scarno per l'epoca, era costituito “da fucagna”, un focolare con un rialzo dove venivano poggiate e preparate le vivande che cuocevano “supa u tripidu" (treppiedi), dal forno, e da qualche nicchia che serviva per conservare il cibo, gli arnesi da lavoro, o altre cose utili, per la casa e il lavoro. Il forno che era su di un piano sopraelevato, in un angolo della stanza, aveva al di sotto un piccolo locale dove trovavano di notte riparo, galline, pecore e maiali. L'arredamento semplicissimo, senza fronzoli come oggi, era costituito da un "casciuni", dove venivano conservati cereali, salami, fichi e “ru grassu du puarcu” cioè la sugna di maiale. Poche sedie, un tavolo, la "panera", una "piattera", un "saziere", " u vintagliu" per alimentare la fiamma del fuoco e qualche stipo ricavato con delle tavole conficcate nel muro, eccezionalmente i più benestanti possedevano la "cridenza" , dove mettevano in mostra i bicchieri o vi conservavano derrate alimentari. In un angolo quasi nascosti, si potevano intravedere le "ciarre" dell'olio e del vino, poste vicino ad un sedile in mattoni crudi. Cosa che non mancava mai era la " 'nnicchiareddra" dove veniva collocata la statuina del santo con la "lampa" accessa dove ardeva "u micciarieddru", alle pareti vi erano appese le " sporte" i "panari" e le "catrizzole", mentre ad una “piartica” (pertica) che pendeva dalla “panera” gli abitanti della casa vi appendevano i vestiti, rischiarati dalla luce della lanterna ad olio. La stanza da letto era costituita dalle "cascie" (cassoni in legno) dove veniva custodito quel poco di corredo per le figlie, dal letto formato dai "vanchietti" dal "saccuni" e dalle "culunnette", una stanza da letto essenzialissima, spartana per il bisogno di gente contadina, umile e laboriosa, alle pareti si potevano vedere appese “ i figureddri”, immaginette di Santi. In un'altro angolo della cucina, o appena fuori dietro la porta, veniva conservata la legna per il fuoco, mentre dalle travi pendevano mele, pere, peperoni, formaggi e tante altre prelibatezze del mondo contadino, conservate nella “rizza” (rete). Tutto il paese di Sartano era costituito da file di case, costruite in modo continuo, muro contro muro, categoricamente di “mattunazzi”, con punti luce solo alla facciata davanti, costituiti dalla porta e da una finestra. Raramente si vedeva qualche casa più grande costruita con mattoni cotti, ed erano l'eccezione, in quanto costituite dal pianterreno e dal primo piano. Le vie del paese erano in terra rossa battuta e ciotoli, consumate dal calpestio dei sartanesi, che, come tutte le mattine, essendo un popolo prevalentemente contadino, si incamminava per i campi. Nell'avviarsi ai campi, le donne scalze con le “sporte” in testa, seguivano i mariti che sul dorso dell'asino prendeva la via per la campagna. I Sartanesi che disponevano di un pezzo di terreno vicino al paese, non avevano difficoltà, a volte, a ritornare a casa, ma quelli che erano distanti dall'abitato, possedevano una piccola casetta in campagna sempre costruita con i “mattunazzi” sulla stessa specie della casa del paese, dove restavano a dormire. Sartano, allora, era un paesino per la maggior parte dedito all'agricoltura, dove l'unica via di collegamento con i centri vicini era costituita da delle piccole “carreri” (sentieri) di terra rossa battuta e ciotoli, percorse da uomini e animali. Solo negli anni cinquanta fu costruita la prima strada asfaltata, che collegava il paese con Torano, con gli altri centri limitrofi e con la statale 19 “ a nazionali” e lo scalo ferroviario. La costruzione della strada, ha portato a Sartano molti vantaggi, infatti il collegamento portava in paese camion con oggetti di ceramica e altre mercanzie che per tanto tempo erano mancate. Si incominciarono a vedere movimenti di arti e mestieri, come “u quadararu”, che arrivato in paese, riusciva a risolvere i problemi delle donne di casa, riparando loro le pentole di rame bucate, i cantastorie per la gioia dei bambini che giocavano sotto il muro della chiesa, “u capillaru”, che scambiava ciocche di capelli con oggetti per la casa, e man mano si iniziarono a vedere tanti altri mestieri. Con il passare degli anni Sartano, conobbe in maniera considerevole come tutti i paesi del meridione d’Italia il fenomeno dell’emigrazione, ma crebbe e si sviluppo in maniera sistematica. Dopo i tanti sacrifici sofferti, soprattutto con l'emigrazione, le case di creta e paglia, o “i casi i mattunazzi”, hanno lasciato pian piano il posto alle nuove case in muratura e cemento, ma qualche casupola di “mattunazzi” ancora resiste. Oggi, Sartano, è un paese ridente e ospitale, dove solo alcune tracce delle antiche abitazioni sono rimaste in ricordo di un passato, anche se sofferto, che ogni sartanese ricorda con orgoglio, senza rinunciare alle proprie radici. (Tratto dal libro dei ricordi di Gildo Anthony Urlandini )

lunedì 5 novembre 2007

1000

Poco piu di due mesi, mille visite per questo blog.
Non sono tante , ma non sono nemmeno poche. Sarebbe certo più interessante se almeno la metà di chi legge lasciasse qualche traccia, qualche suggerimento, qualche critica. Continuerò ad alimentarlo con le notizie che riusciro a cogliere dalla rete, dai giornali e da contatti sul territorio; Vi invito a mandarmi notizie, fatti, curiosità riguardanti Sartano e li publicherò molto volentieri, l'invito è rivolto a tutti.
Grazie

lunedì 22 ottobre 2007

Avanti il prossimo

Comune, cercasi personale per l’Utc Il comune di Torano Castello,da poco tempo è senza il responsabile dell’ufficio tecnico comunale, per le dimissioni presentate dopo le dimissioni dall’ingegnere Cinzia Garofalo . Il sindaco Iannace, intanto, ha nominato l’assessore Antonio Fava responsabile dell’ufficio tecnico per il periodo necessario per la nomina del nuovo responsabile dall’incarico di responsabile dell’ufficio tecnico comunale. L’ingegnere Garofalo si è dimesso a fine settembre nonostante la giunta municipale (con deliberazione n.122 del 26 settembre 2007), ne aveva rinnovato l’incarico. Nella deliberazione si legge, infatti: «in riferimento alla nomina del responsabile dell’ufficio tecnico comunale, e in esecuzione della propria deliberazione n. 139/2006 con decreto del sindaco protocollo . 2414/2007 si conferiva l’incarico di che trattasi all’ingegnere Cinzia Garofalo per la durata di mesi sei con decorrenza 1 aprile 2007». L’incarico conferito scadeva il 30 settembre 2007, per cui la giunta municipale, avrebbe dovuto provvedere, per come ha provveduto, alla nomina di un nuovo responsabile, sempre nella persona dell’ingegnere Garofalo a discrezione dell’amministrazione , «per un periodo massimo di altri sei mesi o frazioni di esso, si è proceduto al rinnovo dell’incarico di r.u.t.c. all’ingegnere Garofalo per un ulteriore periodo di sei mesi e di stabilirne il compenso lordo omnicomprensivo, su base semestrale di 7.344,00 euro». Quando tutto sembrava filare liscio, il colpo, le dimissioni dell’ingegnere Garofalo. Le dimissioni hanno fatto avanzare nei cittadini, e confermate senza imbarazzo da qualche amministratore, alcune ipotesi come sulle dimissioni e qualche perplessità sugli incarichi a tempo determinato. g. a. u.
Articolo tratto da CalabriaOra

martedì 16 ottobre 2007

Effetto a scoppio ritardato

Torano Castello
L’opposizione “traballa” Fazio lascia Minoranza sempre più disgregata in seno al consiglio comunale di Torano. Dopo le recenti surroghe dei consiglieri di opposizione, Marchese e De Seta della lista Rosa, arriva la scissione di Guido Fazio, che lascia Nuova Cittadinanza per costituire un nuovo gruppo consiliare di minoranza. «I motivi, afferma Fazio, che mi hanno spinto ad uscire da Nuova Cittadinanza sono stati gli ultimi fatti avvenuti in consiglio, quando ho chiesto le dimissioni del vicesindaco Petrelli, per alcune affermazioni gravi, dette da lui, durante la festa di Alternativa Sociale, dove ha affermato che al G8 di Genova la macelleria era stata aperta e che le forze dell’ordine ne avevano macellato pochi, e se il vicesindaco era fascista o meno, ma Petrelli non ha ricordato ciò. Ho poi ribadito che il noi con cui avevo chiesto le dimissioni del vicesindaco era un noi personale e non di tutto il gruppo a cui appartenevo. Il secondo motivo, è stato il fatto che per due volte con il capogruppo di Nuova Cittadinanza ci siamo trovati a votare in modo diverso, su alcuni punti all’ordine del giorno, quando in modo velato si intuivano ammiccamenti verso la maggioranza. Ma la cosa più preoccupante, è il fatto che il capogruppo di Nuova Cittadinanza, candidatosi contro la coalizione che amministra, non può cercare nuovi consensi e allargamenti con la maggioranza, difendendo la maggioranza dicendo che per i debiti fuori bilancio la colpa e degli uffici che non trasmettono all’amministrazione quelli che sono i debiti, ed allora io che mi sono candidato in una lista che era contro la lista della maggioranza e dell’altra lista, se il capogruppo li difende io non mi ci trovo e purtroppo devo dare risposte agli elettori che mi hanno votato. Voglio essere coerente fino all’ultimo per rispetto verso quei cittadini che hanno votato la lista in cui ero candidato». Gildo Anthony Urlandini
Solitamente, si scrive per dare notizia di una maggioranza che traballa, ma nel nostro amatissimo mondo del Comune di Torano Castello, evidentemente le cose vanno in modo diverso, la minoranza che traballa fa notizia. Avevo gia detto detto nei precedenti post dedicati ai fatti agostani, che mi aspettavo delle prese di posizione non tanto da parte del Sindaco, in rispetto ai suoi elettori, ma da parte dei consiglieri di minoranza, la presentazione di una mozione unica, la richiesta di riunione del Consiglio Comunale per discutere quanto avvenuto, con la relativa richiesta di dimissioni del vice sindaco. Nulla è avvenuto, un consigliere esce dal gruppo di appartenenza, fa bene se sono venuti meno i presupposti per cui si stava insieme. A tutti vorrei ricordare che il 14 ottobre oltre tremilioni di Italiani sono andati al voto per esprimere il loro consenso alla nascita del PD, si è votato anche nel nostro Comune, pertanto chiedo che il gruppo di minoranza espressione di tutte le aree che al PD si ispirano di smetterla e di comportarsi da persone coerenti o altrimenti si dimettano in blocco.

domenica 14 ottobre 2007

Complimenti a Maurizio

martedì 9 ottobre 2007 - Savigliano A Savigliano la mostra Menotrenta Ha vinto la rassegna l'artista trentina Marta Bettega. I lavori rimarranno esposti nei locali del Museo ''Olmo'' sino al 21 ottobre L’artista di Trento Marta Bettega si è aggiudicata la settima edizione di «Menotrenta. Premio Città di Savigliano - Gianni Delzanno», rassegna-concorso nazionale di pittura, scultura, installazione, fotografia e video, riservata ai giovani artisti nati dopo il 1° gennaio 1977. La cerimonia di premiazione e l’inaugurazione della mostra si sono svolte sabato scorso, 6 ottobre, presso i locali del Museo ''Antonino Olmo'' di Savigliano. Curiosità: tra i dieci artisti finalisti, anche il saviglianese Federico Botta. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale Marcovaldo, nell’ambito del ''Distretto Culturale Artea'' e dal Museo civico ''Olmo'' in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Città di Savigliano. Dopo i saluti iniziali del sindaco di Savigliano Aldo Comina, dell’assessore alla Cultura di Savigliano, Laura Albertini e della presidente del Comitato scientifico Tiziana Conti, che ha presentato l’evento espositivo, si è proceduto alla premiazione dei dieci artisti selezionati. Ha assegnato i premi la direttrice del Museo Rosalba Belmondo. Dopo il conferimento dei riconoscimenti si è inaugurata la settima edizione della rassegna a cui è seguito un buffet. Marta Bettega ha vinto il primo premio (1.200 euro) con l’opera ''25 febbraio 1967''. Il secondo premio ''Famiglia Delzanno'' (1.000 euro) è andato invece a Gianni Cinquegrana di Acerra (Na), per l’opera ''Voyeur'', mentre si è aggiudicato il terzo premio (500 euro) Maurizio Cariati di Sartano (Cs), con l’opera ''Oggi sono Molto arrabbiata!''. I sette rimanenti finalisti a cui è stato assegnato un premio di partecipazione di 200 euro sono stati: Andrea Bouquet, Federico Botta, Claudia Cavallaro, Lemeh42 (Lorenza Paoloni - Michele Santini), Laura Mergoni, Nunzio Paci, Rama (Carmelo Rago-Federica Marini). Le opere dei dieci artisti selezionati rimarranno esposte all’interno del museo fino al 21 ottobre. Sarà possibile visitare la mostra, ad ingresso gratuito, il sabato dalle ore 15 alle 18,30 e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18,30. Con lo stesso orario di apertura saranno inoltre visitabili le raccolte del Museo ''A. Olmo'' e della Gipsoteca ''D. Calandra''.

martedì 25 settembre 2007

L’importante è partecipare..............

....................................se poi si vince è ancora meglio. L’iter immaginato per la costituzione del Partito Democratico, per quelli che ci credono, non da oggi, che hanno lavorato dietro le quinte nelle varie Associazioni o dentro i partiti non era certo quello al quale stiamo assistendo.In tutte le regioni, dove più dove meno, abbiamo assistito all’arrembaggio delle candidature per i segretari regionali, della presentazione delle liste e dei candidati per l’assemblea costituente regionale o nazionale. Peggio di cosi non si poteva fare. Gli addetti ai lavori, sia pure a denti stretti, hanno accettato con qualche conato di vomito, le regole e i tempi, ma ripeto non e cosi che doveva andare, purtroppo le prospettive politiche a breve e medio termine non lasciavano spazi e tempi per un processo più partecipato, con primarie degne di questo di nome, dove anche il singolo candidato avrebbe avuto tempi e modi per esporre la propria idea del nascente Partito Democratico. In Calabria è successo quello che tutti sapevamo ma che nessuno ha mai avuto il coraggio di dire. La candidatura unica alla segreteria regionale nella persona di Minniti, a cui va la massima stima da parte di tutti, non poteva e non può rappresentare l’unitarietà delle correnti e correntine di DS e DL, a dimostrazione di quanto qui vado scrivendo, basta contare il numero delle liste presentate in appoggio di un’unica candidatura. Ma lo scempio più immane è l’assenza di qualsivoglia presenza di giovani e di volti nuovi, in posti eleggibili, i cosi detti big ma giusto sarebbe chiamarli “la casta” hanno occupato tutti i primi posti moltiplicando le liste in un numero spropositato. Questa la situazione generale. Vi state chiedendo se questo processo passaggio quasi storico interessa Sartano? SI. Interessa Sartano, nella misura in cui qualcuno ha deciso di interessarsene, di esserci, di aver lavorato, creato occasioni per esserci. Mi sarei aspettato molto di piu se………………………………….Se le segreterie di DS e DL in questi mesi si fossero incontrati, parlati, organizzati su che fare e come fare perché qualcuno venisse inserito in posizioni eleggibili. Ognuno per la sua strada. Spero che il 14 ottobre i responsabili delle rispettive segreterie volenti o nolenti si ritrovino per prendere atto che qualcosa è successo, che di questo bisognerà tener conto e col quale bisognerà fare i conti, non può esserci più spazio per personalismi o prime donne. Diversamente consegnino le chiavi delle segreterie al nuovo, e continuino a comportarsi pure come se non fosse successo nulla andando per la propria strada, tanto non si incroceranno mai. Per la cronaca, ad oggi 3 Sartanesi partecipano alla fase elettorale per il PD. In Calabria, per il nazionale, nel Collegio 2 Castrovillari- Lista: Democratici per Enrico Letta: al 3° posto Rosetta Argento, al 4° Lucio Franco Raimondo. In Lombardia, per il nazionale, nel Collegio Como 8-Lista : Con Rosy Bindi Democratici, Davvero: al 2° posto Tonino Chiodo

venerdì 21 settembre 2007

“strasci & paddhri”

Dal “Corriere Canadese” Il puntista Franco Cervo campione dell’individuale Il giocatore del Rainbow Creek vince Pallino d’Oro Di Nicola Sparano TORONTO - Le sorprese nello sport sono all’ordine del giorno. Spesso, infatti, vince “l’underdog”, il meno favorito di tutti. È accaduto a Montréal dove il Pallino d’Oro, titolo nazionale dell’individuale, è andato a Franco Cervo, un “giocatore non completo” come lui stesso si definisce. Franco Cervo, 63 anni, nato in provincia di Cosenza «Sartano, un paese che sulla cartina non c’è», ex banchiere, è infatti un “puntista”. La sua specialiatà è quella di piazzare la boccia a contatto strettissimo con il pallino e al resto ci pensino gli altri «Bocciare di raffa me la cavo - dice Cervo, ma al volo sono proprio negato, ecco perché non mi considero un giocatore completo. Chi non boccia solo molto molto raramente vince tornei di individuale. Ma quando le cose vanno bene ci scappa anche il mezzo miracolo come ho fatto nella finalissima “inchiodando” una boccia che avevo dovuto tirare a volo». «Non voleva venire a Montréal - spiega il suo compagno di club (il Rainboiw Bocciofila), Joe Sicoli, ma l’ho convinto ed ora mi deve ringraziare». «Non soltanto a lui - dice modestamente Cervo - ma anche agli altri amici del nostro club che mi hanno spianato la strada, eliminando alcuni dei concorrenti più temibili». Nella sua imprevista corsa verso la conquista del pallino d’Oro, Cervo ha avuto una sola battuta di arresto, perdendo (12-7) nella fase iniziale contro uno dei favoriti, Americo Morrone, poi a sua volta eliminato da Adriano Stillo nella fase ad eliminazione diretta, quando le parti andavano a 15 e chi perdeva era fuori gioco.«Questo è grasso che cola, mi sono detto, quando sono cominciate le parti alla dentro o fuori. Ho giocato con calma e con giudizio, tutto mi riusciva facile, anche le rare bocciate. Così mi è capitato di battere i di due compagni di club, Mike Ianero (15-8) e Adriano stillo (15-9), poi mi sono trovato di fronte uno dei “big” di casa, Vittorio Guerrieri. Ma anche lui si è dovuto arrendere, l’ho battuto 15-13». «Frank è stato formidabile - afferma Joe Sicoli -, la sua vittoria è la ciliegina sulla torta della nostra pattuglia del Rainbow Creek. Eravamo in cinque - io, lui, Rocco Zappone, Stilli e Ianiero - e ci siamo tutti piazzati entro i primi dieci». http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=66482
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Bisogna quantomeno aver superato la cinquantina per capire a prima lettura di che si tratta, parlando del gioco delle “strasci” . Il gioco,antenato del gioco delle bocce, veniva giocato dai ragazzini, ma anche dalle ragazzine, il campo di gioco era la strada, allora senza selciato o asfalto, terra rossa battuta dal calpestio degli asini, dei buoi, a dai piedi scalzi degli umani, chiaramente il gioco era prettamente estivo, d’inverno difficilmente le strascie avrebbero potuto scivolare sulla terra a causa del fango. Sassi di fiume scheggiati, ciottoli di coppi rotti o pezzi di mattone consumati dall’aria e dal tempo, questi erano gli attrezzi del gioco le regole uguali al gioco delle bocce.Molto tempo dopo, come tutto del resto, arrivarono anche le bocce fatte di legno, il gioco non si svolgeva più per strada ma negli orti di ulivi posti alle periferie del paese. C’èra l’orto di San Domenico. San Francesco di Paola, San Nicola; erano cosi denominati perché possedimenti ecclesiastici,col passare degli anni venduti ai privati. Il gioco delle bocce era ad appannaggio, quasi totalmente, dei cacciatori, la vista allenata a mirare col fucile li facilitava nei tiri da lontano. Non c’èra regola di distanza nel tirare il boccino, chi aveva in squadra i migliori bocciatori cercava di tirare il boccino piu lungo possibile. Il terreno del campo da gioco era al naturale, quindi avvallamenti, buche, sassi, sterpi, piante, costituivano gli ostacoli naturali con i quali i giocatori puntisti dovevano fare i conti. Molto tempo dopo, all’inizio di qualche barlume di modernità l’amministrazione comunale, fece costruire un campo bocce cosi come internazionalmente conosciuto, durò qualche anno, è ancora li abbandonato, pieno di sterpi, irriconoscibile. Ne è passata di acqua sotto i ponti, chissà se al nostro campione Sartanese, nell’andare a punto, in una bocciata magistrale, nel ricevere il meritato trofeo non gli sia tornato alla mente una vecchia boccia di legno, ‘na strascia, o………………………,un ricordo di Sartano.

mercoledì 19 settembre 2007

Pane al pane

Con vero piacere segnalo questo articolo tratto dal sito www.oresteparise.it ; una lucida e puntuale analisi della situazione gattopardesca creatasi in Calabria in vista delle primarie del 14 ottobre. Grazie. Sui quotidiani Calabresi troverete molto fumo, sequele di articoli che dicono tutto e l'esatto contrario, attenti come sono a non pestare i piedi a nessuno.
Ripartiamo da Marco di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VI num. 36 del 8/9/2007) clicca qui per leggere l'articolo:

domenica 16 settembre 2007

Il Re è nudo,,,,,,,,,,, la corte è in mutande

Tratto da CalabriaOra del 16-09-07 A giudizio il sindaco di Torano Indagato insieme con un funzionario comunale. Udienza il 12 novembre Rifiuti, disagi e guai giudiziari. Per l’amministrazione comunale di Torano Castello la questione della gestione della raccolta dei rifiuti è diventata una vicenda giudiziaria. Nel mirino della procura della Repubblica sono finiti il primo cittadino, Antonio Iannace e Cinzia Carmela Garofalo, responsabile dell’Ufficio tecnico. I due, difesi dagli avvocati Nicola Carratelli e Ada Lisa Florio, sono stati rinviati a giudizio. L’udienza preliminare contro di loro è stata fissata per il 12 novembre prossimo davanti al Gup. La vicenda giudiziaria nella quale sono rimasti coinvolti il sindaco Iannace e la responsabile dell’ufficio tecnico, Garofalo, inizia nel 2006. Tutto nasce in seguito al mancato rinnovo del contratto di gestione per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani alla società “Servizi Ambiente srl”. Per il mancato rinnovo contrattuale la società decide di usare le maniere forti e passare al contrattacco. La prima mossa, messa in atto da Mario Orlando Perrotta, legale rappresentante della società, è quella di chiedere il pagamento delle somme vantate per l’espletamento del servizio svolto. A questa prima mossa tattica dei rappresentanti legali della Servizi Ambiente srl l’amministrazione comunale non batte ciglio. Lo stato di presunta indifferenza del primo cittadino è solo tattico. Il sindaco, infatti, con l’ausilio della responsabile dell’ufficio tecnico mettono in atto la loro contromossa. L’amministrazione comunale, infatti, stipula per l’espletamento della gestione e della raccolta dei rifiuti solidi urbani un contratto con la Vallecrati. Ascatenare il putiferio sono, però, i costi. Facendo un rapido calcolo qualcuno riesce a scoprire che il servizio costa 25mila euro in più rispetto alla gestione precedente. Spese aggiuntive che fanno traballare non solo le casse comunali ma rischiano di “alleggerire” anche quelle di tutta la cittadinanza. Impossibile accettare tutto questo. Le forze d’opposizione prendono la palla al balzo e chiedono risposte al sindaco, la cittadinanza vuole sapere la verità, i rappresentanti della società Servizi Ambiente srl bussano, con insistenza, a soldi. L’amministrazione comunale, però, sceglie la strada del silenzio e dell’indifferenza. La studiata strategia del duo Iannace-Garofalo si rivela più dannosa di un colpo di boomerang. Partono le denunce, scattano le querele e fioccano le richieste di risarcimento danni. A Torano regna il caos più totale. Le accuse al sindaco si moltiplicano. Il caso, inevitabilmente, finisce sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti. Come in ogni giallo che si rispetti non manca il colpo di scena. Oltre alla richiesta di risarcimento danni presentata dalla “Servizi Ambiente srl”, c’è anche la decisione del comune di Torano di costituirsi parte civile. Un colpo di scena che mette, ulteriormente, suspence sulla vicenda. Una dettagliata informativa su tutto il materiale raccolto e sulle denunce viene trasmessa al sostituto procuratore della Repubblica, Antonio Cestone, titolare dell’inchiesta. Il pm decide di indagare il sindaco e la responsabile dell’Ufficio Tecnico. Cosa succederà? Lo sapremo il 12 novembre. Gli avvocati promettono battaglia e affilano le armi per la prima udienza davanti al Gup..

sabato 15 settembre 2007

Adesso BASTA

articolo tratto da:CalabriaOra
torano castello Comizio senza “piazza”per Forza Nuova E i militanti si ribellano. Il sindaco:«Non ho dato l’autorizzazione per motivi di ordine pubblico» Il sindaco di Torano Castello, Antonio Iannace, nega la piazza al segretario del circolo locale di Forza Nuova, motivando il diniego «per motivi di ordine pubblico». Al diniego della piazza formulato dal sindaco di Torano Castello, è seguita una nota della segreteria nazionale di Forza Nuova nella quale si legge: «Con il suo infelice rifiuto di concedere la piazza al nostro segretario locale, lei ha calpestato i diritti di ogni cittadino. Il motivo di ordine pubblico, come si legge nella vostra missiva, spetta al Prefetto deciderlo e non a lei, ne tantomeno alla sua «miope amministrazione», sono bastati due compagni di Rifondazione Comunista, probabilmente suoi amici, un gruppo di «così detti no-global» per zittirla e metterla a tacere. La segreteria nazionale e provinciale di Forza Nuova, e i rispettivi segretari Roberto Fiore e Giovanni Martino, la diffidiamo a trovare una soluzione, altrimenti la denunceremo per abuso d’ufficio e faremo il comizio ugualmente, con tanti militanti di Forza Nuova ». «I fatti successi il 24-25-26 agosto , continua la nota, non ci toccano, sono testimoni tutti i cittadini di Sartano,e soprattutto le forze dell’ordine. Un sindaco deve essere di tutti non solo di una parte politica e guarda caso della sola sinistra, Forza Nuova è stanca di questi soprusi sia essa un’amministrazione comunista che di destra sbiadita. Per quando ci riguarda non fanno differenze».
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Egregio Sig. Sindaco,
credo che i cittadini democratici tutti, compresi quelli che hanno permesso la sua elezione, ne abbiano piene le tasche di questa storia, cominciata male per sua gravissima colpa in primis, e del suo vice, artefice del tutto, e della sua marionetta di segretario politico. L'aver negato la possibilità di tenere un comizio pubblico, per di più a seguito di quanto successo, credo sia stato il minimo che potesse fare, se poi legalmente ineccepibile giudicherà chi ha i poteri per farlo. Detto questo, deve sciogliere le contraddizioni col suo vice, lo sa lei come lo sanno tutti ormai che a tirare le fila non è certo il segretario politico, il tutto per fini meramente localistici e personalistici. Allora tiri fuori gli attributi, gli ritiri la delega o si dimetta; da cittadino democratico sono stufo, nauseato di essere rappresentato da chi la parola Democrazia non sa dove sta di casa. Faccia chiarezza per il rispetto che deve alla carica che ricopre e degli elettori. Ma si sbrighi, prima che da una pustola ne derivi una cancrena.

La versione dei fatti.

Dal Giornale: CalabriaOra
Reggio Calabria «Quel detenuto è stato curato a dovere» La replica dell’amministrazione penitenziaria alla denuncia di Franco Corbelli Le affermazioni del leader dei Diritti Civili Franco Corbelli sul caso del giovane detenuto Andrea B., 25 anni, disabile e in attesa da sette mesi di essere sottoposto a un esame di risonanza magnetica nel carcere di Reggio Calabria, sono «del tutto prive di fondamento». Lo precisa in una nota, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) che dopo aver compiuto accertamenti sulla vicenda spiega come «in considerazione del quadro clinico esistente, peraltro ritenuto compatibile con la carcerazione», lo scorso 29 luglio il detenuto è stato assegnato alla casa circondariale di Reggio Calabria perché è un istituto dotato di assistenza medica H 24, di assistenza fisiokinesiterapeutica e con ridotte barriere architettoniche. «Il detenuto Andrea B. è stato immediatamente oggetto di adeguata attenzione sanitaria ed è stato sottoposto a terapia riabilitativa - continua la nota - e nei suoi riguardi, allo stato, risultano già effettuate visite specialistiche e sono stati proposti ulteriori accertamenti diagnostici e strumentali. Poiché il detenuto è costretto su una sedia a rotelle, viene costantemente supportato da un piantone». Inoltre il Dap precisa che «a causa del perdurante fermo delle apparecchiature e per precise e documentate evenienze cliniche la risonanza magnetica è stata ritenuta ineseguibile », ma in alternativa il detenuto Andrea B. è stato sottoposto a una Tac. Rodolfo De Dominicis

venerdì 14 settembre 2007

Il miracolo del silenzio


Detenuto paraplegico in Carcere Reggio Calabria, interviene il Capo dello Stato.
Venerdì 14 Settembre
Tratto da TeleReggio

Parola di Capo dello Stato. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo l’appello recapitatogli nei giorni scorsi dal leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, è intervenuto per aiutare e far rispettare i diritti del giovane detenuto 25enne della provincia di Foggia, in attesa del processo e del primo grado di giudizio, disabile al 100% e costretto sulla sedia a rotelle, da tempo paralizzato nel lettino di una cella del carcere di Reggio Calabria. Il giovane chiede di “essere curato per eliminare i forti dolori che l’affliggono, considerando che da 7 mesi aspetta di essere sottoposto ad un esame di risonanza magnetica”. Corbelli ha ricevuto una lettera della Presidenza della Repubblica. Nella missiva si informa il coordinatore di Diritti Civili dell’intervento del Quirinale presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Corbelli , che ininterrottamente da oltre due settimane combatte da solo per aiutare questo giovane detenuto paraplegico, ringrazia quindi il capo dello Stato e i suoi collaboratori per aver ancora una volta raccolto l’appello umanitario e di giustizia del Movimento Diritti Civili ed essere immediatamente intervenuto. “Siamo grati al presidente Napolitano – fa sapere Corbelli -, adesso ci sentiamo meno soli nelle nostre difficili, importanti e solitarie battaglie civili, libertarie e umanitarie a favore di tanta povera gente. Le condizioni del ragazzo disabile sono infatti assolutamente incompatibili con il regime carcerario, come denunciato dal medico che lo ha visitato in prigione e così come sostiene il legale dello stesso giovane paraplegico. Questa vergogna deve essere subito cancellata. E’ una vicenda indegna di un Paese civile e di uno Stato di diritto”. Dura e secca, invece, la risposta di Corbelli al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria: “La replica del Dap, arrivata solo dopo l’intervento del presidente Giorgio Napolitano, è del tutto priva di fondamento visto che conferma appieno, così come denunciato da Diritti Civili, che quel ragazzo aspetta di essere sottoposto ad una risonanza magnetica. Eppure viene giudicato compatibile con il carcere.

Alberto Cafarelli

Lettera, quasi, aperta.

A Francesco Saverio Corbelli,
Ci sono diversi modi per aiutare il prossimo che ognuno sente a se più prossimo, Lei hai scelto di aiutare il prossimo più lontano, quello a cui, forse, nessuno mai si interesserebbe. Questo è il suo modo di intendere, di agire per dare soluzioni ai problemi dei più bisognosi, e di questo credo nessuno potrà mai non dargliene atto. C’è però un però, altrimenti non sarei qui a scrivere questa “lettera quasi aperta”, dico quasi aperta perché non so se e quando riuscirà a leggerla; questo però, che cercherò di motivare è il metodo che usa per dare soluzione ai problemi di volta in volta segnalati e risolti. Qualcuno potrà obiettare che il fine giustifica i mezzi, ma trattandosi di disgrazie altrui credo che un po di riservatezza non guasterebbe. Ogni qualvolta annuncia un caso o la sua risoluzione rimarca a piene mani il fatto di essere “solo” in queste sue denunce e battaglie per la giustizia. L’essere sbattuto in prima pagina sempre e comunque, anche se questo aiuta, non mi sembra un metodo cristianamente e civilmente caritatevole, non penso proprio che questi poveretti ne siano contenti: accettano, sopportano perché non hanno altro a cui appigliarsi. Una domanda mi viene spontanea, ma perché è o si sente cosi solo, è un suo bisogno gridare agli altri di esserlo? Perchè, non prova ad essere più vicino al prossimo che le stà fisicamente più vicino? Si sente forse straniero nel suo paese, o è un estraneo per il suo paese?
Nemo propheta in patria (sua)? Vero anche questo!
Non credo di aver consigli da darle, ne tanto meno gliene voglio dare, ma la discrezione, l’umiltà, il silenzio, a volte anche l’anonimato fanno tutt’uno con carità cristiana, impegno civile, amor per il prossimo.
Cordialmente

mercoledì 12 settembre 2007

" I mashkari"

Tratto da Calabria Ora, 12 settembre 2007 Festa di fine estate Gualtieri incanta Sartano (clik) Si è svolta sabato e domenica scorsi a Sartano, frazione di Torano Castello, la prima Festa popolare promossa dall’associazione culturale “Il Carro”. Ospite musicale il popolare cantante calabrese Mario Gualtieri, accompagnato dal gruppo di Pino Splendore. In via San Nicola è stato allestito il palco. Erano molti anni che non si svolgeva più una festa in via San Nicola, teatro per decenni invece della festa di San Francesco di Paola. Un pubblico numeroso, proveniente da tutto il comune e da molti paesi limitrofi, ha applaudito il bravo cantante cosentino. Gualtieri che ha riproposto tutte le sue famose canzoni. Sabato prima dell’inizio della festa musicale a nome dell’Associazione “Il Carro” il prof. Mario Serrago è salito sul palco accompagnato dagli altri soci dell’Associazione e ha rivolto un breve messaggio al pubblico presente spiegando le finalità de Il Carro, il suo impegno apartitico, al di fuori dei partiti , il suo obiettivo di rinnovamento della classe dirigente e politica comunale, l’impegno a favore di tutte le categorie, dagli anziani ai giovani, il supporto dato a tanti giovani che sono stato aiutati, consigliati e guidati per la presentazione delle domande nel mondo della scuola. L’Associazione “Il Carro” vuole essere una alternativa politico, culturale e sociale alla partitocrazia, alla degenerazione e all’affarismo dei partiti tradizionali che pensano solo ai loro interessi e ignorano le attese e i problemi della gente. Si può dire che nel piccolo Il Carro a Sartano e Torano ha anticipato la protesta di Beppe Grillo contro i partiti e si propone come la vera novità, l’alternativa e il riferimento dei cittadini per le prossime elezioni comunali del giugno 2009. g. a. u. ********************************************************************************** Lauretta mia, Lauretta cara………………………………etc,etc. Avevo già avuto notizie circa la rimessa in attività del “Carro”. Solitamente il carro veniva aggiogato ai buoi nei periodi di maggior bisogno, in estate per trasportare il raccolto dalla campagna al paese, in autunno per trasportare letame e semi dal paese alla campagna; durante l’inverno e la primavera a causa delle piogge gli stretti viottoli si rendevano impraticabili a causa del fango. Ma non è di carri agricoli che vi voglio parlare, ma del “Carro” senza buoi e senza massaro che cerca di trasportare anime e coscienze verso un destino a noi ignoto ma a loro sicuramente chiaro e definito. Forse un massaro-guida c’è, se è cosi non resta che aspettare che si appalesi, magari diciamo fra 20/21 mesi tanti quanti sono quelli che ci separano dalle prossime elezioni. Abbiamo tempo, ne abbiamo avuto sempre tanto di tempo per far niente, per aspettare, per criticare, che sarà mai aspettare ancora un po’. Intanto mi viene in mente il periodo quando da ragazzi, appena passata l’Epifania, già pensavamo al Carnevale in arrivo; con compagnie che si facevano e disfacevano di anno in anno si cominciava a fantasticare sulla comparsata da rappresentare per quell’anno. Si finiva, a causa di cose da ragazzi, per rappresentare sempre le stesse cose, sostituendo dopo aspre discussioni e qualche scazzottata che dovesse portare “ ‘u spitu”. Cosi Carnevale arrivava, se ne andava in attesa del prossimo e di chi avrebbe portato “’u spitu”. L’ a’’cittati ‘a mashkarata? Cosi ci rivolgeva ai padroni di casa dopo aver bussato. Aspettate, qualcuno busserà alla vostra porta, ma 'un'è "Zu carnalivaru".