lunedì 7 gennaio 2008

Avviso per chi avesse intenzione di morire nei giorni.........

......non prescritti dal nostro beneamato Sindaco. Ricevo e volentieri pubblico questa informazione ad uso esclusivo dei cittadini "viventi".
Torano Castello Vietato tumulare salme nelle ore pomeridiane, nei prefestivi e nei festivi, al camposanto di Torano Castello, per mancanza di personale comunale addetto al cimitero. Una decisione presa dall’amministrazione comunale di Torano Castello che sta mandando su tutte le furie, alcune ditte di onoranze funebri e i parenti delle persone decedute in attesa di avere una sepoltura. È di sabato la notizia, che i parenti di una signora deceduta venerdi scorso e la ditta di onoranze funebri, che si occupa del servizio, si sono sentiti rispondere dal primo cittadino di Torano Castello, per come riferito dal titolare della ditta che : “ non si può autorizzare la tumulazione della salma, nelle ore pomeridiane per mancanza di personale comunale presso il cimitero”. Al diniego dell’autorizzazione alla sepoltura della salma della signora, non si è scongelato il cuore del primo cittadino, neanche quando a chiederlo sono stati i familiari, e neanche su proposta della ditta che si occupava del servizio, che avrebbe impiegato, la ditta stessa, personale proprio per eseguire la tumulazione per non lasciare la bara nella, pseudo, sala mortuaria del cimitero per tre giorni la defunta in attesa che, oggi in mattinata, si potesse procedere alla sepoltura. Alle richieste formulate, è arrivata la negazione del primo cittadino, nonostante con una lettera datata 20 dicembre 2007, il titolare di una ditta, proprio quella che si occupava delle esequie e della cerimonia religiosa della signora, comunicava al sindaco di Torano Castello che : “ la disposizione relativa ai servizi cimiteriali emanata dal sindaco, che stabilisce la tumulazione solo nelle ore antimeridiane, comporta per le attività di onoranze funebri, problemi di ordine pratico ed economico. Inoltre il cimitero di Torano Castello, ancora non dispone di una camera mortuaria adeguata ad ospitare le salme anche nelle ore notturne e per più giorni ”. A tale comunicazione da parte del titolare della ditta di onoranze funebri, non è arrivata ancora oggi nessuna risposta, ma non c’è da meravigliarsi, nel comune di Torano Castello, è prassi non rispondere alle istanze presentate da semplici cittadini, da istituzioni e ditte.
Dunque avete inteso bene quando si puo morire e quando no? Se qualcuno decidesse di farlo in giorni non prescritti gli toccherà aspettare per essere tumulato. Un sentito ringraziamento all'attuale e alle passate amministrazioni per l'allegra finanza, per gli ottimi affari conclusi, per i mutui che ci avete lasciato in eredità, cosi tanti che non ci si può più permettere di morire ed essere tumulati quando è giunta l'ora. In un'altro post riportavo una interrogazione parlamentare del 27 LUGLIO 1949 con la quale si domandava:
stro dei lavori pubblici per conoscere le ragioni che, nonostante le continue insistenze da parte di autorità e di cittadini, hanno finora impedito la costruzione della strada di allacciamento all'abitato di Torano Castello (Cosenza) della frazione Sartano, ove la popolazione durante la. stagione invernale rimane addirittura avulsa dal consorzio civile, ed ove spesso, data la inaccessibilità degli impervi viottoli, si è costretti finanche a trattenere in casa i cadaveri per intere settimane.>
La strada è poi stata fatta, ma passi avanti non ne sono stati fatti molti se nel 2008 siamo in questa situazione, nemmeno le risorse per un operatore cimiteriale a tempo pieno.
Teniamoci in vita, visto i tempi che corrono........

domenica 6 gennaio 2008

Tg3 della Calabria, con calza della befana.

http://switchboard.real.com/player/email.html?PV=6.0.12&&title=TGR%20Regionale%20COSENZA&link=http%3A%2F%2Fwww.inforegioni.rai.it%2Fram%2Fregioni%2Fcalabria%2Ftgr%2F20080106new1biftgr%5Fore%5F19%5F30%5Fdel%5Fgiorno%5F6%5Fgennaio%5F2008%2Dcalabria%2D00.ram
L'apertura è sul fatto di cronaca nera avvenuto nel nostro comune. Nella seconda parte segue una intervista da studio oggetto di questo post.
Ci risiamo, se le parole hanno un senso ad esse seguono azioni e fatti concreti. Ricordatevi di questo annuncio fatto non da un pulpito qualunque o in un comizio di piazza in piena campagna elettorale, ma dal TelegiornaleRaiCalabria. Ricordatevi che era il giorno dell'Epifania del 2008. Il garante dei malati, il difensore civico, il garante dell'infanzia, il garante dei carcerati. Non entro nel merito delle dichiarazioni, di garanti e garantiti ne avevo già parlato. Aspettiamo la befana dell'anno prossimo.
Per vedere il filmato clicca sul link
Scusate ma il link non è piu attivo, non per colpa mia, ma la Rai forse non li rende fruibili oltre lo stesso giorno di messa in onda.

sabato 5 gennaio 2008

CronacaNera



Torano Castello
Operaio ventinovenne viene ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto, una Fiat Panda, in una stradina sterrata di campagna, in contrada Sant’Andrea nel comune di Torano Castello.
Ad avvertire e segnalare la presenza del cadavere e dell’auto incendiata del macabro fatto di cronaca è stata una telefonata arrivata al centralino del comando compagnia dei carabinieri di Rende.
Alessandro Chiappetta, è il nome del cadavere carbonizzato rinvenuto nella Panda, di professione operaio, con mansioni di saldatore, presso una piccola impresa metalmeccanica, che dista poche centinaia di metri dalla sua abitazione, in contrada Dominicelli, dove viveva con i familiari. La stradina dov’è stato rinvenuto il cadavere è una via senza uscita, che cammina parallela ad un allevamento di struzzi, in aperta campagna, dove ad un tiro di schioppo si trovano la S.S.19, la A3 e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari. Le tracce di Alessandro Chiappetta si perdono nella serata di venerdi, dove, pare che, sia stato visto in giro con la sua automobile fino alle diciannove e trenta circa, dopo quell’ora nessuna traccia fino a ieri mattina quando è stato avvistato il cadavere e l’auto bruciata. Vani, dopo quell’ora, anche i tentativi dei genitori di rintracciarlo sul cellulare. Alcune persone, che abitano vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, presenti sul posto hanno raccontato che “ abbiamo visto ieri sera intorno alle venti delle fiamme, ma pensavamo fosse qualcosa che bruciava, mai pensavamo fosse una sciagura come questa”. Altre ancora dicevano che:” da alcuni giorni si aggiravano nella zona delle persone sconosciute, che chiedevano se da queste parti ci fosse una falegnameria”. Fatto sta che da un po’ di tempo a questa parte la media Valle del Crati ha perso la tranquillità, nonostante i continui controlli delle forze dell’ordine. Sul posto immediatamente alla telefonata si sono recati i carabinieri di Torano Castello e di Lattarico, coordinati dal vice comandante provinciale, tenente-colonnello Demetrio Buscia, e dal tenente Francesco Mandia, vice comandante del comando compagnia di Rende. Gli uomini dell’arma, hanno centellinato al millimetro il lavoro di intelligence, nella conduzione delle indagini senza tralasciare nessuna pista, da quella passionale a quella malavitosa. Sul posto si è recato anche il magistrato Francesco Minisci e il criminologo Rocco Barbaro. L’operaio veniva descritto da chi lo conosceva come una persona senza grilli per la testa, amava la caccia e a giorni avrebbe dovuto scegliere insieme alla fidanzata il locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento delle imminente nozze. La scena era da paura e da disperazione, si sentivano solo le urla dei familiari, dei parenti e degli amici che non si capacitavano dell’accaduto. Dopo i rilievi del caso, è stata rimossa la carcassa dell’auto e il cadavere del Chiappetta, un mucchio di ossa, che veniva trasferito presso l’obitorio dell’Ospedale civile di Cosenza, dove sarà eseguito l’esame autoptico. L'ipotesi dei carabinieri e' che l'uomo sia stato ucciso ed il suo cadavere lasciato nella Panda,poi incendiata. Oppure che il giovane sia stato assassinato da qualcuno che si trovava con lui a bordo dell'auto e con cui Chiappetta aveva avuto un incontro. Intanto le indagini, degli uomini dell’arma continuano a trecento sessanta gradi.
Gildo Anthony Urlandini

venerdì 4 gennaio 2008

E se fosse vero?

Il Caso. Il 25 novembre i carabinieri ritirano al giovane la patente. Poco dopo lo beccano mentre guida. «I carabinieri ci hanno urtato facendoci andare fuori strada» «Luigi aveva paura dei militari perchè nutrivano dei rancori contro di noi» COSENZA di ASTOLFO PERRONGELLI redazione@laprovinciacosentina.it Un grave incidente stradale avvenuto la sera del 25 novembre sulla strada provinciale 107. Tragico il bilancio: un morto, e un giovane rimasto vivo per miracolo. Durante un inseguimento con i carabinieri, l’auto guidata da Luigi Tucci, camionista di 27 anni (al quale i militari dell’Arma, nel tardo pomeriggio, nel corso di un controllo, avevano ritirato la patente perché risultato positivo al test etilico) improvvisamente, a causa della forte velocità, ha cominciato a sbandare, s’è cappottata e ha finito la sua corsa in una scarpata. Luigi Tucci è morto all’istante, il suo amico, Giuseppe Monaco, sbalzato fuori dalla vettura, una Lancia Dedra rossa, ha riportato numerose ferite. Qualcuno ha chiamato i soccorsi, sul posto si sono recati i vigili del fuoco e i volontari del 118. Questa è la versione ufficiale fornita dagli investigatori. Ma su questa vicenda, che ha distrutto una famiglia con la morte di Luigi Tucci, c’è bisogno di chiarezza, e il giovane che è riuscito a salvarsi, Giuseppe Monaco, ha deciso di raccontare alla Provincia cosentina la sua verità. Sull’accaduto la procura della Repubblica di Cosenza ha aperto un’indagine. «Tutto è cominciato il pomeriggio del 25 novembre », racconta Giuseppe Monaco, disteso immobile sul divano del soggiorno di casa sua. «Insieme a mio zio e a Luigi ci siamo recati a Torano in un bar per trascorrere alcune ore insieme e bere un paio di birre. Verso le 18,30 abbiamo deciso di andare via. Usciti dal locale Luigi è salito a bordo della vettura e siamo partiti. Abbiamo percorso poche centinaia di metri e i carabinieri ci hanno fermato. Ho effettuato il test dell’etilometro ed è risultato negativo». Spiega Giuseppe: «Poi è stata la volta di Luigi. Il controllo anti alcol lo ha ripetuto sei volte perché dall’esame risultava il minimo punteggio per ritirargli la patente. Luigi ha chiesto ai carabinieri di soprassedere perché altrimenti, senza patente, non avrebbe potuto guidare i camion e avrebbe perso il posto di lavoro». Ma i carabinieri, ligi al dovere, affidano la vettura a Giuseppe Monaco che è risultato sobrio. Continua il ragazzo: «Dovevo parcheggiare l’auto vicino a casa di Luigi, ma posti non ce ne erano. Così l’ho sistemata a San Nicola, all’ingresso del paese, sempre a poche centinaia di metri da casa del mio amico. Quindi ci siamo recati in un bar per aspettare che si liberasse qualche parcheggio. Abbiamo trascorso il tempo chiacchierando con gli amici e abbiamo bevuto, sia Luigi che io, una sola birra». Verso le 21, racconta Giuseppe, «dovevamo recarci a casa mia per una spaghettata. Luigi ha detto di voler guidare la sua auto, anche se gli avevano ritirato la patente, visto che il tragitto da percorrere era breve, in quanto eravamo vicini alla sua abitazione. Entrati in macchina ci hanno visti i carabinieri che erano con un’altra persona. Hanno lasciato quest’ultima e si sono diretti verso di noi ad alta velocità. Luigi si è impaurito, e ha detto “se i carabinieri adesso ci fermano sono problemi. Ci portano in caserma e mi picchiano”. Poi si è recato verso contrada Salice, con le forze dell’ordine che ci stavano dietro con i lampeggianti e le sirene accese». Prosegue Giuseppe Monaco: “Ho cercato di dire a Luigi di fermarsi ma lui aveva paura dei carabinieri, per quello che potevano fargli. Era terrorizzato. Così è continuato l’inseguimento lungo le strade del paese. Dopo l’ultima curva di contrada Salice, comincia un rettilineo. Qui i carabinieri ci hanno quasi raggiunto. Luigi, per non farsi sorpassare, si è messo al centro della strada ma la pantera dell’Arma, nel tentativo di passare, ha toccato la Dedra dal mio lato. Luigi ha perso il controllo della Lancia». Quindi la tragedia. Il conducente è morto, mentre il compagno è finito in una scarpata.Giuseppe spiega: «Sono venuti verso di me i carabinieri. Io ho chiesto che chiamassero i soccorsi, ma uno di loro mi ha risposto in malo modo. Nel frattempo lungo la strada si fermavano persone, ma i militari li hanno allontanati». A questo punto si fa sempre più interessante la versione di Giuseppe il quale sostiene che uno dei carabinieri «è rimasto sul luogo dell’incidente, mentre il collega si è allontanato con l’auto di servizio, forse è andato a cambiare la vettura, probabilmente perché c’era rimasta della vernice. Poi il carabiniere ha chiamato i soccorsi». E il ricovero in ospedale. Giuseppe sostiene che i militari della locale stazione dell’Arma avevano dei rancori nei loro confronti «perché in un paesino piccolo spesso ti capita di litigare con qualche compaesano. Allora vieni considerato negativamente. Insomma ci assillavano. Luigi sopportava, anche le sberle e le multe che riceveva. Io invece ho conservato tutti i verbali perché volevo andare da un avvocato e denunciare questo abuso di potere. Non abbiamo mai fatto nulla di male, nessun precedente penale. Ma i carabinieri ci fermavano senza ragione, ci perquisivano davanti alla gente per umiliarci». Questa è la versione di Giuseppe Monaco. Ora alla magistratura fare chiarezza su quanto accaduto la sera del 25 novembre 2007. Articolo tratto da “LaProvinciaCosentinapag.7 del 3 gennaio 2008 http://laprovinciacosentina.echopress.it/archivio_pdf/20080103.pdf E se fosse vero? Già, ma non possiamo saperlo, almeno fino a quando la giustizia non avrà fatto il suo corso. Però, alcune considerazioni si possono fare e le voglio fare, chiaramente alla luce di quello che ho letto. 50000 anime scarse i residenti nel comune, quelli noti o segnalati alle forze dell'ordine quanti saranno, spariamo alto, il 10% della popolazione(compresi i neonati e gli ultra settantenni)? Totale 500, togliamo quelli in età sotto i 10 e sopra i settanta, ne rimangono la metà. Di questi quanti sono possessori di una LanciaDedra rossa? 1(uno). Allora qual'era la necessità di ingaggiare un inseguimento da telefilm americano se sapevano benissimo a chi apparteneva la macchina, l'avevano fermato poche ore prima, era già noto, sarebbe bastato andare a bussare alla porta di casa all'ora di cena e l'avrebbero preso con la forchetta in mano. Nel racconto riportato nell'articolo, a mio avviso si evincono delle condizioni ambientali tali da farlo ritenere credibile, almeno in alcuni passaggi. Ma sono mie convinzioni e nient'altro. Certo però che se anche un quarto del racconto corrispondesse al vero non c'è da stare allegri.

2000 VISITE

Cari navigatori del web,
quando ho aperto questo blog non avevo idea di quante persone sarebbero transitate per leggere quanto di giorno in giorno vado inserendo, traendo spunto dalla stampa, da qualche informazione, da suggerimenti di amici e conoscenti. A volte mi chiedo chi sono le persone che leggono questo blog, domanda che non trova risposta, ma so che leggete e questo è quel che conta.
Ho inserito una guestmap per i "sartanesinelmondo", ho segnalato le nazioni di mia conoscenza, se volete contribuire a completarla è a vostra disposizione.
Grazie e continuate a cliccare.
Numero di paesi elencati e visualizzati: 19 su 251 - dicembre 2007 Luogo Visite % Italia - (Andamento) 227 84,07 Germania - (Andamento) 7 2,59 Canada - (Andamento) 7 2,59 Belgio - (Andamento) 5 1,85 Danimarca - (Andamento) 4 1,48 Stati Uniti d'America - (Andamento) 3 1,11 Repubblica Ceca - (Andamento) 2 0,74 Slovacchia - (Andamento) 2 0,74 Regno Unito - (Andamento) 2 0,74 Francia - (Andamento) 2 0,74 Luogo Visite % Brasile - (Andamento) 1 0,37 India - (Andamento) 1 0,37 Australia - (Andamento) 1 0,37 Giappone - (Andamento) 1 0,37 Norvegia - (Andamento) 1 0,37 Polonia - (Andamento) 1 0,37 Romania - (Andamento) 1 0,37 Svizzera - (Andamento) 1 0,37 Unione Europea - (Andamento)

giovedì 3 gennaio 2008

I garanti, i garantisti e i garantiti

Da "Repubblica"
Un uomo di 80 anni con difficoltà respiratorie è deceduto dopo ore di attesa. Nello stesso ospedale nel 2007 sono morte due ragazze in sala operatoria Vibo Valentia, non c'è il posto letto, muore dopo 4 ore in pronto soccorso. Il figlio: "Abbiamo raccontato la nostra storia per evitare che accadano casi simili"
.........................................."Mio padre - ha raccontato Michele Maccarone - era cardiopatico e aveva un'insufficienza renale. Altro che codice rosso, come dicono i medici. Dopo che è stato trovato un posto letto nell'ospedale di Tropea ho chiesto se il trasporto in ambulanza non potesse essere pericoloso e i medici mi hanno rassicurato. Avevo anche chiesto che un rianimatore venisse sull'ambulanza, ma non è salito. E' lo stesso che quando è stato interpellato ci ha riposto, 'ma cosa mi chiamate a fare ?'".
Da "La ProvinciaCosentina"
Concorsopoli altri casi sospetti alla Provincia
Ultimamente mi è parso d'aver letto che il Sindaco di Cosenza abbia proposto un garante per i diritti dei carcerati. Avanti di questo passo istituiranno il garante per i diritti dei garanti. Una sola cosa vorrei dire, se non prima ma alla pari dei diritti ci sono i doveri dei cittadini per prima cosa, ma i doveri di chi ha responsabilità amministrative dovrebbero essere cosa ovvia, in Calabria stanno diventando rarità in via di estinzione.
Teniamoci in vista.

mercoledì 2 gennaio 2008

I vandali




Torano Castello
Parco giochi in mano ai vandali, non poteva iniziare in modo cosi brutto il nuovo anno a Torano Castello.
Ignoti, vandali, l’altra notte hanno messo fuori uso alcune casette in legno ubicate nel parco giochi, e divelto e rotto anche due lampioni che illuminano i viottoli all’interno del parco. Una brutta sorpresa che nessuno immaginava fosse vera, ma a conti fatti la realtà è stata nuda e cruda, quando agli occhi dei cittadini toranesi si sono presentate le casette sradicate e piegate sul fianco, mentre a poca distanza due lampioni dell’illuminazione, uno è stata divelto, l’altro è stato rotto. Ma lo scempio di inizio anno non si è fermato qui, gli ignoti imbecilli, hanno continuato nella opera dando addosso ad alcune panchine e rompendo bottiglie di vetro sui viottoli del parco. Uno spettacolo indecente che mortifica una cittadina qual’è Torano Centro, non abituata a questo genere di cose, nonostante il parco giochi fosse stato ultimato circa un anno fa, con la messa in posa di vari giochi per i bimbi, lo stesso è diventato il luogo di ritrovo della prima gioventù toranese. Non è, però, la prima volta che il parco giochi viene preso di mira, tempo addietro i soliti ignoti ed imbecilli hanno imbrattato i muri del plesso, all’interno del parco che ospita la biblioteca comunale, con disegni osceni, i vetri delle finestre e le porte d’ingresso con scritte. Non è bastata l’opera di pulitura dei muri e dei vetri e delle porte, da parte degli operai comunali, non è bastato l’avvertimento dell’amministrazione comunale, non bastano neppure i controlli, che i soliti imbecilli, deturpano un bene collettivo, che serve a tutti. La maggior parte dei cittadini chiede alle autorità competenti di intervenire, magari con una severa punizione, infliggendo una multa salatissima al primo che viene scoperto a commettere questi piccoli reati contro il patrimonio pubblico che appartiene a tutta la cittadinanza toranese.
Gildo Anthony Urlandini

martedì 1 gennaio 2008

Mal comune mezzo gallo

Dal quotidiano "La Provincia Cosentina"
Drammatico buco nelle casse comunali LUNGRO.
Un manifesto affisso nella cittadina arbëreshë annuncia un passivo di 725mila euro L’Amministrazione «Debito determinato da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio» L’enorme disavanzo proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi. Settecentoventicinquemila euro e non è finita. Questo pare significare il titolo del manifesto fatto affiggere dall’attuale amministrazione comunale dal titolo eloquente: “Cronaca di un disastro annunciato”. L’enorme cifra proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi dell’anno, che corrispondono al primo semestre di nuova gestione amministrativa dopo le elezioni della scorsa primavera. La descrizione del modo di gestire, che si legge nelle poche righe del manifesto, sembra essere tutt’affatto diversa da quella tipica di una normale pubblica amministrazione. Da quello che si legge non è cosa strampalata pensare che negli anni precedenti la gestione seguisse non uno ma due diversi binari. «Il debito è stato determinato – scrive l’amministrazione cittadina in carica - da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio, con rapporti di tipo privatistico». Che si fosse davanti a casi, che definire di finanza creativa è troppo poco, lo si era intuito già nell’autunno 2006. Si era a novembre dello scorso anno, in pieno commissariamento prefettizio da due mesi subentrato a una giunta costretta ad alzare bandiera bianca dalle dimissioni congiunte della metà dei consiglieri, quando una delibera commissariale, certificava esservi debiti non riconosciuti pari a oltre 703 mila euro e non è finita. Questo pare significare il titolo del manifesto fatto affiggere dall’attuale amministrazione comunale dal titolo eloquente: “Cronaca di un disastro annunciato”. L’enorme cifra proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi dell’anno, che corrispondono al primo semestre di nuova gestione amministrativa dopo le elezioni della scorsa primavera. La descrizione del modo di gestire, che si legge nelle poche righe del manifesto, sembra essere tutt’affatto diversa da quella tipica di una normale pubblica amministrazione. Da quello che si legge non è cosa strampalata pensare che negli anni precedenti la gestione seguisse non uno ma due diversi binari. «Il debito è stato determinato – scrive l’amministrazione cittadina in carica – da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio, con rapporti di tipo privatistico». Che si fosse davanti a casi, che definire di finanza creativa è troppo poco, lo si era intuito già nell’autunno 2006. Si era a novembre dello scorso anno, in pieno commissariamento prefettizio da due mesi subentrato a una giunta costretta ad alzare bandiera bianca dalle dimissioni congiunte della metà dei consiglieri, quando una delibera commissariale, la n. 25 del 27/11/2006, certificava esservi debiti non riconosciuti pari a oltre 703 mila euro. Nell’atto commissariale era inoltre specificato quanto segue: «che per i debiti non riconosciuti di Euro 703.819,04 il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, ai sensi dell'art.191, comma 4, d.lvo n.267/2000». Se la procedura di spesa non è quella tipica dello schema legislativo, e i casi in esame non seguono minimamente la normale procedura di spesa, non sorgono obbligazioni a carico dell’ente: l’amministratore o il funzionario, infatti, rispondono col proprio patrimonio, senza che sia esperibile azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente. E’ vero che nella delibera 25/06 è scritto che quelle somme sono «al momento» non riconoscibili, perché mancanti dei requisiti previsti. Sarà l’anno 2008, forse, a chiarire nel dettaglio una faccenda i cui risvolti sono stati estesi alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.
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L'amministrazione pubblica comunale, in Calabria, per alcuni è un fatto privato, di mero potere del singolo sindaco, ma il il più delle volte del clan parentale-amicale-affaristico che lo ha eletto. Lo so che gli attuali e i passati amministratori del nostro comune non arrossiranno di vergogna nel leggere quanto successo a Lungro, penseranno: che fessi! Bastava chiedere a noi e li avremmo consigliati nel migliore dei modi. Gare d'appalto, bandi, che sono? Pastoie burocratiche, meglio la licitazione privata, che trattasi di terreni o di palazzi, di cave o di lavori pubblici, meglio fare tutto fra noi, fra amici. Tanto a pagare ci penseranno i posteri, a quelli che verranno, gli lasciamo in eredità un bel pacco: mutui da pagare. Faccio un elenco veloce: ex hotel S.Felice, palazzo Mayerà, terreno nel comune di Cerzeto; quanto è costato questo pacco ai contribuenti? Quali sono le rendite? Spero che per quet'anno 2008 qualcuno ci dia delle risposte.
Coraggio amici di Lungro non siete soli.
Buona Fortuna

Auguri

Auguri per un
Anno veramente Nuovo
Felice 2008

sabato 29 dicembre 2007

Bastasse un garante

La Provincia di Cosenza istituisce il garante della salute 23/12 Il 7 gennaio prossimo si terra' una seduta straordinaria del Consiglio provinciale per l'approvazione della proposta di legge, presentata dal leader del Movimento Diritti civili, Franco Corbelli, sull'istituzione del Garante della salute della Calabria. La decisione di convocare il consiglio straordinario, secondo quanto riferisce lo stesso Corbelli, e' stata presa dalla conferenza dei capigruppo.La proposta, afferma Corbelli in un comunicato, ha già ottenuto il parere favorevole della Prima Commissione del Consiglio, presieduta da Giuseppe Aieta. Ringrazio l'intero Consiglio provinciale, i presidenti del Consiglio e della Giunta provinciali, Francesco Principe e Mario Oliverio. E' una svolta storica per la sanità calabrese, destinata ad diventare un modello e una struttura di riferimento per l'intero Paese''. ''Il ddl del Garante della salute, dopo l'approvazione da parte del Consiglio provinciale di Cosenza - sostiene ancora Corbelli - sarà trasmesso al Consiglio regionale e' diventera' cosi' legge regionale. La Calabria sarebbe la prima regione a dotarsi di questa struttura, che di certo rappresenterebbe una garanzia per tutti i cittadini. Il Garante servirà a denunciare e scongiurare in futuro tanti casi di mala sanità, evitando cosi' nuove tragedie''.
Articolo tratto da "Nuova Cosenza" Mi fa piacere pensare al fatto che qualcuno abbia trovato il rimedio alla mala sanità e nuove tragedie in Calabria.
Nella maggior parte degli Ospedali d’Italia è presente “Il tribunale per i diritti del malato” a questo link: http://www.disabili.com/content.asp?Subc=6316&L=1&idMen=500
trovate le sezioni presenti in Calabria. Generalmente funzionano, sono tenuti in notevole considerazione dalle stesse strutture la dove queste sono presenti. In Calabria non funzionano? Funzionano male? Non hanno visibilità all’interno delle strutture? Si faccia in modo che funzionino, che le stesse invoglino i malati ed i familiari ad informare sulle situazioni di mala sanità. Il garante! Una figura burocratica in più nel panorama del cattivo funzionamento della cosa pubblica in Calabria. Questa figura non potrà risolvere i problemi della mala sanità in Calabria, spero che la regione non si faccia abbagliare da questi sprazzi di inventiva. La mala sanità si combatte cercando di cambiare il modo di fare, di porsi, di agire delle persone che vi operano, dai primari ai medici specialisti, dai caposala agli infermieri, dagli amministratori agli inservienti. Tutti al servizio del malato, è lui soggetto e oggetto bisognoso di cure e attenzioni. Ma è mai possibile che ancora oggi devono essere i parenti del ricoverato ad assolvere ai bisogni più elementari del ricoverato? E’ mai possibile che ancora oggi se non si foraggia l’infermiere/a di turno si rischia di suonare invano il campanello per le chiamate notturne? Avete provato ad avere un familiare ricoverato? Bene. Chiedetevi che cosa potrà fare il garante.
Buon Anno

lunedì 24 dicembre 2007

Auguri

A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore, a chi saluta
ancora con un bacio, a
chi lavora molto e si diverte
di più, a chi va in fretta in auto
ma non suona ai semafori, a chi arriva
in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere, a chi è
felice il doppio quando fa a metà, a chi si alza presto
per aiutare un amico, a chi ha l'entusiasmo di un bambino
e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio. A chi
non aspetta
Natale
per
essere
migliore
Buon Natale

sabato 22 dicembre 2007

I pittuli

Ci sono cose, fatti della vita di ognuno di noi che non si possono dimenticare, cancellare, in modo speciale quelle cose, quei fatti quel modo di sentire impressi nel nostro cervello, nella nostra coscienza, quelli legati all'infanzia rimangono e ci accompagnano per tutta la vita. Il 23 dicembre l'AntiVigilia per eccelenza, giorno dedicato dalle famiglie Sartanesi alla frittura di "pittuli e vussunieddri" e dei dolci "turdiddri, scaliddri e cassateddri". Ricordo l'odore dell'olio fritto, il volto arrossicato delle donne chine sulla grande padella di ferro sul fuoco del camino; erano in due la prima era addetta a "piglia" l'altra ad allargare e toglierli dall'olio appena dorati. Qualcosa si consumava la sera stessa, molto poco a dire il vero, con la scusa che caldi gonfiavano lo stomaco, freddi e riscaldati duravano fine alla befana, una ulteriore riserva di cibo, in quel mondo contadino dove di cibo non ce n'era mai abbastanza. Ma il ricordo di cui voglio parlare è un'altro, quello del dono che si faceva di queste fritture dolci e salate, a coloro che quel Natale non potevano friggere, ai parenti più stimati, a chi aveva più bisogno degli altri per vivere un Natale con e come gli altri. La mattina "da vijilia i Natali" l'occupazione principale per i ragazzi e adolescenti era quella di andare a donare "purtà i pittuli" a quella lista di persone che i nostri genitori sapientemente tenevano aggiornata. A me toccava, con piacere, andare a portare i pittuli alla zia paterna, in cambio ricevevo una liretta, quando c'era, dei frutti o altro, ma un dono c'era sempre. L'usanza di portare i pittuli alle persone vicine o parenti colpite da un lutto era una regola ben codificata. La socialità si esprimeva con piccoli gesti, ma erano evidenti e sentiti. In un certo qual modo anche oggi persistono gesti e atteggiamenti legati ad una socialità e di un modo di vivere che non esiste più, si scambiano doni elettronici o super tecnologici, fiumi di spumante e quintali di panettoni, la frittura dei dolci Natalizi rimane una usanza all'interno del gruppo familiare ristretto. Non so dirvi se sia meglio o peggio di ieri, certo che qualcosa abbiamo perso, che cosa ne abbiamo ottenuto in cambio l'abbiamo sotto gli occhi.
Buon Natale

giovedì 20 dicembre 2007

SartanoNews

I cittadini di Sartano stanotte, intorno alle quattro, sono stati svegliati da una scossa di terremoto di grado 3,7. nessun danno ma tanta paura. La comunità di Sartano, a partecipato poco tempo addietro alla trasmissione televisiva in diretta su Video Calabria, " paisà", mettendosi in contatto con i sartanesi residenti in Canada. 13 Dicembre 2007, ancora una volta a Sartano è stata rinnovata la magica tradizione da "Prucineddra", che ha coinvolto tutti i cittadini sartanesi e dei paesi limitrofi. 6 dicembre 2007, è stato festeggiato San Nicola, vice patrono di Sartano, con relativa festa di "massari", a conclusione della cerimonia religiosa, come tradizione vuole, sono stati distribuiti ai fedeli i "panicieddri" i Santa Nicola. Sartano multietnica, sono ormai in tanti gli extracomunitari e i comunitari che popolano Sartano, da una stima sembra che nel paese vivono circa duecento persone di varie nazionalità, in maggioramza provenienti dai paesi dell'est e dell'ex jugoslavia. Dopo quattro mesi senza stipendio, senza contare la tredicesima, i dipendenti comunali sono riusciti ad intascare un mese di retribuzione, che Natale. Cordiali saluti Gildo Anthony Urlandini

lunedì 17 dicembre 2007

La nevicata del 56..................................

Non so, se quella nevicata arrivò anche a Sartano, ma sicuramente la nevicata del 16 dicembre 2007 rimarrà nella memoria di molti. Ho chiesto se qualcuno ricordasse una nevicata di questa portata e pare che negli anni cinquanta ve ne fu una simile, si ricorda che la neve arrivò al secondo gradino dell'uscio delle case. Si lo so non è una misura certa, ma se calcolate l'altezza "i nu scaluni" circa 30 cm per due è presto fatta la misura, oltrepassiamo i 50 cm.
Avoglia i scirubbetta.

sabato 1 dicembre 2007

Udite, udite

Il Corpo Forestale dello Stato, su delega della Procura della Repubblica di Cosenza, in data 30 Novembre 2007 ha sequestrato i capannoni dell'ex azienda agricola Mayerà di Serramezzana, in totale ha sequestrato 12 capannoni e l'area circostante per circa 25 mila metri quadrati.
Una sola domanda mi frulla per la testa: e che succede?
Aspettiamo di vedere apporre i sigilli e poi ne riparleremo.

lunedì 26 novembre 2007

Me lo hanno segnalato

www.calabriauno.tv Gli ho dato una sbirciatina, ma non mi pare che si distacchi molto dal resto della miriade di TV locali in Calabria.

domenica 25 novembre 2007

Genealogia

CAVALCANTI Linea dei baroni di Sartano 1.1. don Amerigo Cavalcanti da Firenze l'anno 1352 giunge in Calabria per conto della regina Giovanna.secondo il padre Fiore. Arma: d'argento seminato di crocette rincrociate di rosso. Cim. : Una zampa di cavallo d'argento ferrata d'oro, chiodata di nero. (fonte: U.Ferrari, Armerista calabrese) Wife: [--?--] 2.1. don Filippo Cavalcanti 1° barone di Sartano il 31 agosto 1363; Regio Ciambellano nel 1343 " Filippo , cameriero della suddetta reina,... ottenuto il castello di Sartano non troppo lungi da Cosenza,...stabilì in quella città la sua famiglia"P. Fiore da Cropani Wife: [--?--] 3.1. don Amerigo Cavalcanti 2° barone di Sartano investito nel 1364 e 1406 Wife: [--?--] 4.1. don Nicola Cavalcanti 3° barone di Sartano investito nel nel 1433 1442 e 1459 Wife: donna Camilla Maurelli 5.1. don Bermardino Cavalcanti dei baroni di Sartano 5.2. don Giorgio Cavalcanti dei baroni di Sartano 5.3. Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano La paternità di questa Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano viene indicata in L. Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie", Cosenza, 1999, Tomo II, pag. 515 dove si dice che: "Giacomo di Tarsia ebbe in moglie Giovanna Cavalcanti, sorella utriusque congiunta di Aloisio"Confermata dal Pellicano Castagna, nella "Storia die Feudi etc.", Vol. I, pag. 194, che dice: "Giacomo di Tarsia, 2° barone di Belmonte, ebbe in moglie Giovanna sorella di Loise Cavalcanti, barone di Sartano. Una loro figlia, Sigismonda, sp. (1509) Pietro Paolo Parisio, il futuro Cardinale. Husband: Giacomo o Jacopo di Tarsia (2° barone di Belmonte), Latrucha e Santa Barbara died 5 November 1491; Capitano a guerra di CosenzaNel 1464 Re ferrante gli restituisce i feudi di Latrucha e Santa Barbara 5.4. don Loise Cavalcanti 4° barone di Sartano Wife: [--?--] 6.6. don Pietro Paolo Cavalcanti dei baroni Sartano; CAPOSTIPITE DEI DUCHI DI TORANO Wife: [--?--] born 22 February 1576; 7.10. don Giovan Tommaso Cavalcanti STIPITE DELLA CASA DI TORANO 7.11. don Vincenzo Cavalcanti nel 1542 compra il feudo di Santa Maria della Rota dall'Abbazia della SS Trinità born 22 February 1576; Wife: donna Laura Marchesini 8.11. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota Wife: donna Aurea Ferrari 8.12. donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota married don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani between 1549 and 1550. Spouse: don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani married donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota between 1549 and 1550. 8.13. donna Laudomia Cavalcanti dei baroni di Rota Husband: don Pietro Ciaccio 8.14. don Francesco Maria Cavalcanti il 3 luglio 1577 ebbe sign. di Relevio per le terre di S. Maria la Rota e Malgalavita died 16 April 1590; Wife: donna Violante Barracco dei baroni di Lattarico 9.8. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota 9.9. don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota Wife: donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni 10.6. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri Wife: donna Giovanna Cavalcanti 11.6. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri 12.13. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri 12.14. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732; Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli 13.12. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734. 13.13. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760; Wife: donna Lucia Rossi napoletana 14.15. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786; Wife: donna Isabella Capece di Lecce 15.24. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Eduardo Pugliatti Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria 15.25. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita 9.10. don Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota 9.11. don Muzio Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita l'11 maggio 1591; i fratelli gli cedono i loro diritti ereditari con Regio Assenso del 1617 died 21 June 1621; Wife: donna Clarice Abenante dei baroni di Cirò 10.7. donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni Husband: don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota 11.7. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri Wife: donna Giovanna Cavalcanti 12.15. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri 13.14. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri 13.15. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732; Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli 14.16. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734. 14.17. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760; Wife: donna Lucia Rossi napoletana 15.26. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786; Wife: donna Isabella Capece di Lecce 16.67. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita Husband: don Eduardo Pugliatti Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria 16.68. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita 6.7. don Alfonso Cavalcanti premorto Wife: donna Linella Sersale 7.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 5° barone di Sartano investito nel 1506 died about 1529. Wife: donna Antonina Ciaccio o di Ciaccio 8.15. don Scipione Cavalcanti 6° barone di Sartano; investito nel 1529 8.16. don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano married donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita 1533. Wife: donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita married don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano 1533; 9.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 8° barone di Sartano erede nel 1544 testa nel 1554 died after 1554. 9.13. donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578; Husband: don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560; 6.8. don Salvatore Cavalcanti dei baroni di Sartano; barone di Cannicella; barone di Torano nel 1536 per vendita del Principe di Bisignano died September 1548. Acquista anche la bagliva di tarsia per vendita fattagli da Tommaso Longo, con Regio Assesnso del 1525, registrato nei Quinternioni 26, al f. 204t (cfr. Mazzoleni, "Fonti ..." pag. 175)Riportano da M. Pellicano Castagna, Storia dei Feudi etc., vol 1 pag. 370 Wife: donna Violante de Luzzi 7.13. Giovanni Battista Cavalcanti STIPITE DEI FUTURI DUCHI DI BUONVICINO Wife: donna Anna di Tarsia dei baroni di Belmonte 8.17. don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560; Wife: donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578; 7.14. Giovan Lorenzo Cavalcanti STIPITE DELLA LINEA CHE RIVENDICO' LA BARONIA DI SARTANO nel 1666 secondo il Pellicano 7.15. don Antonello Cavalcanti succede al padre nel feudo di Cannicella per disp. test. paterna con atto del 1 nov. 1540 per not. Napoli di macchia died 24 August 1553; Si sposa con atto 8 giugno 1559 per notaio Desideri Wife: donna Giulia Sersale 8.18. don Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della bagliva di Tarsia il 23 agosto 1554 died 27 September 1591; Wife: donna Isabella Pescara dei baroni di San Lorenzo 9.14. don Francesco Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 13 novembre 1592 died 9 September 1606. Wife: [--?--] 10.8. don Francesco Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 17 luglio 1625 7.16. don Aloisio Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella; Vescovo di Nusco e di Bisignano nel 1563 died after 1563.

sabato 17 novembre 2007

Fatti&Rifatti









Presto in Borsa la Polti di Bulgarograsso.
Presentata la biografia del fondatore.
Poco prima dell'imminente quotazione in Borsa della sua azienda, Franco Polti si racconta. E lo fa con un libro, presentato ieri sera all'hotel Four Season di Milano: 'Franco Polti: My Challenge. Una storia vera con le parole di Alberto Neri'.«Mia figlia Francesca vuole portare avanti quello che il padre, ossia io, ha creato. E questo mi riempie di orgoglio e soddisfazione - spiega Polti - Quotarsi in Borsa è un passo importante, significa poter gestire nuove risorse da investire sia nei prodotti sia nelle strutture commerciali».Nel libro si parla di 'challenge', sfida. Come mai' «Tutta la mia vita è stata una sfida - prosegue Polti - sofferta e travagliata. Arrivo da un paesino calabrese ai piedi della Sila, dove per andare a scuola bisognava prendere un treno a vapore alle 5 di mattina. Una sfida continua, da quando sono nato a quando poi sono diventato imprenditore e ho inventato la 'Vaporella'. Voglio pubblicare il mio libro anche in inglese perché credo che agli americani interessino i racconti dei 'self made man'».E Franco Polti è proprio il paradigma dell'imprenditore nato dal nulla. Nel 1978 ha l'intuizione della prima 'Vaporella', sei anni dopo costituisce la 'Polti Spa' e il primo stabilimento a Olgiate Comasco. Oggi, il gruppo Polti ha sede a Bulgarograsso e filiali in Spagna, Francia, Portogallo, Messico e Asia. Fattura 120 milioni di euro all'anno, è presente in 30 nazioni e vende 1,6 milioni di pezzi all'anno.
Articolo tratto dal: CorrierediComo del 17 novembre 2007




Storia di un’azienda che arraffa i contributi europei, sfrutta gli operai e poi licenzia tuttiPrendi i soldi e scappa. La lettera, indirizzata ai rappresentanti sindacali di base, a Fiom, Fim, Uilm, al ministero del Lavoro, alla Regione Calabria, all’Unione industriali, su carta ufficiale dell’azienda (con in testa il logo - “Polti sud, più facile più felici” - che, nella circostanza, suona come uno sfottò), recita quanto segue: «Vi comunichiamo che la scrivente società è costretta a procedere al licenziamento collettivo di tutti i dipendenti in forza presso lo stabilimento di Figline Vegliaturo (n. 175 unità) in conseguenza della intervenuta decisione di cessare l’attività di tale stabilimento». E più in là affabilmente chiarisce i motivi di tale drastica soluzione, «avendo deciso di far produrre in Cina (dove i costi di produzione sono significativamente inferiori) le vaporelle e il vaporettino».Fine. Viva la faccia. La Srl Polti ha concluso la sua breve vita calabrese. Spegne la luce e se ne va. Cancelli serrati. Oltre le sbarre la intravista silhouette della Vaporella giace come una farfalla infilzata e la ingombrante sagoma bianco-grigia della fu azienda-leader sembra una caserma abbandonata in mezzo a quell’informe cemento fatto di capannoni, stabilimenti, fabbriche e fabbrichette che è il polo industriale di Piano Lago, alle porte di Cosenza. La Polti che c’era una volta e adesso non c’è più.La storia ce la raccontano Alessandro e Maurizio, al bar dell’albergo dove siamo andati a sederci, l’unico luogo che troviamo aperto in queste cinque della sera di una domenica di fine febbraio, una domenica come tante altre.Una storia italiana. Una storia molto “calabrese”.Alessandro e Maurizio, 27 e 32 anni, sono due delle “n. 175 unità” cui si riferisce la lettera di licenziamento: due ex operai, cioè, della ex Polti. Due ragazzi moderni, disinvolti, belle facce; jeans, scarpe sportive, un giaccone chiaro, un giubbotto nero Replay.Incomincia Alessandro. «Se ne vanno in Cina? Ma fino ad oggi i cinesi siamo stati noi», dice. Lui entra alla Polti nel 2001 come montatore meccanico, è il suo primo lavoro, contratto a tempo indeterminato, stipendio iniziale 770 euro, che diventano 850 dopo lo scatto di qualifica (peraltro concesso in ritardo, ben oltre i termini contrattuali). Prendere o lasciare; nella azienda leader venuta dal Nord non c’è ombra di sindacato: per Alessandro, e per tutti gli altri come lui, non esiste altra chance. Anzi, la Polti è la fortuna, il “miracolo” del posto fisso piovuto non lassù a Corsico nel Milanese, ma qui dietro casa, nella propria terra. Duecento assunti (tanti ne entrano quando la fabbrica apre i battenti); e la Polti a Figline è come la Fiat a Melfi, là le tute amaranto, qui i camici blu, quasi uno status, un previlegio. Duecento ragazzi - alla Polti sono tutti molto giovani, la media è ancora oggi di 24 anni - guardano alla fabbrica di prestigio come a un approdo sicuro. Quella fabbrica bianca che macina speranze.Storia della Polti. Alessandro (nell’azienda si è fatto le ossa, ha avuto le sue prime esperienze di lotte, è stato eletto Rsu Fiom) comincia dalla fine. «Guarda i tempi. La messa in mobilità totale è del 7 gennaio 2006; la chiusura definitiva è fissata per il 14 marzo, a giorni: perfetto, a questa data - che strana coincidenza - scade infatti il vincolo dei 6 anni legato alla legge 488 di cui la Polti ha ampiamente beneficiato».Storia della Polti sud. Prendi i soldi e scappa.La Polti è la Polti e non è Agnelli, ma, come quella degli Agnelli (fatte salve le debite differenze) è in gran parte la storia di un capitalismo familistico, di una famiglia e di un tycoon che comincia da zero e fa una gran fortuna. Lui, il fondatore, Franco Polti, negli anni 70 è un piazzista di ferri da stiro professionali, originario d un paesino presso Cosenza che si chiama San Pietro in Guarano. Un travet senza arte nè parte, al quale a un certo punto viene in mente di “creare” un arnese da stiro per uso domestico, però con le stesse caratteristiche di quello professionale. E’ il classico uovo di Colombo e anche la chiave di un successo formidabile.Si trasferisce al Nord, dalle parti di Como, insieme alla ragazza che ha appena sposato, Teresa. Quella che oggi è per tutti “la signora”. Cominciarono in una cantina, la prima Vaporella - il “rivoluzionario” ferro da stiro con caldaia a vapore - nasce nel 1978; poi inventa Vaporetto, altro portento ad acqua; ed è così che nel 1984 il Franco Polti ha smesso già da un pezzo i panni del bravo artigiano e fondato la sua prima spa, con sede a Olgiate Comasco. Va avanti a gonfie vele, inventa e sforna altri prodotti, belli e perfetti e innovativi, ad alto livello tecnologico e con design tutti da made in Italy. Marcia trionfale, nasce il grande stabilimento di Bulgarogrosso presso Como (25 mila mq), impianti modernissimi, quasi trecento dipendenti, 3.500 mq di sola area produttiva. Dove vedono la luce 3.500 apparecchi al giorno per una capacità annuale di 700 mila pezzi. Vincente, competitiva, ecologica, la Vaporella diventa un marchio planetario, e la ex cantina di Polti Franco da San Pietro in Calabria è ora una multinazionale presente in tutto mondo. Il diabolico, geniale vaporetto si vende infatti dappertutto, in Algeria e in Australia, in Canada, Russia, Turchia, Gran Bretagna, Messico, Brasile, Pakistan, Cina, Singapore, Corea, ecc ecc. Diavolo di un vaporello dal manico di sughero: è da capogiro il suo monte affari annuale. E se lei è “la signora”, lui - ormai un re del vapore - è anche gran mecenate e sponsor in materia di sport: basket, calcio, ciclismo lo vedono con le mani in pasta, alla grande. Ed è ormai anche un nome che conta, nel gotha degli industriali del ricco Comasco. Lassù al Nord.Poi un giorno, improvvisamente, Franco Polti si ricorda della “sua” Calabria. Se lo ricorda improvvisamente ma non per caso, nel 1999: quando, guarda caso, si imbatte in una legge che porta il numero fortunato di 488. E quella specie di manna europea che elargisce cospicui incentivi - bei soldoni - a chi promuove investimenti al Sud. Soldoni Ue: tanti, benedetti e subito, basta aprire il capannone e tenerlo in piedi giusto 6 anni…Occasione acchiappata al volo, figurarsi; e tempestivo sbarco a Piano Lago. Nasce la Polti sud, 200 operai, nuovi macchinari, e nuovi capitali tutti piovuti a titolo di contributo pubblico. Un bel prendere.La Polti sud è lì. “Più facile più felici” un corno. Racconta Maurizio. «Era durissimo. Una catena di montaggio senza respiro, tempi sempre più stretti e veloci, otto ore come dannati. E un ambiente da dannati, appunto. Pavimento in cemento battuto, e per respirare non aria ma polvere. Anzi un concentrato micidiale di velenosi pulviscoli, mescolate insieme polveri di alluminio, lana di roccia, loctite (un collante dall’odore nauseabondo)».Protezione zero, niente mascherina, niente guanti, mani con le piaghe, tendiniti, tunnel carpale e infortuni a piovere. «Ci sono voluti mesi per riuscire ad ottenere un minimo miglioramento nelle condizioni di lavoro. Nei capannoni - continua Maurizio - d’estate si soffoca per il caldo, la gente sveniva, doveva venire l’ambulanza a prenderli (il condizionatore è arrivato solo nell’ultimo anno)». Il salario, poi, è da Sud, inferiore a quello dello stabilimento “nordico”; e quando i tre rappresentanti Rsu chiedono l’intervento Asl per un controllo sull’ambiente di lavoro, “la signora” li licenzia tutt’e tre (tra essi anche Alessandro, il giovane operaio che abbiamo di fronte).La condizione dei “camici blu” alla Polti di Figline, del resto, è già stata denunciata più volte. Scrive ad esempio “Rassegna sindacale” (Cgil) in un servizio datato 2004: «L’acqua da bere che manca, la pipì che non si può fare, i guanti da lavoro strappati e non sostituibili prima di quindici giorni, i ritmi forsennati. Colpisce ancora una volta, dopo Termini Imerese e dopo Melfi, la straordinaria “materialità” del disagio sul lavoro».E’ appunto il 2004, l’anno in cui comincia l’esternalizzazione, poi la cassa integrazione, la stagnazione produttiva; e in cui comincia la grande lotta dei 200 della Polti per salvare il posto. Una dura lotta, con scioperi anche di 15 giorni, presidi, cortei, manifestazioni cui si unisce la popolazione locale, blocchi stradali (una volta viene interrotta anche la Salerno-Reggio C.); l’ultima protesta è di questi giorni a Roma, i ragazzi di Piano Lago decisi a incatenarsi ai cancelli della Rai.«Siamo sfiduciati, continueremo a batterci, certo, ma sappiamo bene - dice Alessandro - che ormai il tempo è scaduto. Vale a dire che i miliardi degli incentivi pubblici sono stati intascati, il vincolo della 488 è finito e i 200 lavoratori non servono più, peggio per loro se sono a zero ore e zero salario». La accampata crisi del settore - questo è anche il giudizio dei sindacati - è l’alibi sotto il quale la Polti nasconde la redditizia “virata” che si chiama delocalizzazione. L’esperimento calabrese ha fatto il suo tempo, giusto i sei anni necessari per il drenaggio dei fondi. Conti alla mano, l’esperimento calabrese - l’azienda-civetta - ha fruttato un bel flusso di soldi, decine di miliardi. Senza contare l’ammontare dei contributi che lo Stato si è accollato di pagare per i primi tre anni in base alla legge 407. Esperimento riuscito. La Cina è vicina.Storia della Polti. Più che Imprenditori, Prenditori.

Venerdì, 3 Marzo 2006

venerdì 16 novembre 2007

Le belle notizie


Prof. Aldo Franco De Rose (meglio conosciuto dai noi Sartanesi come "Alduzzu i Piuzzu" )
Un Sartanese doc alla corte dei genovesi.

Nasce nel piccolo paesino di Sartano, frazione di Torano Castello, in una famiglia dedita al lavoro, onesta e dignitosa. Sin da piccolo, cresciutosi nelle vie polverose della cittadina, ha coltivato la passione per la musica, oltre alla passione per la natura, entrando a far parte negli anni “60 nel Gruppo Scout del Sartano I°, dimostrandosi una persona sempre altruista ed equilibrata. Conseguito il diploma, intraprende gli studi universitari presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Genova, laureandosi nel 1983, specializzandosi prima in Urologia nella stessa sede e subito dopo in Andrologia presso l’Università di Pisa.
Aldo Franco De Rose, da sempre svolge la sua attività clinica, nella Clinica Urologica di Genova, prima sotto la direzione del prof. Luciani Giuliani ed attualmente quella del prof. Giorgio Carmignani, da anni si dedica alla ricerca Uro-Andrologica. La sua partecipazione a numerosi congressi nazionale ed internazionali, lo portano a diventare uno dei riferimenti nazionali dell’Andrologia medica e chirurgica.
Dopo essere stato eletto per tre anni consigliere nazionale della Società Italiana di Andrologia è attualmente il Coordinatore della Sezione di Andrologia Tosco-Umbro-Ligure. Nel mese di ottobre è stato inserito nel supplemento di Class tra i migliori medici d’Italia.Si interessa da sempre alla problematica dell’eiaculazione precoce maschile e, da qualche anno, ai problemi sessuali femminili. Numerosi sono le pubblicazioni su riviste italiane e straniere. Quelle comparse questo anno, come primo autore, sono su numerose riviste italiane e sulla prestigiosa rivista americana “Urology”di febbraio e settembre.
Oltre all’amore e alla passione per la sua professione di medico, Aldo Franco De Rose, è anche Giornalista Pubblicista, iscritto all’ordine di Genova, e collabora con giornali nazionali, scrivendo numerosi articoli riguardanti le problematiche sessuali maschili e femminili , nonché l’infertilità maschile, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto le autorità politico-sanitarie verso l’andrologo. Da oltre due anni è Direttore responsabile del giornale medico on-line http://www.clicmedicina.it/Nonostante la sua professione Aldo Franco De Rose, resta legato alla sua terra d’origine ( Sartano) e a quella adottiva (Genova), con la passione del mare e della montagna, che ne fanno un ottimo pescatore e un eccellente cercatore e conoscitore di funghi. Esperto anche di cucina, la sua specializzazione tra i fornelli sono i primi piatti quali: lasagne con la gallinella di mare; fusilli mare e monti con funghi porcini e pesce San Pietro; linguine ai frutti di mare; focaccia al formaggio. Si dedica al giardinaggio e orto. Suona il violino e la chitarra, passione ereditata da suo papà Pio.
Aldo Franco De Rose, un figlio illustre della Sartano laboriosa, un sartanese doc alla corte dei genovesi, un professionista doc donato alla sanità mondiale.

giovedì 15 novembre 2007

Gli avvocati

Il giorno 12 novembre(o forse il 13 ?), si sarebbe dovuta tenere l'udienza per decidere sul rinvio a giudizio o meno del Sindaco del nosro amato comune, come da manuale i legali che assistono il sindaco non si sono presentati, udienza rinviata al prossimo anno; gli avvocati servono anche a questo, rinviare fino a quando è possibile, con i soldi dei contribuenti naturalmente, perchè anche i rinvii hanno un costo.

martedì 13 novembre 2007

Ricevo e volentieri pubblico

Affettuosamente ad Apelle figlio di Apollo, Zeus permettendo. Apelle, non essere sempre e solo critico contro Corbelli e non essere puntiglioso su un articolo di giornale perchè sia uscito su due testate uguale o simile o quant'altro vogliasi dire. I comunicati che si ricevono vanno mandati alle redazioni che sono quelle deputate a tagliarli o a mandarli in stampa per intero. Visitando il blog, ho notato da parte Tua un certo disaccordo sulle iniziative di Franco Corbelli. Premetto che non gvolgio tirare la corda per nessuno, ma una cosa però volevo suggerirtela. Prima di criticare sempre è solo Corbelli perchè da politico grida le malefatte del nostro terittorio e non solo, sarebbe il caso di chiederci cosa fanno i politici locali del centrosinistra e del centrodestra. Tutti, dico tutti ad eccezione di Corbelli, cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio. Questa è la situazione che regna nel comune di Torano Castello, perchè chi grida, naturalmente è fuori dal coro e non va nemmeno degnato di uno sguardo, mentre l'ipocrita merita attenzione altrimenti ... . Questo è quello che sta succedendo ai giornalisti che riportano non solo ed esclusivamente dei comunicati che arrivano dalle segreterie di qualche politico che ha coraggio di gridare, e meno male che c'è Corbelli che grida. Il grido di allarme riportato negli articoli, uguali e simili, vuole portare a conoscenze delle autorità competenti il grave problema che da un paio d'anni a questa parte a Sartano sta destando preoccupazione: l'aumento dei decessi per tumore. Se questo, per Te, è ciarlare a vanvera, va bene cosi, ma riguardo alle beghe personali che ricadono nel privato non interessano più di tanto, ormai il danno è stato fatto, possiamo solo porci rimedio gridando alla Corbelli. Per Tua informazione e grazie a Dio i proprietari che hanno comprato i lotti dove hanno costruito una casa, non devono temere più nessun danno, la situazione che descrivi nel tuo commento è stata sanata da alcuni anni. Cordialmente Gildo Anthony Urlandini Innazi tutto grazie per aver voluto commentare quanto da me scritto in merito all’articolo riportato nel blog, consentimi con altrettanta franchezza di precisare alcune cose; comincio dal fondo: Sono contento della notizia che gli acquirenti dei lotti edificati e non, acquistati dalla famiglia Mayerà non corrono più nessun rischio, questo ci puo tranquillizzare ma non giustifica quanto è stato fatto, con connivenze varie: amministrative e finanziarie a scapito e a rischio di chi ha investito soldi suoi, guadagnati con sudore e anni di lavoro. Vergogna-Vergogna-Vergogna. Non ho per niente detto che Corbelli ciarla a vanvera, anzi lo fa a ragion veduta, avrebbe avuto il mio plauso se avesse denunciato il fatto prima agli enti preposti e dopo ai giornali, chiamando in causa direttamente i proprietari o i gestori o gli affidatari delle strutture in questione, facendo nome cognome; non credo che qui si tratti di fatti privati e che non interessino piu di tanto, come tu dici. Credo sia ora di smetterla di pensare che se si spendono soldi di tutti noi per rimediare le male fatte dei privati sia una furbata o chi è in grado di creare le condizioni perché cio avvenga sia un supereroe. C’è un’età per gridare, una per denunciare, una per fare; la nostra età (anche anagrafica) ci impone di fare, le proteste le denunce lasciamole ai giovani lo fanno meglio di noi, e soprattutto non rubiamo loro il ruolo che gli spetta. La mia critica a Corbelli in questa e in qualche altra occasione è nel metodo, meno nel merito. Affermi di non voler tirar la corda per nessuno tanto meno per, proprio per questo mi sarei aspettato un commento sia pure minimo che aiutasse il lettore a capire il perché dello stato delle cose. Riguardo invece alla situazione di allarme e preoccupazione che si manifesta, alcuni amici e non da oggi tra le concause probabili-possibili imputano le discariche a cielo aperto che per anni sono state funzionanti nel territorio, leggasi “timpa”. Allora una classe politica degna di questo nome si sarebbe dovuta interessare da tempo di questi problemi, una amministrazione municipale degna di questo nome sarebbe dovuta e potuta intervenire, non l’hanno fatto e non lo faranno, anzi da lor Signori l’ultima amministrazione a acquistato per la modica cifra di 335.000euro il palazzo della famiglia, più qualche migliaio di mq di terreno. Per finire, convengo pienamente quando affermi ”cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio.” Credimi, i nostri politici(?) locali passati e presenti ne hanno fatto largo uso, nessuno escluso, nemmeno Lui. Con cordialità

domenica 11 novembre 2007

Apelle figlio di Apollo

«Struttura abbandonata da anni. Basta un soffio di vento a portare le polveri» Pericolo amianto a Torano La denuncia di Corbelli su alcuni capannoni TORANO CASTELLO L'amianto continua a far paura. Cresce ormai a dismisura la preoccupazione dei cittadini che temono per la loro salute minacciata seriamente dalle migliaia di metri quadri di lastre in eternit che costituiscono i tetti di grossi capannoni industriali ormai fatiscenti ed abbandonati della Valle del Crati. Se nella vicina Luzzi la bonifica ed il risanamento ambientale dell'area dell'ex fornace “Dima” sono stati avviati grazie all'attenzione dell'esecutivo municipale dell'ex sindaco D'Angelo, la situazione è ormai allarmante anche a Torano Castello. A denunciare ciò che definisce “un'emergenza ambientale e sanitaria, una vera e propria minaccia alla salute dei toranesi e dei molti cittadini dei paesi della Media Valle del Crati”, è il coordinatore del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. Si tratta di un'ex azienda agricola per l'allevamento di polli realizzata più di 35 anni fa ed ormai chiusa ed abbandonata da oltre 14 anni. Tredici grandi capannoni, un'abitazione e un ex macello per un totale di oltre dodici mila metri quadri tutti ricoperti del pericoloso eternit le cui fibre che si disperdono nell'aria - è risaputo – sono ritenute altamente cancerogene. A tal proposito il leader di Diritti Civili chiede l'intervento urgente del Ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraio Scanio, affinché si provveda all'immediata bonifica della vasta zona “minacciata dai veleni dell'amianto killer”. Corbelli invita, inoltre, l'assessore regionale all'Ambiente, Diego Tommasi, ad effettuare un sopralluogo sul posto per rendersi conto di persona dell'estrema gravità della situazione.“E' un'autentica bomba ecologica. Una situazione esplosiva e drammatica che – pone l'accento - deve essere immediatamente. Affrontata e risolta”. La vecchia azienda agricola interamente ricoperta di eternit è ubicata in gran parte in località Serramezzano. Quattro capannoni, infatti, si trovano in località Cozzo La Torre (la nota area di notevole interesse archeologico soprastante lo Scalo), a poche centinaia di metri dal fiume Crati. A Serramezzano la dimessa attività imprenditoriale sorge su una collina di fronte la popolosa frazione di Sartano che si affaccia sulla Media Valle del Crati. A poche centinaia di metri in linea d'area dal centro abitato. “L'ex azienda e Sartano - spiega Corbelli - sono sulla stessa linea orizzontale, divisi solo da un burrone. Basta un soffio di vento e i veleni di dodici mq d'eternit e amianto si riversano nel centro abitato di Sartano, di Torano e nella Media Valle del Crati, con tutto quel che di gravissimo e drammatico questo comporta. Sono circa 14 anni che quest'azienda ha chiuso e quei capannoni sono rimasti lì, abbandonati e oggetto di un provvedimento di pignoramento. Quei tetti in eternit - prosegue il leader di Diritti Civili - sono una minaccia mortale. L'amianto killer allarma e fa giustamente paura alle popolazioni locali”. Corbelli sottolinea un dato che inizia a preoccupare le gente. “E' quello, purtroppo, del numero di decessi per cancro che si sta registrando nella popolosa frazione sartanese. Non ci sono ancora studi precisi al riguardo – aggiunge ancora - che possono dimostrare il collegamento diretto di questi decessi per malattie tumorali con l'amianto killer dell'azienda agricola di Serramezzano. Ma è pressoché certo che i veleni che sprigionano quei capannoni sono una minaccia alla salute delle persone. Non si può più aspettare – sostiene con fermezza il consigliere provinciale - che altra gente continui ad ammalarsi e a morire in silenzio. Vista l'acclarata pericolosità per la salute dell'amianto è assolutamente urgente intervenire e bonificare i capannoni e mettere in sicurezza l'intera area. La salute dei cittadini di Sartano, di Torano e degli altri centri interessati della Media Valle del Crati – conclude Franco Corbelli - deve essere salvaguardata. Per questo chiedo l'intervento del Ministro dell'Ambiente ed all'assessore regionale, Tommasi, di fare un immediato sopralluogo sul posto”. Roberto Galasso Articolo pubblicato su: Il Quotidiano della Calabria di martedì 07-10-07

L’articolo sopra riportato ha qualcosa di strano, a dire ne ha piu di una, comincio con elencarne alcune. -Lo stesso articolo, uguale non simile, è stato pubblicato sul quotidiano CalabriaOra a firma Gildo Antonny Urlandini -Non viene mai menzionata l’azienda, tanto meno i proprietari di nome e di fatto. -Più che una intervista al politico locale sembra un ordine del giorno, i giornalisti si limitano a riportare e basta. Allora vediamo di guardarci dentro con la sola intenzione di fare un di chiarezza, sul perché e per come certe notizie vengono riportate e quale scopo si prefiggono. L’’azienda in questione è stata costituita dalla famiglia Mayerà, con finanziamenti pubblici a fondo perduto; come tutte le aziende costituite con soldi pubblici e non propri è andata in dissesto, fino ad arrivare al pignoramento da parte dei creditori,non solo delle aziende in questione ma anche dei terreni edificabili siti in Sartano, terreni che hanno fatto la fortuna della famiglia e fagocitato le rimesse di molti emigranti per realizzare il sogno di una casa. I suddetti terreni pur gravati da ipoteche sono stati comunque venduti, e Dio non voglia che la/le aziende di famiglia non arrivino al fallimento perché sarebbero cavoli amari per tutti coloro che hanno comprato in buona fede. Veniamo allo stato delle cose e cioè i capannoni situati a Torano Scalo e a Sartano in località Serramezzana; non so dirvi se negli anni in cui sono stati costruiti l’’uso dell’eternit era ancora consentito o meno, sta di fatto che le coperture di questi capannoni sono state eseguite con questo materiale, contenente fibra d’amianto, da anni ormai fuori legge. Attualmente detti capannoni pare certo, dico pare perché non ho certezza materiale, siano pignorati o ipotecati da una banca, a fronte dei debiti da parte della/e aziende della famiglia Mayerà. Allo stato attuale non so dirvi chi e con quali soldi dovrebbe intervenire per bonificare i siti. Certo è che senza un accertamento della pericolosità da parte degli enti predisposti non si può intervenire. La domanda delle domande è però un’altra, quei capannoni e quei terreni hanno un valore commerciale, allo stato attuale sicuramente deprezzato, perché nessun acquirente attento li comprerebbe dovendosi sobbarcare i gravosi costi della bonifica dell’eternit; allora allo stato attuale o i proprietari o la banca dovrebbero sostenere i costi della bonifica, ma bonificare perché e per che cosa? Per il grido nella foresta lanciato dall’anima candida del politico locale? Per l’alto senso della salute pubblica insita nelle banche e nei proprietari terrieri. Francamente nessuna di queste ipotesi sta in piedi. Penso che il grido sia lanciato più in alto possibile per fare in modo che diventi un caso, una emergenza di salute pubblica e che in assenza di una proprietà certa ed in grado di intervenire sia ancora il “pubblico” a dover sanare la situazione. E no mio caro candido, ingenuo bel paladino: di denaro pubblico in quell’eternit, nei terreni, nel palazzo ne è stato buttato a valanga. Veda di fare in modo che non sia ancora il denaro pubblico, e cioè Noi a dover pagare i debiti e le malefatte di Lor Signori: abbiamo gia dato.

venerdì 9 novembre 2007

Ricevo e volentieri pubblico.

"Le radici e la propria terra non potranno mai essere dimenticate. Il legame affettivo e i ricordi non possono essere cancellati dall'indifferenza o dalla lontananza, se ciò dovesse avvenire l'uomo non avrebbe più ragione di esistere". Complimenti per il blog e per l'informazione che dai ai nostri compaesani sparsi per il mondo. Mi permetto di inviarti una breve descrizione di un spaccato di vita della Sartano degli anni passati, con la speranza di farTi cosa gradita. Un carissimo e cordialissimo saluto Gildo Anthony Urlandini “I casi i mattunazzi” Su una collina circondata da ulivi fichi e vigneti, sorge il paese di Sartano, paese antico e ricco di tradizioni, che custodisce ancora adesso quasi intatte “i casi i mattunazzi”, le case di creta e paglia . Dal milleottocento in avanti, l'abitato di Sartano era costituito principalmente da casette basse costruite con mattoni crudi di creta e paglia detti “mattunazzi”, che non raggiungevano i due metri e settanta di altezza nella parte superiore. I “mattunazzi” venivano fabbricati con creta, terra rossa e paglia, che veniva impastata in delle grosse buche e poi veniva compressa in delle forme rettangolari di tre misure diverse, e cosi dopo aver fatto seccare questa massa di creta e paglia al sole, erano pronti per essere utilizzati nella costruzione delle case. Le case semplici e senza richiami architettonici, rappresentava un'edilizia povera, ma sostanzialmente necessaria ai bisogni delle famiglie. I muri portanti della struttura erano spessi , raggiungevano la misura di 70-80 centimetri, la caratteristica di queste casupole di creta e paglia, con muri così spessi, era che d'estate gli ambienti erano freschi , mentre durante la stagione fredda erano caldi. Le stanze della casa, normalmente due, avevano una grandezza di tre per quattro o quattro per cinque. Il pavimento semplice e in terra battuta oppure di mattoni cotti di “carcara”, nell'insieme aprivano i locali dove i Sartanesi abitavano. Il soffitto , “ 'ntavulatu”, era costituito per la maggior parte di tavole o di canne intrecciate,“catrizzole”, che isolavano le stanze dall'aria che proveniva dalle tegole, “ciaramili”, in terra cottae di forma irregolare, perché fabbricate a mano. La casa di “mattunazzi”, a Sartano era una caratteristica , anche perché nel meridione d'Italia, era uno dei pochi paesi ad essere costruito con mattoni crudi di creta e paglia. Questa tecnica di costruire con mattoni crudi di creta e paglia, comportava il fatto che le abitazioni erano tutte a pianterreno, rarissime la case a due piani, non potendo avere un piano superiore, per la mancanza di pilastri di sostegno. Le stanze erano cosi divise: la cucina e la stanza da letto. La cucina, era la stanza principale, dove le donne di casa svolgevano le funzioni giornaliere e dalla quale si accedeva dalla porta d'ingresso, delimitata dal “suprantu” o “supraporta”, era di castagno, verso la parte alta laterale sinistra, c'era “u purtieddru”, una specie di finestra, che si apriva durante il giorno per dare luce alla stanza. L'interno molto scarno per l'epoca, era costituito “da fucagna”, un focolare con un rialzo dove venivano poggiate e preparate le vivande che cuocevano “supa u tripidu" (treppiedi), dal forno, e da qualche nicchia che serviva per conservare il cibo, gli arnesi da lavoro, o altre cose utili, per la casa e il lavoro. Il forno che era su di un piano sopraelevato, in un angolo della stanza, aveva al di sotto un piccolo locale dove trovavano di notte riparo, galline, pecore e maiali. L'arredamento semplicissimo, senza fronzoli come oggi, era costituito da un "casciuni", dove venivano conservati cereali, salami, fichi e “ru grassu du puarcu” cioè la sugna di maiale. Poche sedie, un tavolo, la "panera", una "piattera", un "saziere", " u vintagliu" per alimentare la fiamma del fuoco e qualche stipo ricavato con delle tavole conficcate nel muro, eccezionalmente i più benestanti possedevano la "cridenza" , dove mettevano in mostra i bicchieri o vi conservavano derrate alimentari. In un angolo quasi nascosti, si potevano intravedere le "ciarre" dell'olio e del vino, poste vicino ad un sedile in mattoni crudi. Cosa che non mancava mai era la " 'nnicchiareddra" dove veniva collocata la statuina del santo con la "lampa" accessa dove ardeva "u micciarieddru", alle pareti vi erano appese le " sporte" i "panari" e le "catrizzole", mentre ad una “piartica” (pertica) che pendeva dalla “panera” gli abitanti della casa vi appendevano i vestiti, rischiarati dalla luce della lanterna ad olio. La stanza da letto era costituita dalle "cascie" (cassoni in legno) dove veniva custodito quel poco di corredo per le figlie, dal letto formato dai "vanchietti" dal "saccuni" e dalle "culunnette", una stanza da letto essenzialissima, spartana per il bisogno di gente contadina, umile e laboriosa, alle pareti si potevano vedere appese “ i figureddri”, immaginette di Santi. In un'altro angolo della cucina, o appena fuori dietro la porta, veniva conservata la legna per il fuoco, mentre dalle travi pendevano mele, pere, peperoni, formaggi e tante altre prelibatezze del mondo contadino, conservate nella “rizza” (rete). Tutto il paese di Sartano era costituito da file di case, costruite in modo continuo, muro contro muro, categoricamente di “mattunazzi”, con punti luce solo alla facciata davanti, costituiti dalla porta e da una finestra. Raramente si vedeva qualche casa più grande costruita con mattoni cotti, ed erano l'eccezione, in quanto costituite dal pianterreno e dal primo piano. Le vie del paese erano in terra rossa battuta e ciotoli, consumate dal calpestio dei sartanesi, che, come tutte le mattine, essendo un popolo prevalentemente contadino, si incamminava per i campi. Nell'avviarsi ai campi, le donne scalze con le “sporte” in testa, seguivano i mariti che sul dorso dell'asino prendeva la via per la campagna. I Sartanesi che disponevano di un pezzo di terreno vicino al paese, non avevano difficoltà, a volte, a ritornare a casa, ma quelli che erano distanti dall'abitato, possedevano una piccola casetta in campagna sempre costruita con i “mattunazzi” sulla stessa specie della casa del paese, dove restavano a dormire. Sartano, allora, era un paesino per la maggior parte dedito all'agricoltura, dove l'unica via di collegamento con i centri vicini era costituita da delle piccole “carreri” (sentieri) di terra rossa battuta e ciotoli, percorse da uomini e animali. Solo negli anni cinquanta fu costruita la prima strada asfaltata, che collegava il paese con Torano, con gli altri centri limitrofi e con la statale 19 “ a nazionali” e lo scalo ferroviario. La costruzione della strada, ha portato a Sartano molti vantaggi, infatti il collegamento portava in paese camion con oggetti di ceramica e altre mercanzie che per tanto tempo erano mancate. Si incominciarono a vedere movimenti di arti e mestieri, come “u quadararu”, che arrivato in paese, riusciva a risolvere i problemi delle donne di casa, riparando loro le pentole di rame bucate, i cantastorie per la gioia dei bambini che giocavano sotto il muro della chiesa, “u capillaru”, che scambiava ciocche di capelli con oggetti per la casa, e man mano si iniziarono a vedere tanti altri mestieri. Con il passare degli anni Sartano, conobbe in maniera considerevole come tutti i paesi del meridione d’Italia il fenomeno dell’emigrazione, ma crebbe e si sviluppo in maniera sistematica. Dopo i tanti sacrifici sofferti, soprattutto con l'emigrazione, le case di creta e paglia, o “i casi i mattunazzi”, hanno lasciato pian piano il posto alle nuove case in muratura e cemento, ma qualche casupola di “mattunazzi” ancora resiste. Oggi, Sartano, è un paese ridente e ospitale, dove solo alcune tracce delle antiche abitazioni sono rimaste in ricordo di un passato, anche se sofferto, che ogni sartanese ricorda con orgoglio, senza rinunciare alle proprie radici. (Tratto dal libro dei ricordi di Gildo Anthony Urlandini )