Via anche i candelabri. Furto di spiccioli alla chiesa di San Domenico
SARTANO - La chiesa di San Domenico in Sartano è stata “visitata” dai soliti ignoti. Ancora una volta, oggetto dell'attenzione di qualche ladruncolo le monete delle offerte contenute nelle cassette dei candelabri elettrici. I malviventi, però, introdottisi nel sacro tempio non si sono accontentati solo dei soldi. Per far fretta ed evitare di essere scoperti, infatti, gli ignoti malviventi hanno pensato di trafugare anche due candelabri acquistati di recente. Un episodio che ha creato sconcerto ed indignazione nella popolosa comunità cratense ancora scossa per la tragica fine di Alessandro Chiappetta. Il furto nella chiesa di San Domenico, infatti, è stato perpetrato nelle ore successive ai funerali del giovane assassinato in località Sant'Andrea. Ad accorgersi del trafugamento dei due candelabri, al cui interno vi erano custoditi circa quattrocento euro, è stato il parroco don Elio Perrone, quando nella mattinata di ieri si è recato in chiesa per la celebrazione della Messa. Non sono stati notati, inoltre, segni di effrazione né tanto meno serrature scardinate. Ciò rende probabile che i ladri siano entrati in chiesa nelle ore di apertura e, dopo essersi nascosti, siano passati in azione indisturbati dall'oscurità notturna per poi dileguarsi con i due pesanti candelabri in metallo che il parroco adesso spera di poter recuperare per evitare un ulteriore danno alle casse della parrocchia.
Dal QuotidianodellaCalabria del 12 gennaio 2208
domenica 13 gennaio 2008
sabato 12 gennaio 2008
Senza titolo
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1. Il Sindaco, sentiti i capigruppo consiliari, decreta il lutto cittadino per la morte dei cittadini che con le loro opere abbiano in vita meritato la speciale ammirazione e riconoscenza della collettività. Il Sindaco può altresì eccezionalmente disporre, con il consenso dei familiari, la celebrazione delle esequie pubbliche.
2. Il lutto cittadino consiste nell’esposizione della bandiera a mezz’asta dal palazzo municipale. Il Sindaco, aseconda delle circostanze, può determinare altri segni di lutto così come invitare la cittadinanza ad una sospensione delle sue occupazioni in una certa ora della giornata.
3. Le esequie pubbliche si svolgono con le modalità determinate dal Sindaco e consistono di norma nell’allestimento della camera ardente in luogo pubblico ove esporre la salma al reverente saluto dei cittadini, nel corteo funebre lungo le strade della città e nella cerimonia religiosa o laica ove il Sindaco pronuncia l’orazione funebre.
4. Le prestazioni necessarie per le esequie pubbliche,ad eccezione del feretro, sono a carico del Comune.
5. Il lutto cittadino può essere decretato dal Sindaco anche per eventi mortali che abbiano riguardato persone non cittadine, ma che abbiano colpito profondamente la cittadinanza suscitando vasto cordoglio.
7. Per il decesso degli amministratori in carica, di coloro che abbiano rivestito la carica di Sindaco e deidipendenti comunali in servizio , è disposta l’ordinazione di una corona funebre con nastro recante il nome del Comune. Alle esequie il Comune parteciperà con il Gonfalone listato a lutto, portato da un Vigile urbano, accompagnato da una rappresentanza dei Vigili del Fuoco e dal Sindaco o delegato con fascia tricolore. Nel caso di decesso di Amministratori in carica e dei dipendenti comunali in servizio a tempo indeterminato nonché loro genitori, coniugi e figli si provvederà alla pubblicazione sui giornali locali.
Nel riportare l'Ordinanza del Sindaco del nostro comune, con accanto una serie di articoli che la maggioranza dei Comuni Italiani ha adottato all'interno del proprio Statuto o nel regolamento di Polizia municipale, lungi da me l'idea di entrare nella fattispecie del singolo caso, mi preme però rimarcare alcune cose che forse possono sembrare banali ma non meno importanti di altre, ma che meglio rappresentano lo scarso senso dell'ufficialità di chi e chiamato a rappresentare l'amministrazione pubblica. Per prima cosa ho cercato nello statuto e nei regolamenti del comune di Torano qualcosa che riguardasse la dichiarazione del lutto cittadino: non vi è traccia. Quindi il tutto viene lasciato a discrezione del Sindaco. Non c'è scritto da nessuno parte che lo statuto comunale debba regolamentare la materia, ma tant'è, visto che di fatto è una cosa che succede, al fine di evitare usi ed abusi quasi tutti i Comuni vi hanno provveduto, Torano NO. Sig. Sindaco, Sig.i Assessori, Sig.i Consiglieri di maggioranza e di minoranza è troppo chiedervi di provvedere in merito?
Sarete liberi di normare la materia secondo il vostro credo religioso, pensiero politico e la vostra etica morale, ma fatelo nel nome e nel rispetto delle Istituzioni che rappresentate; l'essere all'asciutto di finanze può anche non essere colpa vostra, ma non regolamentare cose che costano solo sforzo di pensiero sarebbe una grave colpa. Non possono esserci, in materia, ne abusi ne arbitri, tanto meno fretta o leggerezza; il rispetto delle istituzioni deve essere il primo dovere di chi le rappresenta perché queste siano credibili, diversamente ognuno è libero di fare quello che più gli conviene, anche di nominare il proprio asino assessore alla cultura, all'agricoltura o ai trasporti.
venerdì 11 gennaio 2008
Chi muore giace e chi vive non si da pace
L’ultimo saluto per Alessandro
I funerali di Chiappetta nella chiesa dove presto avrebbe sposato Paola
Torano Castello
Le esequie di Alessandro Chiappetta, il giovane, operaio-saldatore, ventinovenne ucciso barbaramente e bruciato nella sua Fiat Panda l’antivigilia dell’Epifania, si sono svolti in un clima mesto, intriso di rabbia e dolore, in una giornata greve coperta dalle nuvole che minacciavano pioggia. La chiesa madre di San Domenico della frazione Sartano si è riempita di parenti, amici e conoscenti, per salutare i resti dell’operaio, trucidato brutalmente, in quel maledetto triangolo di terra compreso tra le contrade Dominicelli, Quarantuno e Sant’Andrea. Sul piazzale della chiesa tanta gente, con mazzi di fiori in mano depositati appena il feretro, di Chiappetta, è arrivato sul portone d’ingresso della pieve di San Domenico, la chiesa dove Alessandro Chiappetta con la sua fidanzata Paola , avevano frequentato il corso di preparazione al matrimonio, matrimonio che pare si sarebbe dovuto celebrare a marzo prossimo. Il feretro, portato a spalla, è giunto in chiesa accompagnato, dai genitori Eugenio e Franceschina dalla sorella Brunella e dai tanti parenti, con compostezza senza scene di disperazione, fino all’entrata in chiesa quando si è udito per un attimo un pianto di dolore, poi il silenzio e la celebrazione del rito funebre officiato dal parroco Don Elio Perrone. All’ingresso della chiesa sulla facciata esterna un grande cuore formato da palloncini bianchi con la scritta” Alessandro sarai sempre con me ti amo Paola”, e tanti amici che costernati si sono assiepati sui gradini del luogo sacro, chiusi in un silenzio di dolore, per l’assurda fine dell’amico. Una fine ancora avvolta nel mistero, un giallo dal quale gli inquirenti stanno cercando di venirne a capo, non tralasciando nessun tassello utile alla ricostruzione degli ultimi movimenti della vittima. Qualcuno ha anche proferito parole amare, facendo trapelare in un certo senso anche il clima omertoso che si sta innalzando sul caso, dicendo “ è possibile che nessuno abbia visto o sentito niente, è possibile che chi ha visto le prime fiamme di quella maledetta sera non abbia capito che si stava consumando una tragedia”, mentre qualche altro partecipante alle esequie ha denti stretti faceva notare che mancavano alcuni parenti stretti del defunto. Tante le parole, i se e i ma, ma la verità potrà arrivare solo dal lavoro investigativo degli inquirenti. Il parroco nell’omelia a invitato alla preghiera incoraggiando i genitori ad avere forza, ed i parenti a stare vicini a loro. All’uscita del feretro dalla chiesa due colombi bianchi hanno spiccato il volo verso il cielo, mentre gli occhi gonfi di lacrime, di dolore e di rabbia dei familiari, parenti e amici hanno salutato per l’ultima volta la bara con i resti di Alessandro Chiappetta che volgeva verso il cimitero comunale di Torano Castello. Intanto, sul fronte delle indagini poche novità, la pista che mette in parallelo il delitto con quello di Casali resta in piedi e si scava nel mondo della droga. Gli inquirenti non hanno del tutto accantonato il movente passionale.
Articolo estratto dal quotidiano CalabriaOra di venerdi 11 gennaio 2007 a firma di
GILDO ANTHONY URLANDINI
giovedì 10 gennaio 2008
Coram Populo
La musica folcloristica, le melodie vernacolari attraversano le sbarre e raggiungono, per un giorno, i detenuti del carcere “Sergio Cosmai” di Cosenza- E’ la tradizione canora dei Coram Populo, che oggi oltrepasseranno le barriere elettroniche e le torrette di guardia per proporre, nel teatro del carcere, lo spettacolo dalla radice al fiore, che è anche il titolo del primo album inciso, nel 2004 da questo gruppo. Il richiamo del passato insomma s’effonde e si confonde con brani assolutamente inediti, curati dal vocalist del gruppo Pino Cariati. Renato Marengo e Michael Pergolati, talent scout della RAI, hanno apprezzato tali brani e hanno offerto d’inserirli all’interno di altrettante compilations edite da RaiTride. I due CD, intitolati rispettivamente The best of demo e L’eterno, conteranno i singoli ‘Sa strata mi la fazzu a passu a passu e Del mare e del richiamo. L’iniziativa assume particolare valore proprio perché coinvolge il mondo del carcere. Un mondo spesso dimenticato che merita, invece, grande attenzione.
Fin qui l'articolo pubblicato dalla GazzettadelSud del 4 gennaio.
Per chi no lo sapesse il gruppo musicale denominato Coram Populo, letteralmete: in presenza del popolo o davanti al popolo, è composto da musicisti Sartanesi. Pino Cariati creatore e pensatore del gruppo è la voce solista dei brani presentati ma è anche un bravo autore di testi. Quando ho letto la notizia del concerto che avrebbero tenuto nel carcere di Cosenza gli ho scritto per richiedergli un reportage della serata da inserire in questo blog. Conosco Pino da quando eravamo ragazzi, sapevo che si sarebbe limitato a dire poche cose, che qui riporto integralmente:
"Per quanto riguarda il concerto e a quel che si prova ad esserci, posso dirti che alla fine, quando gli ospiti del carcere sono venuti a salutarci e a darci la mano, mi è tornata in mente una canzone di Gino Paoli nella quale, dopo aver raccontato che la sua casa era stata visitata dai ladri, lui viene assalito dal dubbio che se non gli fosse andata bene con le canzoni forse a quest'ora ci sarebbe stato un ladro in più; poi continua dicendo che le strade sono tutte giuste, anche quelle sbagliate, basta non prendersi mai troppo sul serio.
Vai capire dove sta la verità! Non mettere commenti al concerto, basta la notizia, se no finisce che mi prendo troppo sul serio.
Auf viederseen (non ricordo bene se si scrive proprio così)."
Auf viederseen (non ricordo bene se si scrive proprio così)."
lunedì 7 gennaio 2008
Avviso per chi avesse intenzione di morire nei giorni.........
......non prescritti dal nostro beneamato Sindaco. Ricevo e volentieri pubblico questa informazione ad uso esclusivo dei cittadini "viventi".
Torano Castello
Vietato tumulare salme nelle ore pomeridiane, nei prefestivi e nei festivi, al camposanto di Torano Castello, per mancanza di personale comunale addetto al cimitero.
Una decisione presa dall’amministrazione comunale di Torano Castello che sta mandando su tutte le furie, alcune ditte di onoranze funebri e i parenti delle persone decedute in attesa di avere una sepoltura.
È di sabato la notizia, che i parenti di una signora deceduta venerdi scorso e la ditta di onoranze funebri, che si occupa del servizio, si sono sentiti rispondere dal primo cittadino di Torano Castello, per come riferito dal titolare della ditta che : “ non si può autorizzare la tumulazione della salma, nelle ore pomeridiane per mancanza di personale comunale presso il cimitero”.
Al diniego dell’autorizzazione alla sepoltura della salma della signora, non si è scongelato il cuore del primo cittadino, neanche quando a chiederlo sono stati i familiari, e neanche su proposta della ditta che si occupava del servizio, che avrebbe impiegato, la ditta stessa, personale proprio per eseguire la tumulazione per non lasciare la bara nella, pseudo, sala mortuaria del cimitero per tre giorni la defunta in attesa che, oggi in mattinata, si potesse procedere alla sepoltura. Alle richieste formulate, è arrivata la negazione del primo cittadino, nonostante con una lettera datata 20 dicembre 2007, il titolare di una ditta, proprio quella che si occupava delle esequie e della cerimonia religiosa della signora, comunicava al sindaco di Torano Castello che : “ la disposizione relativa ai servizi cimiteriali emanata dal sindaco, che stabilisce la tumulazione solo nelle ore antimeridiane, comporta per le attività di onoranze funebri, problemi di ordine pratico ed economico. Inoltre il cimitero di Torano Castello, ancora non dispone di una camera mortuaria adeguata ad ospitare le salme anche nelle ore notturne e per più giorni ”.
A tale comunicazione da parte del titolare della ditta di onoranze funebri, non è arrivata ancora oggi nessuna risposta, ma non c’è da meravigliarsi, nel comune di Torano Castello, è prassi non rispondere alle istanze presentate da semplici cittadini, da istituzioni e ditte.
Dunque avete inteso bene quando si puo morire e quando no? Se qualcuno decidesse di farlo in giorni non prescritti gli toccherà aspettare per essere tumulato. Un sentito ringraziamento all'attuale e alle passate amministrazioni per l'allegra finanza, per gli ottimi affari conclusi, per i mutui che ci avete lasciato in eredità, cosi tanti che non ci si può più permettere di morire ed essere tumulati quando è giunta l'ora. In un'altro post riportavo una interrogazione parlamentare del 27 LUGLIO 1949 con la quale si domandava:
La strada è poi stata fatta, ma passi avanti non ne sono stati fatti molti se nel 2008 siamo in questa situazione, nemmeno le risorse per un operatore cimiteriale a tempo pieno.
Teniamoci in vita, visto i tempi che corrono........
domenica 6 gennaio 2008
Tg3 della Calabria, con calza della befana.
http://switchboard.real.com/player/email.html?PV=6.0.12&&title=TGR%20Regionale%20COSENZA&link=http%3A%2F%2Fwww.inforegioni.rai.it%2Fram%2Fregioni%2Fcalabria%2Ftgr%2F20080106new1biftgr%5Fore%5F19%5F30%5Fdel%5Fgiorno%5F6%5Fgennaio%5F2008%2Dcalabria%2D00.ram
L'apertura è sul fatto di cronaca nera avvenuto nel nostro comune. Nella seconda parte segue una intervista da studio oggetto di questo post.
Ci risiamo, se le parole hanno un senso ad esse seguono azioni e fatti concreti. Ricordatevi di questo annuncio fatto non da un pulpito qualunque o in un comizio di piazza in piena campagna elettorale, ma dal TelegiornaleRaiCalabria. Ricordatevi che era il giorno dell'Epifania del 2008. Il garante dei malati, il difensore civico, il garante dell'infanzia, il garante dei carcerati. Non entro nel merito delle dichiarazioni, di garanti e garantiti ne avevo già parlato. Aspettiamo la befana dell'anno prossimo.
Per vedere il filmato clicca sul link
Scusate ma il link non è piu attivo, non per colpa mia, ma la Rai forse non li rende fruibili oltre lo stesso giorno di messa in onda.
sabato 5 gennaio 2008
CronacaNera


Torano Castello
Operaio ventinovenne viene ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto, una Fiat Panda, in una stradina sterrata di campagna, in contrada Sant’Andrea nel comune di Torano Castello.
Ad avvertire e segnalare la presenza del cadavere e dell’auto incendiata del macabro fatto di cronaca è stata una telefonata arrivata al centralino del comando compagnia dei carabinieri di Rende.
Alessandro Chiappetta, è il nome del cadavere carbonizzato rinvenuto nella Panda, di professione operaio, con mansioni di saldatore, presso una piccola impresa metalmeccanica, che dista poche centinaia di metri dalla sua abitazione, in contrada Dominicelli, dove viveva con i familiari. La stradina dov’è stato rinvenuto il cadavere è una via senza uscita, che cammina parallela ad un allevamento di struzzi, in aperta campagna, dove ad un tiro di schioppo si trovano la S.S.19, la A3 e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari. Le tracce di Alessandro Chiappetta si perdono nella serata di venerdi, dove, pare che, sia stato visto in giro con la sua automobile fino alle diciannove e trenta circa, dopo quell’ora nessuna traccia fino a ieri mattina quando è stato avvistato il cadavere e l’auto bruciata. Vani, dopo quell’ora, anche i tentativi dei genitori di rintracciarlo sul cellulare. Alcune persone, che abitano vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, presenti sul posto hanno raccontato che “ abbiamo visto ieri sera intorno alle venti delle fiamme, ma pensavamo fosse qualcosa che bruciava, mai pensavamo fosse una sciagura come questa”. Altre ancora dicevano che:” da alcuni giorni si aggiravano nella zona delle persone sconosciute, che chiedevano se da queste parti ci fosse una falegnameria”. Fatto sta che da un po’ di tempo a questa parte la media Valle del Crati ha perso la tranquillità, nonostante i continui controlli delle forze dell’ordine. Sul posto immediatamente alla telefonata si sono recati i carabinieri di Torano Castello e di Lattarico, coordinati dal vice comandante provinciale, tenente-colonnello Demetrio Buscia, e dal tenente Francesco Mandia, vice comandante del comando compagnia di Rende. Gli uomini dell’arma, hanno centellinato al millimetro il lavoro di intelligence, nella conduzione delle indagini senza tralasciare nessuna pista, da quella passionale a quella malavitosa. Sul posto si è recato anche il magistrato Francesco Minisci e il criminologo Rocco Barbaro. L’operaio veniva descritto da chi lo conosceva come una persona senza grilli per la testa, amava la caccia e a giorni avrebbe dovuto scegliere insieme alla fidanzata il locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento delle imminente nozze. La scena era da paura e da disperazione, si sentivano solo le urla dei familiari, dei parenti e degli amici che non si capacitavano dell’accaduto. Dopo i rilievi del caso, è stata rimossa la carcassa dell’auto e il cadavere del Chiappetta, un mucchio di ossa, che veniva trasferito presso l’obitorio dell’Ospedale civile di Cosenza, dove sarà eseguito l’esame autoptico. L'ipotesi dei carabinieri e' che l'uomo sia stato ucciso ed il suo cadavere lasciato nella Panda,poi incendiata. Oppure che il giovane sia stato assassinato da qualcuno che si trovava con lui a bordo dell'auto e con cui Chiappetta aveva avuto un incontro. Intanto le indagini, degli uomini dell’arma continuano a trecento sessanta gradi.
Gildo Anthony Urlandini
Operaio ventinovenne viene ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto, una Fiat Panda, in una stradina sterrata di campagna, in contrada Sant’Andrea nel comune di Torano Castello.
Ad avvertire e segnalare la presenza del cadavere e dell’auto incendiata del macabro fatto di cronaca è stata una telefonata arrivata al centralino del comando compagnia dei carabinieri di Rende.
Alessandro Chiappetta, è il nome del cadavere carbonizzato rinvenuto nella Panda, di professione operaio, con mansioni di saldatore, presso una piccola impresa metalmeccanica, che dista poche centinaia di metri dalla sua abitazione, in contrada Dominicelli, dove viveva con i familiari. La stradina dov’è stato rinvenuto il cadavere è una via senza uscita, che cammina parallela ad un allevamento di struzzi, in aperta campagna, dove ad un tiro di schioppo si trovano la S.S.19, la A3 e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari. Le tracce di Alessandro Chiappetta si perdono nella serata di venerdi, dove, pare che, sia stato visto in giro con la sua automobile fino alle diciannove e trenta circa, dopo quell’ora nessuna traccia fino a ieri mattina quando è stato avvistato il cadavere e l’auto bruciata. Vani, dopo quell’ora, anche i tentativi dei genitori di rintracciarlo sul cellulare. Alcune persone, che abitano vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, presenti sul posto hanno raccontato che “ abbiamo visto ieri sera intorno alle venti delle fiamme, ma pensavamo fosse qualcosa che bruciava, mai pensavamo fosse una sciagura come questa”. Altre ancora dicevano che:” da alcuni giorni si aggiravano nella zona delle persone sconosciute, che chiedevano se da queste parti ci fosse una falegnameria”. Fatto sta che da un po’ di tempo a questa parte la media Valle del Crati ha perso la tranquillità, nonostante i continui controlli delle forze dell’ordine. Sul posto immediatamente alla telefonata si sono recati i carabinieri di Torano Castello e di Lattarico, coordinati dal vice comandante provinciale, tenente-colonnello Demetrio Buscia, e dal tenente Francesco Mandia, vice comandante del comando compagnia di Rende. Gli uomini dell’arma, hanno centellinato al millimetro il lavoro di intelligence, nella conduzione delle indagini senza tralasciare nessuna pista, da quella passionale a quella malavitosa. Sul posto si è recato anche il magistrato Francesco Minisci e il criminologo Rocco Barbaro. L’operaio veniva descritto da chi lo conosceva come una persona senza grilli per la testa, amava la caccia e a giorni avrebbe dovuto scegliere insieme alla fidanzata il locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento delle imminente nozze. La scena era da paura e da disperazione, si sentivano solo le urla dei familiari, dei parenti e degli amici che non si capacitavano dell’accaduto. Dopo i rilievi del caso, è stata rimossa la carcassa dell’auto e il cadavere del Chiappetta, un mucchio di ossa, che veniva trasferito presso l’obitorio dell’Ospedale civile di Cosenza, dove sarà eseguito l’esame autoptico. L'ipotesi dei carabinieri e' che l'uomo sia stato ucciso ed il suo cadavere lasciato nella Panda,poi incendiata. Oppure che il giovane sia stato assassinato da qualcuno che si trovava con lui a bordo dell'auto e con cui Chiappetta aveva avuto un incontro. Intanto le indagini, degli uomini dell’arma continuano a trecento sessanta gradi.
Gildo Anthony Urlandini
venerdì 4 gennaio 2008
E se fosse vero?
Il Caso.
Il 25 novembre i carabinieri ritirano al giovane la patente. Poco dopo lo beccano mentre guida.
«I carabinieri ci hanno urtato facendoci andare fuori strada»
«Luigi aveva paura dei militari perchè nutrivano dei rancori contro di noi»
COSENZA
di ASTOLFO PERRONGELLI
redazione@laprovinciacosentina.it
Un grave incidente stradale avvenuto la sera del 25 novembre sulla strada provinciale 107. Tragico il bilancio: un morto, e un giovane rimasto vivo per miracolo. Durante un inseguimento con i carabinieri, l’auto guidata da Luigi Tucci, camionista di 27 anni (al quale i militari dell’Arma, nel tardo pomeriggio, nel corso di un controllo, avevano ritirato la patente perché risultato positivo al test etilico) improvvisamente, a causa della forte velocità, ha cominciato a sbandare, s’è cappottata e ha finito la sua corsa in una scarpata. Luigi Tucci è morto all’istante, il suo amico, Giuseppe Monaco, sbalzato fuori dalla vettura, una Lancia Dedra rossa, ha riportato numerose ferite. Qualcuno ha chiamato i soccorsi, sul posto si sono recati i vigili del fuoco e i volontari del 118. Questa è la versione ufficiale fornita dagli investigatori. Ma su questa vicenda, che ha distrutto una famiglia con la morte di Luigi Tucci, c’è bisogno di chiarezza, e il giovane che è riuscito a salvarsi, Giuseppe Monaco, ha deciso di raccontare alla Provincia cosentina la sua verità. Sull’accaduto la procura della Repubblica di Cosenza ha aperto un’indagine. «Tutto è cominciato il pomeriggio del 25 novembre », racconta Giuseppe Monaco, disteso immobile sul divano del soggiorno di casa sua. «Insieme a mio zio e a Luigi ci siamo recati a Torano in un bar per trascorrere alcune ore insieme e bere un paio di birre. Verso le 18,30 abbiamo deciso di andare via. Usciti dal locale Luigi è salito a bordo della vettura e siamo partiti. Abbiamo percorso poche centinaia di metri e i carabinieri ci hanno fermato. Ho effettuato il test dell’etilometro ed è risultato negativo». Spiega Giuseppe: «Poi è stata la volta di Luigi. Il controllo anti alcol lo ha ripetuto sei volte perché dall’esame risultava il minimo punteggio per ritirargli la patente. Luigi ha chiesto ai carabinieri di soprassedere perché altrimenti, senza patente, non avrebbe potuto guidare i camion e avrebbe perso il posto di lavoro». Ma i carabinieri, ligi al dovere, affidano la vettura a Giuseppe Monaco che è risultato sobrio. Continua il ragazzo: «Dovevo parcheggiare l’auto vicino a casa di Luigi, ma posti non ce ne erano. Così l’ho sistemata a San Nicola, all’ingresso del paese, sempre a poche centinaia di metri da casa del mio amico. Quindi ci siamo recati in un bar per aspettare che si liberasse qualche parcheggio. Abbiamo trascorso il tempo chiacchierando con gli amici e abbiamo bevuto, sia Luigi che io, una sola birra». Verso le 21, racconta Giuseppe, «dovevamo recarci a casa mia per una spaghettata. Luigi ha detto di voler guidare la sua auto, anche se gli avevano ritirato la patente, visto che il tragitto da percorrere era breve, in quanto eravamo vicini alla sua abitazione. Entrati in macchina ci hanno visti i carabinieri che erano con un’altra persona. Hanno lasciato quest’ultima e si sono diretti verso di noi ad alta velocità. Luigi si è impaurito, e ha detto “se i carabinieri adesso ci fermano sono problemi. Ci portano in caserma e mi picchiano”. Poi si è recato verso contrada Salice, con le forze dell’ordine che ci stavano dietro con i lampeggianti e le sirene accese». Prosegue Giuseppe Monaco: “Ho cercato di dire a Luigi di fermarsi ma lui aveva paura dei carabinieri, per quello che potevano fargli. Era terrorizzato. Così è continuato l’inseguimento lungo le strade del paese. Dopo l’ultima curva di contrada Salice, comincia un rettilineo. Qui i carabinieri ci hanno quasi raggiunto. Luigi, per non farsi sorpassare, si è messo al centro della strada ma la pantera dell’Arma, nel tentativo di passare, ha toccato la Dedra dal mio lato. Luigi ha perso il controllo della Lancia». Quindi la tragedia. Il conducente è morto, mentre il compagno è finito in una scarpata.Giuseppe spiega: «Sono venuti verso di me i carabinieri. Io ho chiesto che chiamassero i soccorsi, ma uno di loro mi ha risposto in malo modo. Nel frattempo lungo la strada si fermavano persone, ma i militari li hanno allontanati». A questo punto si fa sempre più interessante la versione di Giuseppe il quale sostiene che uno dei carabinieri «è rimasto sul luogo dell’incidente, mentre il collega si è allontanato con l’auto di servizio, forse è andato a cambiare la vettura, probabilmente perché c’era rimasta della vernice. Poi il carabiniere ha chiamato i soccorsi». E il ricovero in ospedale. Giuseppe sostiene che i militari della locale stazione dell’Arma avevano dei rancori nei loro confronti «perché in un paesino piccolo spesso ti capita di litigare con qualche compaesano. Allora vieni considerato negativamente. Insomma ci assillavano. Luigi sopportava, anche le sberle e le multe che riceveva. Io invece ho conservato tutti i verbali perché volevo andare da un avvocato e denunciare questo abuso di potere. Non abbiamo mai fatto nulla di male, nessun precedente penale. Ma i carabinieri ci fermavano senza ragione, ci perquisivano davanti alla gente per umiliarci». Questa è la versione di Giuseppe Monaco. Ora alla magistratura fare chiarezza su quanto accaduto la sera del 25 novembre 2007.
Articolo tratto da “LaProvinciaCosentina” pag.7 del 3 gennaio 2008
http://laprovinciacosentina.echopress.it/archivio_pdf/20080103.pdf
E se fosse vero? Già, ma non possiamo saperlo, almeno fino a quando la giustizia non avrà fatto il suo corso. Però, alcune considerazioni si possono fare e le voglio fare, chiaramente alla luce di quello che ho letto. 50000 anime scarse i residenti nel comune, quelli noti o segnalati alle forze dell'ordine quanti saranno, spariamo alto, il 10% della popolazione(compresi i neonati e gli ultra settantenni)? Totale 500, togliamo quelli in età sotto i 10 e sopra i settanta, ne rimangono la metà. Di questi quanti sono possessori di una LanciaDedra rossa? 1(uno). Allora qual'era la necessità di ingaggiare un inseguimento da telefilm americano se sapevano benissimo a chi apparteneva la macchina, l'avevano fermato poche ore prima, era già noto, sarebbe bastato andare a bussare alla porta di casa all'ora di cena e l'avrebbero preso con la forchetta in mano. Nel racconto riportato nell'articolo, a mio avviso si evincono delle condizioni ambientali tali da farlo ritenere credibile, almeno in alcuni passaggi. Ma sono mie convinzioni e nient'altro. Certo però che se anche un quarto del racconto corrispondesse al vero non c'è da stare allegri.
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Cari navigatori del web,
quando ho aperto questo blog non avevo idea di quante persone sarebbero transitate per leggere quanto di giorno in giorno vado inserendo, traendo spunto dalla stampa, da qualche informazione, da suggerimenti di amici e conoscenti. A volte mi chiedo chi sono le persone che leggono questo blog, domanda che non trova risposta, ma so che leggete e questo è quel che conta.
Ho inserito una guestmap per i "sartanesinelmondo", ho segnalato le nazioni di mia conoscenza, se volete contribuire a completarla è a vostra disposizione.
Grazie e continuate a cliccare.
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giovedì 3 gennaio 2008
I garanti, i garantisti e i garantiti
Da "Repubblica"
Un uomo di 80 anni con difficoltà respiratorie è deceduto dopo ore di attesa. Nello stesso ospedale nel 2007 sono morte due ragazze in sala operatoria
Vibo Valentia, non c'è il posto letto, muore dopo 4 ore in pronto soccorso.
Il figlio: "Abbiamo raccontato la nostra storia per evitare che accadano casi simili"
.........................................."Mio padre - ha raccontato Michele Maccarone - era cardiopatico e aveva un'insufficienza renale. Altro che codice rosso, come dicono i medici. Dopo che è stato trovato un posto letto nell'ospedale di Tropea ho chiesto se il trasporto in ambulanza non potesse essere pericoloso e i medici mi hanno rassicurato. Avevo anche chiesto che un rianimatore venisse sull'ambulanza, ma non è salito. E' lo stesso che quando è stato interpellato ci ha riposto, 'ma cosa mi chiamate a fare ?'".
Da "La ProvinciaCosentina"
Concorsopoli altri casi sospetti alla Provincia
Ultimamente mi è parso d'aver letto che il Sindaco di Cosenza abbia proposto un garante per i diritti dei carcerati. Avanti di questo passo istituiranno il garante per i diritti dei garanti. Una sola cosa vorrei dire, se non prima ma alla pari dei diritti ci sono i doveri dei cittadini per prima cosa, ma i doveri di chi ha responsabilità amministrative dovrebbero essere cosa ovvia, in Calabria stanno diventando rarità in via di estinzione.
Teniamoci in vista.
mercoledì 2 gennaio 2008
I vandali

Torano Castello
Parco giochi in mano ai vandali, non poteva iniziare in modo cosi brutto il nuovo anno a Torano Castello.
Ignoti, vandali, l’altra notte hanno messo fuori uso alcune casette in legno ubicate nel parco giochi, e divelto e rotto anche due lampioni che illuminano i viottoli all’interno del parco. Una brutta sorpresa che nessuno immaginava fosse vera, ma a conti fatti la realtà è stata nuda e cruda, quando agli occhi dei cittadini toranesi si sono presentate le casette sradicate e piegate sul fianco, mentre a poca distanza due lampioni dell’illuminazione, uno è stata divelto, l’altro è stato rotto. Ma lo scempio di inizio anno non si è fermato qui, gli ignoti imbecilli, hanno continuato nella opera dando addosso ad alcune panchine e rompendo bottiglie di vetro sui viottoli del parco. Uno spettacolo indecente che mortifica una cittadina qual’è Torano Centro, non abituata a questo genere di cose, nonostante il parco giochi fosse stato ultimato circa un anno fa, con la messa in posa di vari giochi per i bimbi, lo stesso è diventato il luogo di ritrovo della prima gioventù toranese. Non è, però, la prima volta che il parco giochi viene preso di mira, tempo addietro i soliti ignoti ed imbecilli hanno imbrattato i muri del plesso, all’interno del parco che ospita la biblioteca comunale, con disegni osceni, i vetri delle finestre e le porte d’ingresso con scritte. Non è bastata l’opera di pulitura dei muri e dei vetri e delle porte, da parte degli operai comunali, non è bastato l’avvertimento dell’amministrazione comunale, non bastano neppure i controlli, che i soliti imbecilli, deturpano un bene collettivo, che serve a tutti. La maggior parte dei cittadini chiede alle autorità competenti di intervenire, magari con una severa punizione, infliggendo una multa salatissima al primo che viene scoperto a commettere questi piccoli reati contro il patrimonio pubblico che appartiene a tutta la cittadinanza toranese.
Parco giochi in mano ai vandali, non poteva iniziare in modo cosi brutto il nuovo anno a Torano Castello.
Ignoti, vandali, l’altra notte hanno messo fuori uso alcune casette in legno ubicate nel parco giochi, e divelto e rotto anche due lampioni che illuminano i viottoli all’interno del parco. Una brutta sorpresa che nessuno immaginava fosse vera, ma a conti fatti la realtà è stata nuda e cruda, quando agli occhi dei cittadini toranesi si sono presentate le casette sradicate e piegate sul fianco, mentre a poca distanza due lampioni dell’illuminazione, uno è stata divelto, l’altro è stato rotto. Ma lo scempio di inizio anno non si è fermato qui, gli ignoti imbecilli, hanno continuato nella opera dando addosso ad alcune panchine e rompendo bottiglie di vetro sui viottoli del parco. Uno spettacolo indecente che mortifica una cittadina qual’è Torano Centro, non abituata a questo genere di cose, nonostante il parco giochi fosse stato ultimato circa un anno fa, con la messa in posa di vari giochi per i bimbi, lo stesso è diventato il luogo di ritrovo della prima gioventù toranese. Non è, però, la prima volta che il parco giochi viene preso di mira, tempo addietro i soliti ignoti ed imbecilli hanno imbrattato i muri del plesso, all’interno del parco che ospita la biblioteca comunale, con disegni osceni, i vetri delle finestre e le porte d’ingresso con scritte. Non è bastata l’opera di pulitura dei muri e dei vetri e delle porte, da parte degli operai comunali, non è bastato l’avvertimento dell’amministrazione comunale, non bastano neppure i controlli, che i soliti imbecilli, deturpano un bene collettivo, che serve a tutti. La maggior parte dei cittadini chiede alle autorità competenti di intervenire, magari con una severa punizione, infliggendo una multa salatissima al primo che viene scoperto a commettere questi piccoli reati contro il patrimonio pubblico che appartiene a tutta la cittadinanza toranese.
Gildo Anthony Urlandini
martedì 1 gennaio 2008
Mal comune mezzo gallo
Dal quotidiano "La Provincia Cosentina"
Drammatico buco nelle casse comunali
LUNGRO.
Un manifesto affisso nella cittadina arbëreshë annuncia un passivo di 725mila euro L’Amministrazione «Debito determinato da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio» L’enorme disavanzo proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi.
Settecentoventicinquemila euro e non è finita. Questo pare significare il titolo del manifesto fatto affiggere dall’attuale amministrazione comunale dal titolo eloquente: “Cronaca di un disastro annunciato”. L’enorme cifra proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi dell’anno, che corrispondono al primo semestre di nuova gestione amministrativa dopo le elezioni della scorsa primavera. La descrizione del modo di gestire, che si legge nelle poche righe del manifesto, sembra essere tutt’affatto diversa da quella tipica di una normale pubblica amministrazione. Da quello che si legge non è cosa strampalata pensare che negli anni precedenti la gestione seguisse non uno ma due diversi binari. «Il debito è stato determinato – scrive l’amministrazione cittadina in carica - da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio, con rapporti di tipo privatistico». Che si fosse davanti a casi, che definire di finanza creativa è troppo poco, lo si era intuito già nell’autunno 2006. Si era a novembre dello scorso anno, in pieno commissariamento prefettizio da due mesi subentrato a una giunta costretta ad
alzare bandiera bianca dalle dimissioni congiunte della metà dei consiglieri, quando una delibera commissariale, certificava esservi debiti non riconosciuti pari a oltre 703 mila euro e non è finita. Questo pare significare il titolo del manifesto fatto affiggere dall’attuale amministrazione comunale dal titolo eloquente: “Cronaca di un disastro annunciato”. L’enorme cifra proviene da più ricognizioni di ordine contabile operate nel corso degli ultimi sei mesi dell’anno, che corrispondono al primo semestre di nuova gestione amministrativa dopo le elezioni della scorsa primavera. La descrizione del modo di gestire, che si legge nelle poche righe del manifesto, sembra essere tutt’affatto diversa da quella tipica di una normale pubblica amministrazione. Da quello che si legge non è cosa strampalata pensare che negli anni precedenti la gestione seguisse non uno ma due diversi binari. «Il debito è stato determinato – scrive l’amministrazione cittadina in carica – da acquisti di beni e servizi effettuati senza gare e senza coperture di bilancio, con rapporti di tipo privatistico». Che si fosse davanti a casi, che definire di finanza creativa è troppo poco, lo si era intuito già nell’autunno 2006. Si era a novembre dello scorso anno, in pieno commissariamento prefettizio da due mesi subentrato a una giunta costretta ad alzare bandiera bianca dalle dimissioni congiunte della metà dei consiglieri, quando una delibera commissariale, la n. 25 del 27/11/2006, certificava esservi debiti non riconosciuti pari a oltre 703 mila euro. Nell’atto commissariale era inoltre specificato quanto segue: «che per i debiti non riconosciuti di Euro 703.819,04 il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, ai sensi dell'art.191, comma 4, d.lvo n.267/2000». Se la procedura di spesa non è quella tipica dello schema legislativo, e i casi in esame non seguono minimamente la normale procedura di spesa, non sorgono obbligazioni a carico dell’ente: l’amministratore o il funzionario, infatti, rispondono col proprio patrimonio, senza che sia esperibile azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente. E’ vero che nella delibera 25/06 è scritto che quelle somme sono «al momento» non riconoscibili, perché mancanti dei requisiti previsti. Sarà l’anno 2008, forse, a chiarire nel dettaglio una faccenda i cui risvolti sono stati estesi alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.
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L'amministrazione pubblica comunale, in Calabria, per alcuni è un fatto privato, di mero potere del singolo sindaco, ma il il più delle volte del clan parentale-amicale-affaristico che lo ha eletto. Lo so che gli attuali e i passati amministratori del nostro comune non arrossiranno di vergogna nel leggere quanto successo a Lungro, penseranno: che fessi! Bastava chiedere a noi e li avremmo consigliati nel migliore dei modi. Gare d'appalto, bandi, che sono? Pastoie burocratiche, meglio la licitazione privata, che trattasi di terreni o di palazzi, di cave o di lavori pubblici, meglio fare tutto fra noi, fra amici. Tanto a pagare ci penseranno i posteri, a quelli che verranno, gli lasciamo in eredità un bel pacco: mutui da pagare. Faccio un elenco veloce: ex hotel S.Felice, palazzo Mayerà, terreno nel comune di Cerzeto; quanto è costato questo pacco ai contribuenti? Quali sono le rendite? Spero che per quet'anno 2008 qualcuno ci dia delle risposte.
Coraggio amici di Lungro non siete soli.
Buona Fortuna
sabato 29 dicembre 2007
Bastasse un garante
La Provincia di Cosenza istituisce il garante della salute
23/12 Il 7 gennaio prossimo si terra' una seduta straordinaria del Consiglio provinciale per l'approvazione della proposta di legge, presentata dal leader del Movimento Diritti civili, Franco Corbelli, sull'istituzione del Garante della salute della Calabria. La decisione di convocare il consiglio straordinario, secondo quanto riferisce lo stesso Corbelli, e' stata presa dalla conferenza dei capigruppo.La proposta, afferma Corbelli in un comunicato, ha già ottenuto il parere favorevole della Prima Commissione del Consiglio, presieduta da Giuseppe Aieta. Ringrazio l'intero Consiglio provinciale, i presidenti del Consiglio e della Giunta provinciali, Francesco Principe e Mario Oliverio. E' una svolta storica per la sanità calabrese, destinata ad diventare un modello e una struttura di riferimento per l'intero Paese''. ''Il ddl del Garante della salute, dopo l'approvazione da parte del Consiglio provinciale di Cosenza - sostiene ancora Corbelli - sarà trasmesso al Consiglio regionale e' diventera' cosi' legge regionale. La Calabria sarebbe la prima regione a dotarsi di questa struttura, che di certo rappresenterebbe una garanzia per tutti i cittadini. Il Garante servirà a denunciare e scongiurare in futuro tanti casi di mala sanità, evitando cosi' nuove tragedie''.
Articolo tratto da "Nuova Cosenza"
Mi fa piacere pensare al fatto che qualcuno abbia trovato il rimedio alla mala sanità e nuove tragedie in Calabria.
Nella maggior parte degli Ospedali d’Italia è presente “Il tribunale per i diritti del malato” a questo link: http://www.disabili.com/content.asp?Subc=6316&L=1&idMen=500
trovate le sezioni presenti in Calabria. Generalmente funzionano, sono tenuti in notevole considerazione dalle stesse strutture la dove queste sono presenti. In Calabria non funzionano? Funzionano male? Non hanno visibilità all’interno delle strutture? Si faccia in modo che funzionino, che le stesse invoglino i malati ed i familiari ad informare sulle situazioni di mala sanità.
Il garante! Una figura burocratica in più nel panorama del cattivo funzionamento della cosa pubblica in Calabria. Questa figura non potrà risolvere i problemi della mala sanità in Calabria, spero che la regione non si faccia abbagliare da questi sprazzi di inventiva. La mala sanità si combatte cercando di cambiare il modo di fare, di porsi, di agire delle persone che vi operano, dai primari ai medici specialisti, dai caposala agli infermieri, dagli amministratori agli inservienti. Tutti al servizio del malato, è lui soggetto e oggetto bisognoso di cure e attenzioni. Ma è mai possibile che ancora oggi devono essere i parenti del ricoverato ad assolvere ai bisogni più elementari del ricoverato? E’ mai possibile che ancora oggi se non si foraggia l’infermiere/a di turno si rischia di suonare invano il campanello per le chiamate notturne? Avete provato ad avere un familiare ricoverato? Bene. Chiedetevi che cosa potrà fare il garante.
Buon Anno
lunedì 24 dicembre 2007
Auguri
A
chi
ama
dormire
ma si sveglia
sempre di buon
umore, a chi saluta
ancora con un bacio, a
chi lavora molto e si diverte
di più, a chi va in fretta in auto
ma non suona ai semafori, a chi arriva
in ritardo ma non cerca scuse, a chi spegne
la televisione per fare due chiacchiere, a chi è
felice il doppio quando fa a metà, a chi si alza presto
per aiutare un amico, a chi ha l'entusiasmo di un bambino
e pensieri da uomo, a chi vede nero solo quando è buio. A chi
non aspetta
Natale
per
essere
migliore
Buon Natale
sabato 22 dicembre 2007
I pittuli
Ci sono cose, fatti della vita di ognuno di noi che non si possono dimenticare, cancellare, in modo speciale quelle cose, quei fatti quel modo di sentire impressi nel nostro cervello, nella nostra coscienza, quelli legati all'infanzia rimangono e ci accompagnano per tutta la vita. Il 23 dicembre l'AntiVigilia per eccelenza, giorno dedicato dalle famiglie Sartanesi alla frittura di "pittuli e vussunieddri" e dei dolci "turdiddri, scaliddri e cassateddri". Ricordo l'odore dell'olio fritto, il volto arrossicato delle donne chine sulla grande padella di ferro sul fuoco del camino; erano in due la prima era addetta a "piglia" l'altra ad allargare e toglierli dall'olio appena dorati. Qualcosa si consumava la sera stessa, molto poco a dire il vero, con la scusa che caldi gonfiavano lo stomaco, freddi e riscaldati duravano fine alla befana, una ulteriore riserva di cibo, in quel mondo contadino dove di cibo non ce n'era mai abbastanza. Ma il ricordo di cui voglio parlare è un'altro, quello del dono che si faceva di queste fritture dolci e salate, a coloro che quel Natale non potevano friggere, ai parenti più stimati, a chi aveva più bisogno degli altri per vivere un Natale con e come gli altri. La mattina "da vijilia i Natali" l'occupazione principale per i ragazzi e adolescenti era quella di andare a donare "purtà i pittuli" a quella lista di persone che i nostri genitori sapientemente tenevano aggiornata. A me toccava, con piacere, andare a portare i pittuli alla zia paterna, in cambio ricevevo una liretta, quando c'era, dei frutti o altro, ma un dono c'era sempre. L'usanza di portare i pittuli alle persone vicine o parenti colpite da un lutto era una regola ben codificata. La socialità si esprimeva con piccoli gesti, ma erano evidenti e sentiti. In un certo qual modo anche oggi persistono gesti e atteggiamenti legati ad una socialità e di un modo di vivere che non esiste più, si scambiano doni elettronici o super tecnologici, fiumi di spumante e quintali di panettoni, la frittura dei dolci Natalizi rimane una usanza all'interno del gruppo familiare ristretto. Non so dirvi se sia meglio o peggio di ieri, certo che qualcosa abbiamo perso, che cosa ne abbiamo ottenuto in cambio l'abbiamo sotto gli occhi.
Buon Natale
giovedì 20 dicembre 2007
SartanoNews
I cittadini di Sartano stanotte, intorno alle quattro, sono stati svegliati da una scossa di terremoto di grado 3,7. nessun danno ma tanta paura.
La comunità di Sartano, a partecipato poco tempo addietro alla trasmissione televisiva in diretta su Video Calabria, "Uè paisà", mettendosi in contatto con i sartanesi residenti in Canada.
13 Dicembre 2007, ancora una volta a Sartano è stata rinnovata la magica tradizione da "Prucineddra", che ha coinvolto tutti i cittadini sartanesi e dei paesi limitrofi.
6 dicembre 2007, è stato festeggiato San Nicola, vice patrono di Sartano, con relativa festa di "massari", a conclusione della cerimonia religiosa, come tradizione vuole, sono stati distribuiti ai fedeli i "panicieddri" i Santa Nicola.
Sartano multietnica, sono ormai in tanti gli extracomunitari e i comunitari che popolano Sartano, da una stima sembra che nel paese vivono circa duecento persone di varie nazionalità, in maggioramza provenienti dai paesi dell'est e dell'ex jugoslavia.
Dopo quattro mesi senza stipendio, senza contare la tredicesima, i dipendenti comunali sono riusciti ad intascare un mese di retribuzione, che Natale.
Cordiali saluti
Gildo Anthony Urlandini
lunedì 17 dicembre 2007
La nevicata del 56..................................
Non so, se quella nevicata arrivò anche a Sartano, ma sicuramente la nevicata del 16 dicembre 2007 rimarrà nella memoria di molti. Ho chiesto se qualcuno ricordasse una nevicata di questa portata e pare che negli anni cinquanta ve ne fu una simile, si ricorda che la neve arrivò al secondo gradino dell'uscio delle case. Si lo so non è una misura certa, ma se calcolate l'altezza "i nu scaluni" circa 30 cm per due è presto fatta la misura, oltrepassiamo i 50 cm.
Avoglia i scirubbetta.
sabato 1 dicembre 2007
Udite, udite
Il Corpo Forestale dello Stato, su delega della Procura della Repubblica di Cosenza, in data 30 Novembre 2007 ha sequestrato i capannoni dell'ex azienda agricola Mayerà di Serramezzana, in totale ha sequestrato 12 capannoni e l'area circostante per circa 25 mila metri quadrati.
Una sola domanda mi frulla per la testa: e mò che succede?
Aspettiamo di vedere apporre i sigilli e poi ne riparleremo.
lunedì 26 novembre 2007
Me lo hanno segnalato
www.calabriauno.tv
Gli ho dato una sbirciatina, ma non mi pare che si distacchi molto dal resto della miriade di TV locali in Calabria.
domenica 25 novembre 2007
Genealogia
CAVALCANTI
Linea dei baroni di Sartano
1.1. don Amerigo Cavalcanti da Firenze l'anno 1352 giunge in Calabria per conto della regina Giovanna.secondo il padre Fiore. Arma: d'argento seminato di crocette rincrociate di rosso. Cim.
: Una zampa di cavallo d'argento ferrata d'oro, chiodata di nero. (fonte: U.Ferrari, Armerista calabrese)
Wife: [--?--]
2.1. don Filippo Cavalcanti 1° barone di Sartano il 31 agosto 1363; Regio Ciambellano nel 1343 " Filippo , cameriero della suddetta reina,... ottenuto il castello di Sartano non troppo lungi da Cosenza,...stabilì in quella città la sua famiglia"P. Fiore da Cropani
Wife: [--?--]
3.1. don Amerigo Cavalcanti 2° barone di Sartano investito nel 1364 e 1406
Wife: [--?--]
4.1. don Nicola Cavalcanti 3° barone di Sartano investito nel nel 1433 1442 e 1459
Wife: donna Camilla Maurelli
5.1. don Bermardino Cavalcanti dei baroni di Sartano
5.2. don Giorgio Cavalcanti dei baroni di Sartano
5.3. Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano La paternità di questa Giovanna Cavalcanti dei baroni di Sartano viene indicata in L. Palmieri, "Cosenza e le sue famiglie", Cosenza, 1999, Tomo II, pag. 515 dove si dice che: "Giacomo di Tarsia ebbe in moglie Giovanna Cavalcanti, sorella utriusque congiunta di Aloisio"Confermata dal Pellicano Castagna, nella "Storia die Feudi etc.", Vol. I, pag. 194, che dice: "Giacomo di Tarsia, 2° barone di Belmonte, ebbe in moglie Giovanna sorella di Loise Cavalcanti, barone di Sartano. Una loro figlia, Sigismonda, sp. (1509) Pietro Paolo Parisio, il futuro Cardinale.
Husband: Giacomo o Jacopo di Tarsia (2° barone di Belmonte), Latrucha e Santa Barbara died 5 November 1491; Capitano a guerra di CosenzaNel 1464 Re ferrante gli restituisce i feudi di Latrucha e Santa Barbara
5.4. don Loise Cavalcanti 4° barone di Sartano
Wife: [--?--]
6.6. don Pietro Paolo Cavalcanti dei baroni Sartano; CAPOSTIPITE DEI DUCHI DI TORANO
Wife: [--?--] born 22 February 1576;
7.10. don Giovan Tommaso Cavalcanti STIPITE DELLA CASA DI TORANO
7.11. don Vincenzo Cavalcanti nel 1542 compra il feudo di Santa Maria della Rota dall'Abbazia della SS Trinità born 22 February 1576;
Wife: donna Laura Marchesini
8.11. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota
Wife: donna Aurea Ferrari
8.12. donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota married don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani between 1549 and 1550.
Spouse: don Pietro Antonio Ferrari poi barone di Cropani married donna Sigismonda Cavalcanti dei baroni di Rota between 1549 and 1550.
8.13. donna Laudomia Cavalcanti dei baroni di Rota
Husband: don Pietro Ciaccio
8.14. don Francesco Maria Cavalcanti il 3 luglio 1577 ebbe sign. di Relevio per le terre di S. Maria la Rota e Malgalavita died 16 April 1590;
Wife: donna Violante Barracco dei baroni di Lattarico
9.8. don Scipione Cavalcanti dei baroni di Rota
9.9. don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota
Wife: donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni
10.6. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri
Wife: donna Giovanna Cavalcanti
11.6. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita
Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri
12.13. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri
12.14. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732;
Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli
13.12. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734.
13.13. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760;
Wife: donna Lucia Rossi napoletana
14.15. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786;
Wife: donna Isabella Capece di Lecce
15.24. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita
Husband: don Eduardo Pugliatti
Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria
15.25. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita
9.10. don Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota
9.11. don Muzio Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita l'11 maggio 1591; i fratelli gli cedono i loro diritti ereditari con Regio Assenso del 1617 died 21 June 1621;
Wife: donna Clarice Abenante dei baroni di Cirò
10.7. donna Violante Cavalcanti unica figlia; il 30 agosto 1622 eredita i casali di Rota e Mangalavita; sposa lo zio Pietro Giovanni
Husband: don Pietro Giovanni Cavalcanti dei baroni di Rota
11.7. don Muzio Francesco Cavalcanti dà l'assenso alal madre per vendere il feudo a Filippo Cavalcanti barone di Caccuri
Wife: donna Giovanna Cavalcanti
12.15. donna Cleria Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita
Husband: don Marzio Cavalcanti duca di Caccuri
13.14. don Antonio Cavalcanti 2° duca di Caccuri
13.15. don Francesco Cavalcanti compra dal fratello i casali di Rota e Mangalavita e si intesta il 3 3 1707 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 1732;
Wife: donna Caterina Capece patrizia di Napoli
14.16. don Filippo Cavalcanti non si intestò e morì a Rota ucciso dai suoi vassalli nel 1734 died Rota Greca, Cosenza, Calabria, Italy, 8 March 1734.
14.17. don Luigi Cavalcanti barone di Rota e Mangalavita il 25 settembre 1744 died 8 September 1760;
Wife: donna Lucia Rossi napoletana
15.26. don Vincenzo Cavalcanti il 16 febbraio 1778 si intestò dei casali di Rota e Mangalavita died Lattarico, Italia, 31 January 1786;
Wife: donna Isabella Capece di Lecce
16.67. donna Marianna Cavalcanti dei baroni di Rota e Mangalavita
Husband: don Eduardo Pugliatti
Husband: don Alessandro Nava o de Nava nobile di Reggio Calabria
16.68. don Filippo Cavalcanti ultimo intestatario il 7 novembre 1796 del casale di Rota e Mangalavita
6.7. don Alfonso Cavalcanti premorto
Wife: donna Linella Sersale
7.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 5° barone di Sartano investito nel 1506 died about 1529.
Wife: donna Antonina Ciaccio o di Ciaccio
8.15. don Scipione Cavalcanti 6° barone di Sartano; investito nel 1529
8.16. don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano married donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita 1533.
Wife: donna Lucrezia di Tarsia dei baroni di Belmonte; primogenita married don Ettore Cavalcanti 7° barone di Sartano 1533;
9.12. don Pietro Giovanni Cavalcanti 8° barone di Sartano erede nel 1544 testa nel 1554 died after 1554.
9.13. donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578;
Husband: don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560;
6.8. don Salvatore Cavalcanti dei baroni di Sartano; barone di Cannicella; barone di Torano nel 1536 per vendita del Principe di Bisignano died September 1548. Acquista anche la bagliva di tarsia per vendita fattagli da Tommaso Longo, con Regio Assesnso del 1525, registrato nei Quinternioni 26, al f. 204t (cfr. Mazzoleni, "Fonti ..." pag. 175)Riportano da M. Pellicano Castagna, Storia dei Feudi etc., vol 1 pag. 370
Wife: donna Violante de Luzzi
7.13. Giovanni Battista Cavalcanti STIPITE DEI FUTURI DUCHI DI BUONVICINO
Wife: donna Anna di Tarsia dei baroni di Belmonte
8.17. don Ippolito Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella died 1560;
Wife: donna Antonia Cavalcanti 9° baronessa di Sartano ultima della linea primogenita dei baroni di Sartano erede nel 1554 testa nel 1578 died after 1578;
7.14. Giovan Lorenzo Cavalcanti STIPITE DELLA LINEA CHE RIVENDICO' LA BARONIA DI SARTANO nel 1666 secondo il Pellicano
7.15. don Antonello Cavalcanti succede al padre nel feudo di Cannicella per disp. test. paterna con atto del 1 nov. 1540 per not. Napoli di macchia died 24 August 1553; Si sposa con atto 8 giugno 1559 per notaio Desideri
Wife: donna Giulia Sersale
8.18. don Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della bagliva di Tarsia il 23 agosto 1554 died 27 September 1591;
Wife: donna Isabella Pescara dei baroni di San Lorenzo
9.14. don Francesco Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 13 novembre 1592 died 9 September 1606.
Wife: [--?--]
10.8. don Francesco Salvatore Cavalcanti barone di Cannicella e della Bagliva di Tarsia il 17 luglio 1625
7.16. don Aloisio Cavalcanti dei baroni di Sartano e Cannicella; Vescovo di Nusco e di Bisignano nel 1563 died after 1563.
sabato 17 novembre 2007
Fatti&Rifatti

Presto in Borsa la Polti di Bulgarograsso.
Presentata la biografia del fondatore.
Poco prima dell'imminente quotazione in Borsa della sua azienda, Franco Polti si racconta. E lo fa con un libro, presentato ieri sera all'hotel Four Season di Milano: 'Franco Polti: My Challenge. Una storia vera con le parole di Alberto Neri'.«Mia figlia Francesca vuole portare avanti quello che il padre, ossia io, ha creato. E questo mi riempie di orgoglio e soddisfazione - spiega Polti - Quotarsi in Borsa è un passo importante, significa poter gestire nuove risorse da investire sia nei prodotti sia nelle strutture commerciali».Nel libro si parla di 'challenge', sfida. Come mai' «Tutta la mia vita è stata una sfida - prosegue Polti - sofferta e travagliata. Arrivo da un paesino calabrese ai piedi della Sila, dove per andare a scuola bisognava prendere un treno a vapore alle 5 di mattina. Una sfida continua, da quando sono nato a quando poi sono diventato imprenditore e ho inventato la 'Vaporella'. Voglio pubblicare il mio libro anche in inglese perché credo che agli americani interessino i racconti dei 'self made man'».E Franco Polti è proprio il paradigma dell'imprenditore nato dal nulla. Nel 1978 ha l'intuizione della prima 'Vaporella', sei anni dopo costituisce la 'Polti Spa' e il primo stabilimento a Olgiate Comasco. Oggi, il gruppo Polti ha sede a Bulgarograsso e filiali in Spagna, Francia, Portogallo, Messico e Asia. Fattura 120 milioni di euro all'anno, è presente in 30 nazioni e vende 1,6 milioni di pezzi all'anno.
Articolo tratto dal: CorrierediComo del 17 novembre 2007
Presentata la biografia del fondatore.
Poco prima dell'imminente quotazione in Borsa della sua azienda, Franco Polti si racconta. E lo fa con un libro, presentato ieri sera all'hotel Four Season di Milano: 'Franco Polti: My Challenge. Una storia vera con le parole di Alberto Neri'.«Mia figlia Francesca vuole portare avanti quello che il padre, ossia io, ha creato. E questo mi riempie di orgoglio e soddisfazione - spiega Polti - Quotarsi in Borsa è un passo importante, significa poter gestire nuove risorse da investire sia nei prodotti sia nelle strutture commerciali».Nel libro si parla di 'challenge', sfida. Come mai' «Tutta la mia vita è stata una sfida - prosegue Polti - sofferta e travagliata. Arrivo da un paesino calabrese ai piedi della Sila, dove per andare a scuola bisognava prendere un treno a vapore alle 5 di mattina. Una sfida continua, da quando sono nato a quando poi sono diventato imprenditore e ho inventato la 'Vaporella'. Voglio pubblicare il mio libro anche in inglese perché credo che agli americani interessino i racconti dei 'self made man'».E Franco Polti è proprio il paradigma dell'imprenditore nato dal nulla. Nel 1978 ha l'intuizione della prima 'Vaporella', sei anni dopo costituisce la 'Polti Spa' e il primo stabilimento a Olgiate Comasco. Oggi, il gruppo Polti ha sede a Bulgarograsso e filiali in Spagna, Francia, Portogallo, Messico e Asia. Fattura 120 milioni di euro all'anno, è presente in 30 nazioni e vende 1,6 milioni di pezzi all'anno.
Articolo tratto dal: CorrierediComo del 17 novembre 2007
Storia di un’azienda che arraffa i contributi europei, sfrutta gli operai e poi licenzia tuttiPrendi i soldi e scappa. La lettera, indirizzata ai rappresentanti sindacali di base, a Fiom, Fim, Uilm, al ministero del Lavoro, alla Regione Calabria, all’Unione industriali, su carta ufficiale dell’azienda (con in testa il logo - “Polti sud, più facile più felici” - che, nella circostanza, suona come uno sfottò), recita quanto segue: «Vi comunichiamo che la scrivente società è costretta a procedere al licenziamento collettivo di tutti i dipendenti in forza presso lo stabilimento di Figline Vegliaturo (n. 175 unità) in conseguenza della intervenuta decisione di cessare l’attività di tale stabilimento». E più in là affabilmente chiarisce i motivi di tale drastica soluzione, «avendo deciso di far produrre in Cina (dove i costi di produzione sono significativamente inferiori) le vaporelle e il vaporettino».Fine. Viva la faccia. La Srl Polti ha concluso la sua breve vita calabrese. Spegne la luce e se ne va. Cancelli serrati. Oltre le sbarre la intravista silhouette della Vaporella giace come una farfalla infilzata e la ingombrante sagoma bianco-grigia della fu azienda-leader sembra una caserma abbandonata in mezzo a quell’informe cemento fatto di capannoni, stabilimenti, fabbriche e fabbrichette che è il polo industriale di Piano Lago, alle porte di Cosenza. La Polti che c’era una volta e adesso non c’è più.La storia ce la raccontano Alessandro e Maurizio, al bar dell’albergo dove siamo andati a sederci, l’unico luogo che troviamo aperto in queste cinque della sera di una domenica di fine febbraio, una domenica come tante altre.Una storia italiana. Una storia molto “calabrese”.Alessandro e Maurizio, 27 e 32 anni, sono due delle “n. 175 unità” cui si riferisce la lettera di licenziamento: due ex operai, cioè, della ex Polti. Due ragazzi moderni, disinvolti, belle facce; jeans, scarpe sportive, un giaccone chiaro, un giubbotto nero Replay.Incomincia Alessandro. «Se ne vanno in Cina? Ma fino ad oggi i cinesi siamo stati noi», dice. Lui entra alla Polti nel 2001 come montatore meccanico, è il suo primo lavoro, contratto a tempo indeterminato, stipendio iniziale 770 euro, che diventano 850 dopo lo scatto di qualifica (peraltro concesso in ritardo, ben oltre i termini contrattuali). Prendere o lasciare; nella azienda leader venuta dal Nord non c’è ombra di sindacato: per Alessandro, e per tutti gli altri come lui, non esiste altra chance. Anzi, la Polti è la fortuna, il “miracolo” del posto fisso piovuto non lassù a Corsico nel Milanese, ma qui dietro casa, nella propria terra. Duecento assunti (tanti ne entrano quando la fabbrica apre i battenti); e la Polti a Figline è come la Fiat a Melfi, là le tute amaranto, qui i camici blu, quasi uno status, un previlegio. Duecento ragazzi - alla Polti sono tutti molto giovani, la media è ancora oggi di 24 anni - guardano alla fabbrica di prestigio come a un approdo sicuro. Quella fabbrica bianca che macina speranze.Storia della Polti. Alessandro (nell’azienda si è fatto le ossa, ha avuto le sue prime esperienze di lotte, è stato eletto Rsu Fiom) comincia dalla fine. «Guarda i tempi. La messa in mobilità totale è del 7 gennaio 2006; la chiusura definitiva è fissata per il 14 marzo, a giorni: perfetto, a questa data - che strana coincidenza - scade infatti il vincolo dei 6 anni legato alla legge 488 di cui la Polti ha ampiamente beneficiato».Storia della Polti sud. Prendi i soldi e scappa.La Polti è la Polti e non è Agnelli, ma, come quella degli Agnelli (fatte salve le debite differenze) è in gran parte la storia di un capitalismo familistico, di una famiglia e di un tycoon che comincia da zero e fa una gran fortuna. Lui, il fondatore, Franco Polti, negli anni 70 è un piazzista di ferri da stiro professionali, originario d un paesino presso Cosenza che si chiama San Pietro in Guarano. Un travet senza arte nè parte, al quale a un certo punto viene in mente di “creare” un arnese da stiro per uso domestico, però con le stesse caratteristiche di quello professionale. E’ il classico uovo di Colombo e anche la chiave di un successo formidabile.Si trasferisce al Nord, dalle parti di Como, insieme alla ragazza che ha appena sposato, Teresa. Quella che oggi è per tutti “la signora”. Cominciarono in una cantina, la prima Vaporella - il “rivoluzionario” ferro da stiro con caldaia a vapore - nasce nel 1978; poi inventa Vaporetto, altro portento ad acqua; ed è così che nel 1984 il Franco Polti ha smesso già da un pezzo i panni del bravo artigiano e fondato la sua prima spa, con sede a Olgiate Comasco. Va avanti a gonfie vele, inventa e sforna altri prodotti, belli e perfetti e innovativi, ad alto livello tecnologico e con design tutti da made in Italy. Marcia trionfale, nasce il grande stabilimento di Bulgarogrosso presso Como (25 mila mq), impianti modernissimi, quasi trecento dipendenti, 3.500 mq di sola area produttiva. Dove vedono la luce 3.500 apparecchi al giorno per una capacità annuale di 700 mila pezzi. Vincente, competitiva, ecologica, la Vaporella diventa un marchio planetario, e la ex cantina di Polti Franco da San Pietro in Calabria è ora una multinazionale presente in tutto mondo. Il diabolico, geniale vaporetto si vende infatti dappertutto, in Algeria e in Australia, in Canada, Russia, Turchia, Gran Bretagna, Messico, Brasile, Pakistan, Cina, Singapore, Corea, ecc ecc. Diavolo di un vaporello dal manico di sughero: è da capogiro il suo monte affari annuale. E se lei è “la signora”, lui - ormai un re del vapore - è anche gran mecenate e sponsor in materia di sport: basket, calcio, ciclismo lo vedono con le mani in pasta, alla grande. Ed è ormai anche un nome che conta, nel gotha degli industriali del ricco Comasco. Lassù al Nord.Poi un giorno, improvvisamente, Franco Polti si ricorda della “sua” Calabria. Se lo ricorda improvvisamente ma non per caso, nel 1999: quando, guarda caso, si imbatte in una legge che porta il numero fortunato di 488. E quella specie di manna europea che elargisce cospicui incentivi - bei soldoni - a chi promuove investimenti al Sud. Soldoni Ue: tanti, benedetti e subito, basta aprire il capannone e tenerlo in piedi giusto 6 anni…Occasione acchiappata al volo, figurarsi; e tempestivo sbarco a Piano Lago. Nasce la Polti sud, 200 operai, nuovi macchinari, e nuovi capitali tutti piovuti a titolo di contributo pubblico. Un bel prendere.La Polti sud è lì. “Più facile più felici” un corno. Racconta Maurizio. «Era durissimo. Una catena di montaggio senza respiro, tempi sempre più stretti e veloci, otto ore come dannati. E un ambiente da dannati, appunto. Pavimento in cemento battuto, e per respirare non aria ma polvere. Anzi un concentrato micidiale di velenosi pulviscoli, mescolate insieme polveri di alluminio, lana di roccia, loctite (un collante dall’odore nauseabondo)».Protezione zero, niente mascherina, niente guanti, mani con le piaghe, tendiniti, tunnel carpale e infortuni a piovere. «Ci sono voluti mesi per riuscire ad ottenere un minimo miglioramento nelle condizioni di lavoro. Nei capannoni - continua Maurizio - d’estate si soffoca per il caldo, la gente sveniva, doveva venire l’ambulanza a prenderli (il condizionatore è arrivato solo nell’ultimo anno)». Il salario, poi, è da Sud, inferiore a quello dello stabilimento “nordico”; e quando i tre rappresentanti Rsu chiedono l’intervento Asl per un controllo sull’ambiente di lavoro, “la signora” li licenzia tutt’e tre (tra essi anche Alessandro, il giovane operaio che abbiamo di fronte).La condizione dei “camici blu” alla Polti di Figline, del resto, è già stata denunciata più volte. Scrive ad esempio “Rassegna sindacale” (Cgil) in un servizio datato 2004: «L’acqua da bere che manca, la pipì che non si può fare, i guanti da lavoro strappati e non sostituibili prima di quindici giorni, i ritmi forsennati. Colpisce ancora una volta, dopo Termini Imerese e dopo Melfi, la straordinaria “materialità” del disagio sul lavoro».E’ appunto il 2004, l’anno in cui comincia l’esternalizzazione, poi la cassa integrazione, la stagnazione produttiva; e in cui comincia la grande lotta dei 200 della Polti per salvare il posto. Una dura lotta, con scioperi anche di 15 giorni, presidi, cortei, manifestazioni cui si unisce la popolazione locale, blocchi stradali (una volta viene interrotta anche la Salerno-Reggio C.); l’ultima protesta è di questi giorni a Roma, i ragazzi di Piano Lago decisi a incatenarsi ai cancelli della Rai.«Siamo sfiduciati, continueremo a batterci, certo, ma sappiamo bene - dice Alessandro - che ormai il tempo è scaduto. Vale a dire che i miliardi degli incentivi pubblici sono stati intascati, il vincolo della 488 è finito e i 200 lavoratori non servono più, peggio per loro se sono a zero ore e zero salario». La accampata crisi del settore - questo è anche il giudizio dei sindacati - è l’alibi sotto il quale la Polti nasconde la redditizia “virata” che si chiama delocalizzazione. L’esperimento calabrese ha fatto il suo tempo, giusto i sei anni necessari per il drenaggio dei fondi. Conti alla mano, l’esperimento calabrese - l’azienda-civetta - ha fruttato un bel flusso di soldi, decine di miliardi. Senza contare l’ammontare dei contributi che lo Stato si è accollato di pagare per i primi tre anni in base alla legge 407. Esperimento riuscito. La Cina è vicina.Storia della Polti. Più che Imprenditori, Prenditori.
Venerdì, 3 Marzo 2006
venerdì 16 novembre 2007
Le belle notizie

Prof. Aldo Franco De Rose (meglio conosciuto dai noi Sartanesi come "Alduzzu i Piuzzu" )
Un Sartanese doc alla corte dei genovesi.
Nasce nel piccolo paesino di Sartano, frazione di Torano Castello, in una famiglia dedita al lavoro, onesta e dignitosa. Sin da piccolo, cresciutosi nelle vie polverose della cittadina, ha coltivato la passione per la musica, oltre alla passione per la natura, entrando a far parte negli anni “60 nel Gruppo Scout del Sartano I°, dimostrandosi una persona sempre altruista ed equilibrata. Conseguito il diploma, intraprende gli studi universitari presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Genova, laureandosi nel 1983, specializzandosi prima in Urologia nella stessa sede e subito dopo in Andrologia presso l’Università di Pisa.
Aldo Franco De Rose, da sempre svolge la sua attività clinica, nella Clinica Urologica di Genova, prima sotto la direzione del prof. Luciani Giuliani ed attualmente quella del prof. Giorgio Carmignani, da anni si dedica alla ricerca Uro-Andrologica. La sua partecipazione a numerosi congressi nazionale ed internazionali, lo portano a diventare uno dei riferimenti nazionali dell’Andrologia medica e chirurgica.
Dopo essere stato eletto per tre anni consigliere nazionale della Società Italiana di Andrologia è attualmente il Coordinatore della Sezione di Andrologia Tosco-Umbro-Ligure. Nel mese di ottobre è stato inserito nel supplemento di Class tra i migliori medici d’Italia.Si interessa da sempre alla problematica dell’eiaculazione precoce maschile e, da qualche anno, ai problemi sessuali femminili. Numerosi sono le pubblicazioni su riviste italiane e straniere. Quelle comparse questo anno, come primo autore, sono su numerose riviste italiane e sulla prestigiosa rivista americana “Urology”di febbraio e settembre.
Oltre all’amore e alla passione per la sua professione di medico, Aldo Franco De Rose, è anche Giornalista Pubblicista, iscritto all’ordine di Genova, e collabora con giornali nazionali, scrivendo numerosi articoli riguardanti le problematiche sessuali maschili e femminili , nonché l’infertilità maschile, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto le autorità politico-sanitarie verso l’andrologo. Da oltre due anni è Direttore responsabile del giornale medico on-line http://www.clicmedicina.it/Nonostante la sua professione Aldo Franco De Rose, resta legato alla sua terra d’origine ( Sartano) e a quella adottiva (Genova), con la passione del mare e della montagna, che ne fanno un ottimo pescatore e un eccellente cercatore e conoscitore di funghi. Esperto anche di cucina, la sua specializzazione tra i fornelli sono i primi piatti quali: lasagne con la gallinella di mare; fusilli mare e monti con funghi porcini e pesce San Pietro; linguine ai frutti di mare; focaccia al formaggio. Si dedica al giardinaggio e orto. Suona il violino e la chitarra, passione ereditata da suo papà Pio.
Aldo Franco De Rose, un figlio illustre della Sartano laboriosa, un sartanese doc alla corte dei genovesi, un professionista doc donato alla sanità mondiale.
Nasce nel piccolo paesino di Sartano, frazione di Torano Castello, in una famiglia dedita al lavoro, onesta e dignitosa. Sin da piccolo, cresciutosi nelle vie polverose della cittadina, ha coltivato la passione per la musica, oltre alla passione per la natura, entrando a far parte negli anni “60 nel Gruppo Scout del Sartano I°, dimostrandosi una persona sempre altruista ed equilibrata. Conseguito il diploma, intraprende gli studi universitari presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Genova, laureandosi nel 1983, specializzandosi prima in Urologia nella stessa sede e subito dopo in Andrologia presso l’Università di Pisa.
Aldo Franco De Rose, da sempre svolge la sua attività clinica, nella Clinica Urologica di Genova, prima sotto la direzione del prof. Luciani Giuliani ed attualmente quella del prof. Giorgio Carmignani, da anni si dedica alla ricerca Uro-Andrologica. La sua partecipazione a numerosi congressi nazionale ed internazionali, lo portano a diventare uno dei riferimenti nazionali dell’Andrologia medica e chirurgica.
Dopo essere stato eletto per tre anni consigliere nazionale della Società Italiana di Andrologia è attualmente il Coordinatore della Sezione di Andrologia Tosco-Umbro-Ligure. Nel mese di ottobre è stato inserito nel supplemento di Class tra i migliori medici d’Italia.Si interessa da sempre alla problematica dell’eiaculazione precoce maschile e, da qualche anno, ai problemi sessuali femminili. Numerosi sono le pubblicazioni su riviste italiane e straniere. Quelle comparse questo anno, come primo autore, sono su numerose riviste italiane e sulla prestigiosa rivista americana “Urology”di febbraio e settembre.
Oltre all’amore e alla passione per la sua professione di medico, Aldo Franco De Rose, è anche Giornalista Pubblicista, iscritto all’ordine di Genova, e collabora con giornali nazionali, scrivendo numerosi articoli riguardanti le problematiche sessuali maschili e femminili , nonché l’infertilità maschile, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto le autorità politico-sanitarie verso l’andrologo. Da oltre due anni è Direttore responsabile del giornale medico on-line http://www.clicmedicina.it/Nonostante la sua professione Aldo Franco De Rose, resta legato alla sua terra d’origine ( Sartano) e a quella adottiva (Genova), con la passione del mare e della montagna, che ne fanno un ottimo pescatore e un eccellente cercatore e conoscitore di funghi. Esperto anche di cucina, la sua specializzazione tra i fornelli sono i primi piatti quali: lasagne con la gallinella di mare; fusilli mare e monti con funghi porcini e pesce San Pietro; linguine ai frutti di mare; focaccia al formaggio. Si dedica al giardinaggio e orto. Suona il violino e la chitarra, passione ereditata da suo papà Pio.
Aldo Franco De Rose, un figlio illustre della Sartano laboriosa, un sartanese doc alla corte dei genovesi, un professionista doc donato alla sanità mondiale.
giovedì 15 novembre 2007
Gli avvocati
Il giorno 12 novembre(o forse il 13 ?), si sarebbe dovuta tenere l'udienza per decidere sul rinvio a giudizio o meno del Sindaco del nosro amato comune, come da manuale i legali che assistono il sindaco non si sono presentati, udienza rinviata al prossimo anno; gli avvocati servono anche a questo, rinviare fino a quando è possibile, con i soldi dei contribuenti naturalmente, perchè anche i rinvii hanno un costo.
martedì 13 novembre 2007
Ricevo e volentieri pubblico
Affettuosamente ad Apelle figlio di Apollo, Zeus permettendo.
Apelle, non essere sempre e solo critico contro Corbelli e non essere puntiglioso su un articolo di giornale perchè sia uscito su due testate uguale o simile o quant'altro vogliasi dire. I comunicati che si ricevono vanno mandati alle redazioni che sono quelle deputate a tagliarli o a mandarli in stampa per intero. Visitando il blog, ho notato da parte Tua un certo disaccordo sulle iniziative di Franco Corbelli. Premetto che non gvolgio tirare la corda per nessuno, ma una cosa però volevo suggerirtela. Prima di criticare sempre è solo Corbelli perchè da politico grida le malefatte del nostro terittorio e non solo, sarebbe il caso di chiederci cosa fanno i politici locali del centrosinistra e del centrodestra. Tutti, dico tutti ad eccezione di Corbelli, cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio.
Questa è la situazione che regna nel comune di Torano Castello, perchè chi grida, naturalmente è fuori dal coro e non va nemmeno degnato di uno sguardo, mentre l'ipocrita merita attenzione altrimenti ... .
Questo è quello che sta succedendo ai giornalisti che riportano non solo ed esclusivamente dei comunicati che arrivano dalle segreterie di qualche politico che ha coraggio di gridare, e meno male che c'è Corbelli che grida. Il grido di allarme riportato negli articoli, uguali e simili, vuole portare a conoscenze delle autorità competenti il grave problema che da un paio d'anni a questa parte a Sartano sta destando preoccupazione: l'aumento dei decessi per tumore.
Se questo, per Te, è ciarlare a vanvera, va bene cosi, ma riguardo alle beghe personali che ricadono nel privato non interessano più di tanto, ormai il danno è stato fatto, possiamo solo porci rimedio gridando alla Corbelli. Per Tua informazione e grazie a Dio i proprietari che hanno comprato i lotti dove hanno costruito una casa, non devono temere più nessun danno, la situazione che descrivi nel tuo commento è stata sanata da alcuni anni.
Cordialmente Gildo Anthony Urlandini
Innazi tutto grazie per aver voluto commentare quanto da me scritto in merito all’articolo riportato nel blog, consentimi con altrettanta franchezza di precisare alcune cose; comincio dal fondo:
Sono contento della notizia che gli acquirenti dei lotti edificati e non, acquistati dalla famiglia Mayerà non corrono più nessun rischio, questo ci puo tranquillizzare ma non giustifica quanto è stato fatto, con connivenze varie: amministrative e finanziarie a scapito e a rischio di chi ha investito soldi suoi, guadagnati con sudore e anni di lavoro. Vergogna-Vergogna-Vergogna. Non ho per niente detto che Corbelli ciarla a vanvera, anzi lo fa a ragion veduta, avrebbe avuto il mio plauso se avesse denunciato il fatto prima agli enti preposti e dopo ai giornali, chiamando in causa direttamente i proprietari o i gestori o gli affidatari delle strutture in questione, facendo nome cognome; non credo che qui si tratti di fatti privati e che non interessino piu di tanto, come tu dici. Credo sia ora di smetterla di pensare che se si spendono soldi di tutti noi per rimediare le male fatte dei privati sia una furbata o chi è in grado di creare le condizioni perché cio avvenga sia un supereroe. C’è un’età per gridare, una per denunciare, una per fare; la nostra età (anche anagrafica) ci impone di fare, le proteste le denunce lasciamole ai giovani lo fanno meglio di noi, e soprattutto non rubiamo loro il ruolo che gli spetta. La mia critica a Corbelli in questa e in qualche altra occasione è nel metodo, meno nel merito. Affermi di non voler tirar la corda per nessuno tanto meno per, proprio per questo mi sarei aspettato un commento sia pure minimo che aiutasse il lettore a capire il perché dello stato delle cose.
Riguardo invece alla situazione di allarme e preoccupazione che si manifesta, alcuni amici e non da oggi tra le concause probabili-possibili imputano le discariche a cielo aperto che per anni sono state funzionanti nel territorio, leggasi “timpa”. Allora una classe politica degna di questo nome si sarebbe dovuta interessare da tempo di questi problemi, una amministrazione municipale degna di questo nome sarebbe dovuta e potuta intervenire, non l’hanno fatto e non lo faranno, anzi da lor Signori l’ultima amministrazione a acquistato per la modica cifra di 335.000euro il palazzo della famiglia, più qualche migliaio di mq di terreno.
Per finire, convengo pienamente quando affermi ”cercano di insabbiare e zittire le problematiche locali per potersi accaparrare un pugno di consensi tra compari e comparaggi, alla faccia dei cittadini che ancora oggi li zittiscono con promesse da pinocchio.” Credimi, i nostri politici(?) locali passati e presenti ne hanno fatto largo uso, nessuno escluso, nemmeno Lui.
Con cordialità
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