Tutta l’energia del canto popolare del Sud
Come ad una sagra di paese si scatena la Malapizzica
Sabato 24 maggio 2014 ore
15,00: La pizzica dentro, pizziche, tammurriate tarantelle del Sud Italia e
stage di ballo con i Malapizzica. Così recitava la locandina che annunciava il
concerto che si è tenuto nella casa di reclusione di Bollate. Il giorno
stabilito sono andato a teatro, prima del concerto ho conosciuto l’addetto alla
comunicazione del gruppo, Mariagrazia Santaniello la quale, qualche settimana
dopo l’evento, mi ha fatto avere una serie di informazioni che riguardavano il
gruppo musicale e la loro storia.
I Malapizzica sono nati a
Milano nel 2006, inizialmente per il progetto di realizzare un concerto per
Emergency e successivamente per i detenuti nel carcere di S. Vittore. L’amore
per la musica tradizionale salentina , campana, e in genere di tutto il Sud
d’Italia e il desiderio di trasmettere le energie delle pizziche, tammurriate,
saltarelli e tarantelle in direzione di un impegno sociale, è lo spirito che
anima il gruppo.
La formazione dei Malapizzica è
composta dai musicisti. Rocco Garrapa salentino di Castrignano dei Greci, voce
leader, chitarra, armonica a bocca e mandolino; Rosa Maurelli: voce, chitarra
battente, tamburi a cornice, tromba, il cuore pulsante della formazione; Carlo
Amori: voce e violino, l’ultimo approdo che completa ed arricchisce il sound del
gruppo, da sempre nel “giro” delle danze popolari europee; Antonio Ricci: voce,
organetto diatonico, chitarra, castagnette, cazou e triccheballacche,
posteggiatore e grande interprete della canzone napoletana; Stefania Sforza:
canto, chitarra, darbouka, tamburello e castagnette, la ricerca delle armonie
nei suoni è il suo principale impegno; Franco Gallerani: al bouzuki, vecchio
bluesman e storico accompagnatore di Rocco Garrapa fin dagli anni ’70; Domenico
Schiattone: al contrabbasso, foggiano nato a Cantù, specialista nelle
tarantelle pugliesi; Luciano Rovelli e Annalisa Campi: alle danze; Stefania
Diaferia: fotografia e comunicazione; Mariagrazia Santaniello: comunicazione
web e stampa; Matteo Citti: tamburello, percussioni, voce, tromba, che
collabora con il gruppo.
Il concerto, sin dall’inizio, è
stato coinvolgente e molto bello per varie ragioni. Per prima cosa la musica
dei Malapizzica ha proposto i temi e i suoni della più rigorosa tradizione
musicale popolare mediterranea, senza stravolgimenti o scorciatoie tipiche di
un modernismo frettoloso e banale che il più delle volte ha snaturato e
mortificato la bellezza di questa tradizione artistica. I testi dei brani sono
molto conosciuti e parlano d’amore, di amicizia, del potere, del mare, della
“spartenza”, della festa, della gioia di vivere, della sofferenza e del duro
lavoro; cambia solo la lingua di interpretazione. A proposito di lingua il
gruppo ha eseguito un brano, di loro composizione, che si può definire un
esempio di archeologia linguistica dato che è stato scritto e interpretato in
un idioma grecanico di antica memoria che alcune comunità della Puglia e della
Calabria ancora parlano e custodiscono con gelosia e che risale ai tempi della
Magna Grecia. Man mano che il concerto andava avanti gli spettatori,
accogliendo l’invito al ballo (stage di ballo) e non sapendo resistere al
richiamo forte della musica, si univano ai ballerini (mastri di ballo) del
gruppo e ognuno istintivamente ballava mimando i passi che venivano loro
suggeriti. Mi sembrava di essere a una sagra di paese o a un pellegrinaggio
dove bastava e basta una zampogna, una chitarra, un organetto, un fischietto di
canna per scatenare il ballo della vita per chi ha la possibilità di ballare
nel cerchio che, di regola, si forma spontaneamente. Un momento molto
partecipato è stato raggiunto quando è stata eseguita una quadriglia che è un
ballo di gruppo ereditato probabilmente dalla denominazione francese. Lo
spettacolo, ha suscitato in me tante emozioni, mi sono lasciato trasportare dai
suoni che nota dopo nota si trasformavano in voci, volti e luoghi, e uno stato
d’animo di struggente nostalgia mi ha fatto compagnia anche dopo la fine del
concerto. Il ricordo mi ha riportato a rivivere tutte le volte che anch’io mi
sono trovato a proporre la stessa musica dei Malapizzica con la stessa passione
e intensità, consapevole dell’importanza di quello che stavo facendo e del
messaggio che cercavo di trasmettere: una musica che attraverso il tempo era
giunta sino a me ed la storia delle mie radici. Mentre tornavo al mio reparto
pieno della musica che avevo ascoltato una voce femminile che conoscevo bene mi
disse: “Piglia, piglia… piglia sa catarra ca cantamu nu stornellu” (Prendi,
prendi… prendi la chitarra che cantiamo uno stornello), era mia madre. Una voce
maschile suggerì: “Canta… Amuri ca ppì tia passu lu mari, e tu nun passi nu
iumi ppì mia” (Amore che per te attraverso il mare ma tu non attraversi neanche
un fiume per me) era mio padre. La voce femminile, dopo l’attacco della
chitarra cantò: “Parti littira mia parti e camina, va mi lu trova chiru caru
amuri…”, (Parti lettera mia parti e cammina, vai a trovare quel mio caro
amore)… Grazie Malapizzica per il bel regalo che ci avete fatto.
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