sabato 16 febbraio 2008

Nulla si crea, nulla si ditrugge

Torano Castello Terreni livellari. E’ pronto il bando TORANO CASTELLO - I possessori di terreni livellari potranno finalmente diventare pieni e legittimi proprietari. E' quanto ha reso noto alla cittadinanza il sindaco Antonio Iannace attraverso un avviso pubblico affisso su tutto il territorio. L'amministrazione comunale della cittadina toranese, infatti, con la delibera consiliare esecutiva n. 20 del 29 novembre dello scorso anno, ha approvato i criteri per determinare il canonedi fitto relativo ai cosiddetti terreni livellari. Il provvedimento è stato preceduto da una prima ricognizione dei terreni gravati da livello esistenti sul proprio territorio.” La determinazione dei canoni - spiega il sindaco Iannace nell'avviso pubblico – è stato il passo necessario per poter determinare il valore dei terreni e, quindi, una volta stabilito il valore, poter chiedere all'amministrazione comunale l'affrancazione degli stessi, diventando così finalmente pieni e legittimi proprietari”. Il primo cittadino sottolinea altresì che l'esecutivo municipale “in questo modo ha voluto dare anche la possibilità di sanare numerose situazioni non chiare, concedendo la definitiva e piena proprietà del terreno finora detenuto”. Il Comune, infatti, ha già notificato le richieste di pagamento del canone livellario a diversi cittadini con il recupero del canone inerente agli ultimi cinque anni che è stato determinato sulla base delle tabelle dei valori agricoli medi stabiliti per la Regione Agraria di competenza, pari a 7344,00 euro per ettaro. La questione dei livelli, in ogni modo, è stata sollevata negli ultimi tempi in molti Comuni e sta suscitando ovunque perplessità e malcontento tra i diretti interessati. Alcuni cittadini, pare, sarebbero intenzionati a proporre ricorso. A tal riguardo e per ogni ulteriore chiarimento relativo ai canoni ed all'affrancazione stessa il sindaco invita a rivolgersi presso gli uffici comunali, al geometra Carmine Russo. R.G Tratto dal QuotidianodellaCalabria di sabato 16 febbraio °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° Per avere una vaga idea dell’oggetto dell’Ordinanza che sarà promulgata vi riporto qui sotto un piccolo saggio storico a mio avviso esauriente di come sono andate le cose anche nel nostro beneamato comune e forse anche di quei terreni che il prossimo 8 aprile andranno all’asta. Ma prima sempre in riferimento a questi terreni è bene che riporti anche due cosette interessanti, estratti dalla perizia allegata agli atti della vendita all’asta.
3.12 rilevi l’esistenza di diritti demaniali (di superficie o servitù pubbliche) o usi civici evidenziando gli eventuali oneri di affrancazione o riscatto; Nonostante la richiesta specifica sul punto, formulata con nota acquisita al protocollo del Comune di Torano Castello in data 25 ottobre 2006 al n°9051 (cfr. all. n° 6 – istanza Comune di Torano Castello), nessuna risposta mi è stata fornita, confermando l’assenza di un inventario degli usi civici da parte degli uffici municipali. Sull’intera zona grava tuttavia un vincolo archeologico. Risulta inoltre presente la condotta dell’acquedotto dell’Abatemarco. 3.13 verifichi la regolarità edilizia ed urbanistica dei beni, accertando la conformità fra opera realizzata ed opera licenziata (con indicazione degli estremi della concessione edilizia) e previa acquisizione del certificato di abitabilità- agibilità; in caso di costruzione realizzata o modificata in violazione della normativa urbanistico-edilizia, descriva dettagliatamente la tipologia degli abusi riscontrati e dica se l’illecito sia stato sanato o sia sanabile in base al combinato disposto dagli artt.46, comma 5° dl D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 40, comma 6° della L.28 febbraio 1985 n.47, indicando in maniera dettagliata i costi da sostenersi a tal fine; Dal certificato di destinazione urbanistica del responsabile del servizio tecnico del Comune di Torano Castello, ing. Carmela Garofalo, rilasciato il 13 febbraio 2007 (cfr. all. n°7 - certificato di destinazione urbanistica Comune di Torano Castello) , il terreno ricade in Zona E “Agricola”, per come stabilito dal vigente P.di F. Riguardo agli otto capannoni presenti, essi risultano edificati in virtù di concessione edilizia n°43 del 3 agosto 1983 “per la costruzione di n°8 capannoni agricoli per allevamento polli da carnestrutture metalliche” (cfr. all. n°4 – copia autorizzazioni capannoni). La scarna documentazione tecnica reperita presso l’ufficio tecnico comunale di Torano Castello non consente di spingersi in valutazioni di difformità urbanistiche od edilizie. Il tentativo di reperire altrove documentazione tecnica inerente il progetto dei capannoni non ha avuto buon fine (cfr. all. n°9 – risposta ex Genio Civile di Cosenza). Tuttavia risulta presente una autorizzazione di uso e di agibilità di due degli otto capannoni, ma non individuabili per l’assenza della relativa planimetria citata nel provvedimento, oltre a successive richieste di agibilità, nonchè l’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso da agricolo a deposito (cfr. all. n°4 – copia autorizzazioni capannoni).
Vi chiedo: comprereste sia pure una macchina usata a queste condizioni?
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° L’articolo ANTICHI CONTRATTI DI ENFITEUSI NEL TERRITORIO DI SAREZZO Le forme di contratto più diffuse nel XV e XVI secolo erano il livello e l'enfiteusi. Il livello era una formula di piccolo affitto di lunga durata concesso a coltivatori. L'enfiteusi era una formula di grande affitto concessa perlopiù a dei conduttori (che facevano a loro volta coltivare la terra ad altri): si trattava della cessione temporanea dell'utilizzo della terra la cui proprietà rimaneva al concedente e questo "dominio" era simboleggiato dal "pagamento di una ricognizione annua di esiguo valore venale". Il contratto di enfiteusi da parte del Comune si diffuse a Sarezzo solo dopo il 1850 per due ragioni essenziali legate alla grande alluvione del 14 agosto 1850: 1. l’Amministrazione Comunale doveva sopportare i notevoli oneri della ricostruzione del paese ed i proventi dei livellari furono un’ulteriore utile contribuzione; 2. l’istituto dell’enfiteusi si prestava a favorire le opere di miglioramento fondiario, necessario dopo la terribile alluvione. I livellari, che chiesero ed ottennero le maggiori terre da coltivare o da tagliare nel Comune di Sarezzo tra il 1855 ed il 1861, furono: Guizzi Giuseppe di Sarezzo (14/10/1858), Fantinelli Giacomo di Sarezzo (27/7/1861), Sedaboni Nicolò di Gardone V.T. (7/10/1859), Lucchini Luca di Sarezzo (13/8/1858), Calini Andrea di Collebeato (30/10/1861), Belleri Prospero di Sarezzo (7/9/1855), Brehm Rodolfo di Sarezzo (14/2/1860), Montini Carlo e Lodovico di Concesio (17/7/1861), Mutti Angelo di Gardone V.T. (5/3/1855) Fantinelli Raffaele di Sarezzo (7/9/1858) che conduceva anche una calchera in Sarezzo. Molti boschi e terreni oggetto dell'affitto hanno mantenuto inalterato il loro nome ed è facile anche oggi identificare le aree di cui si parlava in documenti del Catasto napoleonico del 1820, o in quello austriaco del 1840 periodo nel quale il Comune assegnò i livelli: Costa Brede (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco il 14/2/1860 Di Brehm Rodolfo diventa livellario al Comune di Sarezzo); i monti della Pendezza (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Guizzi Giuseppe, Omodei Carlo, Brioni Giuseppe ed Andrea, Sedaboni Nicolò, Antonini Giuseppe e Beccalossi Francesco in quote frazionate diventano livellari al Comune di Sarezzo); Boi, Closa, Valvenera (bosco ceduo, nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Di Brehm Rodolfo diventa livellario al Comune di Sarezzo); i monti della Grina (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Sedaboni Nicolò diventa livellario al Comune di Sarezzo) il Monte S. Emiliano (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Fantinelli Raffaele, Calini Andrea, Fantinelli Maffeo, Muffolini Girolamo, diventano livellari al Comune di Sarezzo); il Pavere e tutto il bosco posto al confine con i comuni di Marcheno e Gardone V.T. (nel 1820 il proprietario era la Comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Belleri Prospero, Bertarini sac. Bonaventura e Fantinelli Raffaele diventano livellari al Comune di Sarezzo); parte del territorio di Cagnaghe (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Fantinelli Raffaele diventa livellario al Comune di Sarezzo); i monti della località Morine (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco Lucchini Luca diventa livellario al Comune di Sarezzo); via Antonini - lato sinistro (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco il 14/2/1860 Di Brehm Rodolfo diventa livellario al Comune di Sarezzo); i terreni pianeggianti della Grina (nel 1820 il proprietario era la comunità di Sarezzo e con il catasto austriaco il 5/3/1855 Mutti Angelo diventa livellario al Comune di Sarezzo). I contratti erano di "livello", la lunga durata era indispensabile per le opere di miglioria e questo spiega in parte il distendersi nel tempo dei contratti che erano stipulati per un periodo di 29 anni rinnovabili (questo dato ci indica come la lunga durata costituisse un elemento caratteristico del contratto). La maggior parte dei contratti era strutturata nella forma della "petizione" cioè una richiesta che il fruttuario faceva al proprietario del terreno (Sindaco di Sarezzo) per ottenere in affitto il terreno stesso e la successiva concessione di quanto richiesto; venivano altresì specificate le clausole che avrebbero regolato l'affitto, gli obblighi, il canone. Tali atti avvenivano davanti ad un notaio, alla presenza di alcuni testimoni, sempre indicati al fondo dei contratti. Nel 1860 il Regno d’Italia con Vittorio Emanuele II Padre della Patria ha grandi piani, ma ha pure bisogno di soldi. Viene inventato, per così dire, il prestito al Regno, con iscrizione nel Gran Libro del Debito Pubblico al 5% (gli attuali BOT), ma certamente non basta. Nel 1864 venne promulgata una legge, la n. 1636 del 24 gennaio, con due precisi scopi: recuperare finanze ed incominciare a togliere alla "Chiesa e dintorni" i beni che si trovavano oramai nel territorio del Regno. Questa legge sull’affrancamento dei canoni enfiteutici prevedeva che "i beni immobili... che siano gravati da canoni enfiteutici... potranno essere liberati dall’annua prestazione [il pagamento del canone] mediante cessione a favore del Demanio o dell’Ente creditore... di un’annua rendita iscritta sul Gran Libro del Debito Pubblico al 5% eguale all’ammontare dell’annua prestazione.” e poi ancora, ancora ecc. ecc. 22 articoli di legge e 22 articoli del successivo Regio Decreto con le disposizioni regolamentarie per l’attuazione. In pratica voleva assicurare che chi aveva dei beni in enfiteusi poteva diventare proprietario del fondo "d’ufficio", anche senza il consenso del Direttario (il vero proprietario) semplicemente intestando a suo nome delle cartelle del Debito Pubblico al 5% pari al valore del canone di un anno più qualche altro spicciolo. Tanto, si diceva, quei beni erano quasi tutti del demanio, di pochi latifondisti, e soprattutto della Chiesa, o di entità comunque soggette al controllo Ecclesiastico, mentre i soldi andavano nelle casse del Regno che non aveva tenuto conto dell’autonomia delle Amministrazioni locali che in questo modo venivano penalizzate. Ed anche a Sarezzo l’affrancazione venne utilizzata da molti livellari che acquisirono in questo modo notevoli appezzamenti di bosco e terreni, che nel catasto moderno furono poi volturati a loro nome, accrescendo notevolmente a Sarezzo il loro già imponente patrimonio fondiario. L’affrancazione ebbe comunque un esito positivo anche per l’Amministrazione Comunale alle prese con i notevoli debiti legati alla ricostruzione del dopo alluvione. In pratica su un totale di superficie di P. 855,52 solo una superficie di P. 192,99 rimase al Comune e di una rendita complessiva di £. 565,76 annue ben £. 399,41 annue furono affrancate. Così nel bilancio comunale del 1887 la quota annua relativa ai canoni dei boschi per enfiteusi è iscritta per l’importo di £. 1.843,22 sul totale complessivo delle entrate di £. 21.944 e riguardava i boschi non ancora affrancati (Bosco Sella, Cerri, Tesola, Casole e Supeler, Nigolina, Grummi lunghi, Closa, Gerre, Pendezza, Poffa d’asino, Dosso Cavallo, Vandeno, Val di Portegno e Pozzo Perlino, Valgobbia) mentre nel bilancio del 1913 la quota si era già ridotta a £. 1.348,30. Si susseguirono altri provvedimenti destinati a sistemare in via definitiva la materia degli usi civici senza riuscirci. L'ultimo fu quello del 16 giugno 1927, n. 1766, una legge che ebbe un lungo periodo di gestazione e la cui stesura fu affidata a giuristi di grande levatura. In essa furono previsti istituti come l'inventario delle terre civiche, l'affrancazione, la legittimazione degli occupatori abusivi. E l’affrancamento dei boschi e dei terreni proseguì anche a Sarezzo tanto che nel bilancio comunale del 1935 i livelli consentirono all’Amministrazione un modesto introito di £. 857,20 e furono riscossi solo fino al 1944 quando furono definitivamente eliminati con un’entrata una-tantum di £. 5.123,20. Nel moderno ordinamento del dopoguerra i livelli enfiteutici costituiscono nient'altro che resti di retaggi feudali, avendo perso ormai da tempo la loro vitalità (ed utilità sociale) e rimangono a testimoniare un passato in cui il contadino era un servo della gleba ed il giurista colui che si affannava a mettere ordine in un sistema giuridico senza logica. Osvaldo Guerini

martedì 12 febbraio 2008

RincaraTutto

................succcede anche questo.
Torna la mostra della Callas e dopo 6 anni costa il 2.200% in più.
Signora mia, tutto costa tanto. A Reggio Calabria la velocità di moltiplicazione dell'euro, cioè la quantità di monete che servono per fare un nonnulla, è decisamente superiore alla più nefasta delle previsioni possibili. Il comune, governato da Giuseppe Scopelliti, un giovane e aitante sindaco di Alleanza Nazionale che il Sole 24 Ore nella sua annuale classifica dei politici del fare colloca al terzo posto assoluto, ha dovuto spendere 330 mila euro per aggiudicarsi la riproposizione di una mostra su Maria Callas che sei anni fa incantò i concittadini. Scopelliti ha chiesto e ottenuto che tutto fosse esattamente ripetuto, rivisto, riscoperto. Vestiti, filmati, gioielli, foto della divina che i reggini oramai amano alla follia. Quel che separa il 2002, anno delle foto della prima Callas, al 2008, anno delle foto della seconda Callas, è solo l'assegno richiesto per metterle in mostra. Il centrosinistra, che governava sei anni fa, si aggiudicò la mostra per soli 15 mila euro. Al centrodestra hanno invece presentato un conto stratosferico: 330mila, un 2200% di maggiorazione. Polemiche a non finire, richieste a non finire. Ma è possibile che a Reggio Calabria tutto costi sempre così caro? I vecchi amministratori hanno subito gridato allo scandalo: "Scandaloso!", ha detto l'assessore del tempo Demetrio Naccari. "Intervenga Mister Prezzi", ha aggiunto la collega Seby Romeo. "No, intervenga la Procura", ha rettificato un terzo, Frank Benedetto. A Marco Minniti, segretario del Partito democratico, tutto è infine parso molto "inquietante". E invece il conto è stato presto fatto. Scopelliti l'ha reso pubblico e ha diradato la nebbia fitta, ha cancellato con un tratto di penna l'appellativo di sindaco più sprecone d'Italia che la città gli stava ingiustamente affibiando. E dunque. La mostra della Callas del 2008, divina come quella del 2002, è stata infiocchettata come meglio non si sarebbe potuto fare. Innanzitutto - ha refertato il cronista del Quotidiano di Calabria - c'è voluta una sapiente e accurata progettazione architettonica della location che ha ospitato vestiti e gioielli, sorrisi e incanti della voce più famosa del mondo. 130mila euro sono volati via così: progettazione e realizzazione delle strutture tecnologiche. E anche la stampa degli inviti (16mila euro) è stata curata per far divenire l'evento indimenticabile. Diecimila euro per far partire gli sms ai cittadini, allertare i giornalisti, comunicare via web, tv e stampa scritta. Fuochi d'artificio di inchiostro. Ovunque. E 52mila 800 euro per la pubblicità istituzionale, i pannelli, i teli (montaggio e smontaggio). E 50mila euro per la vigilanza armata, diurna e notturna. E 1200 euro per una conferenza stampa di presentazione. E 12mila euro per l'info-point. Reggio Calabria avrà anche i suoi problemi. Avrà forse le fogne bucate, l'acqua a singhiozzo, i muri scrostati, le strade a gruviera, però quando deve fare bella figura non bada a spese. A Roma si dice: quanno ce vo', ce vo'.

domenica 10 febbraio 2008

CompratoriCercasi





Vi invito a sfrugugliare in queste pagine, per chi ha voglia di leggere e capire o per sola curiosità. Avrete modo di capire quali siano stati i rapporti della famiglia e le varie amministrazioni comunali, con la Banca primaria in Calabria, nell'arco di quasi trenta anni. Le perizie tecniche, per quello che possono dire, dicono abbastanza. La storia della famiglia, dei beni in Sartano e dintorni, di come ne sono divenuti proprietari è ancora tutta da scrivere.

sabato 9 febbraio 2008

VillaRosa
















La Villa dello sperpero
Torano Castello
Villa Rosa, la villa dei misteri, continua a divorare soldi, attraverso mutui accesi a gogò, senza essere mai ultimata e utilizzata. Nata come ospizio nei primi anni settanta, più volte modificata nel corso dell’ultimo quarto di secolo appena trascorso, la struttura ancora non è ultimata.
Intanto per tale cattedrale nel deserto, dal fatidico giorno in cui fu acquistato il terreno, da privati cittadini, ad oggi le casse comunali hanno sborsato la modica cifra di 1.600.000,00 euro circa, cifra ancora in crescita, di fondi senza rendersi conto che Villa Rosa è diventata un pozzo senza fondo. Ubicata su una collina, che domina la vallata sottostante, l’opera nasce come ospizio, negli anni settanta, dopo che l’amministrazione comunale di allora acquistò il terreno per 250 milioni di vecchie lire, cifra liquidata ai proprietari solo nel 1999. Partono i lavori è la struttura nel giro di alcuni anni viene completata. Costo complessivo tra terreno e materiali per mettere in piedi la fabbrica 750 milioni di vecchie lire.
La cittadina aspettava l’apertura dell’ospizio o casa di riposo che dir si voglia, ma non se ne fece nulla. Per anni la struttura rimase abbandonata a se stessa, con le immaginabili conseguenza per lo stabile. Diverse ipotesi di destinazione furono ipotizzate sul tipo di collocazione da dare al fabbricato, perché nel corso degli anni le normativa in merito a questo tipo di strutture cambiavano, vedi l’abbattimento delle barriere architettoniche, vedi le rampe di entrata e di uscita, vedi l’installazione di ascensori e via dicendo.
Cambiarono le compagini amministrative e per decenni la struttura fu dimenticata, quando nel 1998, l’amministrazione comunale in carica decise di ristrutturare il complesso per destinarlo a struttura socio-sanitaria, sull’esperienza di Villa Torano, che operava già da alcuni anni sul territorio comunale, in qualità di residenza sanitaria assistenziale. Dal 1998 ad oggi tra vari interventi di ristrutturazione, forniture, adeguamenti alle normative di legge, e ad altri lavori eseguiti, il comune di Torano Castello, ha sborsato la cifra di circa 1.220.000,00 euro per completare i lavori di ristrutturazione. Anche in questo caso quando tutto sembrava pronto per aprire i battenti della struttura socio-sanitaria, qualcosa non ha funzionato, perché nel frattempo di nuovo la normativa in merito alle strutture socio-sanitarie era di nuovo cambiata. Intanto, nel lasso di tempo intercorso tra i lavori finiti e l’entrata in vigore della nuova normativa, il comune aveva già preso un accordo di massima con una società privata per la gestione della struttura, firmando due contratti. Nella struttura furono portati gli arredamenti e quant’altro servisse a dare inizio alla fornitura dei servizi riabilitativi da parte della società, ma anche in questo caso qualcosa non andò per il verso giusto. La società dopo pochissimo tempo, visto che l’amministrazione non apportava le modifiche necessarie, per come prescritto dalla legge, lascia lo stabile riportandosi indietro tutto.
Passa il tempo, e arriviamo al 2003/04, la struttura dopo gli ennesimi lavori di ristrutturazione, vede crescere anche la spesa, vedi la messa in opera di una vasca terapeutica per una spesa di circa quarantamila euro, o la fornitura di profilati per un valore di 60 mila euro, e tutto il resto per arrivare a spendere su una struttura, ancora oggi, inutilizzata circa un milione e seicentomila euro, che stanno gravando sulle tasche dei cittadini toranesi.
L’ultimo mutuo in ordine cronologico e del 14 dicembre 2004 con l’attuale amministrazione per un importo 65 mila euro per, guarda caso, ristrutturazione del complesso socio-sanitario Villa Rosa. Per tutta questa vicenda consiglieri di maggioranza e parte della minoranza hanno inviato gli atti riguardanti Villa Rosa all’esame della Corte dei Conti.
La struttura oggi versa in pessime condizioni, abbandonata a se stessa, vedi i muri intrisi di acqua, le grondaie che scaricano sui muri, infissi mancanti, impianto elettrico rifatto più volte, vetri mai messi in posa, erbacce che hanno invaso il fabbricato, fatti avvalorati da una deliberazione consiliare, che all’interno recita il contenuto di un verbale del 2/2/2005 in che stato si trova la struttura :” danni alla struttura dovuti all’infiltrazione dell’acqua dalla copertura e dal alcuni infissi mancanti, e che a causa del maltempo tali danni si sono aggravati e che risulta necessario provvedere d’urgenza all’esecuzione dei lavori di rifacimento manto copertura ed infissi”. I guai sembrano non finire, sembra che, la società che doveva gestire la struttura sia ricorsa in giudizio reclamando il risarcimento dei danni al comune per la mancata consegna della struttura, per come si evince giusto contratto n. 22 del 21/06/1999, successivamente modificato con un altro contratto n.6 del 17/04/2002 firmati dalla precedente amministrazione comunale.
Villa Rosa, o villa dei misteri o pozzo senza fondo, aspetta che venga divorata dall’incuria e dall’abbandono e se non è sperpero di denaro pubblico questo, diteci voi cos’è.
Gildo Anthony Urlandini
Articolo tratto da "CalabriaOra" del 08.02.08

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In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.
(Bertrand Russell)

E chi l'avrebbe mai immaginato che uomini savi, amministratori accorti, politici lungimiranti avessero potuto concepire quanto si legge nell'articolo sopra riportato!!!!! Allora, ogni tanto mettiamo un punto di domanda, non fosse altro per il fatto che in vista di una possibile caduta dell'Amministrazione attuale (speriamo al più presto), o fra poco più di un anno gli stessi autori dello scempio VillaRosa si rimetteranno in corsa magari con la promessa di finire l'opera. B A S T A













martedì 5 febbraio 2008

Che strano paese è il nostro.

Torano Castello Prosciolto perché il fatto non sussiste, Antonio Iannace, sindaco di Torano Castello, indagato per una questione legata al mancato rinnovo di un contratto per la gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani e a mancati pagamenti alla ditta che ha offerto il servizio, viene prosciolto, dal gup Livio Cristofano, dal capo di imputazione ascrittogli. E mentre il sindaco, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli, viene prosciolto dall’accusa, la responsabile dell’ufficio tecnico, Cinzia Garofalo, coinvolta insieme al sindaco, formalmente viene rinviata a giudizio dal Gup, Livio Cristofano, per accertare eventuali responsabilità specifiche nella vicenda. La richiesta di rinvio a giudizio era stata formulata, nell’autunno scorso, dal pubblico ministero, Antonio Cestone, nei confronti del sindaco di Torano Castello, Antonio Iannace, e della responsabile dell’ufficio tecnico, Cinzia Garofalo, per i reati previsti dall’articolo 323 del codice penale, in riferimento al sindaco, e per i reati previsti dagli articoli 61, 81, 323 e 479 del codice penale per la responsabile dell’ufficio tecnico. Il motivo del contendere era sorto tra la “Servizi Ambiente srl” e l’amministrazione comunale, per il mancato rinnovo alla ditta, del contratto di appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Mancato rinnovo che determinava la “Servizi Ambiente srl” a ricorrere alla carta bollata, dopo che l’ente comunale aveva stipulato un nuovo contratto con la Vallecrati Spa per l’espletamento del servizio, servizio che costerà 25 mila euro in più alle casse del comune. Scattano le denunce, fioccano le querele e le richieste di risarcimento danni presentate dalla Servizi Ambienti, mentre il comune di Torano Castello si costituisce parte civile. La storia finisce sotto la lente di ingrandimento dell’autorità giudiziaria. Una informativa dettagliata sul materiale raccolto finisce sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica Antonio Cestone titolare dell’inchiesta, che in base agli atti chiede il rinvio a giudizio del sindaco Iannace e della responsabile Garofalo. Ieri mattina l’udienza preliminare davanti al gup Livio Cristofano, che proscioglie il sindaco Iannace perché i fatti ascrittigli non sussistono, mentre formalmente rinvia a giudizio la responsabile dell’ufficio tecnico comunale Garofalo per accertare eventuali responsabilità specifiche in merito alla vicenda. Gildo Anthony Urlandini.
Articolo tratto da "CalabriaOra" 05-02-08
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Art. 323 - Abuso d'ufficio
Art. 479 - Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
Art. 81 - Concorso formale. Reato continuato
Art. 61 - Circostanze aggravanti comuni
Alla luce dei fatti conosciuti a noi comuni cittadini, non in merito a questa vicenda, ma alla manfrina messa in atto per farsi aumentare lo stipendio, al concorso a partecipazione unica, ci aspetteremmo che il Sindaco faccesse a meno della responsabile dell'UTC, o che la stessa rassegnasse le dimissioni. Questo succederebbe in un paese normale, ma siccome un paese normale non lo siamo, succederà che non succederà assolutissimamente-niente, perchè questa è la (loro) normalità.
Così e stato e così sarà.
Buon Martedì grasso.

domenica 3 febbraio 2008

Il proverbio del mese

Frivaru curciu e amaru,
'nchjova ri viecchji a ru fuocularu.
Quest'anno e bisestile, quindi un giorno in più. Strano conteggio, mettiamo che uno nasca il 29 febbraio del 2008 e come si suol dire "vò campa cient'anni" muore il 29 febbario del 2108 non è vero che avrà vissuto cento anni, ma 26 giorni in più, togliamo pure il giorno della nascita e della morte, ne rimangono 24 di giorni. Ma chi se ne frega, starete pensando, se uno campa cent'anni 24 giorni sono una inezia. Pensiamo a tutto quello che si potrebbe fare in ventiquattro giorni, a quello che abbiamo fatto negli ultimi 24 giorni o a quello che faremo nei prossimi 24 giorni: Vi sembrano ancora una inezia?
Buona Settimana

sabato 2 febbraio 2008

Scusateilritardo

Chiaramente si riferisce all'ultima nevicata a Sartano, se qualcuno ne avesse altre le aggiungo.

Profumo di fico

-Voglio un regalo- =Che specie di regalo?= -Bello. Un regalo bello.Non i soliti fiori- Va buòh, mo vidimi cchi truovu ppi dumaniasira, ho pensato fra me e me. Il giorno dopo (14febbraio) ore 17.30, dopo affannosa ricerca per un parcheggio, mi infilo in un negozio, attratto dal solo fatto che non sapevo cosa vendessero. Chiedo alla giovane commessa di poter curiosare; oggetti strani, ma con un certo gusto, lo sguardo si va a posare su un oggetto,la commessa ancor prima che io formulassi la domanda mi propone: Che ne direbbe di una borsa per l’acqua calda, di colore rosso, a forma di cuore? Perchè no’, le rispondo. Vuole che le faccia una confezione regalo? Certamente, è il regalo di San Valentino per mia moglie. Intanto che la commessa mi prepara la confezione, ed aver pagato il prezzo equivalente di almeno 10 borse per l’acqua calda che si possono reperire in qualsiasi farmacia, mi perdo in un locale a fianco, dove,allineati con cura, sopra delle belle mensole di legno, fanno bella mostra una miriade di profumi per uomo. Non mi sembrava vero, saranno stati forse un centinaio, accanto alle marche più blasonate, ne noto una inglese, mai vista ne sentita. Comincio a leggere i nomi delle varie fragranze: vetiver(il mio preferito), muschio, sandalo, etc, etc, etc,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,, fico: si avete letto bene fico; intanto la commessa, solerte a dire il vero, era gia da un po’ alle mie spalle pronta a delucidarmi su eventuali domande. Sicuramente ha notato la mia espressione fra l’interdetto e il rincoglionito e mi chiede: lo vuole provare? Certo che si! Una spruzzatina, dopo un momento annuso: meraviglia delle meraviglie. Per uno come me, che gode di pessima memoria, ma ha una memoria molto ricca nel gusto ed ancor di piu’ nell’olfatto, piu questi sono lontani nel tempo meglio riesco a sentirli ed a viverli, sentire quel profumo e mangiarlo e stato un tutt’uno. La sensazione è stata di annusare-gustare contemporaneamente, il profumo è di fico selvatico, “caprifico”, ma se pensate al profumo delle foglie, al lattice, al frutto acerbo, ai rami secchi bruciati, alla dispensa dove si consevavano i fichi secchi, potete solo vagamente averne un’idea; sono riuscito ad associare anche la qualità di fico piu’ vicina a quel profumo: “citrulara”. L’unica nota stonata il prezzo: 80 euro. Ma chi se ne frega l’ho comprato lo stesso, sono certo che non lo mettero’ mai, lo sniffero’ sicuramente. 14 febbraio 2005

venerdì 1 febbraio 2008

EraOra

L’Ordine:
«Percepisce una pensione mensile di 1.200 euro. Basta strumentalizzazioni» «Padre Fedele non è povero» La replica dei Cappuccini dopo la protesta dinanzi all’Oasi «PADRE FEDELE Bisceglia non è abbandonato e povero ». È quanto afferma, in una nota, la Curia generale dei Frati Cappuccini in relazione alla protesta attuata nei giorni scorsi dal sacerdote davanti all'Oasi francescani di Cosenza, alla quale aveva chiesto un pasto sostenendo di non avere il denaro per mangiare. Ai Cappuccini le ultime uscite di Padre Fedele, che, ricordiamo, è stato espulso dall'Ordine dei frati minori in seguito all'inchiesta giudiziaria in cui è accusato di violenza sessuale ai danni di una suora, evidentemente non sono piaciute. Per queste ragioni affidano ad una nota stampa una lunga serie di puntualizzazioni. La prima punta a smentire lo status di “povero” di Padre Fedele, che martedì scorso aveva invocato un pasto caldo alla mensa dell’Oasi. «In realtà - sostiene la Curia generale - padre Fedele dispone di una pensione mensile di 1.200 euro, con il relativo accumulo maturato dal 2006 ad oggi. Tutte le misure adottate nei suoi confronti sono “misure cautelari” assunte a sua tutela, compreso il divieto di avere contatti con l'Oasi Francescana». Alcune precisazioni l’Or - dine dei Cappuccini le fa anche rispetto alla stessa struttura. «Benché l'Oasi francescana sia stata fondata da padre Fedele scrivono la struttura è un'istituzione della Provincia dell'Ordine dei frati Minori Cappuccini di Cosenza e quindi un'istituzione dello stesso Ordine Cappuccino, che ne è il garante e il responsabile. L'Oasi Francescana, in ogni caso, non è di proprietà di padre Fedele». «L'insistenza su padre Fedele “esiliato” a suo tempo in Corsica - sostiene ancora la Curia generale dei frati cappuccini - è senza alcun fondamento. Padre Fedele era stato assegnato al convento di Cagliari dal Ministro Generale del tempo. Solo l'insistenza dello stesso padre Fedele di trovarsi in un convento “ancora più ritirato ed isolato” portò successivamente alla sua assegnazione al Convegno di Bastia in Corsica». «Anche la dimora di padre Fedele in un convento dell'Umbria - afferma ancora la Curia generale è stata scelta a seguito della sua richiesta di avere “un particolare sostegno psicologico e spirituale”. Per tale ragione si scelse una apposita Istituzione in Umbria». «Ritieniamo – conclude la nota - che sia proprio il caso di non insistere con insinuazioni prive di ogni fondamento e strumentali, le quali peraltro sono nocive, sotto tutti gli aspetti, allo stesso padre Fedele».
Articolo tratto da: "Il Quotidiano della Calabria" di venerdi 1 febbraio 2008
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Era ora che chi ha voce in capitolo per dire le cose come realmente stanno dicesse la sua. I Cappuccini non potevano rimanere in silenzio di fronte a questi gesti plateali di un ex "monachieddru" , e se posso sottolineare non le hanno mandate a dire a chi continuava a predicare l'esilio forzato del frate ad opera degli stessi Cappuccini.
Nell'ultimo post:
http://sartano.blogspot.com/2008/01/tirituppiti-e-lariul-clik.html#links suggerivo che qualche comunità si adoperasse per intervenire nei confronti del'ex frate, dopo questa presa di posizione ne sono ancora piu convinto, ci troviamo di fronte ad una persona con disturbi aiutatelo a ritrovare se stesso.

mercoledì 30 gennaio 2008

La "Littorina"

C’era una volta…solitamente quasi tutte le storie iniziano cosi. C’era una volta nel comune di Montalto Uffugo, nella zona valliva posta quasi ai margini con il fiume Crati, la stazione ferroviaria denominata Montalto-Rose…. Accade a Montalto Uffugo, come è accaduto per altre, precisamente allo Scalo, che dopo anni di onorato servizio il treno-littorina e la stazione ferroviaria, non ci sono più, da quando l’ente ferrovie, ha iniziato a dismettere sia le stazioni, sia le fermate, sia i treni. Una stazione di tutto rispetto, ai tempi che fu, quando serviva sia i pendolari, sia il trasporto merci, sia le industriette del gas, che ancora sopravvivono nei pressi dello Scalo, mentre oggi non sappiamo se chiamarla ancora stazione o ex stazione. I tanti personaggi, protagonisti del pulsare vivo della vita della stazione, studenti, lavoratori, professionisti, emigranti, ambulanti, contadini che con ceste e panieri si recavano in città per vendere i prodotti della campagna, hanno affollato per mattine, per anni, sia d’inverno che d’estate, il marciapiede o la sala d’aspetto, mentre aspettavano la “littorina” o “postale ferroviario” o “tradotta”, come la chiamavano la maggior parte della gente del luogo, che sbuffante e con quel fischio sibilante avvertiva che stava arrivando in stazione proveniente da Sibari e diretta a Cosenza o viceversa. La “Littorina”, allora, era uno dei pochi mezzi di locomozione, insieme a poche macchine, ma poi, piano piano con il boom economico degli anni sessanta, oltre al treno-littorina le forme di locomozione sono diventate tante, che nel giro di un ventennio, hanno portato ad una riduzione degli utenti del vecchio treno e la stazione non era cosi affollata come lo era prima. Oggi, dopo circa trentanni, sono ritornato in quei luoghi per un servizio giornalistico e alla vista della vecchia stazione, mi sono ricordato di quando ero bambino, quando con i miei genitori, quasi con cadenza mensile, si partiva la mattina presto, a volte a piedi a volte con il pulmann, per raggiungere da Sartano la stazione ferroviaria di Torano Scalo, in attesa di prendere il treno, “la Littorina”, in arrivo da Sibari, per raggiungere quella di Montalto-Rose, dove a circa un chilometro e mezzo dallo Scalo abitava la nonna. Si arrivava allo Scalo di Montalto, ed una volta scesi dal treno, non soltanto io e i miei genitori, ma anche altri passeggeri, a piedi percorrevamo la massicciata della linea ferroviaria, per raggiungere la piccola frazione di Sant’Antonello, dopo avere oltrepassato il ponte di ferro che attraversa ancora oggi il torrente Mavigliano, mentre in lontananza vedevamo la “Littorina” che si allontanava fino a diventare un puntino nero per poi scomparire, come è scomparsa oggi, che non c’è più. Vedere oggi la stazione ferroviaria di Montalto Scalo ridotta nello stato pietoso in cui versa, in pochi attimi i ricordi di un tempo ritornavano a quando la stazione era viva, il capostazione che discuteva con i viaggiatori, l’impiegato della biglietteria con l’obliteratrice che chiamavamo “bucabiglietti”, il manovratore con la vecchia bicicletta “Bianchi” con i freni a bacchetta, che percorreva un tratto di sterrato per andare a spostare le leve degli scambi tra un binario e l’atro, la campanella che avvisava che il treno era in arrivo, e il fischietto del capostazione che dava il via alla partenza della “littorina” verso Cosenza o Sibari. Ricordi che d’improvviso sono sfumati quando ho preso cognizione dello stato in cui versava la stazione ferroviaria dove i treni, anzi “la littorina, o postale ferroviario, o tradotta”, oggi non si fermano più. Porte rotte e sgangherate, finestre inesistenti, mobili distrutti, muri screpolati, un disastro, un vero disastro, disastro rafforzato dal cancello d’ingresso al marciapiede di una volta, chiuso con catenaccio e lucchetto, ad impedirne l’accesso. L’unica testimonianza che resta di uno sviluppo che ha reso grande e ha civilizzato generazioni e generazioni, è la scritta Montalto-Rose in cima al muro dello stabile. Nel rendermi conto di tutta la situazione, e nel rendermi conto che il mio sogno da bambino e i miei ricordi di un tempo erano ormai svaniti in una realtà globalizzata e ultramoderna, mi accorsi che nei miei movimenti ero osservato da una vecchietta seduta sotto un albero, vicino all’uscio di una casa, che d’un tratto mi disse: “ figlicì è tuttu finitu, ccà ppi nua c’è sulu malincunia. Unnè chjiu cumi na vota, na vota a littorina era nà cumpagnia, oji mbeci è na murtoria, manchu nu cani ci passa chjiu di sa stazioni, su anni cà nissunu ci veni chjiu”. Capito come stavano le cose, salutato la nonnina, sono risalito in macchina e mentre avviavo la corsa, in lontananza sentivo quel fischio sibilante che annunciava l’arrivo in stazione della “littorina”, ma era solo un sogno.
Gildo Anthony Urlandini

Tirituppiti e lariulà (clik)

Chi non ricorda la canzone popolare detta del Monachieddru o Manachiellu a seconda la linea dell'isoglotta di appartenenza. Il frate che bussa di porta in porta per elemosinare qualcosa per la sussistenza propria e dei suoi confratelli, e quando ci riesce carpire anche qualcosa d'altro. Quello che si vede nel filmato è quanto meno strano, per non dire indecente, non si va ad elemosinare un piatto di minestra con le telecamere; il Monaco ha perso il senso della misura e della realtà, spero qualche comunità se ne prenda cura.

domenica 27 gennaio 2008

Via Crucis


Mi sarei aspettato una via Crucis in salita nella Cosenza vecchia; Corbelli al posto del Cireneo, ma viviamo tempi mediatici, quindi Corso Mazzini la via dello struscio e dell'apparire, volontari della Protezione Civile non si sa mai, fotoreporter, interviste a tutto spiano. Peccato non aver visto una pia donna asciugargli una perla di sudore.
Se si sente in pace con Dio a che servono queste pagliacciate umane? Dimenticavo: fra un po comincia la settimana di Carnevale.

Sarmenti



Puta e zappa a jinnaru
si vù ghignji lu ciddraru,

ma lu veru putazzu
ghru misi di marzu.

Quanta sapienza dettata dall'esperienza e dal duro lavoro della terra. Quattro versi fanno un piccolo trattato di agronomia. Dalla potatura delle viti, riservata agli uomini, derivava un lavoro prettamente lasciato alle donne, che generalmente svolgevano nelle buone giornate di sole tra febbraio e marzo. I tralci potati venivano lasciati al suolo ad appassire quel tanto perché rimanessero ancora docili e flessibili alla piegatura per la formazione di quella matasse di tralci chiamati "sarmienti". Quando l'operazione, detta "assarmintà" cioè del fare sarmenti, era completata i sarmenti venivano riuniti in grosse sarcine per portarli via e liberare il terreno della vigna. In luogo riparato dalla pioggia si accatastavano per completare l'essiccazione. Questo lavoro veniva condiviso nell'ambito parentale, si scambiavano le prestazioni.

Ma forse vi state chiedendo a che cavolo servivano i sarmenti?

Per chi lo sa è la scoperta dell'acqua calda, per chi lo sente nominare per la prima volta sarà una scoperta. Nell'economia domestica del mondo contadino in genere, il fuoco del camino era l'unica fonte di calore per riscaldarsi e cuocere le vivande. Usare un camino come fonte di calore per il solo riscaldamento è una cosa, usare il fuoco del camino per cuocere, e quando dico cuocere voglio dire che quello era il solo mezzo non c'era altro. Un conto cuocere i ceci nella pignatta, un'altro friggere le uova nella padella di ferro, un'altro far bollire la pentola dell'acqua per i maccheroni. Bene, Il sarmento aveva la funzione del pomello del gas delle moderne cucine. Per far partire il fuoco a camino spento, si usavano dei piccoli accorgimenti, vi ricordo che la carta se pur inventata secoli prima era merce rara, si usavano: steddri-vampogli e sarmienti, i sarmienti sappiamo cosa sono, steddri sta per schegge e vampogli sta per cime di rami secchi con le loro foglie, sottoprodotti del taglio e della spaccatura della legna. Questa era la diavolina con la quale il fuoco prendeva vita nel camino, aggiungendo a mano mano la legna di quercia-faggio e d'ulivo per la lunga durata, di castagno robinie pioppi e altro per avere fiamma, ma se si voleva il colpo di fuoco per portare ad ebollizione al momento desiderato l'acqua per calare la pasta, maccheroni, lagane, salatieddri e sdrangugli, c'era un solo modo: infilare nel trepiedi. alla sommita del fuoco e quasi a contatto del fondo della pentola, 'nu sarmientu, et voilà si sprigionava la giusta fiammata.






















martedì 22 gennaio 2008

Vi cuntu 'na rumanza................

C'èra 'na vota............................ un comune e un sindaco, e come tutti sanno dove c'è un comune c'è pure un sindaco, alcune volte non c'è ma al suo posto c'è un commissario prefettizio, questo bravo Sindaco appena insediatosi con la sua bella fascia tricolore, si accorge che mancava una figura moooooooooooolto importante per il funzionamento della macchina amministrativa, questa figura mancante era quella del responsabile dell'UTC(Ufficio Tecnico Comunale), cosi, con piglio decisionista insito negli uomini appartenenti a al suo pensiero politico dalla sera alla mattina assume una giovane ArchiTetta, si può dire anche architetto è solo per meglio specificare che trattasi di una donna; il fatto crea qualche malumore e mal dipancia a qualcun'altro, ma si era agli inizi dell'avventura amministrativa si son detti, vedremo di stare piu attenti in seguito. E' chiaro che l'assunzione fu fatta per chiamata diretta, niente bandi e concorsi, la conoscenza personale è una peculiarità di un bravo Sindaco. Passano un paio d'anni e succede che l'ArchitTetta da le dimissioni dall'incarico, forse aveva trovato di meglio da fare, qualche incarico più redditizio dei 10400 euro che percepiva direte voi, in fondo questi soldi li guadagna pure manovale alla giornata. Intanto i dipendenti comunali non percepivano gli stipendi gia da mesi perché le casse comunali erano asciutte. Allora il bravo Sindaco emette un bando per un concorso, perché un bravo Sindaco di un buon comune non può privare i propri i cittadini della figura importante del responsabile dell'UTC. Chissà quante domande saranno pervenute per questo concorso, vi state chiedendo, rispondo subito una(1), sapete da parte di chi? Dalla stessa ArchiTetta, sapete chi è stata chiamata a ricoprire quella mansione? La stessa ArchiTetta, con una piccola variante: adesso costa alle casse comunali, che nel frattempo non è che si siano riempite per qualche vincita al lotto, in soldoni 15600 euro, 5200 euro in più. La morale? Non c'è una morale, anzi siamo in presenza di comportamenti a-morali. Il modo e il contenuto del bando è a-morale, la situazione in cui versano i dipendenti è a-morale, non essere in grado di mettere a bilancio un soldo bucato per la cultura e a-morale: Se proprio vogliamo trovare una morale allora è questa, a furia di comportamenti a-morali l'immoralità è diventata di fatto abituale costume nella gestione dell'amministrazione del bene comune.
Stretta la foglia larga la via dite la vostra, io ho detto la mia.

venerdì 18 gennaio 2008

Reportage dall'interno










Torano Castello
Le palazzine degli alloggi residenziali pubblici, nonostante siano diventate maggiorenni, rimangono impopolari, a distanza di un anno e un mese dall’ultima visita che l’assessore regionale ai lavori pubblici, Luigi Incarnato, e l’allora commissario straordinario dell’Aterp, Domenico Gimigliano hanno fatto agli stabili.
Dicembre 2006-gennaio 2008, i due immobili di proprietà dell’Aterp, che si trovano ubicati uno a Sartano e l’altro a Torano, attendono ancora, che le promesse fatte dall’assessore e dall’allora commissario straordinario dell’Aterp, siano mantenute. L’assessore regionale Luigi Incarnato, il commissario straordinario Aterp, Domenico Gimigliano, il geometra capo dell’Aterp , Paolo Gaudio, in quel dicembre del 2006 presero atto dello stato in cui versavano, e tutt’ora versano, i due immobili, con un unico obiettivo, renderli abitabili in breve tempo. Oggi quelle palazzine per un totale complessivo di 18 alloggi residenziali pubblici, aspettano. In quella occasione, alla presenza del consigliere provinciale Franco Corbelli, del sindaco Antonio Iannace e dei media televisivi, l’assessore in merito ai due immobili affermò: “ E’ un’incompiuta abbandonata a se stessa, che è un po’ dappertutto, in Calabria. Spero solo di avere le risorse necessarie per ripartire con queste incompiute. Sono scempi che vengono provocati dall’uomo, sono responsabilità della politica, di chi ha gestito in questi anni queste cose. Indignazione ,sicuramente, perché vedere queste case abbandonate e gente che ha bisogno di alloggi lo lascio immaginare. Io provengo da un quartiere popolare è so che significa per una famiglia come era la mia, quattro figli e i miei genitori. Sicuramente sono più sensibile di molti altri a questi problemi. Troviamo una struttura dove c’è un ricorso legale, c’è un fallimento, e mi renderò parte integrante per capire come mai è stata vincolata questa struttura al fallimento, e strano, perché è una struttura pubblica, però le leggi in Italia sono fatte per essere rispettate, spero che sia nella linearità della legge. L’altra è una struttura che era stata già consegnata, però purtroppo per azione di vandali è stata distrutta e non può essere consegnata. In questo caso saremo più veloci, credo che il finanziamento sarà recuperato in tempi brevi”.
Non fu da meno il commissario straordinario : “ sono due problematiche diverse, per la prima struttura di Torano, c’è il fallimento dell’impresa costruttrice che a causato il fermo della struttura da parte della magistratura. Abbiamo già predisposto il progetto di riqualificazione, però bisogna attendere che finisca il contenzioso. Per l’immobile di Sartano, invece la situazione è più tranquilla, nel senso che abbiamo predisposto il progetto di riqualificazione e di recupero degli alloggi. Su questi alloggi è stata indetta già una prima gara d’appalto, ma l’offerta pervenuta è stata un’offerta anomala, che la ditta non ha saputo giustificare, e quindi non abbiamo dato inizio a nessun intervento, perché dobbiamo riappaltare i lavori. Abbiamo già la disponibilità di 80 mila euro per intervenire, ma non sono sufficienti. Speriamo di iniziare i lavori entro la fine dell’anno, (leggasi entro il 2006) e di chiedere alla Regione un ulteriore finanziamento per completare e assegnare gli alloggi. A tale proposito l’assessore si è detto disponibile”.
Intanto le due strutture continuano a marcire sotto l’inclemenza delle intemperie, mentre la popolazione toranese e le istituzioni civili, aspettano che siano mantenute le promesse fatte su un intervento immediato che possa sanare la situazione di degrado in cui versano i due immobili.

I numeri dell’Iacp oggi Aterp a Torano Castello in relazione agli alloggi residenziali pubblici, ossia le case popolari.
Il caso di Torano Castello.
1982 la prima, 1991 la seconda, non sono numeri buttati cosi, ma sono esattamente le date di due palazzine - cattedrali nel deserto -, che l’IACP, Istituto Autonome Case Popolari fino al 1996, dal 27 agosto 1996 trasformato in Aterp, azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica, aveva iniziato a costruire nel comune di Torano Castello e che non ha mai completato.
Complessivamente le due opere avrebbero dovuto creare diciotto appartamenti di residenza pubblica, per altrettante famiglie che li avrebbero occupati secondo graduatoria e che sono costati in termini di soldini all’Iacp di ieri, oggi Aterp, svariati milioni di vecchie lire.
Le due opere, la prima datata 1982, vede l’inizio dei lavori il 27 aprile 1983, con regolare concessione edilizia n.33 del 1982, rilasciata dal comune di Torano Castello, dopo che il sito per la costruzione del fabbricato era stato cambiato per ben due volte, con la scelta definitiva in contrada Piana.
Iniziati i lavori, dal progetto, si evince che la struttura sarebbe stata costruita su tre piani per un totale di dodici alloggi. Lavori proseguiti per circa sei anni, in cui l’immobile è completato a cavallo tra il 1988/1989, però i lavori, guarda caso, per motivi a noi sconosciuti non sono mai stati consegnati.
Una palazzina nuova con dodici appartamenti, con un canone di fitto mensile a costo contenuto, faceva gola a tante famiglie che aspettavano di avere un alloggio dove potere vivere dignitosamente, ma chi si aspettava l’assegnazione secondo delle graduatorie, purtroppo è rimasto deluso e pare che, allora, all’epoca dei fatti, nessun tipo di graduatoria fu stilata. Intanto gli alloggi erano stati completati, e nell’attesa della consegna e dell’assegnazione, alcune famiglie abusivamente, occuparono alcuni degli appartamenti.
Occupazione durata poco tempo, per l’intervento di carabinieri e di vigili urbani del comune, che facevano sloggiare gli occupanti. Da allora la vicenda delle case popolari di contrada Piana, sono oggi visibili agli occhi di tutti. Infatti, lo stabile dopo essere stato completato è rimasto in balia e alla mercè di gente con pochi scrupoli, che nottetempo hanno pensato di smontare tutto quello che era possibile portare via e così è stato. Via, dalla palazzina, sanitari, porte, finestre, vetri, portone d’ingresso in alluminio, persino le prese della corrente e i citofoni.
Questo è quello che si vede dall’esterno della palazzina, all’interno un inferno, pavimenti in ceramica e scale di marmo rotte, vetri in frantumi, ringhiere interne ed esterne arrugginite, sporcizia dappertutto, persino sui muri scritte d’ogni genere e qualità, e soprattutto locali usati dagli appassionati dello spinello, dell’amore e del chi più ha più ne metta. Un immobile diventato meta d’appuntamenti per incontri amorosi e cannabinoidi, ma un immobile diventato anche ricettacolo d’animali d’ogni sorta, mentre le spine e i rovi hanno invaso tutto.
A distanza di ventisei anni dalla data d’inizio, di tutto ciò non resta che una cattedrale, non nel deserto perché sembrerebbe scontato, ma una cattedrale in una pianura per il luogo dov’è ubicata, che aspetta fredda e ammutolita di poter essere utile a qualche nobile causa.
Questa è la situazione attuale dell’opera datata 1982, ma spicchiamo un salto in avanti di un decennio ed arriviamo al 1991. Spostandoci di circa due chilometri dalla prima palazzina ubicata nella frazione Sartano, arriviamo nell’ex zona allora chiamata San Marco, oggi Viale Michelangelo, dove sorge l’altro fabbricato.
L’Iacp, dal 1996 Aterp, con regolare concessione n. 61 del 1991 rilasciata dal comune di Torano Castello, iniziava, su un ermo colle, la costruzione di un altro mausoleo, con l’intento di donare al comune toranese la possibilità di sistemare sei nuclei familiari, in altrettanti appartamenti residenziali pubblici.
La sorte anche per quest’altra costruzione non è stata benigna, anzi è stata beffarda, perché, l’immobile è stato costruito in tutta la sua interezza muraria, nel senso che sono stati costruiti solo i muri perimetrali, il tetto, le scale interne e le divisioni degli appartamenti, il resto, rimane una pura chimera, come lo dimostrano i materiali che giacciono nello spiazzo antistante la palazzina.
Cumuli di pietre, marmi, mattoni, sacchi di cemento rotti, telai delle porte arrugginiti, stanno li, impassibili allo scandire del tempo, che tutto tace, tutto distrugge.
Intorno alla struttura una foresta, sì proprio una foresta quasi amazzonica, piante ed erbacce dappertutto, perfino sul cemento, dove le radici hanno messo su casa e dove cumuli di detriti e di materiale inerte, giacciono coperti da erba e rovi. Uno stabile senza nessuna protezione da chicchessia, uno stabile preda solo di qualche anima pia, che cerca riparo, e anch’esso come lo stabile di Sartano, ricettacolo d’animali o di qualche attimo d’intimità, come si nota da alcuni disegni sulle pareti interne.
Ma c’è dell’altro, lo stabile di proprietà dell’Aterp, è stato posto sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Cosenza, perché la ditta che stava eseguendo i lavori è fallita, e pare che l’immobile pubblico sia entrato a far parte della massa fallimentare della ditta. Un’assurdità per un immobile pubblico, un’assurdità perché l’Aterp non sappiamo se ha reclamato presso le autorità competenti per poter far dissequestrare l’immobile e potervi porre rimedio mettendolo nelle condizioni di finirlo ed abitarlo.
In tutta questa paradossale vicenda, il comune di Torano Castello, come anche altri comuni della provincia e della regione, cosi come la popolazione sono inermi spettatori, come lo sono rimasti quei nuclei familiari che avevano fatto affidamento nell’assegnazione di un alloggio residenziale pubblico.
Oggi, nel 2008, a distanza di 26 anni per la prima palazzina, costruita ultimata e mai consegnata, e a distanza di 17 anni per la seconda palazzina, nulla è stato fatto per renderle abitabili, nulla si muove in merito, nulle le attese abitative delle famiglie, nulli anche i soldi spesi, di tutto ciò chi ne subisce le conseguenze sono solo e sempre i cittadini di una Regione martoriata dalla precarietà, dalla mancanza di lavoro, vessata dalla malavita e dalla mancanza di sensibilità e di fermezza, da parte delle istituzioni.
Qualcosa però si muove, ed è già tanto, nel senso che si parla di una trasformazione su una proposta dell’assessorato regionale ai lavori pubblici ancora in fase iniziale, cioè di trasformare le Aterp in Ares, aziende per la residenza e i servizi, le quali dovrebbero essere, come riportato da questa testata, enti pubblici non economici e non dipendenti dalla Regione, che dovrebbero esercitare funzioni di controllo. Che ben vengano le metamorfosi, le trasformazioni, gli azzeramenti e quant’altro, se indirizzate in un ambito di regolare gestione della cosa pubblica.
Ma la gente di Calabria, su problematiche serie, come gli alloggi di residenzialità pubblica, aspetta risposte certe, ormai stanca di vedere solo cattedrali o mausolei vuoti o incompiuti.
Non basta trasformare se poi questi escamotage, cambiano solo il nome dell’ente, ma non cambiano il metodo e i modi di gestione dei beni pubblici, perché la politica della casa è strategica per la Calabria e per i comuni, soprattutto per quei comuni dove già esistono immobili ultimati e mai consegnat
Gildo Anthony Urlandini


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Una impietosa cronistoria corredata da altrettante impietose fotodocumento; sulle conclusioni concordo in tutto tranne per la parte finale dove si ritiene la poltica della casa strategica per la Calabria. Nei piccoli comuni qual'è il nostro se c'è una cosa che non manca sono le abitazioni, anzi con l'andamento demografico attuale saranno sempre di piu in rapporto ai residenti. Se volete divertirvi provate a percorrere una qualunque via di Sartano centro, provate a contare le case abitate e quelle vuote, vi accorgerete che per ogni residente c'è una casa vuota se non due. Dal 1982 ad oggi le variazioni demografiche sono nell'ordine di un punto percentuale, più o meno. L'aver fatto il diavolo a quattro per convincere l'ex IACP per farlo intervenire anche nel nostro Comune a costruire degli allogi popolari, non fu certo una scelta dettata da reali bisogni, ma una scelta fotocopia, come a dire:"Tutti i Comuni hanno le CasePopolari, perchè noi no?" Ammesso e non concesso che allora vi fosse qualche famiglia in reale stato di bisogno sarebbe bastato acquisire qualche fabbricato, si sarebbero risparmiati soldi pubblici; ma come tutti sappiamo quando a pagare è lo Stato chi se ne frega"robba i l'atri, currija lariga". Risultato? U culu ruttu e senza cirasi.

lunedì 14 gennaio 2008

Saldi&Concorsi

Non so se sono scampoli di fine stagione,oppure siamo davvero alla frutta, ma leggendo dei due concorsi, dico 2, in un sol botto e con le modalità richieste mi viene da pensare che la campagna elettorale è già iniziata.
Ma vi pare serio che a ricoprire due ruoli cosi importanti non venga richiesta l'iscrizione all'albo professionale?
Che al responsabile dell'ufficio tecnico non vengano richieste conoscenze informatiche specifiche con la sua professione?
Potevate chiedere il numero delle scarpe, la taglia, l'altezza, il peso facevate prima.
Per finire:l'idoneità dei candidati sarà esaminata e convalidata da un medico condotto con funzioni di sindaco, previo raggi x addome a vuoto per vedere chi ha più stomaco e meno cervello?
Per dirla con Totò: ma mi facci il piacere!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Avviso pubblico per conferimento incarico responsabile servizio finanziario
avviso_posto_resp.uff.finanziario.doc
Avviso pubblico per conferimento incarico part-time a tempo determinato Responsabile Ufficio Tecnico Comunale
avviso_pubblico_UTC.doc

domenica 13 gennaio 2008

Gracias a la vida

Forse il più bell'inno alla vita in forma di canzone che sia mai stato scritto al mondo, quindi per natura una canzone contro la guerra. Fu scritto da Violeta Parra GRAZIE ALLA VITA Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato due stelle che quando le apro perfetti distinguo il nero dal bianco, e nell'alto cielo il suo sfondo stellato, e tra le moltitudini l'uomo che amo. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato l'ascolto che in tutta la sua apertura cattura notte e giorno grilli e canarini, martelli turbine latrati burrasche e la voce tanto tenera di chi sto amando. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il suono e l'abbecedario con lui le parole che penso e dico, madre, amico, fratello luce illuminante, la strada dell'anima di chi sto amando. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi, con loro andai per città e pozzanghere, spiagge e deserti, montagne e piani e la casa tua, la tua strada, il cortile. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il cuore che agita il suo confine quando guardo il frutto del cervello umano, quando guardo il bene così lontano dal male, quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto, così distinguo gioia e dolore i due materiali che formano il mio canto e il canto degli altri che è lo stesso canto e il canto di tutti che è il mio proprio canto. Grazie alla vita che mi ha dato tanto.

NoComment

Sartano.
Via anche i candelabri. Furto di spiccioli alla chiesa di San Domenico SARTANO - La chiesa di San Domenico in Sartano è stata “visitata” dai soliti ignoti. Ancora una volta, oggetto dell'attenzione di qualche ladruncolo le monete delle offerte contenute nelle cassette dei candelabri elettrici. I malviventi, però, introdottisi nel sacro tempio non si sono accontentati solo dei soldi. Per far fretta ed evitare di essere scoperti, infatti, gli ignoti malviventi hanno pensato di trafugare anche due candelabri acquistati di recente. Un episodio che ha creato sconcerto ed indignazione nella popolosa comunità cratense ancora scossa per la tragica fine di Alessandro Chiappetta. Il furto nella chiesa di San Domenico, infatti, è stato perpetrato nelle ore successive ai funerali del giovane assassinato in località Sant'Andrea. Ad accorgersi del trafugamento dei due candelabri, al cui interno vi erano custoditi circa quattrocento euro, è stato il parroco don Elio Perrone, quando nella mattinata di ieri si è recato in chiesa per la celebrazione della Messa. Non sono stati notati, inoltre, segni di effrazione né tanto meno serrature scardinate. Ciò rende probabile che i ladri siano entrati in chiesa nelle ore di apertura e, dopo essersi nascosti, siano passati in azione indisturbati dall'oscurità notturna per poi dileguarsi con i due pesanti candelabri in metallo che il parroco adesso spera di poter recuperare per evitare un ulteriore danno alle casse della parrocchia. Dal QuotidianodellaCalabria del 12 gennaio 2208

sabato 12 gennaio 2008

Senza titolo

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Art. 5 - Lutto cittadino ed esequie pubbliche
1. Il Sindaco, sentiti i capigruppo consiliari, decreta il lutto cittadino per la morte dei cittadini che con le loro opere abbiano in vita meritato la speciale ammirazione e riconoscenza della collettività. Il Sindaco può altresì eccezionalmente disporre, con il consenso dei familiari, la celebrazione delle esequie pubbliche.
2. Il lutto cittadino consiste nell’esposizione della bandiera a mezz’asta dal palazzo municipale. Il Sindaco, aseconda delle circostanze, può determinare altri segni di lutto così come invitare la cittadinanza ad una sospensione delle sue occupazioni in una certa ora della giornata.
3. Le esequie pubbliche si svolgono con le modalità determinate dal Sindaco e consistono di norma nell’allestimento della camera ardente in luogo pubblico ove esporre la salma al reverente saluto dei cittadini, nel corteo funebre lungo le strade della città e nella cerimonia religiosa o laica ove il Sindaco pronuncia l’orazione funebre.
4. Le prestazioni necessarie per le esequie pubbliche,ad eccezione del feretro, sono a carico del Comune.
5. Il lutto cittadino può essere decretato dal Sindaco anche per eventi mortali che abbiano riguardato persone non cittadine, ma che abbiano colpito profondamente la cittadinanza suscitando vasto cordoglio.
7. Per il decesso degli amministratori in carica, di coloro che abbiano rivestito la carica di Sindaco e deidipendenti comunali in servizio , è disposta l’ordinazione di una corona funebre con nastro recante il nome del Comune. Alle esequie il Comune parteciperà con il Gonfalone listato a lutto, portato da un Vigile urbano, accompagnato da una rappresentanza dei Vigili del Fuoco e dal Sindaco o delegato con fascia tricolore. Nel caso di decesso di Amministratori in carica e dei dipendenti comunali in servizio a tempo indeterminato nonché loro genitori, coniugi e figli si provvederà alla pubblicazione sui giornali locali.
Nel riportare l'Ordinanza del Sindaco del nostro comune, con accanto una serie di articoli che la maggioranza dei Comuni Italiani ha adottato all'interno del proprio Statuto o nel regolamento di Polizia municipale, lungi da me l'idea di entrare nella fattispecie del singolo caso, mi preme però rimarcare alcune cose che forse possono sembrare banali ma non meno importanti di altre, ma che meglio rappresentano lo scarso senso dell'ufficialità di chi e chiamato a rappresentare l'amministrazione pubblica. Per prima cosa ho cercato nello statuto e nei regolamenti del comune di Torano qualcosa che riguardasse la dichiarazione del lutto cittadino: non vi è traccia. Quindi il tutto viene lasciato a discrezione del Sindaco. Non c'è scritto da nessuno parte che lo statuto comunale debba regolamentare la materia, ma tant'è, visto che di fatto è una cosa che succede, al fine di evitare usi ed abusi quasi tutti i Comuni vi hanno provveduto, Torano NO. Sig. Sindaco, Sig.i Assessori, Sig.i Consiglieri di maggioranza e di minoranza è troppo chiedervi di provvedere in merito?
Sarete liberi di normare la materia secondo il vostro credo religioso, pensiero politico e la vostra etica morale, ma fatelo nel nome e nel rispetto delle Istituzioni che rappresentate; l'essere all'asciutto di finanze può anche non essere colpa vostra, ma non regolamentare cose che costano solo sforzo di pensiero sarebbe una grave colpa. Non possono esserci, in materia, ne abusi ne arbitri, tanto meno fretta o leggerezza; il rispetto delle istituzioni deve essere il primo dovere di chi le rappresenta perché queste siano credibili, diversamente ognuno è libero di fare quello che più gli conviene, anche di nominare il proprio asino assessore alla cultura, all'agricoltura o ai trasporti.

venerdì 11 gennaio 2008

Chi muore giace e chi vive non si da pace

L’ultimo saluto per Alessandro I funerali di Chiappetta nella chiesa dove presto avrebbe sposato Paola Torano Castello Le esequie di Alessandro Chiappetta, il giovane, operaio-saldatore, ventinovenne ucciso barbaramente e bruciato nella sua Fiat Panda l’antivigilia dell’Epifania, si sono svolti in un clima mesto, intriso di rabbia e dolore, in una giornata greve coperta dalle nuvole che minacciavano pioggia. La chiesa madre di San Domenico della frazione Sartano si è riempita di parenti, amici e conoscenti, per salutare i resti dell’operaio, trucidato brutalmente, in quel maledetto triangolo di terra compreso tra le contrade Dominicelli, Quarantuno e Sant’Andrea. Sul piazzale della chiesa tanta gente, con mazzi di fiori in mano depositati appena il feretro, di Chiappetta, è arrivato sul portone d’ingresso della pieve di San Domenico, la chiesa dove Alessandro Chiappetta con la sua fidanzata Paola , avevano frequentato il corso di preparazione al matrimonio, matrimonio che pare si sarebbe dovuto celebrare a marzo prossimo. Il feretro, portato a spalla, è giunto in chiesa accompagnato, dai genitori Eugenio e Franceschina dalla sorella Brunella e dai tanti parenti, con compostezza senza scene di disperazione, fino all’entrata in chiesa quando si è udito per un attimo un pianto di dolore, poi il silenzio e la celebrazione del rito funebre officiato dal parroco Don Elio Perrone. All’ingresso della chiesa sulla facciata esterna un grande cuore formato da palloncini bianchi con la scritta” Alessandro sarai sempre con me ti amo Paola”, e tanti amici che costernati si sono assiepati sui gradini del luogo sacro, chiusi in un silenzio di dolore, per l’assurda fine dell’amico. Una fine ancora avvolta nel mistero, un giallo dal quale gli inquirenti stanno cercando di venirne a capo, non tralasciando nessun tassello utile alla ricostruzione degli ultimi movimenti della vittima. Qualcuno ha anche proferito parole amare, facendo trapelare in un certo senso anche il clima omertoso che si sta innalzando sul caso, dicendo “ è possibile che nessuno abbia visto o sentito niente, è possibile che chi ha visto le prime fiamme di quella maledetta sera non abbia capito che si stava consumando una tragedia”, mentre qualche altro partecipante alle esequie ha denti stretti faceva notare che mancavano alcuni parenti stretti del defunto. Tante le parole, i se e i ma, ma la verità potrà arrivare solo dal lavoro investigativo degli inquirenti. Il parroco nell’omelia a invitato alla preghiera incoraggiando i genitori ad avere forza, ed i parenti a stare vicini a loro. All’uscita del feretro dalla chiesa due colombi bianchi hanno spiccato il volo verso il cielo, mentre gli occhi gonfi di lacrime, di dolore e di rabbia dei familiari, parenti e amici hanno salutato per l’ultima volta la bara con i resti di Alessandro Chiappetta che volgeva verso il cimitero comunale di Torano Castello. Intanto, sul fronte delle indagini poche novità, la pista che mette in parallelo il delitto con quello di Casali resta in piedi e si scava nel mondo della droga. Gli inquirenti non hanno del tutto accantonato il movente passionale. Articolo estratto dal quotidiano CalabriaOra di venerdi 11 gennaio 2007 a firma di GILDO ANTHONY URLANDINI

giovedì 10 gennaio 2008

Coram Populo

La musica folcloristica, le melodie vernacolari attraversano le sbarre e raggiungono, per un giorno, i detenuti del carcere “Sergio Cosmai” di Cosenza- E’ la tradizione canora dei Coram Populo, che oggi oltrepasseranno le barriere elettroniche e le torrette di guardia per proporre, nel teatro del carcere, lo spettacolo dalla radice al fiore, che è anche il titolo del primo album inciso, nel 2004 da questo gruppo. Il richiamo del passato insomma s’effonde e si confonde con brani assolutamente inediti, curati dal vocalist del gruppo Pino Cariati. Renato Marengo e Michael Pergolati, talent scout della RAI, hanno apprezzato tali brani e hanno offerto d’inserirli all’interno di altrettante compilations edite da RaiTride. I due CD, intitolati rispettivamente The best of demo e L’eterno, conteranno i singoli ‘Sa strata mi la fazzu a passu a passu e Del mare e del richiamo. L’iniziativa assume particolare valore proprio perché coinvolge il mondo del carcere. Un mondo spesso dimenticato che merita, invece, grande attenzione.



Fin qui l'articolo pubblicato dalla GazzettadelSud del 4 gennaio.
Per chi no lo sapesse il gruppo musicale denominato Coram Populo, letteralmete: in presenza del popolo o davanti al popolo, è composto da musicisti Sartanesi. Pino Cariati creatore e pensatore del gruppo è la voce solista dei brani presentati ma è anche un bravo autore di testi. Quando ho letto la notizia del concerto che avrebbero tenuto nel carcere di Cosenza gli ho scritto per richiedergli un reportage della serata da inserire in questo blog. Conosco Pino da quando eravamo ragazzi, sapevo che si sarebbe limitato a dire poche cose, che qui riporto integralmente:
"Per quanto riguarda il concerto e a quel che si prova ad esserci, posso dirti che alla fine, quando gli ospiti del carcere sono venuti a salutarci e a darci la mano, mi è tornata in mente una canzone di Gino Paoli nella quale, dopo aver raccontato che la sua casa era stata visitata dai ladri, lui viene assalito dal dubbio che se non gli fosse andata bene con le canzoni forse a quest'ora ci sarebbe stato un ladro in più; poi continua dicendo che le strade sono tutte giuste, anche quelle sbagliate, basta non prendersi mai troppo sul serio.
Vai capire dove sta la verità! Non mettere commenti al concerto, basta la notizia, se no finisce che mi prendo troppo sul serio.
Auf viederseen (non ricordo bene se si scrive proprio così)."


lunedì 7 gennaio 2008

Avviso per chi avesse intenzione di morire nei giorni.........

......non prescritti dal nostro beneamato Sindaco. Ricevo e volentieri pubblico questa informazione ad uso esclusivo dei cittadini "viventi".
Torano Castello Vietato tumulare salme nelle ore pomeridiane, nei prefestivi e nei festivi, al camposanto di Torano Castello, per mancanza di personale comunale addetto al cimitero. Una decisione presa dall’amministrazione comunale di Torano Castello che sta mandando su tutte le furie, alcune ditte di onoranze funebri e i parenti delle persone decedute in attesa di avere una sepoltura. È di sabato la notizia, che i parenti di una signora deceduta venerdi scorso e la ditta di onoranze funebri, che si occupa del servizio, si sono sentiti rispondere dal primo cittadino di Torano Castello, per come riferito dal titolare della ditta che : “ non si può autorizzare la tumulazione della salma, nelle ore pomeridiane per mancanza di personale comunale presso il cimitero”. Al diniego dell’autorizzazione alla sepoltura della salma della signora, non si è scongelato il cuore del primo cittadino, neanche quando a chiederlo sono stati i familiari, e neanche su proposta della ditta che si occupava del servizio, che avrebbe impiegato, la ditta stessa, personale proprio per eseguire la tumulazione per non lasciare la bara nella, pseudo, sala mortuaria del cimitero per tre giorni la defunta in attesa che, oggi in mattinata, si potesse procedere alla sepoltura. Alle richieste formulate, è arrivata la negazione del primo cittadino, nonostante con una lettera datata 20 dicembre 2007, il titolare di una ditta, proprio quella che si occupava delle esequie e della cerimonia religiosa della signora, comunicava al sindaco di Torano Castello che : “ la disposizione relativa ai servizi cimiteriali emanata dal sindaco, che stabilisce la tumulazione solo nelle ore antimeridiane, comporta per le attività di onoranze funebri, problemi di ordine pratico ed economico. Inoltre il cimitero di Torano Castello, ancora non dispone di una camera mortuaria adeguata ad ospitare le salme anche nelle ore notturne e per più giorni ”. A tale comunicazione da parte del titolare della ditta di onoranze funebri, non è arrivata ancora oggi nessuna risposta, ma non c’è da meravigliarsi, nel comune di Torano Castello, è prassi non rispondere alle istanze presentate da semplici cittadini, da istituzioni e ditte.
Dunque avete inteso bene quando si puo morire e quando no? Se qualcuno decidesse di farlo in giorni non prescritti gli toccherà aspettare per essere tumulato. Un sentito ringraziamento all'attuale e alle passate amministrazioni per l'allegra finanza, per gli ottimi affari conclusi, per i mutui che ci avete lasciato in eredità, cosi tanti che non ci si può più permettere di morire ed essere tumulati quando è giunta l'ora. In un'altro post riportavo una interrogazione parlamentare del 27 LUGLIO 1949 con la quale si domandava:
stro dei lavori pubblici per conoscere le ragioni che, nonostante le continue insistenze da parte di autorità e di cittadini, hanno finora impedito la costruzione della strada di allacciamento all'abitato di Torano Castello (Cosenza) della frazione Sartano, ove la popolazione durante la. stagione invernale rimane addirittura avulsa dal consorzio civile, ed ove spesso, data la inaccessibilità degli impervi viottoli, si è costretti finanche a trattenere in casa i cadaveri per intere settimane.>
La strada è poi stata fatta, ma passi avanti non ne sono stati fatti molti se nel 2008 siamo in questa situazione, nemmeno le risorse per un operatore cimiteriale a tempo pieno.
Teniamoci in vita, visto i tempi che corrono........

domenica 6 gennaio 2008

Tg3 della Calabria, con calza della befana.

http://switchboard.real.com/player/email.html?PV=6.0.12&&title=TGR%20Regionale%20COSENZA&link=http%3A%2F%2Fwww.inforegioni.rai.it%2Fram%2Fregioni%2Fcalabria%2Ftgr%2F20080106new1biftgr%5Fore%5F19%5F30%5Fdel%5Fgiorno%5F6%5Fgennaio%5F2008%2Dcalabria%2D00.ram
L'apertura è sul fatto di cronaca nera avvenuto nel nostro comune. Nella seconda parte segue una intervista da studio oggetto di questo post.
Ci risiamo, se le parole hanno un senso ad esse seguono azioni e fatti concreti. Ricordatevi di questo annuncio fatto non da un pulpito qualunque o in un comizio di piazza in piena campagna elettorale, ma dal TelegiornaleRaiCalabria. Ricordatevi che era il giorno dell'Epifania del 2008. Il garante dei malati, il difensore civico, il garante dell'infanzia, il garante dei carcerati. Non entro nel merito delle dichiarazioni, di garanti e garantiti ne avevo già parlato. Aspettiamo la befana dell'anno prossimo.
Per vedere il filmato clicca sul link
Scusate ma il link non è piu attivo, non per colpa mia, ma la Rai forse non li rende fruibili oltre lo stesso giorno di messa in onda.

sabato 5 gennaio 2008

CronacaNera



Torano Castello
Operaio ventinovenne viene ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto, una Fiat Panda, in una stradina sterrata di campagna, in contrada Sant’Andrea nel comune di Torano Castello.
Ad avvertire e segnalare la presenza del cadavere e dell’auto incendiata del macabro fatto di cronaca è stata una telefonata arrivata al centralino del comando compagnia dei carabinieri di Rende.
Alessandro Chiappetta, è il nome del cadavere carbonizzato rinvenuto nella Panda, di professione operaio, con mansioni di saldatore, presso una piccola impresa metalmeccanica, che dista poche centinaia di metri dalla sua abitazione, in contrada Dominicelli, dove viveva con i familiari. La stradina dov’è stato rinvenuto il cadavere è una via senza uscita, che cammina parallela ad un allevamento di struzzi, in aperta campagna, dove ad un tiro di schioppo si trovano la S.S.19, la A3 e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari. Le tracce di Alessandro Chiappetta si perdono nella serata di venerdi, dove, pare che, sia stato visto in giro con la sua automobile fino alle diciannove e trenta circa, dopo quell’ora nessuna traccia fino a ieri mattina quando è stato avvistato il cadavere e l’auto bruciata. Vani, dopo quell’ora, anche i tentativi dei genitori di rintracciarlo sul cellulare. Alcune persone, che abitano vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, presenti sul posto hanno raccontato che “ abbiamo visto ieri sera intorno alle venti delle fiamme, ma pensavamo fosse qualcosa che bruciava, mai pensavamo fosse una sciagura come questa”. Altre ancora dicevano che:” da alcuni giorni si aggiravano nella zona delle persone sconosciute, che chiedevano se da queste parti ci fosse una falegnameria”. Fatto sta che da un po’ di tempo a questa parte la media Valle del Crati ha perso la tranquillità, nonostante i continui controlli delle forze dell’ordine. Sul posto immediatamente alla telefonata si sono recati i carabinieri di Torano Castello e di Lattarico, coordinati dal vice comandante provinciale, tenente-colonnello Demetrio Buscia, e dal tenente Francesco Mandia, vice comandante del comando compagnia di Rende. Gli uomini dell’arma, hanno centellinato al millimetro il lavoro di intelligence, nella conduzione delle indagini senza tralasciare nessuna pista, da quella passionale a quella malavitosa. Sul posto si è recato anche il magistrato Francesco Minisci e il criminologo Rocco Barbaro. L’operaio veniva descritto da chi lo conosceva come una persona senza grilli per la testa, amava la caccia e a giorni avrebbe dovuto scegliere insieme alla fidanzata il locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento delle imminente nozze. La scena era da paura e da disperazione, si sentivano solo le urla dei familiari, dei parenti e degli amici che non si capacitavano dell’accaduto. Dopo i rilievi del caso, è stata rimossa la carcassa dell’auto e il cadavere del Chiappetta, un mucchio di ossa, che veniva trasferito presso l’obitorio dell’Ospedale civile di Cosenza, dove sarà eseguito l’esame autoptico. L'ipotesi dei carabinieri e' che l'uomo sia stato ucciso ed il suo cadavere lasciato nella Panda,poi incendiata. Oppure che il giovane sia stato assassinato da qualcuno che si trovava con lui a bordo dell'auto e con cui Chiappetta aveva avuto un incontro. Intanto le indagini, degli uomini dell’arma continuano a trecento sessanta gradi.
Gildo Anthony Urlandini