giovedì 30 agosto 2007
I bottegai
Due servizi, due giornalisti, stesso giornale.
mercoledì 29 agosto 2007
E' calato il sipario sulla “tre giorni”
Cum'è jjutta è jjuta bona
martedì 28 agosto 2007
Gli "onori" della cronaca
lunedì 27 agosto 2007
Ultimi avvenimenti - Ricevo e pubblico
Sembrano parole di una storia di un tempo che fu, ma possono essere anche riferite ad una brutta storia che poteva finire male, che poteva fare veramente male. Nello spazio delimitante l’area assegnata agli organizzatori del 1° raduno dei figli di Roma (????), alternativa sociale, c’è la presenza di soli pochi uomini della Polizia di Stato. Pare abbia prevalso il buon senso (forse anche pratico ed economico) e gli organizzatori sono riusciti a bloccare l’arrivo del popolo della destra sociale e, di riflesso, quello dei no-global di Francesco Caruso.
Ritengo che l’episodio abbia dato ad ognuno di noi la possibilità di una riflessione che non avremmo forse mai fatto : non si può lasciare al caso un evento che può compromettere la sicurezza e l’incolumità delle persone.
Quello su cui voglio far riflettere è la leggerezza con cui viene ad essere perfezionata l’azione amministrativa, laddove è invece richiesta una analisi attenta degli eventi che la medesima azione può far scaturire. Nella fattispecie, fermo restando la possibilità di concedere spazi pubblici a quanti ne facciano richiesta nel rispetto di attività regolamentate, doveva prevalere il buon senso politico/amministrativo sulla scelta del sito sul quale tali attività potevano essere condotte.
Ciò che si è visto ieri e stamani non doveva sorprendere a cose già fatte, doveva viceversa attivare motivazioni serene sulla scelta di un sito che non comprendesse un’area urbana ad alta densità abitativa, con discreta presenza anche di interi nuclei di nostri compaesani emigrati. Credo che non poche sarebbero state le alternative alla piazza utilizzata per tale raduno, il quale forse, in ambiti più tranquilli, avrebbe meglio interpretato gli scopi per i quali lo stesso è stato concepito.
Altra amara considerazione è rivolta ai politici che hanno di recente calcato la scena, i quali non mi pare abbiano preso posizione in ordine a quanto si stava delineando.
Il giudizio espresso è, per fortuna solo personale e non ha la pretesa di supporre un coinvolgimento importante (in termini numerici) dei cittadini di Sartano, i quali comunque non pare abbiano gradito l’evento che l’intelligenza amministrativa aveva riservato loro e per il quale immagino un periodo di rancori personali per i risultati attesi, sicuramente non raggiunti.
domenica 26 agosto 2007
Dal Quotidinao della Calabria di oggi
sabato 25 agosto 2007
Dal "Quotidiano della Calabria" di oggi
lunedì 20 agosto 2007
Intime riflessioni.
L’unico complotto è quello contro la trasparenza.
''L'unico complotto esistente a Rende ed ormai istituzionalizzato e' quello contro la trasparenza''.
E' quanto scritto in una nota della direzione del quotidiano La Provincia Cosentina che replica ad alcune affermazioni dell'assessore regionale alla cultura, Sandro Principe. ''Venti consiglieri comunali su trenta - prosegue la nota - sono costruttori o proprietari di terreni interessati dalle nuove lottizzazioni, mentre i sette dipendenti stabilizzati dall'amministrazione comunale sono tutti figli o parenti degli oligarchi vicini a Principe. Spostare l'asse dalle accuse, circostanziate e puntuali, che il nostro giornale sta rivolgendo al modus operandi rendese con il ricorso continuo al vittimismo e' un gioco sporco. Padri sindaci che assumono i figli e rilasciano loro concessioni edilizie, dirigenti comunali soci palesi ed occulti di imprese edilizie, consiglieri in possesso di tredici permessi di fabbricazione in un mercato fiorente che raggruppa interessi per centinaia di milioni di euro sono lo specchio di una realta', quella di Rende, che, grazie ad un impegno giornalistico serio ed incurante delle continue minacce ricevute, viene fatta emergere dalle acque stagnanti e paludate di un sistema che si autoriproduce da 55 anni''. ''Riguardo ai familiari dell'assessore - conclude la nota - va fatta una precisazione: abbiamo dato doverosa notizia delle nozze della figlia di Principe, assunta di recente da un prestigioso istituto bancario, con un giovane farmacista vincitore di un concorso all'azienda ospedaliera di Cosenza : l'esito del concorso, noi avevamo avuto il torto ed il merito di profetizzarlo prima ancora che si svolgesse la prova scritta. In un contesto dominato dal precariato e dalle sofferenze ci e' sembrato giusto sottolineare le scorciatoie riservate a figli e collaterali, triste e consumato esempio di una Calabria che racconteremo all'infinito, senza preoccuparci delle intimidazioni e delle promesse vendicative dei signorotti e dei principati del comprensorio''.
FINCHÉ S'AMMAZZANO TRA LORO... di VITTORIO FELTRI
Pensieri disordinati postferragostani. Ieri i giornali erano ancora pieni di titoli riguardanti la strage di Duisburg, sei giovani dell'esclusivo club 'ndrangheta ammazzati nel quadro di un infinito tormentone detto faida calabrese. Le redazioni sono appassionate di questi eccidi, ne sono eccitate. La Repubblica - non una gazzetta dell'Aspromonte - vi ha dedicato addirittura otto pagine: cronaca, racconti, testimonianze, interviste, analisi, commenti. Altri quotidiani importanti, idem le tivù, si sono occupati alla grande della vicenda, e personalmente non ho capito perché. Non so esattamente chi fossero le vittime né mi preme saperlo; certa gente faccio volentieri a meno di conoscerla, anche se non escludo che nel mucchio vi fosse una persona perbene. Una è già tanto. Dal mio punto di osservazione il problema è: finché quelli delle cosche si uccidono fra loro, chissenefrega. Anzi, meglio. continua...
DICHIARAZIONI di G.Ayala
19/08 ''Se la politica non sente e non parla e delega la lotta alla criminalita' organizzata e strutturale come la mafia ai giudici, non solo la criminalita' cresce, ma i magistrati assumono un ruolo che puo' anche non piacere''. E' l'accusa di Giuseppe Ayala, magistrato antimafia e ex parlamentare, nel corso di Cortina InConTra. ''Parti significative di questo Paese - ha affermato Ayala - non rispondono a un riferimento di tipo istituzionale. C'e' un dato da cui dobbiamo partire: in Sicilia, in Calabria e in Campania risiedono circa 15 milioni di persone, circa il 25% di tutti gli italiani. Quanto risponde alla mafia, alla 'ndrangheta e alla camorra di questo 25% dell'elettorato italiano?'' ''Ai tempi dello storico maxi processo - ha continuato - c'era un ragionamento nella sentenza, basato su dati processuali, che rivelava che circa 150 mila elettori della provincia di Palermo erano orientati dalla mafia. Potremmo allora, fatte le debite proporzioni, che un 10% della platea elettorale siano condizionate dalla mafia?''. ''Ci sono strutture politiche - ha detto ancora Ayala - che non hanno fatto nulla per rinunciare a questo voto, che incide in modo determinante, con ricadute anche a Roma. E' cosi dal dopoguerra a oggi''. ''Con queste premesse - ha concluso - si puo' pensare che i pubblici appalti siano assegnati con criteri di assoluta trasparenza?''. ''Il Governo di questo Paese e' da quarant'anni condizionato dalla mafia. Non se n'e' accorto il ministro della giustizia Clemente Mastella?''. Se lo e' poi chiesto ironicamente il magistrato Giuseppe Ayala. ''Stamattina mi e' toccato leggere la lettera del guardasigilli al quotidiano 'La Stampa', una lettera che invece di essere datata a oggi poteva benissimo datare al 1985 o 1986'' ha spiegato Ayala, che ha aggiunto ''a Mastella va tutta la mia simpatia personale, non ho nulla contro di lui, ma se avessimo avuto un euro, io e Pier Luigi Vigna, per tutte le volte che abbiamo scritto queste cose nelle relazioni giudiziarie, nei convegni e in tutti i dibattiti, a questo punto saremo ricchi''. ''Possibile che Mastella - si e' chiesto - non si sia mai accorto che la mafia e' una componente organica del sistema di questo Paese, e che ci sono Regioni, come la Calabria e la Sicilia, che non fanno piu' parte della legalita''?''. ''Il punto e' - ha concluso Ayala - e' che non esiste la cultura della legalita' ne' la volonta' politica, e di tutte le autorita' che lavorano su questo, di presidiarla''.
Duisburg,Duisburg
Duisburg-San Luca. Il nesso? Nessuno. Un paesino in Calabria, una città in Germania. Due mondi diversi e lontani. Ma anche vicini. Grazie a sei pezzi di carne ormai inanimata, stesa dal piombo ‘ndranghetista. Settanta pallettoni vomitati sui corpi di sei giovani che non dovevano trovarsi “da Bruno”, das italianische restaurant. Faide, roba di mafia, dicono i teteschi. La solita strage, dicono gli italiani: legalità, legalità/lo stato si indigna/lo stato getta la spugna con gran dignità. L’unica differenza: l’eccidio è stato compiuto altrove, all’estero.
E così i teteschi hanno gioco facile, facilissimo, quasi ridicolo nello rispolverare la copertina del “Der Spiegel” degli anni Settanta, quella con la P38 affogata in un piattone di spaghetti. Nello rispolverare l’italiano/il calabrese/l’andragathos lombrosiano, il delinquente. Nel parlare di anomalia, quando in realtà è la normalità. Nel dire che la feccia italiana noi no, qua non ce la vogliamo. Warum dobbiamo prendercela noi?
Tenevela voi.
Tenetevi voi, anzi, lasciate loro (cioè ai mafiosi) i 35 miliardi di euro di fatturato, frutto dello spaccio, dello strozzo, dell’estorsione, della tratta di esseri umani, della prostituzione, dei rifiuti, dell’etc. 35 miliardi - praticamente più di una finanziaria. Altro che tesssssoretto.
E l’Italia se la tiene, la mafia. L’ndrangheta. L’ndrina. Lo sgarro. Il capobastone. Magari non è contenta di tenerseli, ma lo fa. Sopporta cristianamente. La vecchia pietas virgiliana - riveduta e corretta. Del resto, come si fa a stroncare, o quantomeno a sopire, qualcosa che dura da più di cent’anni? Qualcosa che ha più storia di uno stato che non è mai stato forte, laggiù? Qualcosa che è omogeneo, non eterogeneo, alla popolazione. Qualcosa che è la popolazione. Qualcosa che estrinseca una mentalità comune e diffusa nella popolazione.
Non si può. Non può.
E così, nessuno si meraviglia se 33/50 del consiglio regionale calabrese ha grane con la legge. Se si sciolgono amministrazioni comunali come si cambiano le mutande. Se i delinquenti legiferano. Se la legge è criminale. Se il crimine è istituzionale. Lo stato s’indigna/si costerna/lo stato getta la spugna con gran dignità.
Intanto Duisburg. Duisburg violenta. Duisburg a mano armata. I cadaveri rossastro rappreso. I torsi nudi e aperti - squarciati dal piombo. Settanta trivellate. Dieci (forse) sicari. Il viaggio è lungo: San Luca - Duisburg. Duisburg - San Luca. Nessun nesso. A parte il ferro. Il ferro è il nesso che spezza il vincolo di sangue. Il ferro è la legge di uno stato parallelo eppur collusivo. Il ferro è convincente. Sicuramente più convincente di un Mastella che lancia la crociata antimafia. Di un Mastella che ha fatto testimone di nozze ad un mafioso e che si è definito più volte il Moggi della politica. Di un Mastella che parla di scarcerazioni facili, salvo prima aver approvato un indulto urbi et orbi. Di un Mastella garantista che usa il pugno di ferro su Priebke per fatti avvenuti in un’altra era - più di sessant’anni fa. Lo stato s’indigna/si costerna/lo stato getta la spugna con gran dignità.
Warum? Eh, perchè.
Perchè: la famiglia. La famiglia è sopra lo stato. Contro la famiglia non si può andare. Non si può combattere il sangue - salvo casi eccezionali. Non si può rinnegare il sangue: te lo porti dentro. La legge, invece, non te la porti dentro - salvo casi eccezionali. La legge la puoi rinnegare: è fuori di te. La legge è imperfetta/fallibile/perfettibile. La legge - il sangue: 0-1. Da sempre.
Perchè: i soldi. Sporchi, marci, putridi. Ma pur sempre lavabili, riciclabili. Pur sempre soldi. Rispettabili, talvolta. Da immettere nell’economia pulita: tanto, poi, chi li rivede più? Soldi che si disperdono e che vengono inglobati nella ragnatela mondiale della Piovra. Le banconote della bianca di Roma, della barella di Milano e di tutta la sporca d’Italia vanno ad alimentare i ristoranti, gli alberghi, i casinò e chissà cos’altro ancora. Anche, e soprattutto, all’estero. Magari anche “da Bruno”. Magari anche nell’italianische restaurant.
Tanto lo sanno bene i mafiosi: di noi si parla solo quando mostriamo l’aspetto bestiale, primordiale. Quando andiamo in un altro paese per spazzare via sei vite umane - sei obiettivi, sei infedeli, sei cornuti. Per falcidiare, tra gli altri, un sedicenne. Quando spariamo, torturiamo, decapitiamo, sciogliamo nell’acido. Ma l‘andragathos non uccide 365 giorni l’anno. L’andragathos fa affari 365 giorni l’anno. L’andragathos uccide di e in conseguenza di quest’ultimi. L’andragathos, mentre si lorda le mani di sangue e flette i muscoli dell’animale, del monstrum, ripete: lo stato s’indigna/si costerna/lo stato la spugna non la getta. Lo stato la spugna nemmeno la prende in mano.