sabato 9 febbraio 2008

VillaRosa
















La Villa dello sperpero
Torano Castello
Villa Rosa, la villa dei misteri, continua a divorare soldi, attraverso mutui accesi a gogò, senza essere mai ultimata e utilizzata. Nata come ospizio nei primi anni settanta, più volte modificata nel corso dell’ultimo quarto di secolo appena trascorso, la struttura ancora non è ultimata.
Intanto per tale cattedrale nel deserto, dal fatidico giorno in cui fu acquistato il terreno, da privati cittadini, ad oggi le casse comunali hanno sborsato la modica cifra di 1.600.000,00 euro circa, cifra ancora in crescita, di fondi senza rendersi conto che Villa Rosa è diventata un pozzo senza fondo. Ubicata su una collina, che domina la vallata sottostante, l’opera nasce come ospizio, negli anni settanta, dopo che l’amministrazione comunale di allora acquistò il terreno per 250 milioni di vecchie lire, cifra liquidata ai proprietari solo nel 1999. Partono i lavori è la struttura nel giro di alcuni anni viene completata. Costo complessivo tra terreno e materiali per mettere in piedi la fabbrica 750 milioni di vecchie lire.
La cittadina aspettava l’apertura dell’ospizio o casa di riposo che dir si voglia, ma non se ne fece nulla. Per anni la struttura rimase abbandonata a se stessa, con le immaginabili conseguenza per lo stabile. Diverse ipotesi di destinazione furono ipotizzate sul tipo di collocazione da dare al fabbricato, perché nel corso degli anni le normativa in merito a questo tipo di strutture cambiavano, vedi l’abbattimento delle barriere architettoniche, vedi le rampe di entrata e di uscita, vedi l’installazione di ascensori e via dicendo.
Cambiarono le compagini amministrative e per decenni la struttura fu dimenticata, quando nel 1998, l’amministrazione comunale in carica decise di ristrutturare il complesso per destinarlo a struttura socio-sanitaria, sull’esperienza di Villa Torano, che operava già da alcuni anni sul territorio comunale, in qualità di residenza sanitaria assistenziale. Dal 1998 ad oggi tra vari interventi di ristrutturazione, forniture, adeguamenti alle normative di legge, e ad altri lavori eseguiti, il comune di Torano Castello, ha sborsato la cifra di circa 1.220.000,00 euro per completare i lavori di ristrutturazione. Anche in questo caso quando tutto sembrava pronto per aprire i battenti della struttura socio-sanitaria, qualcosa non ha funzionato, perché nel frattempo di nuovo la normativa in merito alle strutture socio-sanitarie era di nuovo cambiata. Intanto, nel lasso di tempo intercorso tra i lavori finiti e l’entrata in vigore della nuova normativa, il comune aveva già preso un accordo di massima con una società privata per la gestione della struttura, firmando due contratti. Nella struttura furono portati gli arredamenti e quant’altro servisse a dare inizio alla fornitura dei servizi riabilitativi da parte della società, ma anche in questo caso qualcosa non andò per il verso giusto. La società dopo pochissimo tempo, visto che l’amministrazione non apportava le modifiche necessarie, per come prescritto dalla legge, lascia lo stabile riportandosi indietro tutto.
Passa il tempo, e arriviamo al 2003/04, la struttura dopo gli ennesimi lavori di ristrutturazione, vede crescere anche la spesa, vedi la messa in opera di una vasca terapeutica per una spesa di circa quarantamila euro, o la fornitura di profilati per un valore di 60 mila euro, e tutto il resto per arrivare a spendere su una struttura, ancora oggi, inutilizzata circa un milione e seicentomila euro, che stanno gravando sulle tasche dei cittadini toranesi.
L’ultimo mutuo in ordine cronologico e del 14 dicembre 2004 con l’attuale amministrazione per un importo 65 mila euro per, guarda caso, ristrutturazione del complesso socio-sanitario Villa Rosa. Per tutta questa vicenda consiglieri di maggioranza e parte della minoranza hanno inviato gli atti riguardanti Villa Rosa all’esame della Corte dei Conti.
La struttura oggi versa in pessime condizioni, abbandonata a se stessa, vedi i muri intrisi di acqua, le grondaie che scaricano sui muri, infissi mancanti, impianto elettrico rifatto più volte, vetri mai messi in posa, erbacce che hanno invaso il fabbricato, fatti avvalorati da una deliberazione consiliare, che all’interno recita il contenuto di un verbale del 2/2/2005 in che stato si trova la struttura :” danni alla struttura dovuti all’infiltrazione dell’acqua dalla copertura e dal alcuni infissi mancanti, e che a causa del maltempo tali danni si sono aggravati e che risulta necessario provvedere d’urgenza all’esecuzione dei lavori di rifacimento manto copertura ed infissi”. I guai sembrano non finire, sembra che, la società che doveva gestire la struttura sia ricorsa in giudizio reclamando il risarcimento dei danni al comune per la mancata consegna della struttura, per come si evince giusto contratto n. 22 del 21/06/1999, successivamente modificato con un altro contratto n.6 del 17/04/2002 firmati dalla precedente amministrazione comunale.
Villa Rosa, o villa dei misteri o pozzo senza fondo, aspetta che venga divorata dall’incuria e dall’abbandono e se non è sperpero di denaro pubblico questo, diteci voi cos’è.
Gildo Anthony Urlandini
Articolo tratto da "CalabriaOra" del 08.02.08

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In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.
(Bertrand Russell)

E chi l'avrebbe mai immaginato che uomini savi, amministratori accorti, politici lungimiranti avessero potuto concepire quanto si legge nell'articolo sopra riportato!!!!! Allora, ogni tanto mettiamo un punto di domanda, non fosse altro per il fatto che in vista di una possibile caduta dell'Amministrazione attuale (speriamo al più presto), o fra poco più di un anno gli stessi autori dello scempio VillaRosa si rimetteranno in corsa magari con la promessa di finire l'opera. B A S T A













martedì 5 febbraio 2008

Che strano paese è il nostro.

Torano Castello Prosciolto perché il fatto non sussiste, Antonio Iannace, sindaco di Torano Castello, indagato per una questione legata al mancato rinnovo di un contratto per la gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani e a mancati pagamenti alla ditta che ha offerto il servizio, viene prosciolto, dal gup Livio Cristofano, dal capo di imputazione ascrittogli. E mentre il sindaco, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli, viene prosciolto dall’accusa, la responsabile dell’ufficio tecnico, Cinzia Garofalo, coinvolta insieme al sindaco, formalmente viene rinviata a giudizio dal Gup, Livio Cristofano, per accertare eventuali responsabilità specifiche nella vicenda. La richiesta di rinvio a giudizio era stata formulata, nell’autunno scorso, dal pubblico ministero, Antonio Cestone, nei confronti del sindaco di Torano Castello, Antonio Iannace, e della responsabile dell’ufficio tecnico, Cinzia Garofalo, per i reati previsti dall’articolo 323 del codice penale, in riferimento al sindaco, e per i reati previsti dagli articoli 61, 81, 323 e 479 del codice penale per la responsabile dell’ufficio tecnico. Il motivo del contendere era sorto tra la “Servizi Ambiente srl” e l’amministrazione comunale, per il mancato rinnovo alla ditta, del contratto di appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Mancato rinnovo che determinava la “Servizi Ambiente srl” a ricorrere alla carta bollata, dopo che l’ente comunale aveva stipulato un nuovo contratto con la Vallecrati Spa per l’espletamento del servizio, servizio che costerà 25 mila euro in più alle casse del comune. Scattano le denunce, fioccano le querele e le richieste di risarcimento danni presentate dalla Servizi Ambienti, mentre il comune di Torano Castello si costituisce parte civile. La storia finisce sotto la lente di ingrandimento dell’autorità giudiziaria. Una informativa dettagliata sul materiale raccolto finisce sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica Antonio Cestone titolare dell’inchiesta, che in base agli atti chiede il rinvio a giudizio del sindaco Iannace e della responsabile Garofalo. Ieri mattina l’udienza preliminare davanti al gup Livio Cristofano, che proscioglie il sindaco Iannace perché i fatti ascrittigli non sussistono, mentre formalmente rinvia a giudizio la responsabile dell’ufficio tecnico comunale Garofalo per accertare eventuali responsabilità specifiche in merito alla vicenda. Gildo Anthony Urlandini.
Articolo tratto da "CalabriaOra" 05-02-08
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Art. 323 - Abuso d'ufficio
Art. 479 - Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici
Art. 81 - Concorso formale. Reato continuato
Art. 61 - Circostanze aggravanti comuni
Alla luce dei fatti conosciuti a noi comuni cittadini, non in merito a questa vicenda, ma alla manfrina messa in atto per farsi aumentare lo stipendio, al concorso a partecipazione unica, ci aspetteremmo che il Sindaco faccesse a meno della responsabile dell'UTC, o che la stessa rassegnasse le dimissioni. Questo succederebbe in un paese normale, ma siccome un paese normale non lo siamo, succederà che non succederà assolutissimamente-niente, perchè questa è la (loro) normalità.
Così e stato e così sarà.
Buon Martedì grasso.

domenica 3 febbraio 2008

Il proverbio del mese

Frivaru curciu e amaru,
'nchjova ri viecchji a ru fuocularu.
Quest'anno e bisestile, quindi un giorno in più. Strano conteggio, mettiamo che uno nasca il 29 febbraio del 2008 e come si suol dire "vò campa cient'anni" muore il 29 febbario del 2108 non è vero che avrà vissuto cento anni, ma 26 giorni in più, togliamo pure il giorno della nascita e della morte, ne rimangono 24 di giorni. Ma chi se ne frega, starete pensando, se uno campa cent'anni 24 giorni sono una inezia. Pensiamo a tutto quello che si potrebbe fare in ventiquattro giorni, a quello che abbiamo fatto negli ultimi 24 giorni o a quello che faremo nei prossimi 24 giorni: Vi sembrano ancora una inezia?
Buona Settimana

sabato 2 febbraio 2008

Scusateilritardo

Chiaramente si riferisce all'ultima nevicata a Sartano, se qualcuno ne avesse altre le aggiungo.

Profumo di fico

-Voglio un regalo- =Che specie di regalo?= -Bello. Un regalo bello.Non i soliti fiori- Va buòh, mo vidimi cchi truovu ppi dumaniasira, ho pensato fra me e me. Il giorno dopo (14febbraio) ore 17.30, dopo affannosa ricerca per un parcheggio, mi infilo in un negozio, attratto dal solo fatto che non sapevo cosa vendessero. Chiedo alla giovane commessa di poter curiosare; oggetti strani, ma con un certo gusto, lo sguardo si va a posare su un oggetto,la commessa ancor prima che io formulassi la domanda mi propone: Che ne direbbe di una borsa per l’acqua calda, di colore rosso, a forma di cuore? Perchè no’, le rispondo. Vuole che le faccia una confezione regalo? Certamente, è il regalo di San Valentino per mia moglie. Intanto che la commessa mi prepara la confezione, ed aver pagato il prezzo equivalente di almeno 10 borse per l’acqua calda che si possono reperire in qualsiasi farmacia, mi perdo in un locale a fianco, dove,allineati con cura, sopra delle belle mensole di legno, fanno bella mostra una miriade di profumi per uomo. Non mi sembrava vero, saranno stati forse un centinaio, accanto alle marche più blasonate, ne noto una inglese, mai vista ne sentita. Comincio a leggere i nomi delle varie fragranze: vetiver(il mio preferito), muschio, sandalo, etc, etc, etc,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,, fico: si avete letto bene fico; intanto la commessa, solerte a dire il vero, era gia da un po’ alle mie spalle pronta a delucidarmi su eventuali domande. Sicuramente ha notato la mia espressione fra l’interdetto e il rincoglionito e mi chiede: lo vuole provare? Certo che si! Una spruzzatina, dopo un momento annuso: meraviglia delle meraviglie. Per uno come me, che gode di pessima memoria, ma ha una memoria molto ricca nel gusto ed ancor di piu’ nell’olfatto, piu questi sono lontani nel tempo meglio riesco a sentirli ed a viverli, sentire quel profumo e mangiarlo e stato un tutt’uno. La sensazione è stata di annusare-gustare contemporaneamente, il profumo è di fico selvatico, “caprifico”, ma se pensate al profumo delle foglie, al lattice, al frutto acerbo, ai rami secchi bruciati, alla dispensa dove si consevavano i fichi secchi, potete solo vagamente averne un’idea; sono riuscito ad associare anche la qualità di fico piu’ vicina a quel profumo: “citrulara”. L’unica nota stonata il prezzo: 80 euro. Ma chi se ne frega l’ho comprato lo stesso, sono certo che non lo mettero’ mai, lo sniffero’ sicuramente. 14 febbraio 2005

venerdì 1 febbraio 2008

EraOra

L’Ordine:
«Percepisce una pensione mensile di 1.200 euro. Basta strumentalizzazioni» «Padre Fedele non è povero» La replica dei Cappuccini dopo la protesta dinanzi all’Oasi «PADRE FEDELE Bisceglia non è abbandonato e povero ». È quanto afferma, in una nota, la Curia generale dei Frati Cappuccini in relazione alla protesta attuata nei giorni scorsi dal sacerdote davanti all'Oasi francescani di Cosenza, alla quale aveva chiesto un pasto sostenendo di non avere il denaro per mangiare. Ai Cappuccini le ultime uscite di Padre Fedele, che, ricordiamo, è stato espulso dall'Ordine dei frati minori in seguito all'inchiesta giudiziaria in cui è accusato di violenza sessuale ai danni di una suora, evidentemente non sono piaciute. Per queste ragioni affidano ad una nota stampa una lunga serie di puntualizzazioni. La prima punta a smentire lo status di “povero” di Padre Fedele, che martedì scorso aveva invocato un pasto caldo alla mensa dell’Oasi. «In realtà - sostiene la Curia generale - padre Fedele dispone di una pensione mensile di 1.200 euro, con il relativo accumulo maturato dal 2006 ad oggi. Tutte le misure adottate nei suoi confronti sono “misure cautelari” assunte a sua tutela, compreso il divieto di avere contatti con l'Oasi Francescana». Alcune precisazioni l’Or - dine dei Cappuccini le fa anche rispetto alla stessa struttura. «Benché l'Oasi francescana sia stata fondata da padre Fedele scrivono la struttura è un'istituzione della Provincia dell'Ordine dei frati Minori Cappuccini di Cosenza e quindi un'istituzione dello stesso Ordine Cappuccino, che ne è il garante e il responsabile. L'Oasi Francescana, in ogni caso, non è di proprietà di padre Fedele». «L'insistenza su padre Fedele “esiliato” a suo tempo in Corsica - sostiene ancora la Curia generale dei frati cappuccini - è senza alcun fondamento. Padre Fedele era stato assegnato al convento di Cagliari dal Ministro Generale del tempo. Solo l'insistenza dello stesso padre Fedele di trovarsi in un convento “ancora più ritirato ed isolato” portò successivamente alla sua assegnazione al Convegno di Bastia in Corsica». «Anche la dimora di padre Fedele in un convento dell'Umbria - afferma ancora la Curia generale è stata scelta a seguito della sua richiesta di avere “un particolare sostegno psicologico e spirituale”. Per tale ragione si scelse una apposita Istituzione in Umbria». «Ritieniamo – conclude la nota - che sia proprio il caso di non insistere con insinuazioni prive di ogni fondamento e strumentali, le quali peraltro sono nocive, sotto tutti gli aspetti, allo stesso padre Fedele».
Articolo tratto da: "Il Quotidiano della Calabria" di venerdi 1 febbraio 2008
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Era ora che chi ha voce in capitolo per dire le cose come realmente stanno dicesse la sua. I Cappuccini non potevano rimanere in silenzio di fronte a questi gesti plateali di un ex "monachieddru" , e se posso sottolineare non le hanno mandate a dire a chi continuava a predicare l'esilio forzato del frate ad opera degli stessi Cappuccini.
Nell'ultimo post:
http://sartano.blogspot.com/2008/01/tirituppiti-e-lariul-clik.html#links suggerivo che qualche comunità si adoperasse per intervenire nei confronti del'ex frate, dopo questa presa di posizione ne sono ancora piu convinto, ci troviamo di fronte ad una persona con disturbi aiutatelo a ritrovare se stesso.

mercoledì 30 gennaio 2008

La "Littorina"

C’era una volta…solitamente quasi tutte le storie iniziano cosi. C’era una volta nel comune di Montalto Uffugo, nella zona valliva posta quasi ai margini con il fiume Crati, la stazione ferroviaria denominata Montalto-Rose…. Accade a Montalto Uffugo, come è accaduto per altre, precisamente allo Scalo, che dopo anni di onorato servizio il treno-littorina e la stazione ferroviaria, non ci sono più, da quando l’ente ferrovie, ha iniziato a dismettere sia le stazioni, sia le fermate, sia i treni. Una stazione di tutto rispetto, ai tempi che fu, quando serviva sia i pendolari, sia il trasporto merci, sia le industriette del gas, che ancora sopravvivono nei pressi dello Scalo, mentre oggi non sappiamo se chiamarla ancora stazione o ex stazione. I tanti personaggi, protagonisti del pulsare vivo della vita della stazione, studenti, lavoratori, professionisti, emigranti, ambulanti, contadini che con ceste e panieri si recavano in città per vendere i prodotti della campagna, hanno affollato per mattine, per anni, sia d’inverno che d’estate, il marciapiede o la sala d’aspetto, mentre aspettavano la “littorina” o “postale ferroviario” o “tradotta”, come la chiamavano la maggior parte della gente del luogo, che sbuffante e con quel fischio sibilante avvertiva che stava arrivando in stazione proveniente da Sibari e diretta a Cosenza o viceversa. La “Littorina”, allora, era uno dei pochi mezzi di locomozione, insieme a poche macchine, ma poi, piano piano con il boom economico degli anni sessanta, oltre al treno-littorina le forme di locomozione sono diventate tante, che nel giro di un ventennio, hanno portato ad una riduzione degli utenti del vecchio treno e la stazione non era cosi affollata come lo era prima. Oggi, dopo circa trentanni, sono ritornato in quei luoghi per un servizio giornalistico e alla vista della vecchia stazione, mi sono ricordato di quando ero bambino, quando con i miei genitori, quasi con cadenza mensile, si partiva la mattina presto, a volte a piedi a volte con il pulmann, per raggiungere da Sartano la stazione ferroviaria di Torano Scalo, in attesa di prendere il treno, “la Littorina”, in arrivo da Sibari, per raggiungere quella di Montalto-Rose, dove a circa un chilometro e mezzo dallo Scalo abitava la nonna. Si arrivava allo Scalo di Montalto, ed una volta scesi dal treno, non soltanto io e i miei genitori, ma anche altri passeggeri, a piedi percorrevamo la massicciata della linea ferroviaria, per raggiungere la piccola frazione di Sant’Antonello, dopo avere oltrepassato il ponte di ferro che attraversa ancora oggi il torrente Mavigliano, mentre in lontananza vedevamo la “Littorina” che si allontanava fino a diventare un puntino nero per poi scomparire, come è scomparsa oggi, che non c’è più. Vedere oggi la stazione ferroviaria di Montalto Scalo ridotta nello stato pietoso in cui versa, in pochi attimi i ricordi di un tempo ritornavano a quando la stazione era viva, il capostazione che discuteva con i viaggiatori, l’impiegato della biglietteria con l’obliteratrice che chiamavamo “bucabiglietti”, il manovratore con la vecchia bicicletta “Bianchi” con i freni a bacchetta, che percorreva un tratto di sterrato per andare a spostare le leve degli scambi tra un binario e l’atro, la campanella che avvisava che il treno era in arrivo, e il fischietto del capostazione che dava il via alla partenza della “littorina” verso Cosenza o Sibari. Ricordi che d’improvviso sono sfumati quando ho preso cognizione dello stato in cui versava la stazione ferroviaria dove i treni, anzi “la littorina, o postale ferroviario, o tradotta”, oggi non si fermano più. Porte rotte e sgangherate, finestre inesistenti, mobili distrutti, muri screpolati, un disastro, un vero disastro, disastro rafforzato dal cancello d’ingresso al marciapiede di una volta, chiuso con catenaccio e lucchetto, ad impedirne l’accesso. L’unica testimonianza che resta di uno sviluppo che ha reso grande e ha civilizzato generazioni e generazioni, è la scritta Montalto-Rose in cima al muro dello stabile. Nel rendermi conto di tutta la situazione, e nel rendermi conto che il mio sogno da bambino e i miei ricordi di un tempo erano ormai svaniti in una realtà globalizzata e ultramoderna, mi accorsi che nei miei movimenti ero osservato da una vecchietta seduta sotto un albero, vicino all’uscio di una casa, che d’un tratto mi disse: “ figlicì è tuttu finitu, ccà ppi nua c’è sulu malincunia. Unnè chjiu cumi na vota, na vota a littorina era nà cumpagnia, oji mbeci è na murtoria, manchu nu cani ci passa chjiu di sa stazioni, su anni cà nissunu ci veni chjiu”. Capito come stavano le cose, salutato la nonnina, sono risalito in macchina e mentre avviavo la corsa, in lontananza sentivo quel fischio sibilante che annunciava l’arrivo in stazione della “littorina”, ma era solo un sogno.
Gildo Anthony Urlandini

Tirituppiti e lariulà (clik)

Chi non ricorda la canzone popolare detta del Monachieddru o Manachiellu a seconda la linea dell'isoglotta di appartenenza. Il frate che bussa di porta in porta per elemosinare qualcosa per la sussistenza propria e dei suoi confratelli, e quando ci riesce carpire anche qualcosa d'altro. Quello che si vede nel filmato è quanto meno strano, per non dire indecente, non si va ad elemosinare un piatto di minestra con le telecamere; il Monaco ha perso il senso della misura e della realtà, spero qualche comunità se ne prenda cura.

domenica 27 gennaio 2008

Via Crucis


Mi sarei aspettato una via Crucis in salita nella Cosenza vecchia; Corbelli al posto del Cireneo, ma viviamo tempi mediatici, quindi Corso Mazzini la via dello struscio e dell'apparire, volontari della Protezione Civile non si sa mai, fotoreporter, interviste a tutto spiano. Peccato non aver visto una pia donna asciugargli una perla di sudore.
Se si sente in pace con Dio a che servono queste pagliacciate umane? Dimenticavo: fra un po comincia la settimana di Carnevale.

Sarmenti



Puta e zappa a jinnaru
si vù ghignji lu ciddraru,

ma lu veru putazzu
ghru misi di marzu.

Quanta sapienza dettata dall'esperienza e dal duro lavoro della terra. Quattro versi fanno un piccolo trattato di agronomia. Dalla potatura delle viti, riservata agli uomini, derivava un lavoro prettamente lasciato alle donne, che generalmente svolgevano nelle buone giornate di sole tra febbraio e marzo. I tralci potati venivano lasciati al suolo ad appassire quel tanto perché rimanessero ancora docili e flessibili alla piegatura per la formazione di quella matasse di tralci chiamati "sarmienti". Quando l'operazione, detta "assarmintà" cioè del fare sarmenti, era completata i sarmenti venivano riuniti in grosse sarcine per portarli via e liberare il terreno della vigna. In luogo riparato dalla pioggia si accatastavano per completare l'essiccazione. Questo lavoro veniva condiviso nell'ambito parentale, si scambiavano le prestazioni.

Ma forse vi state chiedendo a che cavolo servivano i sarmenti?

Per chi lo sa è la scoperta dell'acqua calda, per chi lo sente nominare per la prima volta sarà una scoperta. Nell'economia domestica del mondo contadino in genere, il fuoco del camino era l'unica fonte di calore per riscaldarsi e cuocere le vivande. Usare un camino come fonte di calore per il solo riscaldamento è una cosa, usare il fuoco del camino per cuocere, e quando dico cuocere voglio dire che quello era il solo mezzo non c'era altro. Un conto cuocere i ceci nella pignatta, un'altro friggere le uova nella padella di ferro, un'altro far bollire la pentola dell'acqua per i maccheroni. Bene, Il sarmento aveva la funzione del pomello del gas delle moderne cucine. Per far partire il fuoco a camino spento, si usavano dei piccoli accorgimenti, vi ricordo che la carta se pur inventata secoli prima era merce rara, si usavano: steddri-vampogli e sarmienti, i sarmienti sappiamo cosa sono, steddri sta per schegge e vampogli sta per cime di rami secchi con le loro foglie, sottoprodotti del taglio e della spaccatura della legna. Questa era la diavolina con la quale il fuoco prendeva vita nel camino, aggiungendo a mano mano la legna di quercia-faggio e d'ulivo per la lunga durata, di castagno robinie pioppi e altro per avere fiamma, ma se si voleva il colpo di fuoco per portare ad ebollizione al momento desiderato l'acqua per calare la pasta, maccheroni, lagane, salatieddri e sdrangugli, c'era un solo modo: infilare nel trepiedi. alla sommita del fuoco e quasi a contatto del fondo della pentola, 'nu sarmientu, et voilà si sprigionava la giusta fiammata.






















martedì 22 gennaio 2008

Vi cuntu 'na rumanza................

C'èra 'na vota............................ un comune e un sindaco, e come tutti sanno dove c'è un comune c'è pure un sindaco, alcune volte non c'è ma al suo posto c'è un commissario prefettizio, questo bravo Sindaco appena insediatosi con la sua bella fascia tricolore, si accorge che mancava una figura moooooooooooolto importante per il funzionamento della macchina amministrativa, questa figura mancante era quella del responsabile dell'UTC(Ufficio Tecnico Comunale), cosi, con piglio decisionista insito negli uomini appartenenti a al suo pensiero politico dalla sera alla mattina assume una giovane ArchiTetta, si può dire anche architetto è solo per meglio specificare che trattasi di una donna; il fatto crea qualche malumore e mal dipancia a qualcun'altro, ma si era agli inizi dell'avventura amministrativa si son detti, vedremo di stare piu attenti in seguito. E' chiaro che l'assunzione fu fatta per chiamata diretta, niente bandi e concorsi, la conoscenza personale è una peculiarità di un bravo Sindaco. Passano un paio d'anni e succede che l'ArchitTetta da le dimissioni dall'incarico, forse aveva trovato di meglio da fare, qualche incarico più redditizio dei 10400 euro che percepiva direte voi, in fondo questi soldi li guadagna pure manovale alla giornata. Intanto i dipendenti comunali non percepivano gli stipendi gia da mesi perché le casse comunali erano asciutte. Allora il bravo Sindaco emette un bando per un concorso, perché un bravo Sindaco di un buon comune non può privare i propri i cittadini della figura importante del responsabile dell'UTC. Chissà quante domande saranno pervenute per questo concorso, vi state chiedendo, rispondo subito una(1), sapete da parte di chi? Dalla stessa ArchiTetta, sapete chi è stata chiamata a ricoprire quella mansione? La stessa ArchiTetta, con una piccola variante: adesso costa alle casse comunali, che nel frattempo non è che si siano riempite per qualche vincita al lotto, in soldoni 15600 euro, 5200 euro in più. La morale? Non c'è una morale, anzi siamo in presenza di comportamenti a-morali. Il modo e il contenuto del bando è a-morale, la situazione in cui versano i dipendenti è a-morale, non essere in grado di mettere a bilancio un soldo bucato per la cultura e a-morale: Se proprio vogliamo trovare una morale allora è questa, a furia di comportamenti a-morali l'immoralità è diventata di fatto abituale costume nella gestione dell'amministrazione del bene comune.
Stretta la foglia larga la via dite la vostra, io ho detto la mia.

venerdì 18 gennaio 2008

Reportage dall'interno










Torano Castello
Le palazzine degli alloggi residenziali pubblici, nonostante siano diventate maggiorenni, rimangono impopolari, a distanza di un anno e un mese dall’ultima visita che l’assessore regionale ai lavori pubblici, Luigi Incarnato, e l’allora commissario straordinario dell’Aterp, Domenico Gimigliano hanno fatto agli stabili.
Dicembre 2006-gennaio 2008, i due immobili di proprietà dell’Aterp, che si trovano ubicati uno a Sartano e l’altro a Torano, attendono ancora, che le promesse fatte dall’assessore e dall’allora commissario straordinario dell’Aterp, siano mantenute. L’assessore regionale Luigi Incarnato, il commissario straordinario Aterp, Domenico Gimigliano, il geometra capo dell’Aterp , Paolo Gaudio, in quel dicembre del 2006 presero atto dello stato in cui versavano, e tutt’ora versano, i due immobili, con un unico obiettivo, renderli abitabili in breve tempo. Oggi quelle palazzine per un totale complessivo di 18 alloggi residenziali pubblici, aspettano. In quella occasione, alla presenza del consigliere provinciale Franco Corbelli, del sindaco Antonio Iannace e dei media televisivi, l’assessore in merito ai due immobili affermò: “ E’ un’incompiuta abbandonata a se stessa, che è un po’ dappertutto, in Calabria. Spero solo di avere le risorse necessarie per ripartire con queste incompiute. Sono scempi che vengono provocati dall’uomo, sono responsabilità della politica, di chi ha gestito in questi anni queste cose. Indignazione ,sicuramente, perché vedere queste case abbandonate e gente che ha bisogno di alloggi lo lascio immaginare. Io provengo da un quartiere popolare è so che significa per una famiglia come era la mia, quattro figli e i miei genitori. Sicuramente sono più sensibile di molti altri a questi problemi. Troviamo una struttura dove c’è un ricorso legale, c’è un fallimento, e mi renderò parte integrante per capire come mai è stata vincolata questa struttura al fallimento, e strano, perché è una struttura pubblica, però le leggi in Italia sono fatte per essere rispettate, spero che sia nella linearità della legge. L’altra è una struttura che era stata già consegnata, però purtroppo per azione di vandali è stata distrutta e non può essere consegnata. In questo caso saremo più veloci, credo che il finanziamento sarà recuperato in tempi brevi”.
Non fu da meno il commissario straordinario : “ sono due problematiche diverse, per la prima struttura di Torano, c’è il fallimento dell’impresa costruttrice che a causato il fermo della struttura da parte della magistratura. Abbiamo già predisposto il progetto di riqualificazione, però bisogna attendere che finisca il contenzioso. Per l’immobile di Sartano, invece la situazione è più tranquilla, nel senso che abbiamo predisposto il progetto di riqualificazione e di recupero degli alloggi. Su questi alloggi è stata indetta già una prima gara d’appalto, ma l’offerta pervenuta è stata un’offerta anomala, che la ditta non ha saputo giustificare, e quindi non abbiamo dato inizio a nessun intervento, perché dobbiamo riappaltare i lavori. Abbiamo già la disponibilità di 80 mila euro per intervenire, ma non sono sufficienti. Speriamo di iniziare i lavori entro la fine dell’anno, (leggasi entro il 2006) e di chiedere alla Regione un ulteriore finanziamento per completare e assegnare gli alloggi. A tale proposito l’assessore si è detto disponibile”.
Intanto le due strutture continuano a marcire sotto l’inclemenza delle intemperie, mentre la popolazione toranese e le istituzioni civili, aspettano che siano mantenute le promesse fatte su un intervento immediato che possa sanare la situazione di degrado in cui versano i due immobili.

I numeri dell’Iacp oggi Aterp a Torano Castello in relazione agli alloggi residenziali pubblici, ossia le case popolari.
Il caso di Torano Castello.
1982 la prima, 1991 la seconda, non sono numeri buttati cosi, ma sono esattamente le date di due palazzine - cattedrali nel deserto -, che l’IACP, Istituto Autonome Case Popolari fino al 1996, dal 27 agosto 1996 trasformato in Aterp, azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica, aveva iniziato a costruire nel comune di Torano Castello e che non ha mai completato.
Complessivamente le due opere avrebbero dovuto creare diciotto appartamenti di residenza pubblica, per altrettante famiglie che li avrebbero occupati secondo graduatoria e che sono costati in termini di soldini all’Iacp di ieri, oggi Aterp, svariati milioni di vecchie lire.
Le due opere, la prima datata 1982, vede l’inizio dei lavori il 27 aprile 1983, con regolare concessione edilizia n.33 del 1982, rilasciata dal comune di Torano Castello, dopo che il sito per la costruzione del fabbricato era stato cambiato per ben due volte, con la scelta definitiva in contrada Piana.
Iniziati i lavori, dal progetto, si evince che la struttura sarebbe stata costruita su tre piani per un totale di dodici alloggi. Lavori proseguiti per circa sei anni, in cui l’immobile è completato a cavallo tra il 1988/1989, però i lavori, guarda caso, per motivi a noi sconosciuti non sono mai stati consegnati.
Una palazzina nuova con dodici appartamenti, con un canone di fitto mensile a costo contenuto, faceva gola a tante famiglie che aspettavano di avere un alloggio dove potere vivere dignitosamente, ma chi si aspettava l’assegnazione secondo delle graduatorie, purtroppo è rimasto deluso e pare che, allora, all’epoca dei fatti, nessun tipo di graduatoria fu stilata. Intanto gli alloggi erano stati completati, e nell’attesa della consegna e dell’assegnazione, alcune famiglie abusivamente, occuparono alcuni degli appartamenti.
Occupazione durata poco tempo, per l’intervento di carabinieri e di vigili urbani del comune, che facevano sloggiare gli occupanti. Da allora la vicenda delle case popolari di contrada Piana, sono oggi visibili agli occhi di tutti. Infatti, lo stabile dopo essere stato completato è rimasto in balia e alla mercè di gente con pochi scrupoli, che nottetempo hanno pensato di smontare tutto quello che era possibile portare via e così è stato. Via, dalla palazzina, sanitari, porte, finestre, vetri, portone d’ingresso in alluminio, persino le prese della corrente e i citofoni.
Questo è quello che si vede dall’esterno della palazzina, all’interno un inferno, pavimenti in ceramica e scale di marmo rotte, vetri in frantumi, ringhiere interne ed esterne arrugginite, sporcizia dappertutto, persino sui muri scritte d’ogni genere e qualità, e soprattutto locali usati dagli appassionati dello spinello, dell’amore e del chi più ha più ne metta. Un immobile diventato meta d’appuntamenti per incontri amorosi e cannabinoidi, ma un immobile diventato anche ricettacolo d’animali d’ogni sorta, mentre le spine e i rovi hanno invaso tutto.
A distanza di ventisei anni dalla data d’inizio, di tutto ciò non resta che una cattedrale, non nel deserto perché sembrerebbe scontato, ma una cattedrale in una pianura per il luogo dov’è ubicata, che aspetta fredda e ammutolita di poter essere utile a qualche nobile causa.
Questa è la situazione attuale dell’opera datata 1982, ma spicchiamo un salto in avanti di un decennio ed arriviamo al 1991. Spostandoci di circa due chilometri dalla prima palazzina ubicata nella frazione Sartano, arriviamo nell’ex zona allora chiamata San Marco, oggi Viale Michelangelo, dove sorge l’altro fabbricato.
L’Iacp, dal 1996 Aterp, con regolare concessione n. 61 del 1991 rilasciata dal comune di Torano Castello, iniziava, su un ermo colle, la costruzione di un altro mausoleo, con l’intento di donare al comune toranese la possibilità di sistemare sei nuclei familiari, in altrettanti appartamenti residenziali pubblici.
La sorte anche per quest’altra costruzione non è stata benigna, anzi è stata beffarda, perché, l’immobile è stato costruito in tutta la sua interezza muraria, nel senso che sono stati costruiti solo i muri perimetrali, il tetto, le scale interne e le divisioni degli appartamenti, il resto, rimane una pura chimera, come lo dimostrano i materiali che giacciono nello spiazzo antistante la palazzina.
Cumuli di pietre, marmi, mattoni, sacchi di cemento rotti, telai delle porte arrugginiti, stanno li, impassibili allo scandire del tempo, che tutto tace, tutto distrugge.
Intorno alla struttura una foresta, sì proprio una foresta quasi amazzonica, piante ed erbacce dappertutto, perfino sul cemento, dove le radici hanno messo su casa e dove cumuli di detriti e di materiale inerte, giacciono coperti da erba e rovi. Uno stabile senza nessuna protezione da chicchessia, uno stabile preda solo di qualche anima pia, che cerca riparo, e anch’esso come lo stabile di Sartano, ricettacolo d’animali o di qualche attimo d’intimità, come si nota da alcuni disegni sulle pareti interne.
Ma c’è dell’altro, lo stabile di proprietà dell’Aterp, è stato posto sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Cosenza, perché la ditta che stava eseguendo i lavori è fallita, e pare che l’immobile pubblico sia entrato a far parte della massa fallimentare della ditta. Un’assurdità per un immobile pubblico, un’assurdità perché l’Aterp non sappiamo se ha reclamato presso le autorità competenti per poter far dissequestrare l’immobile e potervi porre rimedio mettendolo nelle condizioni di finirlo ed abitarlo.
In tutta questa paradossale vicenda, il comune di Torano Castello, come anche altri comuni della provincia e della regione, cosi come la popolazione sono inermi spettatori, come lo sono rimasti quei nuclei familiari che avevano fatto affidamento nell’assegnazione di un alloggio residenziale pubblico.
Oggi, nel 2008, a distanza di 26 anni per la prima palazzina, costruita ultimata e mai consegnata, e a distanza di 17 anni per la seconda palazzina, nulla è stato fatto per renderle abitabili, nulla si muove in merito, nulle le attese abitative delle famiglie, nulli anche i soldi spesi, di tutto ciò chi ne subisce le conseguenze sono solo e sempre i cittadini di una Regione martoriata dalla precarietà, dalla mancanza di lavoro, vessata dalla malavita e dalla mancanza di sensibilità e di fermezza, da parte delle istituzioni.
Qualcosa però si muove, ed è già tanto, nel senso che si parla di una trasformazione su una proposta dell’assessorato regionale ai lavori pubblici ancora in fase iniziale, cioè di trasformare le Aterp in Ares, aziende per la residenza e i servizi, le quali dovrebbero essere, come riportato da questa testata, enti pubblici non economici e non dipendenti dalla Regione, che dovrebbero esercitare funzioni di controllo. Che ben vengano le metamorfosi, le trasformazioni, gli azzeramenti e quant’altro, se indirizzate in un ambito di regolare gestione della cosa pubblica.
Ma la gente di Calabria, su problematiche serie, come gli alloggi di residenzialità pubblica, aspetta risposte certe, ormai stanca di vedere solo cattedrali o mausolei vuoti o incompiuti.
Non basta trasformare se poi questi escamotage, cambiano solo il nome dell’ente, ma non cambiano il metodo e i modi di gestione dei beni pubblici, perché la politica della casa è strategica per la Calabria e per i comuni, soprattutto per quei comuni dove già esistono immobili ultimati e mai consegnat
Gildo Anthony Urlandini


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Una impietosa cronistoria corredata da altrettante impietose fotodocumento; sulle conclusioni concordo in tutto tranne per la parte finale dove si ritiene la poltica della casa strategica per la Calabria. Nei piccoli comuni qual'è il nostro se c'è una cosa che non manca sono le abitazioni, anzi con l'andamento demografico attuale saranno sempre di piu in rapporto ai residenti. Se volete divertirvi provate a percorrere una qualunque via di Sartano centro, provate a contare le case abitate e quelle vuote, vi accorgerete che per ogni residente c'è una casa vuota se non due. Dal 1982 ad oggi le variazioni demografiche sono nell'ordine di un punto percentuale, più o meno. L'aver fatto il diavolo a quattro per convincere l'ex IACP per farlo intervenire anche nel nostro Comune a costruire degli allogi popolari, non fu certo una scelta dettata da reali bisogni, ma una scelta fotocopia, come a dire:"Tutti i Comuni hanno le CasePopolari, perchè noi no?" Ammesso e non concesso che allora vi fosse qualche famiglia in reale stato di bisogno sarebbe bastato acquisire qualche fabbricato, si sarebbero risparmiati soldi pubblici; ma come tutti sappiamo quando a pagare è lo Stato chi se ne frega"robba i l'atri, currija lariga". Risultato? U culu ruttu e senza cirasi.

lunedì 14 gennaio 2008

Saldi&Concorsi

Non so se sono scampoli di fine stagione,oppure siamo davvero alla frutta, ma leggendo dei due concorsi, dico 2, in un sol botto e con le modalità richieste mi viene da pensare che la campagna elettorale è già iniziata.
Ma vi pare serio che a ricoprire due ruoli cosi importanti non venga richiesta l'iscrizione all'albo professionale?
Che al responsabile dell'ufficio tecnico non vengano richieste conoscenze informatiche specifiche con la sua professione?
Potevate chiedere il numero delle scarpe, la taglia, l'altezza, il peso facevate prima.
Per finire:l'idoneità dei candidati sarà esaminata e convalidata da un medico condotto con funzioni di sindaco, previo raggi x addome a vuoto per vedere chi ha più stomaco e meno cervello?
Per dirla con Totò: ma mi facci il piacere!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Avviso pubblico per conferimento incarico responsabile servizio finanziario
avviso_posto_resp.uff.finanziario.doc
Avviso pubblico per conferimento incarico part-time a tempo determinato Responsabile Ufficio Tecnico Comunale
avviso_pubblico_UTC.doc

domenica 13 gennaio 2008

Gracias a la vida

Forse il più bell'inno alla vita in forma di canzone che sia mai stato scritto al mondo, quindi per natura una canzone contro la guerra. Fu scritto da Violeta Parra GRAZIE ALLA VITA Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato due stelle che quando le apro perfetti distinguo il nero dal bianco, e nell'alto cielo il suo sfondo stellato, e tra le moltitudini l'uomo che amo. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato l'ascolto che in tutta la sua apertura cattura notte e giorno grilli e canarini, martelli turbine latrati burrasche e la voce tanto tenera di chi sto amando. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il suono e l'abbecedario con lui le parole che penso e dico, madre, amico, fratello luce illuminante, la strada dell'anima di chi sto amando. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi, con loro andai per città e pozzanghere, spiagge e deserti, montagne e piani e la casa tua, la tua strada, il cortile. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il cuore che agita il suo confine quando guardo il frutto del cervello umano, quando guardo il bene così lontano dal male, quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari. Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto, così distinguo gioia e dolore i due materiali che formano il mio canto e il canto degli altri che è lo stesso canto e il canto di tutti che è il mio proprio canto. Grazie alla vita che mi ha dato tanto.

NoComment

Sartano.
Via anche i candelabri. Furto di spiccioli alla chiesa di San Domenico SARTANO - La chiesa di San Domenico in Sartano è stata “visitata” dai soliti ignoti. Ancora una volta, oggetto dell'attenzione di qualche ladruncolo le monete delle offerte contenute nelle cassette dei candelabri elettrici. I malviventi, però, introdottisi nel sacro tempio non si sono accontentati solo dei soldi. Per far fretta ed evitare di essere scoperti, infatti, gli ignoti malviventi hanno pensato di trafugare anche due candelabri acquistati di recente. Un episodio che ha creato sconcerto ed indignazione nella popolosa comunità cratense ancora scossa per la tragica fine di Alessandro Chiappetta. Il furto nella chiesa di San Domenico, infatti, è stato perpetrato nelle ore successive ai funerali del giovane assassinato in località Sant'Andrea. Ad accorgersi del trafugamento dei due candelabri, al cui interno vi erano custoditi circa quattrocento euro, è stato il parroco don Elio Perrone, quando nella mattinata di ieri si è recato in chiesa per la celebrazione della Messa. Non sono stati notati, inoltre, segni di effrazione né tanto meno serrature scardinate. Ciò rende probabile che i ladri siano entrati in chiesa nelle ore di apertura e, dopo essersi nascosti, siano passati in azione indisturbati dall'oscurità notturna per poi dileguarsi con i due pesanti candelabri in metallo che il parroco adesso spera di poter recuperare per evitare un ulteriore danno alle casse della parrocchia. Dal QuotidianodellaCalabria del 12 gennaio 2208

sabato 12 gennaio 2008

Senza titolo

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Art. 5 - Lutto cittadino ed esequie pubbliche
1. Il Sindaco, sentiti i capigruppo consiliari, decreta il lutto cittadino per la morte dei cittadini che con le loro opere abbiano in vita meritato la speciale ammirazione e riconoscenza della collettività. Il Sindaco può altresì eccezionalmente disporre, con il consenso dei familiari, la celebrazione delle esequie pubbliche.
2. Il lutto cittadino consiste nell’esposizione della bandiera a mezz’asta dal palazzo municipale. Il Sindaco, aseconda delle circostanze, può determinare altri segni di lutto così come invitare la cittadinanza ad una sospensione delle sue occupazioni in una certa ora della giornata.
3. Le esequie pubbliche si svolgono con le modalità determinate dal Sindaco e consistono di norma nell’allestimento della camera ardente in luogo pubblico ove esporre la salma al reverente saluto dei cittadini, nel corteo funebre lungo le strade della città e nella cerimonia religiosa o laica ove il Sindaco pronuncia l’orazione funebre.
4. Le prestazioni necessarie per le esequie pubbliche,ad eccezione del feretro, sono a carico del Comune.
5. Il lutto cittadino può essere decretato dal Sindaco anche per eventi mortali che abbiano riguardato persone non cittadine, ma che abbiano colpito profondamente la cittadinanza suscitando vasto cordoglio.
7. Per il decesso degli amministratori in carica, di coloro che abbiano rivestito la carica di Sindaco e deidipendenti comunali in servizio , è disposta l’ordinazione di una corona funebre con nastro recante il nome del Comune. Alle esequie il Comune parteciperà con il Gonfalone listato a lutto, portato da un Vigile urbano, accompagnato da una rappresentanza dei Vigili del Fuoco e dal Sindaco o delegato con fascia tricolore. Nel caso di decesso di Amministratori in carica e dei dipendenti comunali in servizio a tempo indeterminato nonché loro genitori, coniugi e figli si provvederà alla pubblicazione sui giornali locali.
Nel riportare l'Ordinanza del Sindaco del nostro comune, con accanto una serie di articoli che la maggioranza dei Comuni Italiani ha adottato all'interno del proprio Statuto o nel regolamento di Polizia municipale, lungi da me l'idea di entrare nella fattispecie del singolo caso, mi preme però rimarcare alcune cose che forse possono sembrare banali ma non meno importanti di altre, ma che meglio rappresentano lo scarso senso dell'ufficialità di chi e chiamato a rappresentare l'amministrazione pubblica. Per prima cosa ho cercato nello statuto e nei regolamenti del comune di Torano qualcosa che riguardasse la dichiarazione del lutto cittadino: non vi è traccia. Quindi il tutto viene lasciato a discrezione del Sindaco. Non c'è scritto da nessuno parte che lo statuto comunale debba regolamentare la materia, ma tant'è, visto che di fatto è una cosa che succede, al fine di evitare usi ed abusi quasi tutti i Comuni vi hanno provveduto, Torano NO. Sig. Sindaco, Sig.i Assessori, Sig.i Consiglieri di maggioranza e di minoranza è troppo chiedervi di provvedere in merito?
Sarete liberi di normare la materia secondo il vostro credo religioso, pensiero politico e la vostra etica morale, ma fatelo nel nome e nel rispetto delle Istituzioni che rappresentate; l'essere all'asciutto di finanze può anche non essere colpa vostra, ma non regolamentare cose che costano solo sforzo di pensiero sarebbe una grave colpa. Non possono esserci, in materia, ne abusi ne arbitri, tanto meno fretta o leggerezza; il rispetto delle istituzioni deve essere il primo dovere di chi le rappresenta perché queste siano credibili, diversamente ognuno è libero di fare quello che più gli conviene, anche di nominare il proprio asino assessore alla cultura, all'agricoltura o ai trasporti.

venerdì 11 gennaio 2008

Chi muore giace e chi vive non si da pace

L’ultimo saluto per Alessandro I funerali di Chiappetta nella chiesa dove presto avrebbe sposato Paola Torano Castello Le esequie di Alessandro Chiappetta, il giovane, operaio-saldatore, ventinovenne ucciso barbaramente e bruciato nella sua Fiat Panda l’antivigilia dell’Epifania, si sono svolti in un clima mesto, intriso di rabbia e dolore, in una giornata greve coperta dalle nuvole che minacciavano pioggia. La chiesa madre di San Domenico della frazione Sartano si è riempita di parenti, amici e conoscenti, per salutare i resti dell’operaio, trucidato brutalmente, in quel maledetto triangolo di terra compreso tra le contrade Dominicelli, Quarantuno e Sant’Andrea. Sul piazzale della chiesa tanta gente, con mazzi di fiori in mano depositati appena il feretro, di Chiappetta, è arrivato sul portone d’ingresso della pieve di San Domenico, la chiesa dove Alessandro Chiappetta con la sua fidanzata Paola , avevano frequentato il corso di preparazione al matrimonio, matrimonio che pare si sarebbe dovuto celebrare a marzo prossimo. Il feretro, portato a spalla, è giunto in chiesa accompagnato, dai genitori Eugenio e Franceschina dalla sorella Brunella e dai tanti parenti, con compostezza senza scene di disperazione, fino all’entrata in chiesa quando si è udito per un attimo un pianto di dolore, poi il silenzio e la celebrazione del rito funebre officiato dal parroco Don Elio Perrone. All’ingresso della chiesa sulla facciata esterna un grande cuore formato da palloncini bianchi con la scritta” Alessandro sarai sempre con me ti amo Paola”, e tanti amici che costernati si sono assiepati sui gradini del luogo sacro, chiusi in un silenzio di dolore, per l’assurda fine dell’amico. Una fine ancora avvolta nel mistero, un giallo dal quale gli inquirenti stanno cercando di venirne a capo, non tralasciando nessun tassello utile alla ricostruzione degli ultimi movimenti della vittima. Qualcuno ha anche proferito parole amare, facendo trapelare in un certo senso anche il clima omertoso che si sta innalzando sul caso, dicendo “ è possibile che nessuno abbia visto o sentito niente, è possibile che chi ha visto le prime fiamme di quella maledetta sera non abbia capito che si stava consumando una tragedia”, mentre qualche altro partecipante alle esequie ha denti stretti faceva notare che mancavano alcuni parenti stretti del defunto. Tante le parole, i se e i ma, ma la verità potrà arrivare solo dal lavoro investigativo degli inquirenti. Il parroco nell’omelia a invitato alla preghiera incoraggiando i genitori ad avere forza, ed i parenti a stare vicini a loro. All’uscita del feretro dalla chiesa due colombi bianchi hanno spiccato il volo verso il cielo, mentre gli occhi gonfi di lacrime, di dolore e di rabbia dei familiari, parenti e amici hanno salutato per l’ultima volta la bara con i resti di Alessandro Chiappetta che volgeva verso il cimitero comunale di Torano Castello. Intanto, sul fronte delle indagini poche novità, la pista che mette in parallelo il delitto con quello di Casali resta in piedi e si scava nel mondo della droga. Gli inquirenti non hanno del tutto accantonato il movente passionale. Articolo estratto dal quotidiano CalabriaOra di venerdi 11 gennaio 2007 a firma di GILDO ANTHONY URLANDINI

giovedì 10 gennaio 2008

Coram Populo

La musica folcloristica, le melodie vernacolari attraversano le sbarre e raggiungono, per un giorno, i detenuti del carcere “Sergio Cosmai” di Cosenza- E’ la tradizione canora dei Coram Populo, che oggi oltrepasseranno le barriere elettroniche e le torrette di guardia per proporre, nel teatro del carcere, lo spettacolo dalla radice al fiore, che è anche il titolo del primo album inciso, nel 2004 da questo gruppo. Il richiamo del passato insomma s’effonde e si confonde con brani assolutamente inediti, curati dal vocalist del gruppo Pino Cariati. Renato Marengo e Michael Pergolati, talent scout della RAI, hanno apprezzato tali brani e hanno offerto d’inserirli all’interno di altrettante compilations edite da RaiTride. I due CD, intitolati rispettivamente The best of demo e L’eterno, conteranno i singoli ‘Sa strata mi la fazzu a passu a passu e Del mare e del richiamo. L’iniziativa assume particolare valore proprio perché coinvolge il mondo del carcere. Un mondo spesso dimenticato che merita, invece, grande attenzione.



Fin qui l'articolo pubblicato dalla GazzettadelSud del 4 gennaio.
Per chi no lo sapesse il gruppo musicale denominato Coram Populo, letteralmete: in presenza del popolo o davanti al popolo, è composto da musicisti Sartanesi. Pino Cariati creatore e pensatore del gruppo è la voce solista dei brani presentati ma è anche un bravo autore di testi. Quando ho letto la notizia del concerto che avrebbero tenuto nel carcere di Cosenza gli ho scritto per richiedergli un reportage della serata da inserire in questo blog. Conosco Pino da quando eravamo ragazzi, sapevo che si sarebbe limitato a dire poche cose, che qui riporto integralmente:
"Per quanto riguarda il concerto e a quel che si prova ad esserci, posso dirti che alla fine, quando gli ospiti del carcere sono venuti a salutarci e a darci la mano, mi è tornata in mente una canzone di Gino Paoli nella quale, dopo aver raccontato che la sua casa era stata visitata dai ladri, lui viene assalito dal dubbio che se non gli fosse andata bene con le canzoni forse a quest'ora ci sarebbe stato un ladro in più; poi continua dicendo che le strade sono tutte giuste, anche quelle sbagliate, basta non prendersi mai troppo sul serio.
Vai capire dove sta la verità! Non mettere commenti al concerto, basta la notizia, se no finisce che mi prendo troppo sul serio.
Auf viederseen (non ricordo bene se si scrive proprio così)."


lunedì 7 gennaio 2008

Avviso per chi avesse intenzione di morire nei giorni.........

......non prescritti dal nostro beneamato Sindaco. Ricevo e volentieri pubblico questa informazione ad uso esclusivo dei cittadini "viventi".
Torano Castello Vietato tumulare salme nelle ore pomeridiane, nei prefestivi e nei festivi, al camposanto di Torano Castello, per mancanza di personale comunale addetto al cimitero. Una decisione presa dall’amministrazione comunale di Torano Castello che sta mandando su tutte le furie, alcune ditte di onoranze funebri e i parenti delle persone decedute in attesa di avere una sepoltura. È di sabato la notizia, che i parenti di una signora deceduta venerdi scorso e la ditta di onoranze funebri, che si occupa del servizio, si sono sentiti rispondere dal primo cittadino di Torano Castello, per come riferito dal titolare della ditta che : “ non si può autorizzare la tumulazione della salma, nelle ore pomeridiane per mancanza di personale comunale presso il cimitero”. Al diniego dell’autorizzazione alla sepoltura della salma della signora, non si è scongelato il cuore del primo cittadino, neanche quando a chiederlo sono stati i familiari, e neanche su proposta della ditta che si occupava del servizio, che avrebbe impiegato, la ditta stessa, personale proprio per eseguire la tumulazione per non lasciare la bara nella, pseudo, sala mortuaria del cimitero per tre giorni la defunta in attesa che, oggi in mattinata, si potesse procedere alla sepoltura. Alle richieste formulate, è arrivata la negazione del primo cittadino, nonostante con una lettera datata 20 dicembre 2007, il titolare di una ditta, proprio quella che si occupava delle esequie e della cerimonia religiosa della signora, comunicava al sindaco di Torano Castello che : “ la disposizione relativa ai servizi cimiteriali emanata dal sindaco, che stabilisce la tumulazione solo nelle ore antimeridiane, comporta per le attività di onoranze funebri, problemi di ordine pratico ed economico. Inoltre il cimitero di Torano Castello, ancora non dispone di una camera mortuaria adeguata ad ospitare le salme anche nelle ore notturne e per più giorni ”. A tale comunicazione da parte del titolare della ditta di onoranze funebri, non è arrivata ancora oggi nessuna risposta, ma non c’è da meravigliarsi, nel comune di Torano Castello, è prassi non rispondere alle istanze presentate da semplici cittadini, da istituzioni e ditte.
Dunque avete inteso bene quando si puo morire e quando no? Se qualcuno decidesse di farlo in giorni non prescritti gli toccherà aspettare per essere tumulato. Un sentito ringraziamento all'attuale e alle passate amministrazioni per l'allegra finanza, per gli ottimi affari conclusi, per i mutui che ci avete lasciato in eredità, cosi tanti che non ci si può più permettere di morire ed essere tumulati quando è giunta l'ora. In un'altro post riportavo una interrogazione parlamentare del 27 LUGLIO 1949 con la quale si domandava:
stro dei lavori pubblici per conoscere le ragioni che, nonostante le continue insistenze da parte di autorità e di cittadini, hanno finora impedito la costruzione della strada di allacciamento all'abitato di Torano Castello (Cosenza) della frazione Sartano, ove la popolazione durante la. stagione invernale rimane addirittura avulsa dal consorzio civile, ed ove spesso, data la inaccessibilità degli impervi viottoli, si è costretti finanche a trattenere in casa i cadaveri per intere settimane.>
La strada è poi stata fatta, ma passi avanti non ne sono stati fatti molti se nel 2008 siamo in questa situazione, nemmeno le risorse per un operatore cimiteriale a tempo pieno.
Teniamoci in vita, visto i tempi che corrono........

domenica 6 gennaio 2008

Tg3 della Calabria, con calza della befana.

http://switchboard.real.com/player/email.html?PV=6.0.12&&title=TGR%20Regionale%20COSENZA&link=http%3A%2F%2Fwww.inforegioni.rai.it%2Fram%2Fregioni%2Fcalabria%2Ftgr%2F20080106new1biftgr%5Fore%5F19%5F30%5Fdel%5Fgiorno%5F6%5Fgennaio%5F2008%2Dcalabria%2D00.ram
L'apertura è sul fatto di cronaca nera avvenuto nel nostro comune. Nella seconda parte segue una intervista da studio oggetto di questo post.
Ci risiamo, se le parole hanno un senso ad esse seguono azioni e fatti concreti. Ricordatevi di questo annuncio fatto non da un pulpito qualunque o in un comizio di piazza in piena campagna elettorale, ma dal TelegiornaleRaiCalabria. Ricordatevi che era il giorno dell'Epifania del 2008. Il garante dei malati, il difensore civico, il garante dell'infanzia, il garante dei carcerati. Non entro nel merito delle dichiarazioni, di garanti e garantiti ne avevo già parlato. Aspettiamo la befana dell'anno prossimo.
Per vedere il filmato clicca sul link
Scusate ma il link non è piu attivo, non per colpa mia, ma la Rai forse non li rende fruibili oltre lo stesso giorno di messa in onda.

sabato 5 gennaio 2008

CronacaNera



Torano Castello
Operaio ventinovenne viene ritrovato carbonizzato all’interno della sua auto, una Fiat Panda, in una stradina sterrata di campagna, in contrada Sant’Andrea nel comune di Torano Castello.
Ad avvertire e segnalare la presenza del cadavere e dell’auto incendiata del macabro fatto di cronaca è stata una telefonata arrivata al centralino del comando compagnia dei carabinieri di Rende.
Alessandro Chiappetta, è il nome del cadavere carbonizzato rinvenuto nella Panda, di professione operaio, con mansioni di saldatore, presso una piccola impresa metalmeccanica, che dista poche centinaia di metri dalla sua abitazione, in contrada Dominicelli, dove viveva con i familiari. La stradina dov’è stato rinvenuto il cadavere è una via senza uscita, che cammina parallela ad un allevamento di struzzi, in aperta campagna, dove ad un tiro di schioppo si trovano la S.S.19, la A3 e la linea ferroviaria Cosenza-Sibari. Le tracce di Alessandro Chiappetta si perdono nella serata di venerdi, dove, pare che, sia stato visto in giro con la sua automobile fino alle diciannove e trenta circa, dopo quell’ora nessuna traccia fino a ieri mattina quando è stato avvistato il cadavere e l’auto bruciata. Vani, dopo quell’ora, anche i tentativi dei genitori di rintracciarlo sul cellulare. Alcune persone, che abitano vicino al luogo del ritrovamento del cadavere, presenti sul posto hanno raccontato che “ abbiamo visto ieri sera intorno alle venti delle fiamme, ma pensavamo fosse qualcosa che bruciava, mai pensavamo fosse una sciagura come questa”. Altre ancora dicevano che:” da alcuni giorni si aggiravano nella zona delle persone sconosciute, che chiedevano se da queste parti ci fosse una falegnameria”. Fatto sta che da un po’ di tempo a questa parte la media Valle del Crati ha perso la tranquillità, nonostante i continui controlli delle forze dell’ordine. Sul posto immediatamente alla telefonata si sono recati i carabinieri di Torano Castello e di Lattarico, coordinati dal vice comandante provinciale, tenente-colonnello Demetrio Buscia, e dal tenente Francesco Mandia, vice comandante del comando compagnia di Rende. Gli uomini dell’arma, hanno centellinato al millimetro il lavoro di intelligence, nella conduzione delle indagini senza tralasciare nessuna pista, da quella passionale a quella malavitosa. Sul posto si è recato anche il magistrato Francesco Minisci e il criminologo Rocco Barbaro. L’operaio veniva descritto da chi lo conosceva come una persona senza grilli per la testa, amava la caccia e a giorni avrebbe dovuto scegliere insieme alla fidanzata il locale dove si sarebbe tenuto il ricevimento delle imminente nozze. La scena era da paura e da disperazione, si sentivano solo le urla dei familiari, dei parenti e degli amici che non si capacitavano dell’accaduto. Dopo i rilievi del caso, è stata rimossa la carcassa dell’auto e il cadavere del Chiappetta, un mucchio di ossa, che veniva trasferito presso l’obitorio dell’Ospedale civile di Cosenza, dove sarà eseguito l’esame autoptico. L'ipotesi dei carabinieri e' che l'uomo sia stato ucciso ed il suo cadavere lasciato nella Panda,poi incendiata. Oppure che il giovane sia stato assassinato da qualcuno che si trovava con lui a bordo dell'auto e con cui Chiappetta aveva avuto un incontro. Intanto le indagini, degli uomini dell’arma continuano a trecento sessanta gradi.
Gildo Anthony Urlandini

venerdì 4 gennaio 2008

E se fosse vero?

Il Caso. Il 25 novembre i carabinieri ritirano al giovane la patente. Poco dopo lo beccano mentre guida. «I carabinieri ci hanno urtato facendoci andare fuori strada» «Luigi aveva paura dei militari perchè nutrivano dei rancori contro di noi» COSENZA di ASTOLFO PERRONGELLI redazione@laprovinciacosentina.it Un grave incidente stradale avvenuto la sera del 25 novembre sulla strada provinciale 107. Tragico il bilancio: un morto, e un giovane rimasto vivo per miracolo. Durante un inseguimento con i carabinieri, l’auto guidata da Luigi Tucci, camionista di 27 anni (al quale i militari dell’Arma, nel tardo pomeriggio, nel corso di un controllo, avevano ritirato la patente perché risultato positivo al test etilico) improvvisamente, a causa della forte velocità, ha cominciato a sbandare, s’è cappottata e ha finito la sua corsa in una scarpata. Luigi Tucci è morto all’istante, il suo amico, Giuseppe Monaco, sbalzato fuori dalla vettura, una Lancia Dedra rossa, ha riportato numerose ferite. Qualcuno ha chiamato i soccorsi, sul posto si sono recati i vigili del fuoco e i volontari del 118. Questa è la versione ufficiale fornita dagli investigatori. Ma su questa vicenda, che ha distrutto una famiglia con la morte di Luigi Tucci, c’è bisogno di chiarezza, e il giovane che è riuscito a salvarsi, Giuseppe Monaco, ha deciso di raccontare alla Provincia cosentina la sua verità. Sull’accaduto la procura della Repubblica di Cosenza ha aperto un’indagine. «Tutto è cominciato il pomeriggio del 25 novembre », racconta Giuseppe Monaco, disteso immobile sul divano del soggiorno di casa sua. «Insieme a mio zio e a Luigi ci siamo recati a Torano in un bar per trascorrere alcune ore insieme e bere un paio di birre. Verso le 18,30 abbiamo deciso di andare via. Usciti dal locale Luigi è salito a bordo della vettura e siamo partiti. Abbiamo percorso poche centinaia di metri e i carabinieri ci hanno fermato. Ho effettuato il test dell’etilometro ed è risultato negativo». Spiega Giuseppe: «Poi è stata la volta di Luigi. Il controllo anti alcol lo ha ripetuto sei volte perché dall’esame risultava il minimo punteggio per ritirargli la patente. Luigi ha chiesto ai carabinieri di soprassedere perché altrimenti, senza patente, non avrebbe potuto guidare i camion e avrebbe perso il posto di lavoro». Ma i carabinieri, ligi al dovere, affidano la vettura a Giuseppe Monaco che è risultato sobrio. Continua il ragazzo: «Dovevo parcheggiare l’auto vicino a casa di Luigi, ma posti non ce ne erano. Così l’ho sistemata a San Nicola, all’ingresso del paese, sempre a poche centinaia di metri da casa del mio amico. Quindi ci siamo recati in un bar per aspettare che si liberasse qualche parcheggio. Abbiamo trascorso il tempo chiacchierando con gli amici e abbiamo bevuto, sia Luigi che io, una sola birra». Verso le 21, racconta Giuseppe, «dovevamo recarci a casa mia per una spaghettata. Luigi ha detto di voler guidare la sua auto, anche se gli avevano ritirato la patente, visto che il tragitto da percorrere era breve, in quanto eravamo vicini alla sua abitazione. Entrati in macchina ci hanno visti i carabinieri che erano con un’altra persona. Hanno lasciato quest’ultima e si sono diretti verso di noi ad alta velocità. Luigi si è impaurito, e ha detto “se i carabinieri adesso ci fermano sono problemi. Ci portano in caserma e mi picchiano”. Poi si è recato verso contrada Salice, con le forze dell’ordine che ci stavano dietro con i lampeggianti e le sirene accese». Prosegue Giuseppe Monaco: “Ho cercato di dire a Luigi di fermarsi ma lui aveva paura dei carabinieri, per quello che potevano fargli. Era terrorizzato. Così è continuato l’inseguimento lungo le strade del paese. Dopo l’ultima curva di contrada Salice, comincia un rettilineo. Qui i carabinieri ci hanno quasi raggiunto. Luigi, per non farsi sorpassare, si è messo al centro della strada ma la pantera dell’Arma, nel tentativo di passare, ha toccato la Dedra dal mio lato. Luigi ha perso il controllo della Lancia». Quindi la tragedia. Il conducente è morto, mentre il compagno è finito in una scarpata.Giuseppe spiega: «Sono venuti verso di me i carabinieri. Io ho chiesto che chiamassero i soccorsi, ma uno di loro mi ha risposto in malo modo. Nel frattempo lungo la strada si fermavano persone, ma i militari li hanno allontanati». A questo punto si fa sempre più interessante la versione di Giuseppe il quale sostiene che uno dei carabinieri «è rimasto sul luogo dell’incidente, mentre il collega si è allontanato con l’auto di servizio, forse è andato a cambiare la vettura, probabilmente perché c’era rimasta della vernice. Poi il carabiniere ha chiamato i soccorsi». E il ricovero in ospedale. Giuseppe sostiene che i militari della locale stazione dell’Arma avevano dei rancori nei loro confronti «perché in un paesino piccolo spesso ti capita di litigare con qualche compaesano. Allora vieni considerato negativamente. Insomma ci assillavano. Luigi sopportava, anche le sberle e le multe che riceveva. Io invece ho conservato tutti i verbali perché volevo andare da un avvocato e denunciare questo abuso di potere. Non abbiamo mai fatto nulla di male, nessun precedente penale. Ma i carabinieri ci fermavano senza ragione, ci perquisivano davanti alla gente per umiliarci». Questa è la versione di Giuseppe Monaco. Ora alla magistratura fare chiarezza su quanto accaduto la sera del 25 novembre 2007. Articolo tratto da “LaProvinciaCosentinapag.7 del 3 gennaio 2008 http://laprovinciacosentina.echopress.it/archivio_pdf/20080103.pdf E se fosse vero? Già, ma non possiamo saperlo, almeno fino a quando la giustizia non avrà fatto il suo corso. Però, alcune considerazioni si possono fare e le voglio fare, chiaramente alla luce di quello che ho letto. 50000 anime scarse i residenti nel comune, quelli noti o segnalati alle forze dell'ordine quanti saranno, spariamo alto, il 10% della popolazione(compresi i neonati e gli ultra settantenni)? Totale 500, togliamo quelli in età sotto i 10 e sopra i settanta, ne rimangono la metà. Di questi quanti sono possessori di una LanciaDedra rossa? 1(uno). Allora qual'era la necessità di ingaggiare un inseguimento da telefilm americano se sapevano benissimo a chi apparteneva la macchina, l'avevano fermato poche ore prima, era già noto, sarebbe bastato andare a bussare alla porta di casa all'ora di cena e l'avrebbero preso con la forchetta in mano. Nel racconto riportato nell'articolo, a mio avviso si evincono delle condizioni ambientali tali da farlo ritenere credibile, almeno in alcuni passaggi. Ma sono mie convinzioni e nient'altro. Certo però che se anche un quarto del racconto corrispondesse al vero non c'è da stare allegri.

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Cari navigatori del web,
quando ho aperto questo blog non avevo idea di quante persone sarebbero transitate per leggere quanto di giorno in giorno vado inserendo, traendo spunto dalla stampa, da qualche informazione, da suggerimenti di amici e conoscenti. A volte mi chiedo chi sono le persone che leggono questo blog, domanda che non trova risposta, ma so che leggete e questo è quel che conta.
Ho inserito una guestmap per i "sartanesinelmondo", ho segnalato le nazioni di mia conoscenza, se volete contribuire a completarla è a vostra disposizione.
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giovedì 3 gennaio 2008

I garanti, i garantisti e i garantiti

Da "Repubblica"
Un uomo di 80 anni con difficoltà respiratorie è deceduto dopo ore di attesa. Nello stesso ospedale nel 2007 sono morte due ragazze in sala operatoria Vibo Valentia, non c'è il posto letto, muore dopo 4 ore in pronto soccorso. Il figlio: "Abbiamo raccontato la nostra storia per evitare che accadano casi simili"
.........................................."Mio padre - ha raccontato Michele Maccarone - era cardiopatico e aveva un'insufficienza renale. Altro che codice rosso, come dicono i medici. Dopo che è stato trovato un posto letto nell'ospedale di Tropea ho chiesto se il trasporto in ambulanza non potesse essere pericoloso e i medici mi hanno rassicurato. Avevo anche chiesto che un rianimatore venisse sull'ambulanza, ma non è salito. E' lo stesso che quando è stato interpellato ci ha riposto, 'ma cosa mi chiamate a fare ?'".
Da "La ProvinciaCosentina"
Concorsopoli altri casi sospetti alla Provincia
Ultimamente mi è parso d'aver letto che il Sindaco di Cosenza abbia proposto un garante per i diritti dei carcerati. Avanti di questo passo istituiranno il garante per i diritti dei garanti. Una sola cosa vorrei dire, se non prima ma alla pari dei diritti ci sono i doveri dei cittadini per prima cosa, ma i doveri di chi ha responsabilità amministrative dovrebbero essere cosa ovvia, in Calabria stanno diventando rarità in via di estinzione.
Teniamoci in vista.

mercoledì 2 gennaio 2008

I vandali




Torano Castello
Parco giochi in mano ai vandali, non poteva iniziare in modo cosi brutto il nuovo anno a Torano Castello.
Ignoti, vandali, l’altra notte hanno messo fuori uso alcune casette in legno ubicate nel parco giochi, e divelto e rotto anche due lampioni che illuminano i viottoli all’interno del parco. Una brutta sorpresa che nessuno immaginava fosse vera, ma a conti fatti la realtà è stata nuda e cruda, quando agli occhi dei cittadini toranesi si sono presentate le casette sradicate e piegate sul fianco, mentre a poca distanza due lampioni dell’illuminazione, uno è stata divelto, l’altro è stato rotto. Ma lo scempio di inizio anno non si è fermato qui, gli ignoti imbecilli, hanno continuato nella opera dando addosso ad alcune panchine e rompendo bottiglie di vetro sui viottoli del parco. Uno spettacolo indecente che mortifica una cittadina qual’è Torano Centro, non abituata a questo genere di cose, nonostante il parco giochi fosse stato ultimato circa un anno fa, con la messa in posa di vari giochi per i bimbi, lo stesso è diventato il luogo di ritrovo della prima gioventù toranese. Non è, però, la prima volta che il parco giochi viene preso di mira, tempo addietro i soliti ignoti ed imbecilli hanno imbrattato i muri del plesso, all’interno del parco che ospita la biblioteca comunale, con disegni osceni, i vetri delle finestre e le porte d’ingresso con scritte. Non è bastata l’opera di pulitura dei muri e dei vetri e delle porte, da parte degli operai comunali, non è bastato l’avvertimento dell’amministrazione comunale, non bastano neppure i controlli, che i soliti imbecilli, deturpano un bene collettivo, che serve a tutti. La maggior parte dei cittadini chiede alle autorità competenti di intervenire, magari con una severa punizione, infliggendo una multa salatissima al primo che viene scoperto a commettere questi piccoli reati contro il patrimonio pubblico che appartiene a tutta la cittadinanza toranese.
Gildo Anthony Urlandini